UFFICIO DEL GIUDICE DI PACE DI BARI

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

SENTENZA

Il Giudice di Pace Avv. Giovanni Strippoli, nel procedimento civile n. 2404/05R.G.

tra

XX XX, rappresentata e difesa dall’avv. M. R. ed elettivamente domiciliata presso di lui in Bari al viale della Repubblica, 135, ATTRICE

e

NN MM NN (Unione nazionale NN MM NN), sede provinciale di Bari, in persona del suo presidente pro tempore YY, rappresentata e difesa dall’avv. L. N. ed elettivamente domiciliata presso di lui, in Bari alla via De Rossi, 102 – CONVENUTA

Oggetto: risarcimento danni da violazione delle norme in materia di protezione dei dati personali (D.L.vo 30.6.2003 n. 196 in suppl. ordinario n. 123 alla Gazzetta Ufficiale, 29 luglio, n. 174)

CONCLUSIONI DELLE PARTI

Per l’attrice: “… condanna dell’associazione convenuta al pagamento della somma di €. 1.100,00 in favore dell’attrice a titolo di danno non patrimoniale, ovvero di quella minore che il giudice riterrà equa e congrua … in via equitativa, con rifusione delle spese processuali con distrazione …. Ex art. 93 c.p.c.”
Per la Convenuta: “…rigetto delle richieste ex adverso formulate … vittoria di spese, diritti ed onorario… .”

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione del 10.2.05 notificato il 21.2.05, XX XX citava in giudizio la NN MM NN (Unione nazionale NN MM NN), sede provinciale di Bari per sentire accogliere le conclusioni innanzi riportate.
Esponeva l’attrice di aver ricevuto dalla NN MM NN (Unione nazionale NN MM NN), sede provinciale di Bari comunicazione a mezzo cartolina postale aperta, contenente informazioni riservate sul proprio stato di salute (era riportata la notizia che risultava presentata domanda di pensione di invalidità e l’invito a favorire presso la sede munita del verbale della Commissione Medica), che tali informazioni erano dati personali sensibili coperti dal diritto alla riservatezza, che il loro utilizzo e la loro divulgazione erano avvenuti senza il prescritto consenso, che tale illegittimo comportamento violava le disposizioni della L. 675/96 e D.Lgs. 196/2003 ed aveva prodotto danni immateriali valutati equitativamente  ex art. 1226 in €. 1.100,00, dei quali chiedeva il ristoro.
Con comparsa depositata all’udienza del 12.4.05 si costituiva in giudizio la NN MM NN (Unione nazionale NN MM NN), sede provinciale di Bari, che contestava la fondatezza della domanda assumendo che il tenore della cartolina invito inviata alla attrice non rappresentava in alcun modo violazione di norme in materia di protezione ed in particolare divulgazione in assenza di consenso di dati personali sensibili coperti da riservatezza e che pertanto la domanda andava rigettata.
Ammesso ed espletato l’interrogatorio formale del legale rappresentante dela convenuta, la causa dopo la precisazione delle conclusioni ed il deposito delle conclusionali era riservata a sentenza.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Prima di giudicare il merito della domanda si impone, sia pure in via incidentale, la trattazione della preliminare questione afferente l’attuale legislazione applicabile alla fattispecie, la tutela giurisdizionale apprestata, il giudice competente ed il relativo procedimento.
La legislazione in vigore in tema di violazione delle norme in materia di protezione dei dati personali è il D.L.vo 30.6.2003 n. 196 in suppl. ordinario n. 123 alla Gazz. Uff., 29 luglio, n. 174 (c.d. Codice della Privacy) che ha abrogato numerose disposizioni di legge in materia (art. 183) e, tra l’altro, quella invocata da parte attrice, legge 31 dicembre 1996, n. 675, trasfusa con innovazioni nel detto D.L.vo.
Per la tutela giurisdizionale apprestata in favore della parte danneggiata dall’illecito trattamento dei dati, il D.L.vo 30.6.2003 n. 196, per le violazioni idonee a produrre danni ha previsto all’art. 15 che il responsabile è tenuto al risarcimento ai sensi dell’art. 2050 c.c. così sottolineando che l’esercizio del trattamento dei dati personali è una vera e propria attività pericolosa e come tale va disciplinata per quanto attiene alla liquidazione del danno. In forza del richiamo all’art. 2050 C.C., diretta emanazione del danno aquiliano, il soggetto responsabile del danno da illegittimo trattamento dei dati personali è stato di fatto gravato di una presunzione di colpa superabile solo fornendo la prova positiva di avere legittimamente trattato i dati personali e di avere adottato tutte le cautele dirette a scongiurare il danno, mentre, al soggetto danneggiato si impone il solo onere di dimostrare l’effettività del danno patito ed il nesso di causalità di questo con l’illecito trattamento dei propri dati personali.
La tutela, in concreto, si ottiene rivolgendosi al Garante o, in alternativa, alla Autorità Giudiziaria Ordinaria funzionalmente individuata nel Tribunale in composizione monocratica (art. 152).
L’azione giudiziaria si propone con ricorso ed il procedimento è dettagliatamente disciplinato dal richiamato art. 152.
Da quanto innanzi esposto emerge chiaramente che l’azione è stata irritualmente proposta, citazione in luogo di ricorso, e per giunta a giudice non funzionalmente competente.
Quanto alla irritualità, nessuna delle parti se ne è lamentata e dunque, risultando salvaguardati i diritti di ciascuna, nulla questio. Altrettanto dicasi per l’incompetenza che resta radicata innanzi a questo giudice, perché né le parti, né il giudice hanno tempestivamente sollevato la relativa eccezione nel temine di cui al primo comma dell’art. 38 c.p.c.. ed infatti, “nel procedimento innanzi al giudice di pace l’incompetenza per materia, valore o per territorio, nei casi previsti dall’art. 28 c.p.c., può essere eccepita dalla parte o sollevata d’ufficio, non oltre la prima udienza” (Cass. Sent. 7.7.2004 n. 12.476 in Foro Italiano 2005, I, pag. 2466; in tali sensi v. anche Cass. Ordinanza 9784/2004), ne discende che nella fattispecie non è più consentito declinare una competenza non più suscettibile di contestazione.
Nel merito la domanda è fondata e va accolta per quanto di ragione.
L’istruttoria ha evidenziato che l’Associazione convenuta ha inviato all’attrice una cartolina aperta il cui testo era ben visibile e dunque leggibile da tutti coloro i quali potevano per qualunque ragione venirne in contatto. Detta cartolina conteneva la notizia che l’attrice aveva presentato domanda di pensione d’invalidità e l’invito a favorire presso la sede dell’Associazione munita di verbale della commissione medica (e dunque conteneva anche la notizia che l’attrice era stata sottoposta a visita medica da parte di una commissione).
Il legale rappresentate dell’Associazione, interrogato sui fatti di causa non è stato in grado di fornire la fonte delle informazioni e notizie riguardanti l’attrice né di provare che questa aveva conferito mandato a detta Associazione perché la rappresentasse nella procedura amministrativa relativa alla denunziata invalidità o che avesse comunque fornito notizie che la riguardavano personalmente.
In particolare, la convenuta cui incombeva, per le ragioni trattate in premessa, l’onere di fornire la prova positiva di avere legittimamente trattato i dati personali e di avere adottato tutte le cautele dirette a scongiurare il danno, a tanto non ha provveduto, limitando la sua difesa ad eccepire una inapplicabilità della normativa, a suo dire non ancora entrata in vigore e, nel merito, ad evidenziare la irrilevanza del fatto perché assolutamente insignificante e privo di dolo specifico.
Entrambe le doglianze sono infondate in quanto il D.L.vo è entrato in vigore il 1.1.04 recependo norme già in vigore e fra queste quelle a tutela del trattamento dei dati personali (indicazione dell’origine dei dati; consenso al trattamento; già presenti nella L. 675/96), l’assenza di dolo non rileva in quanto la responsabilità di cui si discute è a titolo di colpa.
L’attrice ha pertanto dimostrato la fondatezza dei fatti costitutivi della domanda, consistenti nella ingiustificata conoscenza dei propri dati, nel trattamento in assenza di espresso consenso e nella illegittima diffusione per essere stati dalla convenuta inseriti su di una cartolina aperta il cui contenuto era potenzialmente visibile da chiunque ne fosse venuto in contatto sia pure casuale.
Detti fatti connotano sia l’effettività del danno patito (trattasi di danno immateriale consistente nella lesione di interessi di rango costituzionale inerenti la persona la cui risarcibilità è espressamente prevista dalla normativa in vigore con il richiamo all’art. 2050 c.c.) che il nesso di causalità di questo con l’illecito trattamento dei propri dati personali.
Deve pertanto ritenersi provato che dati sensibili, quali quelli personali e relativi al proprio stato di salute, sono stati dalla Associazione convenuta illecitamente rilevati da fonte ignota ed illecitamente trattati perché in assenza del consenso espresso dell’interessata, unico elemento abilitante il trattamento dei dati, solo se correttamente prestato (art. 28 D.L.vo 30.6.2003 n. 196).
Nel caso di specie, oltre alla generica violazione di cui si è detto, se ne è verificata anche una specificamente disciplinata, che avvalora la fondatezza della domanda.
L’Associazione convenuta, senza dubbio è un istituto di Patronato o, quantomeno, svolge attività a tali organizzazioni consentite. Orbene, l’art. 116 del più volte citato D.L.vo 30.6.2003 n. 196 nel disciplinare il trattamento dei dati da parte degli istituti di Patronato è ancor più restrittivo per quanto attiene alla tutela della riservatezza dei soggetti interessati in quanto richiede il duplice requisito del mandato e, per quanto attiene all’accesso alle banche dati degli enti eroganti le prestazioni, dello specifico consenso manifestato ai sensi dell’art. 23.
Anche detta norma risulta violata perché non vi è dubbio che i dati in possesso dell’Associazione convenuta sono stati rilevati in violazione delle disposizioni innanzi richiamate e che nessun consenso sia stato mai prestato dall’attrice al loro trattamento.
Per le ragioni innanzi dette l’Associazione NN MM NN è  tenuta al risarcimento del danno subiti dall’attrice ai sensi dell’art. 2050 c.c. richiamato in materia di protezione dei dati personali.
In ordine alla quantificazione del danno, tenuto conto delle circostanze del caso e della qualità della convenuta, si ritiene di liquidare in favore dell’attrice ai sensi dell’art. 1226 C.C., non essendo possibile provare il danno nel suo preciso ammontare, la somma di €. 500,00. Su detta soma decorrono gli interessi legali dal 30.8.04, data dell’invio della cartolina, fatto generatore del danno, fino al soddisfo.
Ricorrono giusti motivi per compensare fra le parti le spese in ragione della metà. La rimanente metà, nella misura liquidata in dispositivo va posta ex art 91 c.p.c. a carico del soccombente e distratta ex art. 93 c.p.c. in favore dell’avv. Michele Ruberto dichiaratosi anticipatario.

P.Q.M.

definitivamente pronunziando sulla domanda proposta da XX XX con atto di citazione del 10.2.05 notificato il 21.2.05 nei confronti di NN MM NN (Unione nazionale NN MM NN), sede provinciale di Bari, in persona del suo presidente pro tempore avv. Massimo Navach, così provvede:

  • – accoglie per quanto di ragione la domanda e per l’effetto condanna  NN MM NN (Unione nazionale NN MM NN), sede provinciale di Bari, in persona del suo presidente pro tempore avv. M. N. al pagamento in favore dell’attrice della somma di €. 500,00 a titolo di risarcimento danni, oltre interessi legali dal 30.8.04 al soddisfo;
  • – compensa fra le parti le spese in ragione della metà e condanna la convenuta alla rifusione dell’altra metà che liquida in complessivi €. 565,00 (di cui €. 250,00 per diritti, €. 300,00 per onorari, €. 15,00 per spese) oltre spese generali 12,50%, IVA e CAP  come per legge, con distrazione in favore del procuratore anticipatario avv. M. R..
  • – Letto ed applicato l’art. 154 Co. 6 D.L.vo 30.6.2003 n. 196 manda alla cancelleria di trasmettere copia della presente sentenza al Garante per la protezione dei dati personali.
  • – Sentenza  provvisoriamente esecutiva come per legge.

Così deciso in Bari il 12.12.2005.

Il Giudice di Pace
Avv. Giovanni Strippoli