Violenza domestica e separazione personale dei coniugi – Diritti della personalità (alla vita e all'integrità fisica) – Procedimento civile e prova – Violenza assistita e affido esclusivo

Commento a Sentenza Tribunale Trani , 25.01.2018, dep. 29.01.2018, n.215
a cura dell'avv. M. Cristina Capurso del Foro di Trani

pubblicato sul Diritto 24 del Sole 24 0re del 21/12/2018

La sentenza, emessa in un procedimento di separazione personale dei coniugi, presenta diversi aspetti di notevole interesse nella sfera delle best practices in ambito giudiziario. La motivazione affronta, infatti, temi e problemi vecchi o nuovi, di grande importanza nella pratica per la persistenza e la tolleranza nelle aule di giustizia nella materia della violenza di genere, e in particolare di quella intrafamiliare, di stereotipi che inibiscono il riconoscimento della violenza con la conseguenza di non consentire il cambiamento, nonostante il mutamento intervenuto in questi anni delle condizioni e dello stesso humus culturale che li ha generati . (1)

Nella fattispecie la moglie si rivolge al Giudice della separazione, lamentando i plurimi e pluriennali comportamenti di violenza fisica, psicologica e economica agiti dal coniuge nei suoi confronti, nonché il totale disinteresse mostrato dal genitore nei confronti delle due figlie e il loro coinvolgimento negli atti di violenza agiti contro la madre, ma anche direttamente contro di esse. Chiede, pertanto, pronunziarsi la separazione con addebito al coniuge, l'affidamento esclusivo in suo favore delle due figlie (al tempo della domanda entrambe minorenni) con attribuzione dei poteri di adottare da sola, in difetto di esplicita opposizione da parte dell'altro, anche le decisioni maggiore interesse. La donna, inoltre, chiede anche la previsione in suo favore di un assegno di mantenimento per sé e per le figlie. Il marito si costituisce in giudizio, proponendo a sue volta domande assolutamente speculari rispetto a quelle formulate dalla ricorrente. Nel corso del procedimento sono ascoltati come testi i parenti della ricorrente, acquisito un verbale di intervento delle Forze dell'ordine, depositati referti di pronto soccorso, il verbale di rilascio della casa familiare effettuato nelle more del procedimento (dal quale emerge il danneggiamento e l'illegittimo asporto dei beni di arredamento da parte dell'uomo), è denunziato il perdurante e immutato inadempimento del padre alle obbligazioni di cura e mantenimento della prole.
Il Tribunale di Trani, che già nel corso del processo aveva emesso sentenza non definitiva di separazione personale, accoglie le domande della ricorrente, e, per l'effetto, addebita la separazione al resistente, affida la figlia minore in via esclusiva alla madre, regolamenta le frequentazioni con la figlia minore e gli obblighi economici nei confronti della moglie e delle figlie.

La complessiva vicenda processuale, per gli aspetti trattati, consente di soffermarsi, in particolare su tre aspetti: 1.la prova della violenza domestica; 2. la rilevanza esclusiva ai fini della decisione sull'addebito delle condotte violente; 3. la incidenza della violenza assistita al fine della scelta del regime di affidamento della prole minorenne.

1.Come posto in evidenza negli atti processuali: in materia di rapporti familiari il ricorso a indizi può costituire quasi un percorso probatorio obbligato per il giudice al fine di pervenire alla verità processuale (2) . Tra gli indizi vanno sicuramente annoverati gli atti di altri procedimenti civili e penali, la testimonianza de relato ex parte actoris," i quali possono concorrere a determinare il convincimento del giudice, quando siano valutate in relazione a diverse altre risultanze probatorie che ne suffraghino il contenuto; è naturale che ciò si verifichi nelle ipotesi in cui la testimonianza attenga a comportamenti riservati delle parti, insuscettibili di percezione diretta dei testimoni(3).

Inoltre, in tal senso assume anche rilievo il comportamento del coniuge successivo alla separazione, soprattutto nei tempi immediatamente prossimi, che deve essere considerato non di per sé, perché esso è certamente privo di efficacia autonoma nel determinare l'intollerabilità della prosecuzione della convivenza, "tuttavia può costituire una conferma del passato e quindi illuminare sulla condotta pregressa, questa sì rilevante ai fini del giudizio di addebitabilità"(Cass.17710/05;Cass.20256/06;Trib. Milano,18.03.15).

Per quanto riguarda la prova testimoniale ammessa e espletata appare opportuno fare una precisazione, in ordine ai capitoli di prova non ammessi in quanto ritenuti inammissibili in quanto testualmente definiti "generici e privi di riferimenti temporali", "generici e valutativi", senza altro aggiungere. Si ricorda, all'uopo, che, come affermato dalla giurisprudenza e dalla dottrina, "la disposizione dell'art. 244 cod. proc. civ. sulla necessità di un'indicazione specifica dei fatti da provare per testimoni non va intesa in modo rigorosamente formalistico, ma in relazione all'oggetto della prova, cosicché, qualora questa riguardi un comportamento o un'attività che si frazioni in circostanze molteplici (come la relazione adulterina, o la condotta violenta), è sufficiente la precisazione della natura di detto comportamento o di detta attività (fermo restando che nell'interpretazione del significato e della portata delle deduzioni probatorie occorre tenere presente la loro finalità, in relazione alla concreta materia del contendere), in modo da permettere alla controparte di contrastarne la prova, attraverso la deduzione e l'accertamento di attività o comportamenti di carattere diverso. Pertanto, al fine di accertare se i capitoli articolati per una prova testimoniale rispondano o meno all'esigenza della specificazione sancita dalla norma, l'indagine sulla specificità: a) va condotta non soltanto alla stregua della letterale formulazione dei capitoli articolati dalla parte istante, ma ponendo altresì il loro contenuto in relazione agli altri atti di causa ed alle deduzioni dei contendenti; b) è soddisfatta quando i fatti dedotti a prova siano sintetizzati nei loro elementi essenziali ed esposti in modo idoneo sia a confortare, se confermati, la tesi difensiva del deducente, sia a consentire all'altra parte di potervi contraddire mediante la tempestiva articolazione di una prova contraria; c) ben può essere completata, una volta che i fatti siano indicati nei loro estremi essenziali, dal difensore e dal giudice, durante l'esperimento del mezzo istruttorio, attraverso richieste ancor più puntuali e l'eventuale individuazione dei relativi dettagli; d) non richiede, infine, anche la specificazione della posizione assunta dal teste rispetto a detti fatti, né quindi l'indicazione se di essi abbia conoscenza diretta od indiretta" (in termini: Cass.19.06.2015, n.12699;Cass.04.06.2008,n.14802;Cass. 5842/2002; 10371/1995; 4426/1995).E ancora: "il giudice non può limitarsi a opporre la genericità del fatto dedotto, ma deve dimostrare perché quel fatto, se provato, non poteva condurre –eventualmente in concorso con altre risultanze- all'accoglimento della domanda."(4) .Tanto, ancor più appunto, nella fattispecie della violenza intrafamiliare in cui non si assiste al manifestarsi di singoli episodi, bensì all'alternarsi con manifestazione ciclica temporale e reiterata di comportamenti di violenza fisica, morale e economica, che sfuggono a un esatto inquadramento temporale e modale proprio a causa della loro ripetizione e frazionamento. Per quanto riguarda gli elementi valutativi, va detto che se è vero che non è consentito ai testi esprimere apprezzamenti personali, sono consentiti invece quegli apprezzamenti che non sia possibile scindere dalle deposizioni dei fatti: "Il tribunale non deve limitarsi ad affermare che le prove importano l'emissione di un giudizio da parte dei testi, ma ha l'obbligo di dimostrare che la prova può vertere soltanto sull'emissione di un puro apprezzamento personale ad opera del teste da escutere, senza alcun riferimento ai fatti direttamente percepiti cui l'apprezzamento si collegasse necessariamente e senza possibilità per il giudice, quindi, in sede di espletamento della prova, di interrogare i testi soltanto sui fatti dedotti e sui giudizi a questi inscindibilmente connessi"(5).

2. La donna maltrattata quasi sempre, almeno nei primi momenti, chiede che nel procedimento sia richiesto l'addebito al coniuge. E' evidente il profilo "sanzionatorio" che era peculiare nel vecchio istituto della colpa. Si tratta, in realtà di una richiesta con aspetti più di riconoscimento- risarcimento morale che con rilevanti implicazioni patrimoniali. La giurisprudenza è consolidata nell'affermare che l'indagine sulla intollerabilità della convivenza deve essere svolta sulla base della valutazione globale e sulla comparazione dei comportamenti di entrambi i coniugi consentendo solo tale comparazione di riscontrare se e quale incidenza esse abbiano rivestito", nel loro reciproco interferire, nel verificarsi della crisi matrimoniale. Tale principio cardine è però sovvertito in presenza di violazione di regole imperative poste a tutela di beni o diritti fondamentali, e così del principio costituzionale fondamentale del diritto di ogni individuo all'integrità fisica, morale e alla libertà, sia essa di espressione, circolazione, pensiero, fede religiosa. La Suprema Corte ha affermato che la violenza è tale da fondare da sola non solo la pronuncia di separazione personale, in quanto causa determinante la intollerabilità della convivenza, "ma anche la dichiarazione della sua addebitabilità all'autore di esse, e da esonerare il giudice di merito, che abbia accertato siffatti comportamenti, dal dovere di comparare con essi, ai fini dell'adozione delle relative pronunce, il comportamento del coniuge che sia vittima delle violenze. Infatti tali gravi condotte lesive, traducendosi nell'aggressione a beni e diritti fondamentali della persona, quali l'incolumità e l'integrità fisica, morale e sociale dell'altro coniuge ed oltrepassando quella soglia minima di solidarietà e di rispetto comunque necessario e doveroso per la personalità del partner, sono insuscettibili di essere giustificate come ritorsione e reazione al comportamento di quest'ultimo e si sottraggono anche alla comparazione con tale comportamento, la quale non può costituire un mezzo per escludere l'addebitabilità nei confronti del coniuge che quei fatti ha posto in essere ."(6)

3. La Convenzione di Istanbul, sottoscritta l'11.5.2011 e ratificata dall'Italia con Legge 27.6.2013 n. 77 ha codificato per la prima volta la violenza assistita affermando nel preambolo che: "i bambini sono vittime di violenza domestica anche in quanto testimoni di violenze all'interno della famiglia".

Sono stati enunciati dei principi fondamentali in tema di regolamentazione dei rapporti figli genitori nelle situazioni di violenza domestica, e così:-nelle decisioni in ordine ai diritti di custodia e di visita dei figli, devono essere presi in considerazione gli episodi di violenza (art. 31); -l'esercizio di visita e di custodia dei figli non deve compromettere i diritti e la sicurezza della vittima di violenza e dei bambini (art. 31); -gli autori dei reati possono essere privati della responsabilità genitoriale "se l'interesse superiore del bambino, che può comprendere la sicurezza della vittima, non può essere garantito" in altro modo (art.45) (7).

Ebbene, nonostante quanto affermato dalla citata normativa e dalla letteratura scientifica in materia (8) , vige ancora nella cultura degli operatori, che a vario titolo si trovano a dover dare tutela ai soggetti resi vulnerabili dal fenomeno della violenza di genere, e così l'avvocatura, la magistratura, come le forze dell'ordine, gli assistenti sociali, gli psicologi, gli educatori, i medici, ecc., lo stereotipo secondo il quale "I figli hanno bisogno del padre anche se violento(9) . Nelle aule di giustizia si continua a descrivere tale fenomeno solo e soprattutto come ‘conflittualità o problema familiare o separazione conflittuale' o ‘patologia relazionale' riconducendola a un fenomeno psicosociale, di disagio, eccezionale, e giustificando così la scelta anche in tali casi del regime dell'affidamento condiviso, con conseguenze aberranti proprio sui figli che si dovrebbero tutelare (10)
Eppure la Suprema Corte ha più volte affermato che "L'individuazione del genitore affidatario deve avvenire all'esito di un giudizio prognostico che il giudice compie, nell'esclusivo interesse morale e materiale della prole, in merito alle capacità dei genitori di crescere ed educare il figlio nella nuova situazione determinata dalla disgregazione dell' unione, tenendo conto, in base ad elementi concreti, del modo in cui il padre e la madre hanno in precedenza svolto i propri compiti, delle rispettive capacità di relazione affettiva, attenzione, comprensione, educazione e disponibilità ad un assiduo rapporto, nonché della personalità di ciascun genitore, delle sue consuetudini di vita e dell' ambiente sociale e familiare che è in grado di offrire al minore. L'affidamento esclusivo è dunque possibile solo quando l'affidamento ad un coniuge risulti contrario ovvero lesivo dell'interesse del minore(11) .

In linea con quanto sopra è stato ancora specificato che "Le violenti condotte compiute nei confronti della moglie poste in essere alla presenza dei figli minori, atteso il grave pregiudizio per essi rappresentato dagli episodi di violenza assistita, posti in essere dal loro padre, incurante delle ripercussione che le proprie deplorevoli condotte avrebbero avute sui bambini e di pregiudizio al loro equilibrio e sviluppo psico-fisico costituisce motivo di affido esclusivo" (12) , in quanto –come affermato dal Giudice della separazione di Trani- "denota l'inidoneità del padre non solo sotto il profilo dell'accudimento primario, ma anche sotto quello delle esigenze affettive e evolutive della prole minore e in grado di garantire la figura genitoriale paterna".

Il Tribunale, pur prevedendo l'affidamento esclusivo alla madre, ha omesso di provvedere sulla richiesta di attribuzione dei poteri di adottare da sola, in difetto di esplicita opposizione da parte dell'altro, anche le decisioni maggiore interesse (c.d. affido super-esclusivo o rafforzato). Ciò comporta la condivisione delle decisioni riguardanti la salute, l'educazione, l'istruzione o la fissazione della residenza abituale (art. 337-quater c.c., 3° co., c.c.), che è di difficile gestione con un soggetto, che continua a esprimere la sua violenza, strumentalizzando i figli nel dissidio in funzione punitiva della coniuge separata, negando immotivatamente il proprio consenso (per. es. al rilascio del nulla-osta scolastico, del documento di identità valido per l'espatrio, alla frequentazione di attività sportive, di viaggi di istruzione, ecc. (13) o disinteressandosi completamente di essi, con risultati equivalenti. Ciò con evidente e conseguente ‘appesantimento' non solo per i soggetti coinvolti nella situazione, ma anche per la ‘macchina giudiziaria', la madre dovrà rivolgere nuovamente.

La (poca) giurisprudenza di merito edita ha affermato: "In presenza di una grave inadeguatezza di uno dei genitori ad esercitare le funzioni genitoriali, il tribunale può affidare i figli in via esclusiva al genitore idoneo, attribuendo a questi l'esercizio esclusivo della responsabilità genitoriale per tutte le questioni riguardanti la prole – istruzione, educazione, salute, determinazione della residenza abituale, richiesta di documenti etc. – da assumere tenendo conto della capacità, dell'inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli, decisioni da assumere anche senza il consenso dell'altro genitore (cd. affidamento esclusivo rafforzato o superesclusivo (14))" . In tal guisa, dunque, si vede come i provvedimenti in tal senso adottati abbiano garantito non un interesse astratto e preconcetto, ma l'interesse concreto di "quei" minori che sono destinatari, appunto, delle decisioni (15).
D'altra parte , questa forma di affido non deve ‘spaventare', né può essere intesa –come pur affermato- come modalità ‘che finirebbe per togliere ogni possibilità di riequilibrio nei rapporti tra padre e figli(16) . Infatti, al genitore ‘escluso' continua a spettare la vigilanza sull'istruzione e l'educazione, che rappresenta non solo un diritto ma anche un obbligo, così che dalla limitazione della responsabilità genitoriale e dall'uso ‘responsabile' della vigilanza potrebbe scaturire una presa di coscienza del proprio ruolo e del reale interesse della prole, tale da rendere possibile una modifica delle condizioni del regime determinato dal provvedimento giudiziale.

Note

  1. – Si rimanda sul punto a: Rapporto Ombra Piattaforma CEDAW "Lavori in corsa" – 2016-2017 in riferimento al VII Rapporto presentato dal Governo italiano al Comitato per l'eliminazione di ogni forma di discriminazioni nei confronti delle donne dell'ONU. V. anche, specificamente, in un processo civile di separazione personale dei coniugi: Giorgio Vaccaro, La violenza subita da una moglie per molti anni costituisce tacita accettazione della condotta del marito?, Commento a Trib. Genova, sent. 07.04.2015, in Il sole 24 ore, Diritto24, 27.10.2015. In relazione alle best practices in ambito giudiziario, si suggerisce la lettura della Risoluzione sulle linee guida in tema di organizzazione e buone prassi per la trattazione dei procedimenti relativi a reati di violenza di genere e domestica (approvata dal CSM con delibera 9 maggio 2018).
  2. – " Nella materia delle violenze endofamiliari, la prova dei fatti è tipicamente indiziaria, raramente sussistendo prove dirette, costituende o precostituite, di vicende che si svolgono all'interno delle mura domestiche e che, in quanto tali, vengono conosciute soltanto dai diretti interessati o, al più, da altri stretti congiunti, spesso incapaci di riferire in modo neutro su di esse" (così: Trib. Trani, 10.02.2015 e la sentenza in commento).
  3. – cfr., in termini :App. Bologna 28.02.2008; v. anche: Cass. 19.03.09, n.6697;Cass. 14.02.1990, n. 1095 e , ancora Trib. Trani, 10.02.2015 e 01.03.2015 : "In tale prospettiva deve attribuirsi sicuro rilievo probatorio al contenuto della relazione sociale, anche confermata in udienza, nella quale "si dà atto che in data … (ossia significativamente proprio all'indomani dell'episodio indicato dalla ricorrente come causa della sua decisione di abbandonare il tetto coniugale) si recò presso il Centro Antiviolenza di Barletta, insieme ad un'amica, per riferire di violenze subite dal proprio coniuge, che la donna apparve nell'occasione fisicamente trascurata ed in evidente stato confusionale, tanto che soltanto con grande difficoltà, tra interruzioni e pianti, riuscì a fornire una ricostruzione delle proprie vicende, riferendo delle violenze subite nel corso degli anni, che tra l'altro riferì (…). Ora, è vero che siffatte dichiarazioni, in quanto de relato actoris, non possono assurgere a fonti di prova: ma il fatto che esse siano state raccolte nell'immediatezza dei fatti, e che siano state accompagnate dalla diretta percezione, da parte delle operatrici, di uno stato di assoluta prostrazione psicofisica della donna, portano ad attribuire ad esse una relativa attendibilità, e dunque un certo grado di rilevanza probatoria nell'ambito del più generale quadro istruttorio" .
  4. – Cfr.:Cass.27.03.1990,n.2435 e, in dottrina con riferimenti: Barbagallo, La prova testimoniale, Giuffrè ed. 2002,pp.234 ss., e a cura di P. Cendon,Il dir. priv. nella giurisprudenza ,Le prove, vol I, Utet 2007, pp.191 ss.).
  5. – così giurisprudenza e dottrina già cit. e Cass. 04.04.1980,n.2231
  6. – Cass. n.8548/2011;n.8094/2015;e per la giurisprudenza di merito: Trib. Trani,28.09.2018 e 06.06.2014;Trib. Roma,18.03.15. Per la rilevanza della violenza psicologica, ai fini dell'addebito, si vedano: Cass. 3437/1982; Cass. 8094/2015; App. Torino,21.02.2000; Trib. Prato, 21.11.2008; Trib. Napoli,04.01.2006; App. Napoli,19.03.2010. E ancora, con riferimento agli ordini di protezione contro gli abusi familiari ex art. 342-bis c.c.: "La misura di protezione civile non sanziona il singolo comportamento tenuto dall'agente, ma interviene cautelativamente a tutela delle "vittime", in presenza di un danno dalle stesse patito. Il pregiudizio all'integrità fisica, cui fa riferimento l'art. 342 bis c.c., non necessariamente consegue ad aggressioni fisiche ben potendo costituire l'evento di aggressioni meramente verbali, a causa della reiterazione delle stesse e del clima di continua tensione venutosi a creare all'interno della famiglia, che incidono sulla salute psico-fisica della vittima. L'art. 342 bis c.c., infatti, considera il pregiudizio sia all'integrità fisica che a quella morale" (Tribunale Trani 6.11.2014; Trib Trani, 01.03.2015).
  7. – In tal senso si veda anche l'art.609-decies c.p., con la modifica introdotta dalla L. 119/2013
  8. – V.: Romito,Melato,La violenza sulle donne e sui minori,Carocci,2013; Luberti,Grappolini,Violenza assistita,Erikson 2017; M. A. Gainotti, S, Pallini, La violenza domestica, Ed. scientifiche Magi.
  9. – V. anche in tal senso il cit. Rapporto Ombra Piattaforma CEDAW "Lavori in corsa".
  10. – Gli stereotipi culturali che alimentano la negazione o la minimizzazione della violenza all'interno della famiglia, la minore evidenza del trauma psicologico ed emotivo del bambino rispetto a quello fisico, e, alle volte, i meccanismi difensivi degli operatori, hanno impedito a lungo di apprezzare la reale portata del fenomeno e i danni riportati dai minori", così: Donatella Donati in http://www.questionegiustizia.it/articolo/la-violenza-contro-le-donne_16-12-2013.php)
  11. – v. tra le tante: Cass. 16.02.2018 n.3913; Cass.,ord.,n. 14728/2016, Cass. n. 18817/2015 del 23/09/2015; Cass.n.14840 del 27/06/2006.
  12. – Così: Cass. 5108/2012; App. Roma,15.10.2013; Trib.Trani 06.06.2014; Trib. Roma 11.03.2014 e n. 1821/2015; Trib. Parma, 04.12.2017. Ma v. anche :Cass.n.16593/2008; Cass.n.17191/2011). Ma si pensi, ancora in tal senso, alla violenza economica legata all'inadempimento del padre alle proprie obbligazioni economiche e alla sua assenza/incostanza di cura morale, che giustifica l'affido esclusivo: (Cass. civ. Sez. I, 17/12/2009, n. 26587; Cass., ord., 20.10.2015, n.21282; Trib Roma, 25.11.2013, n.23620).
  13. – E ciò è appunto successo nella fattispecie
  14. – v. Trib. Trani, 28.09.2018; Trib. Roma 16.06.2017; Trib Milano ,ord. 10.12.2015;Trib. Milano,ord., 20.03.2014. Le fattispecie trattate riguardano: 1)il totale disinteresse del padre (che aveva frequentato la figlia in maniera insignificante, non contribuendo in alcun modo al suo mantenimento); 2)comportamenti aggressivi agiti contro la partner anche alla presenza della figlia e verso terzi, probabile uso di sostanze psicotrope.
  15. – In questo quadro appare opportuno fare riferimento al disegno di legge c.d. "Pillon" (D.D.L. 735/2018 ‘Norme in materia di affido condiviso, mantenimento diretto e garanzia di bigenitorialità', che mira a introdurre nei procedimenti di separazione e divorzio (in ciò ponendo già in evidenza una carente tecnica normativa, in quanto non tiene conto delle modifiche apportate dal D. Lgs. 154/2013 e dalla L. 76/2016) in presenza di figli minori " modifiche sostanziali allarmanti e in contrasto con l'articolo 31 della Conv, Istanbul per tutte le donne e in particolare per i casi di violenza domestica. La proposta prevede l'obbligo per tutti i genitori di prole minorenne che vogliono separarsi o divorziare, di iniziare un percorso di mediazione come condizione di procedibilità della domanda giudiziale (artt. 7 e 22), in aperta violazione dell'art. 48 della Conv. Ist. che vieta la mediazione obbligatoria, con la conseguenza che le donne dovrebbero trattare anche con un partner violento, impedendo loro di poter ricorrere a un giudice terzo; inoltre, questa proposta impone a tutti i figli di genitori separandi l'obbligo di trascorrere il 50% del loro tempo con ciascun genitore, a prescindere dalla loro volontà e dalla valutazione di esigenze specifiche. Anche le novità in ambito economico (mantenimento diretto con abolizione della corresponsione dell' assegno di mantenimento figli all'altro genitore – solitamente la madre – e abolizione dell' assegnazione alloggio familiare a vantaggio del proprietario – solitamente l'uomo) comporterebbero un grave rischio per le donne, più frequentemente partner economicamente svantaggiate, portando soprattutto loro, e ancora più le vittime di violenza, all' impossibilità materiale di separarsi/divorziare (con violazione anche dell' art. 16 CEDAW)", così v.: "L'attuazione della Convenzione di Istanbul in Italia. Rapporto delle associazioni di donne" (https://www.direcontrolaviolenza.it/pubblicato-rapporto-ombra-al-grevio; pubbl. 31.10.2018); ma cfr. anche: S. Celentano, Il ddl Pillon: adultocentrismo e conflitti tra generi e generazioni (http://www.questionegiustizia.it; pubbl.08.11.2018); G. Luccioli, "Del ddl Pillon non si salva nulla, va cancellato" (https://alleyoop.ilsole24ore.com, pubbl. 25.10.2018); F. Danovi," Ddl Pillon sull'affidamento condiviso dei figli: una riforma necessaria?", in Quotidiano giuridico, 10.10.2018. Si ricorda anche sul tema l'intervista al dott. Fabio Roia, che ha sottolineato, oltre al fatto che "Il ddl Pillon potrebbe sollevare un serio conflitto di costituzionalità", anche la visione "adultocentrica e poco proiettata all'interesse del minore", in https://alleyoop.ilsole24ore.com/2018/10/03.
  16. – Trib. Trani,decr.,24.10.2017.