Responsabilità disciplinare
Magistrati ed Avvocati a confronto


Trani 19 – 20 ottobre 2007 – Chiesa di San Luigi


Post eventum di Gabriele Monacis


Il 19 e 20 ottobre 2007 presso il centro San Luigi di Trani, Magistrati ed Avvocati si sono ritrovati per il seminario organizzato dalla Associazione Unicost, dal Consiglio dell’ordine degli Avvocati e con il patrocinio della Città di Trani, sull’argomento “ Responsabilità disciplinare Magistrati ed Avvocati a confronto ”.


Gli interventi non potevano non essere molto critici sulla portata letterale, sintattica e soprattutto di contenuto, delle norme attinenti la responsabilità disciplinare dei Magistrati e degli Avvocati, a seguito dell’entrata in vigore del nuovo ordinamento giudiziario per i Magistrati e delle recenti riforme del c.d. pacchetto Bersani per la professione forense. L’intervento dell’ avvocato Ugo Operamolla, direttore della Fondazione nazionale dell’Avvocatura, nella sessione del venerdì, ha costretto i relatori a concertare un diverso tenore per i loro interventi del sabato mattina. La notte aveva portato consiglio. Del resto quale schema non può essere stravolto o mutato dalle vicende umane diverso dalla nascita e dalla morte, uniche vicende immutabili della nostra esistenza ?


Dopo un saluto ai presenti e la introduzione del Consigliere dott. G. M. Berruti, il presidente del Consiglio dell’ordine di Trani avv. Bruno Logoluso ha ceduto la parola al componente del Consiglio Superiore della Magistratura, che con padronanza della materia e con il suo palese disagio a rappresentare un pezzo dell’apparato disciplinare della magistratura, quale presidente della seconda commissione del Consiglio Superiore della Magistratura, ha confessato per primo di essere stato spiazzato, felicemente spiazzato dall’intervento dell’avvocato Operamolla del giorno 19. Ha aggiunto di avere trascorso parte della notte a ricomporre la propria relazione per renderla attinente alle richieste di un par terre, come quello di Trani, dove non è possibile presentarsi con orpelli che nascondano l’essenza, la gravità del problema, per far tornare a casa la platea beffata e contenta. Il loggione di periferia somiglia un po’ a quello del teatro lirico di Parma dove una stecca non viene accolta con un semplice fischio. Berruti ha esternato il rimpianto di non aver potuto, dopo la laurea, scegliere la professione di avvocato, vero condensatore, filtro delle istanze del cittadino dinanzi al Giudice. Non potrà mai esistere una giurisprudenza statica, perché il diritto si evolve nel tempo. Il miglioramento della condizione delle persone è uno degli obiettivi del lavoro diuturno di magistrati ed avvocati. Figure professionali che devono a loro volta avere codici deontologici comuni, perché comune deve essere il rispetto delle regole, come comune è la toga che tutela le rispettive, rispettabili funzioni.


L’avvocato non è un collaboratore di giustizia, ma un responsabile del servizio giustizia. Il tribunale è un organo per sancire il diritto giustizia. Il giudice deve avere una regola deontologica comune con l’avvocato. La tendenza è quella di trasformare la professione forense in impresa. Si devono compiere scelte chiare: o si aboliscono i minimi tariffari, o si interviene sul patto di quota lite. Il giudizio deontologico non è simile al il processo civile, o penale. Con la normativa sull’ordinamento giudiziario, entrata da pochi mesi in vigore, sussiste un concreto rischio – ha ammonito il magistrato Berruti – di pregiudicare concretamente l’indipendenza del giudice, garantita dalla Costituzione; mentre il relatore interveniva a Catanzaro veniva “ avocata “ dalla Procura l’inchiesta del P.M. dott. De Magistris (1).


Il relatore ha ricordato di avere pubblicato diversi articoli su riviste giuridiche e che uno dei primi consigli dei colleghi veterani è quello di evitare l’uso eccessivo degli aggettivi che vanno ad indebolire la forza del sostantivo.
L’uso degli aggettivi nell’esplicazione delle fattispecie perseguibili elencate all’ art. 2 dell’ordinamento giudiziario rendono quindi incerte le interpretazioni e pericolose per l’incolpato le paludi sulla via dell’accertamento dei fatti oggetto del giudizio. “ Palese incompatibilità precostituita sul piano logico… ingiustificata interferenza…” costituiscono possibili perniciose ipotesi o tentazioni di uso inappropriato della norma disciplinare.
Con la riforma della responsabilità disciplinare, va salvata la libertà del processo. Sessanta anni fa si diceva che l’avvocato era lo scudo del giudice, diciamo oggi che il professionista forense difende la libertà del processo.


Ha quindi preso la parola l’avv. Fabio Florio, componente del Consiglio Nazionale Forense, il quale ricordando la sua città Catania, ha precisato che la responsabilità disciplinare del giudice non può essere uguale a quella dell’avvocato. Il numero degli iscritti agli albi forensi si attesterà entro il 2008 a duecentomila, per cui va ripensata l’istituzione di un numero chiuso per l’esercizio della professione. Molti consigli dell’ordine esercitano con eccessiva parsimonia il potere disciplinare verso i loro iscritti; si tratta di una forma di omertà castuale della giurisdizione domestica che deve cessare. I procedimenti trasmessi al Consiglio Nazionale Forense sono davvero rari per alcuni ordini forensi. Il presidente dell’unione degli ordini pugliesi e dell’ordine degli avvocati di Foggia, Guido De Rossi, sempre innamorato della nostra Trani, ha ricordato l’avvocato Alessio Sarcinelli, il suo modo di vivere la professione con garbo, determinazione ed attenzione. Un esempio per tutti. E’ in atto un tentativo di rendere la professione forense un’attività imprenditoriale. La modifica sulla inderogabilità dei minimi tariffari non deve esimere i consigli degli ordini forensi dal controllare e sancire limiti al decoro e decenza delle tariffe pattuite con le società di capitali che hanno imboccato la via del “ precariato forense “ con accordi a prezzi “ stracciati “ ed assunzione del rischio a carico del professionista sull’esito del procedimento. Per avere una forza maggiore è opportuno che si plachino le diatribe tra le diverse componenti dell’associazionismo forense per meglio tutelare il futuro dell’avvocatura. Ha concluso il seminario il presidente del Tribunale di Trani dott.Vito Savino il quale ha ribadito il secco no all’avvocato imprenditore, come al giudice burocrate. Indubbiamente le norme disciplinari contenute nell’ordinamento giudiziario intaccano la autonomia del magistrato. E’ irrinunciabile una pulizia costante nelle “ case “ dei magistrati e degli avvocati, ma bisogna essere uniti per opporsi ad un legislatore miope, al fine di salvare la libertà del processo. L’unicità della toga non è una didascalia, ma una garanzia di efficienza. Il dott. Francesco Federici per la Unicost ha quindi ringraziato tutti i presenti per la partecipazione e chiuso i lavori nello spirito di fattiva collaborazione da sempre presente nel Tribunale di Trani.


Avv. Gabriele Monacis


Nota




  1. Come dire: “ Mentre a Roma si discute…Sagunto viene espugnata “. I giornalisti degli U. States, hanno in mente, quando vergano un “ pezzo “, le cinque W (What, When, Where, Who, Why,) per chiarire tutte le circostanze di tempo, di luogo, la dinamica , il protagonista ed il perchè.
    In Italia basta a volte un solo” Why not “per sconvolgere i sonni di molti; il seminario era in quel momento davvero sulla notizia !