Proclamazione astensione dalle udienze dal 17 luglio al 19 luglio 2007

 

La Giunta dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura Italiana, riunita in Roma il 6 luglio 2007

preso atto dello stato dei lavori parlamentari afferenti la riforma dell’Ordinamento Giudiziario, la cui conclusione è stata calendarizzata entro il termine di entrata in vigore della cd. Riforma ‘Castelli’ del 31 luglio 2007;
considerato, in particolare, l’intervento governativo, ispirato dalle istanze provenienti in tali sensi dalla magistratura associata, che – a tacer d’altro – ha da ultimo eliminato la presenza degli avvocati dai Consigli giudiziari, a detrimento della doverosa valorizzazione del loro ruolo e funzione quali insopprimibili soggetti di giurisdizione, pur in altre molteplici occasioni chiaramente affermato, evidentemente in via di mera strumentalità e captazione di consenso;
rilevato che le motivazioni che hanno ufficialmente condotto a tale intervento legislativo sono ancor più inaccettabili in quanto fondate su una pretesa incompatibilità in capo agli avvocati a partecipare alle delibere sulla progressione in carriera dei magistrati, laddove la presenza di diritto dei Presidenti dei Consigli dell’Ordine, in quanto tali connotata da profilo istituzionale, non implica con tutta evidenza il temuto potenziale conflitto di interessi;
eccepito che i rischi di condizionamento e le conseguenti incompatibilità che la magistratura associata ha paventato per il Presidente del Consiglio dell’Ordine varrebbero in toto anche per il Pubblico Ministero, che invece senza alcuna analoga riflessione viene ritenuto poter pacificamente far parte del Consiglio giudiziario, atteso che anch’egli, quale parte processuale, può essere attore di un processo (al pari dell’avvocato) assegnato al valutando;
ricordato che il governo autonomo della magistratura è voluto dalla Costituzione con composizione anche “esterna”, con l’unico limite del rispetto di proporzioni tali che ne garantiscano la necessaria autonomia;
tenuto conto che la posizione espressa dall’ANM confligge con le voci che da più parti della stessa magistratura quotidianamente impegnata sul campo si sono levate, voci fortemente critiche in ordine alla “ineffettività” del sistema attuale della valutazione professionale, di talchè si legittima il sospetto che dietro la inequivoca volontà di mantenere lo stato attuale si possa annidare soltanto la difesa del “correntismo”;
lamentato che tale atteggiamento appare ancor più offensivo rispetto all’avvocatura, laddove si consideri che, durante la elaborazione del testo della riforma ‘Castelli’, essa, anche per iniziativa dell’Organismo Unitario, seppe assumere, ancorché inascoltata, una chiara ed aperta iniziativa di sostegno del confronto – che la magistratura riteneva come persecutorio di sé – tra la politica ed i soggetti della giurisdizione nella prospettiva di garantire una riforma ispirata solo a principi di laico e sano efficientismo, nell’ovvio rispetto delle garanzie e dei valori fondamentali;
sottolineato che un tale riduttivo approccio sembra rimandare ad una visione dell’attività giudiziaria non intesa quale servizio da rendere alla comunità nazionale, bensì quasi quale potere da esercitare all’interno dell’ordine giudiziario, anche mediante una sostanziale e tendenziale sottrazione a qualsiasi forma di controllo o anche solo di compartecipazione “esterni”, di cui la valutazione di professionalità del magistrato è aspetto significante e peculiare;
ribadito il condiviso perseguimento dell’indipendenza della magistratura nell’esercizio delle sue funzioni – nella consapevolezza che tale obiettivo non è un valore in sé, funzionale unicamente ai soggetti tutelati, ma sostanzialmente atto a garantire i destinatari finali del servizio giustizia –, si afferma che essa non può indebitamente tradursi nella impermeabilizzazione e nella autoreferenzialità dei comunque necessari controlli istituzionali nel rispetto dei meccanismi costituzionali di equilibrio tra i poteri dello Stato;
affermato che le modalità complessive con cui si è posto mano sin dall’inizio della legislatura alla riforma della riforma dell’ordinamento giudiziario, appena modificato ed in attesa degli stessi decreti attuativi, lasciano intendere quasi che l’intervento più urgente e financo improrogabile in materia di giustizia, il primo cui la nuova maggioranza di governo dovesse porre mano, fosse proprio quello di restaurazione dell’antico ordine, solo per dare seguito ad istanze, seppur legittimamente avanzate, che, come già rilevato, non paiono rappresentare gli interessi e le esigenze generali della intera collettività;
stigmatizzata tale volontà di conservazione dell’antico sistema a mezzo della cancellazione dal testo di riforma dell’Ordinamento Giudiziario di tutti i più significativi, ancorché timidi, tentativi di maggiore professionalizzazione ed efficienza del sistema giudiziario medesimo;
sottolineata una volta di più la inidoneità della riforma, così come si va profilando dall’esame del testo, nella consapevolezza che il rigido ritorno sostanzialmente al sistema precedente, senza neppure consentire una verifica delle novità sul campo, in ogni caso non soddisfa le autentiche esigenze di ammodernamento che l’ordinamento giudiziario richiedeva e richiede, a prescindere da qualsivoglia spirito di parte, né consente di risolvere concretamente i problemi della giustizia e restituire dignità e credibilità alla funzione giurisdizionale, risultando funzionale unicamente a garantire il ripristino ed il mantenimento dello status quo ante, concretandosi in una mera operazione di facciata;
rilevato che lo stesso Ministro Guardasigilli è apparso sin dall’inizio sensibile pressocchè unicamente alle richieste della magistratura associata nel senso di un mero azzeramento dell’impianto riformistico varato nella precedente legislatura, che, pur in presenza di numerosi aspetti critici e bisognevoli di interventi di semplificazione e miglioramento operativo, prontamente e senza remore evidenziati dall’avvocatura, nondimeno ha avuto il merito di provare ad adeguare, anche costituzionalmente, un sistema normativo di epoca prerepubblicana;
rilevato inoltre che anche altri significativi esponenti del Governo, evidentemente non dimentichi della propria provenienza professionale, hanno ribadito doversi accogliere integralmente ed acriticamente le richieste della magistratura associata;
– richiamata la propria delibera in data 2 luglio 2007, con la quale, in aggiunta ai rilievi formulati, si esprimeva condivisione sul testo della delibera 20 giugno 2007 dell’Unione delle Camere Penali Italiane, che correttamente ha denunciato i rischi della riforma nell’attuale formulazione, così come l’ulteriore rischio della “blindatura” del testo mediante l’ennesimo ricorso al voto di fiducia, con la mortificazione del Parlamento e la vanificazione del prezioso lavoro fatto nelle Commissioni della precedente ed anche della corrente legislatura, sulla spinta di inaccettabili pressioni esterne;
sottolineato che l’UCPI, consapevole della comune sensibilità dell’avvocatura tutta sui principi fondamentali di cui si è denunciata la lesione, ha fatto appello all’intera avvocatura, invitando l’Organismo Unitario, nella persona del presidente, a partecipare ed intervenire all’assemblea convocata in Roma nel giorno 3 luglio 2007, in concomitanza del primo giorno della proclamata astensione ed a condividere ogni ulteriore iniziativa;
preso atto, altresì, della ulteriore delibera assunta dall’Unione delle Camere Penali in data 3.7.2007 con la quale è stato rivolto invito alle altre componenti dell’Avvocatura di aderire e sostenere lo stato di agitazione reso ancor più necessario dagli interventi legislativi nel contempo intervenuti;
registrata altresì, in numerosi interventi e progetti di legge attualmente in discussione parlamentare, una ingiustificata e grave tendenza alla progressiva emarginazione della difesa e del difensore nell’ambito del processo ed al di fuori di esso, in totale spregio, a tacer d’altro, del dettato costituzionale e della tutela dei diritti dei cittadini, nella prospettiva di una progressiva ma crescente marginalizzazione dell’avvocato, sia quanto alla sua dignità di funzioni che al suo stesso status sociale;
evidenziato come l’Organismo Unitario abbia oramai da tempo, in più e più documenti e deliberati, denunciato tale marginalizzazione, così come la compressione dei diritti della difesa che tale svilimento del difensore sottende, con grave pregiudizio della tutela dei diritti, in danno del cittadino;
denunciato l’indebito e scomposto tentativo provenuto da alcuni peraltro autorevoli esponenti della magistratura associata di porre un cuneo fra le componenti forensi, nonché la esorbitante invocazione di un intervento eteronomo che modifichi la disciplina di autoregolamentazione sull’astensione forense, con intollerabile ed offensiva invasione dell’ambito riservato del rapporto fra il difensore ed il proprio cliente;
ricordato che l’Organismo Unitario, in una con le associazioni forensi, a dimostrazione della sensibilità e dell’attenzione dell’avvocatura alla tutela dei diritti, si è fatto promotore negli scorsi mesi di una rinnovata ed attualizzata proposta di autoregolamentazione dell’astensione dalle udienze e dall’attività giudiziaria, prontamente inoltrata alla competente commissione, suscitando a riguardo anche il compiacimento e l’attenzione del Capo dello Stato, cui il testo è stato inviato per conoscenza in esito all’incontro concesso alla Giunta nello scorso mese di giugno;
ribadito che l’oggettiva necessità di una attenta e ponderata, corale riflessione sull’attuale situazione, con particolare riferimento al sistema giustizia, ha indotto l’Organismo Unitario alla responsabile determinazione di farsi promotore della seconda Conferenza Nazionale della Giustizia, già programmata in Roma nei giorni 11 /13 ottobre 2007, alla quale sono stati invitati tutti i soggetti interessati, e tra essi l’ANM, che peraltro ancora non ha riscontrato l’invito, al fine di avviare una serena discussione sui temi all’ordine del giorno, non estranea alla viva preoccupazione che l’esorbitanza dei soggetti istituzionali dalle proprie funzioni e prerogative possa risolversi nella indebita alterazione di essenziali ed irrinunciabili principi e valori democratici, sanciti nella Carta Costituzionale;


esprime


convinta solidarietà all’Unione delle Camere Penali Italiane, e ad ogni singolo iscritto a detta Associazione, a fronte degli indebiti e inaccettabili attacchi seguiti alla legittima e condivisa proclamazione dell’astensione;


delibera


la proclamazione dello stato di agitazione dell’Avvocatura, nonché l’astensione dalle udienze civili, penali, amministrative e tributarie e dalle altre attività giudiziarie per i giorni 17, 18 e 19 luglio 2007, fatta salva la trattazione degli affari civili, penali, amministrativi e tributari di cui agli artt. 4 e 5 della Regolamentazione provvisoria dell’astensione collettiva degli avvocati dall’attività giudiziaria di cui agli artt. 2 e 2 bis lg. 146/90 come novellata e di cui alla Delibera n. 02/137, in data 4.7.2002, della Commissione di garanzia per l’attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali.
Fissa una pubblica manifestazione da tenersi in Roma, organizzata congiuntamente all’UCPI, per il giorno 18 luglio 2007, aperta alla pubblica cittadinanza, al fine di approfondire ed illustrare le ragioni della protesta, ed invita l’avvocatura tutta a sostenere con forza, in ogni sede, i principi di democrazia e di libertà di cui il difensore è geloso custode, nell’interesse dei cittadini, organizzando anche in sede locale analoghe occasioni di dibattito.


Roma, lì 6 luglio 2007