Il Delegato del Distretto

Avv. Tiziana Carabellese

 

Carissime Colleghe,

Carissimi Colleghi,

la particolarità del momento storico, la pressante esigenza di uscire da uno stato emergenziale non ancora concluso, la consapevolezza di assistere ad una stagione di riforme destinate ad incidere radicalmente sulla giurisdizione, la necessità di consentire all’impianto normativo della legge professionale di sostenere la professione nel nostro tempo, calibrandola alle innovazioni tecnologiche improvvisamente introdotte nelle nostre vite, hanno spinto le rappresentanze dell’Avvocatura a convocare una Sessione ulteriore del XXXIV Congresso Nazionale Forense che si terrà a Roma il prossimo 23-24 luglio 2021 sul seguente tema:

LA SOSTENIBILITÀ DELLA GIURISDIZIONE E DELLA PROFESSIONE FORENSE NELLA CONTEMPORANEITÀ E NEL FUTURO POST PANDEMICO:

  1. Le risorse: il PNRR e la destinazione del Recovery Fund;
  2. L’Avvocato e il suo ruolo: le riforme ordinamentali- Ordinamento giudiziario; Ordinamento Forense e Statuto Congressuale;
  3. La tutela giurisdizionale e le garanzie per le parti: le riforme processuali in itinere.

La celebrazione del Congresso, in concomitanza con il dibattito politico di questi giorni tutto incentrato sulla riforma della giustizia, rappresenta una coincidenza temporale propizia che spinge a considerare le prossime giornate congressuali un’occasione storica per favorire un dialogo costruttivo del mondo forense finalizzato formare una voce univoca dell’Avvocatura, capace di avere un peso in un momento in cui si gioca il destino del nostro Paese e nel contempo quello di migliaia di Avvocati.

  1. E’ noto a tutti che la Commissione ministeriale per l’elaborazione di proposte di interventi in materia di processo civile e di strumenti alternativi presieduta dal Prof. Luiso, ha elaborato una proposta articolata di riforma del processo civile con l’intento di ridurre i tempi dei processi e ottenere una miglior efficienza dell’amministrazione della giustizia.

Nella prospettiva di riduzione dei tempi del processo civile, su un punto vi è assoluta condivisione: “un prius logico e cronologico… i magistrati professionali addetti al civile sono poco più di tremila. Non è possibile immaginare che la giustizia civile di sessanta milioni di persone possa essere affidata ad un magistrato ogni ventimila soggetti.”. La commissione Ministeriale e lo stesso Prof. Luiso, in più occasioni, hanno affermato, rectius riconosciuto, che qualunque (presunto) miglioramento del processo civile non consentirà ad alcun Tribunale di far fronte alla domanda di giustizia.

L’Organismo Congressuale Forense ritiene impensabile che le misure prospettate di riforma del processo civile possano migliorare l’efficienza della giurisdizione civile e al contempo rafforzare le garanzie di tutela dei cittadini. Il nodo focale è solo di natura organizzativa ed è strettamente correlato alle risorse e all’organizzazione del servizio giustizia.

Tra le tante non è condivisibile la soluzione proposta di aumentare le competenze del Giudice di Pace, come delineato all’Emendamento 11 all’A.S. n.1662, senza alcuna specificazione o chiarimento.

Peraltro, non ha ancora trovato soluzione la questione relativa alla natura della magistratura onoraria e per la quale è tutt’ora al lavoro una commissione ministeriale. Per favorire l’apporto della magistratura onoraria è indispensabile pensare ad una professionalizzazione della stessa, non solo in termini economici, come ipotizzato, ma anche e soprattutto in termini qualitativi. Così come non si può fare a meno di rilevare che è imprescindibile attuare la telematizzazione del processo civile innanzi ai giudici di pace.

In difetto di norme organiche si continuerà a proporre riforme che viaggiano su linee parallele destinate a non incontrarsi mai che avranno solo l’effetto di creare disagi senza realizzare l’obiettivo prefissato: l’efficienza della giurisdizione civile.

Il processo civile non è un processo malato, tutt’altro. Ma continuare a proporre e approvare riforme del processo civile non fa altro che favorire l’incertezza del diritto e aumentare i tempi del processo e della piena ed effettiva realizzazione della giurisdizione civile; è noto che i nuovi riti hanno sempre portato, soprattutto nelle prime fasi applicative, ad un aumento dei contenziosi e delle impugnazioni relative al rito e alle questioni processuali. L’effetto ottenuto è quello di aumentare e ingolfare le corti d’appello e la Cassazione di giudizi su questioni meramente processuali.

Il rischio che si corre è che la richiesta di giustizia possa non trovare accoglimento per questioni procedurali piuttosto che per oggettiva impossibilità di avere riconoscimento per mancanza di tutela sostanziale.

  1. Un intervento di “revisione” della Legge Professionale è necessario sia perché già in occasione del XXXI Congresso Nazionale Forense, svoltosi a Bari il dal 22 al 24 novembre 2012 alla vigilia della sua approvazione da parte del Parlamento, venne espressamente richiesto un immediato impegno dell’Avvocatura per migliorarne la disciplina, in particolare con riferimento alla governance, all’accesso, al sistema formativo; sia perché la Corte Costituzionale, la Corte di Cassazione ed i Giudici Amministrativi (Tar Lazio e Consiglio di Stato) sono ripetutamente intervenuti in sede “censoria” di importanti norme, sia primarie che regolamentari, determinando preoccupanti “vuoti normativi” e “stravolgimenti” (spesso giustificati) dell’originario impianto normativo; sia perché sono all’esame del Parlamento numerosi disegni di legge, non coordinati fra di loro, anzi spesso confliggenti e contraddittori, che riguardano espressamente importanti “capitoli” dell’ordinamento professionale.

 

In questo contesto il Congresso Nazionale Forense, nella sua sessione ulteriore ha il dovere di esprimere al riguardo dell’Ordinamento della professione di Avvocato un indirizzo di massima che sia il più possibile netto ed univoco che da un lato renda avvertiti il Parlamento, il Governo e le forze politiche della necessità che ogni intervento normativo, quale che ne sia il livello legislativo o amministrativo, sia preventivamente concertato con le rappresentanze istituzionali, politiche ed associative dell’Avvocatura e, dall’altro, impegni queste ultime nella elaborazione di proposte specifiche che dovranno essere sottoposte al dibattito ed all’approvazione del prossimo XXXV Congresso Nazionale Forense.

 

  1. La pandemia che ha sconvolto l’Italia ha lasciato nel tessuto sociale profonde tracce, destinate a permanere per molto tempo, ben oltre il momento dell’auspicato ritorno alla normalità e molto al di là anche di quello in cui si potranno vedere i segni di una sperata ripresa.

Acuti osservatori hanno già avuto modo di indicare come l’emergenza sanitaria abbia fatto esplodere la disparità fra la categoria dei c.d. “garantiti” e quella di coloro che non possono accedere alle tutele sociali.

 

I liberi professionisti si sono trovati esposti, più di altri, al rischio di perdere la fonte del proprio sostentamento: in particolare gli Avvocati, che nel 2020 hanno subito il blocco quasi totale dell’attività giudiziaria, hanno dovuto lottare per evitare la totale paralisi della Giustizia che avrebbe portato alla negazione delle tutele dei cittadini ed hanno dovuto chiedere di esercitare la giurisdizione in sicurezza e nella salvaguardia del diritto alla salute, con pari dignità rispetto ad altre categorie. Anche che le risorse stanziate a sostegno delle professioni in tempo di crisi “Covid” hanno avuto natura eminentemente assistenziale, sono state previste per periodi molto limitati, erogate con importi a volte irrisori, attribuite con criteri discutibili perché inadeguati alla struttura della professione quando non del tutto negate.

 

Ma la crisi in atto, la cui durata sarà ben superiore alla pandemia, investirà in modo generale tutta l’Avvocatura in una prospettiva temporale di breve-medio periodo, con la concreta possibilità di effetti strutturali e sistemici che traguardano al lungo periodo e che rischiano di mettere in serio pericolo la funzione di difesa dei diritti che essa è chiamata ad assicurare.

Non si può nascondere che la crisi degli studi professionali che costituiscono nel complesso ben il 12,5% del PIL nazionale non riguarda solo la crisi ingeneratasi drammaticamente per la pandemia ma è in atto da anni e non involge solo la fascia più debole ma anche agli studi più strutturati che devono da un lato sostenere ingenti costi fissi e dall’altro costituiscono la fonte di reddito per i propri dipendenti ed i propri collaboratori, soprattutto avvocati giovani e giovanissimi e, come tali, vanno tutelati.

Sono dunque necessari interventi tesi a fronteggiare la crisi di sostenibilità della professione avendo riguardo anche alla necessità di assicurare in modo progressivo il dovuto ricambio generazionale. Tutto ciò in una prospettiva strategica di adeguamento, sul piano culturale e tecnologico, che permetta all’Avvocatura di completare il dovuto processo di ammodernamento e di guardare in modo adeguato al tempo che seguirà all’emergenza. Tutto ciò mantenendo la pluralità che caratterizza l’Avvocatura – e che è teleologicamente legata alla funzione che essa assolve per assicurare in modo altrettanto plurale la tutela dei diritti – e limitando al massimo i rischi di conflitti generazionali e reddituali al suo interno.

In tale ottica, è necessario che gli interventi siano attuati in modo consapevole del quadro complessivo da affrontare, avendo chiaro che, in ragione della funzione di pubblica rilevanza che l’Avvocatura esercita, la sua sopravvivenza, vitalità e indipendenza – anche economica – costituiscono un problema di interesse generale che non può che investire – quantomeno anche – le risorse erariali rivenienti dalla fiscalità generale.

Si tratta di interventi che devono articolarsi su tre fronti: a- il sostegno diretto, attuato in forma di provvidenze erogate in forma di incentivo a determinate attività; b- le agevolazioni finanziarie; c- il carico fiscale e contributivo.

  1. La vigente disciplina sull’Equo Compenso introdotta con la Legge di Bilancio 2018 (Legge 27 dicembre 2017, n. 205) pur prevedendo dettagliate ipotesi di clausole vessatorie e profili di nullità degli schemi e convenzioni ad essa contraria, è risultata di scarsa o inefficace applicazione per il convergere di diverse ragioni e prassi negoziali:

– Il diffuso ricorso a pratiche elusive, come la predisposizione da parte dei contraenti forti di simulate proposte apparentemente provenienti dai professionisti;

– L’insorgere di prassi organizzative aziendali e commerciali volte ad aggirare la disciplina dell’equo compenso, attraverso una gestione accentrata dell’affidamento delle pratiche per “centri di distribuzione professionale”, ossia mediante l’incarico a pochi studi di grandi dimensioni su scala regionale o macroregionale e lasciando poi questi a comprimere i costi e compensi di difesa ed accesso alla giurisdizione attraverso un diffuso subappalto a cottimo delle domiciliazioni, agevolato incidentalmente dall’applicazione del P.C.T.;

– l’indubbio sbilanciamento del sinallagma e dei poteri delle parti contrattuali che di fatto preclude ed inibisce l’invocazione delle norme sull’equo compenso anche da parte degli interessati, quanto meno in costanza del rapporto, ancorchè palesemente viziato o sbilanciato;

– il disinteresse se non la pratica disapplicazione giurisprudenziale, con alcune pronunce anche delle giurisdizioni superiori, giunte ad acclarare, specie nei rapporti con la P.A., pratiche contrarie alle più basilari condizioni di dignità e decoro professionale e persino a legittimare, come normale ed ammissibile, la prestazione gratuita;

– la mancanza di organi di controllo sulle pratiche che nell’ambito delle libere professioni e del lavoro autonomo incidono sui principi costituzionali di adeguata retribuzione;

– l’assenza di sanzioni che puniscano il ricorso alle suddette pratiche elusive.

 

E’ essenziale, in tema di sostenibilità della professione e di mantenimento di standard minimi di professionalità, preparazione e decoro del ceto forense, andare alla radice del progressivo fenomeno della c.d. proletarizzazione di ampie fette della popolazione professionale, tra cui si va delineando un modello di avvocato produttore in-cloud di prestazioni intellettuali a cottimo, apparentemente reso accettabile dagli sviluppi pandemici dello smart-working.

Pertanto i punti fondamentali necessari ad assicurare non solo la futura sostenibilità della professione fornese, ma anche, in via di diretto riflesso, il mantenimento della funzione costituzionale di diffuso accesso alla giurisdizione e quindi di tutela dei diritti dei cittadini e delle persone giuridiche tutte possono essere così sintetizzati:

  1. A) Reintroduzione dell’inderogabilità dei minimi parametrali ( già tariffari) o comunque di soglie minime oltre le quali la pattuizione sia nulla e sanzionabile sia sul piano contrattuale che deontologico o financo mediante sanzioni pecuniarie per i contraenti forti.
  2. B) L’istituzione di un’autorità garante con poteri non solo di controllo ex officio, ma anche sanzionatori, verso i proponenti di convenzioni o contratti vessatori.
  3. C) La regolamentazione dell’equo compenso anche nei rapporti di corrispondenza e domiciliazione interprofessionale con previsione di specifici parametri;
  4. D) Una più compiuta legislazione in tema di limiti e previsioni antitrust nell’ingresso di capitali nelle società tra professionisti
  5. E) Specifiche sanzioni e profili di nullità ex lege per i contratti e convenzioni tra P.A. e professionisti.
  6. F) Modifica del 1° comma art 13 L. Professionale che prevede che “L’incarico può essere svolto a titolo gratuito” Tale previsione in formula così ampia sta prestando il fianco a discutibili pronunce che ancorano a tale facoltà pattuizione persino gratuite in favore della P.A.. Infatti se la ratio della norma è la salvaguardia della scelta personale e di assoluta libertà del libero professionista di offrire la propria prestazione pro-bono (come diffusamente previsto nel mondo di common law), lo stravolgimento ermeneutico della norma si traduce in una legittimazione di forme ancor più marcate di sudditanza verso il contraente forte.

Questi solo alcuni dei temi che verranno discussi in occasione della Sessione Ulteriore del  Congresso al quale il nostro Ordine parteciperà con i suoi delegati in carica, nella consapevolezza che ci viene offerta l’occasione per non indugiare piu’ nel passato, ma per volgere lo sguardo al futuro per costruire una nuova Avvocatura capace di cogliere l’evoluzione del tempo, senza tuttavia tradire i principi e gli ideali che ne caratterizzano l’essenza.

Tiziana Carabellese