Lettera aperta ai giovani Avvocati
di Marco Ubertini

La Cassa di Previdenza Forense assicura la previdenza e l’assistenza a tutti gli avvocati esercenti sul territorio Nazionale senza ricevere alcun contributo da parte dello Stato. Questa doverosa premessa è necessaria per capire la centralità del problema della sostenibilità finanziaria di lungo periodo per la stessa sopravvivenza dell’Ente, che conta circa 157.000 avvocati iscritti e oltre 25.000 pensionati. Per questo motivo, dopo anni di studi e di approfondimenti, anche con il supporto di autorevoli esperti della materia, il Comitato dei Delegati ha varato una riforma previdenziale per garantire alle giovani generazioni di poter fruire di trattamenti pensionistici certi ed adeguati rispetto alle esigenze di vita.
L’urgenza di addivenire ad una riforma del sistema previdenziale forense è apparsa ancor più inevitabile alla luce degli sviluppi normativi degli ultimi anni.
In primis il comma 763, dell’art. 1 della legge 296 del 2006 che ha stabilito che gli Enti previdenziali dei liberi professionisti devono assicurare la stabilità finanziaria per un periodo di almeno trenta anni potendo, a tale scopo, introdurre provvedimenti rivolti alla salvaguardia della stabilità di lungo periodo, nel rispetto delle anzianità già maturate e tenendo conto di principi di equità tra le generazioni.
Successivamente, nell’ambito del decreto ministeriale sui criteri di redazione dei bilanci tecnici (D.M. 29/11/2007), oltre a ribadire la necessità di osservare un periodo minimo di stabilità gestionale di almeno trenta anni è stata introdotta la necessità di prolungare il periodo temporale delle proiezioni di bilancio tecnico per almeno cinquanta anni, al fine di poter esaminare l’andamento tendenziale di lungo periodo della sostenibilità del sistema previdenziale.
Tali disposizioni, pertanto, hanno chiamato gli enti privati di previdenza ad una maggiore responsabilità gestionale, prolungando dagli originari quindici anni agli attuali trenta il periodo entro il quale deve essere garantita la stabilità.
Nelle implicazioni previste dalle suddette disposizioni si inserisce la situazione economico-finanziaria della Cassa Forense, che malgrado un primo passo riformatore fatto nel 2006, non mostrava una situazione di stabilità finanziaria di lungo periodo, nei termini imposti dal legislatore, facendo emergere la necessità di ulteriori e più incisive modifiche di natura strutturale finalizzate al riequilibrio nel lungo periodo e a una migliore corrispondenza tra contribuzione versata e prestazione erogata.
Il progetto di riforma deliberato e poi approvato dai Ministeri, dal punto di vista dei risultati finanziari, conduce a una situazione di stabilità di lungo periodo e al contempo consente di migliorare il rapporto tra contributi versati e prestazioni erogate coinvolgendo tutte le generazioni di iscritti, dalle più giovani alle più anziane, secondo gli orientamenti di politica previdenziale già intrapresi da molti paesi europei e oggetto di ampio dibattito anche in sede di riforma dell’attuale sistema previdenziale generale vigente in Italia.
In questo quadro più generale si inseriscono anche i recenti, quanto indispensabili, aumenti dei contributi sia minimi che percentuali applicati nei confronti degli iscritti.
Per l’anno 2009 il contributo minimo soggettivo era pari a € 1.310,00 e il contributo minimo integrativo era pari a € 395,00.
Per l’anno 2010 vengono fissati un contributo minimo soggettivo pari a € 2.100,00 e un contributo minimo integrativo pari a € 550,00. Per l’anno 2011 i valori passano ad € 2.400,00 per il contributo minimo soggettivo e a € 650,00 per il contributo minimo integrativo. A partire dall’anno 2012 non ci saranno ulteriori aumenti se non quelli relativi al recupero dell’inflazione.
Va precisato, infine, che il mancato pagamento dei contributi minimi comporta l’applicazione di sanzioni e interessi in misura proporzionale ai giorni di ritardo, a decorrere dalla scadenza dell’ultima rata (cfr. art. 9 del nuovo regolamento per la disciplina delle sanzioni).
Il graduale aumento dei contributi minimi si è reso indispensabile per coprire, sia pure non integralmente, gli oneri derivanti dal mantenimento dell’istituto della pensione minima (rectius: integrata al minimo), a garanzia di un principio di “adeguatezza” delle prestazioni che la Cassa si è preoccupata di mantenere fermo per evitare gli eccessi, in termini di riduzione delle prestazioni, causati da un eventuale passaggio al sistema puramente contributivo.
Tale provvedimento, peraltro, è stato parzialmente compensato dall’estensione a 5 anni delle agevolazioni per i giovani. Considerato che l’aumento del contributo minimo grava soprattutto sulle fasce di reddito più basse e in particolare sugli iscritti più giovani, si è ritenuto, infatti, di aumentare, da 3 a 5, il numero di anni di iscrizione alla Cassa, per i quali i giovani iscritti sono tenuti al pagamento del contributo minimo soggettivo, di base e modulare, ridotto alla metà.
Per lo stesso motivo, il numero di anni di iscrizione alla Cassa per i quali i giovani iscritti non sono tenuti al pagamento del contributo minimo integrativo, è passato dai primi 3 ai primi 5 anni di iscrizione agli albi. In questo periodo i giovani iscritti verseranno il contributo integrativo solo nella misura effettivamente riscossa nei confronti dei clienti, così come avviene per gli iscritti all’Albo che non siano iscritti alla Cassa.
In buona sostanza un giovane avvocato, nei primi 5 anni di iscrizione all’Albo sosterrà, prendendo a riferimento l’anno 2011, un onere contributivo annuo di € 1.448,00 (contributo soggettivo al 50% + contributo modulare al 50% + contributo maternità).
Nella stessa ipotesi, a partire dal 6° anno di iscrizione all’Albo, l’onere complessivo annuo ammonterebbe ad € 3.388,00 (contributo soggettivo + contributo integrativo + contributo modulare + contributo maternità).
Dalle considerazioni che precedono si evince lo sforzo della Cassa, pur in un quadro di inevitabile aumento dei contributi, di salvaguardare per un periodo più lungo (5 anni anziché 3 come precedentemente previsto) le posizioni dei giovani avvocati che si iscrivono tempestivamente al loro Ente di Previdenza.
Va, inoltre, precisato che in tutti i casi in cui il reddito professionale netto prodotto nel 2011 superasse € 18.461,00 ovvero il volume d’affari complessivo superasse € 16.250,00, l’aumento dei contributi minimi rappresenterebbe un falso problema, risultando del tutto ininfluente rispetto ai contributi complessivamente dovuti per tale anno. Chi raggiungesse tali limiti reddituali, infatti, dovrebbe versare, con l’autoliquidazione connessa al mod. 5 dell’anno successivo (mod. 5/2012) esattamente i medesimi importi (13% sul reddito Irpef + 4% sul volume d’affari Iva). Si tratterebbe, in questi casi, di una mera anticipazione di parte dei contributi che dovrebbero essere comunque pagati l’anno successivo.
Del resto non va dimenticato che l’iscrizione alla Cassa anche per avvocati che non raggiungono i limiti di reddito per l’obbligatorietà di tale iscrizione (€ 10.000,00 per l’Irpef e € 15.000,00 per l’Iva con riferimento al 2010) è quanto mai opportuna in quanto alternativa all’iscrizione alla gestione speciale INPS.
Dopo la legge 335/1995, infatti, non esiste alcun reddito di lavoro autonomo che può sottrarsi a contribuzione previdenziale, da versare alla Cassa di riferimento ovvero alla gestione speciale INPS, con aliquote contributive giunte al 26,72% (sic!) e, quindi, molto superiori a quelle richieste dalla Cassa.
Ma il raffronto fra l’iscrizione alla Cassa e quella alla gestione speciale INPS va fatto soprattutto con riferimento alle prestazioni garantite e ai servizi accessori resi agli iscritti. Sotto questi profili la gestione speciale INPS garantisce pensioni calcolate esclusivamente con il sistema contributivo (di importo pari a circa la metà di quelle assicurate dalla Cassa e senza alcun minimo garantito) e nessun servizio accessorio per gli iscritti (polizze sanitarie, convenzioni, ecc. che, normalmente, la Cassa mette a disposizione dei suoi contribuenti).
Detto in altri termini, per chi non raggiunge i limiti di reddito previsti per la continuità professionale, l’iscrizione alla Cassa Forense non è obbligatoria ma, in caso di mancata iscrizione, permane un obbligo contributivo nei confronti della gestione speciale dell’INPS con oneri, in molti casi, maggiori e prospettive previdenziali molto meno incoraggianti.
Lamentarsi dell’aumento dei contributi minimi senza operare un corretto confronto con l’alternativa prevista dalla legislazione vigente, rispetto alla professione intrapresa, non sembra un approccio corretto al problema e non aiuta lo sviluppo di un’adeguata coscienza previdenziale.
All’iscrizione alla Cassa, per chi intraprende seriamente la professione forense, non esistono, in realtà, valide alternative e precostituirsi tempestivamente una posizione previdenziale aiuta ad uscire da una sorta di precariato professionale aumentando il senso di appartenenza all’Avvocatura. Il momento della contribuzione, poi, non va vissuto da parte dei giovani come una inutile tassa da versare ad una entità astratta e lontana. La Cassa, in realtà, è totalmente autogestita dagli Avvocati e i suoi delegati vengono eletti, ogni quattro anni, con elezioni democratiche che coinvolgono tutti i Fori Italiani. Ognuno ha la possibilità di essere rappresentato e di portare avanti le sue idee, confrontandole con quelle degli altri e approfondendo personalmente la difficile e complessa materia previdenziale. La Cassa ha la pretesa e, in qualche modo, l’orgoglio di sentirsi vicina alle esigenze e alle problematiche dei suoi iscritti contribuenti, anche con progetti di Welfare avanzato e di sostegno del reddito, soprattutto per i giovani e per le donne, e sta lavorando per questo.
Il diritto di critica è legittimo, se portato avanti in modo costruttivo ed informato, ma chi incoraggia irresponsabilmente comportamenti di disobbedienza civile facendo leva sulla scarsa conoscenza della materia previdenziale si assume gravi responsabilità anche rispetto alle conseguenze negative di eventuali comportamenti deontologicamente scorretti posti in opera a livello individuale. Un invito alla riflessione, viceversa, andrebbe fatto su questo: una Cassa autonoma, solida finanziariamente e coesa con i suoi iscritti, rappresenta un patrimonio di tutta l’Avvocatura e una forza istituzionale ed economica su cui fare affidamento, non un nemico da combattere. Un confronto su temi specifici è sempre possibile ed auspicabile ma non è pensabile di scaricare su Cassa Forense tutti i problemi e le contraddizioni che l’Avvocatura sta vivendo anche a causa di congiunture economiche, sociali e politiche negative. I veri nemici dell’Avvocatura, da combattere tutti insieme, vanno identificati altrove.


Il Presidente
Avv. Marco Ubertini