RIFLESSIONI A MARGINE DEI LAVORI DELLA COMMISSIONE PARI OPPORTUNITA’ UCPI.


a cura di Marta Amato




Rimini 11 giugno 2016, secondo giorno dell’Open Day dell’Unione delle Camere Penali Italiane.
La Commissione pari opportunità dell’Unione, di cui faccio parte presenta i dati raccolti dal questionario distribuito alle colleghe penaliste iscritte all’unione e volto ad ottenere una “istantanea” della condizione di vita e professionale dell’avvocato penalista donna.
In tempi di “spending review” e per rispettare il tempo minimo per la predisposizione e la raccolta dei dati, il questionario è stato predisposto dai componenti della commissione.
Il primo elemento significativo registrato è costituito dalla difficolta di raccolta dei questionari compilati. Purtroppo questo nella maggior parte dei casi, significa che si ha tempo per tutti i nostri assistiti e invece risicato (se non inesistente) per noi stesse e per la condizione professionale in cui viviamo.
Seguono alcuni dei dati numerici tra quelli più interessanti:



Iscitti all’UCPI:
Uomini 8672
Donne 2815
Hanno risposto al questionario 551 colleghe, pari al 19,6 % delle iscritte.



Età:
Meno di 30 anni: n. 31 pari al 5,6 % –
Fra 30 e 40: n 222 pari al 40%
Oltre i 40 anni: n.298 pari al 54,1 %



Ruolo ricoperto nello studio
Titolare: n. 367pari al 66,6 %
Associato: n. 56 pari al 10,2 %
Collaboratrice: n. 117pari al 21,3 %
Praticante: n. 11 pari al 2%



Iscrizione nelle liste del patrocinio a spese delle Stato
Si: 410 pari al 74,4%
No: n. 141 pari al 25,6 %



Iscrizione nelle liste dei difensori d’ufficio
Sì: n. 350 pari al 63,5%
No: n. 201 pari al 36,5%



In relazione alla tipologia di reato o materie di cui ci si occupa e alla tipologia di clientela è emerso che una considerevole percentuale di iscritte si occupa di reati contro la persona e famiglia minori ed ha quali clienti le persone fisiche.
I reati societari, tributari e la clientela costituita da società ed enti/ associazioni, ossia quella tipologia di lavoro considerata più remunerativa e lontano dalle necessità dell’assistenza con il patrocinio a spese dello Stato, sono appannaggio di una quota di professioniste ancora minima.
Vi sono due dati che vanno letti contemporaneamente.
Quello relativo alle spinte motivazionali connesse all’esercizio della professione forense in ambito penale e quello reddituale.
E’ di non poco conto che il 41,8% delle colleghe abbia scelto la nostra professione per passione e che il 40,3 % produca un reddito fino a € 20.000,00.
Sul dato reddituale, sarebbe interessante verificarne l’incidenza delle difese d’ufficio e dei processi con assistenza con il beneficio del patrocinio a spese dello Stato.
Circa “i motivi delle differenze reddituali tra uomini e donne”, il 39,3% ha risposto che la ragione per la quale i redditi dei colleghi uomini rimangono ancora più elevati rispetto a quelli delle donne, sarebbe da individuare nella tipologia di clientela.
Gli ultimi dati che richiedono una riflessione, a mio avviso di tipo sociologico, afferiscono all’incidenza della famiglia sullo sviluppo della carriera professionale e alla solidarietà tra colleghe.
Per il 58,2% delle avvocate la famiglia ostacola la carriera professionale.
Per il 65 % delle intervistate le avvocate non sono solidali tra loro.
Quest’ultimo dato, personalmente lo collego e lo pongo a fondamento di una delle ragioni per la quale il 70% delle avvocate ritengono che nelle posizioni di vertice la rappresentanza di genere non sia garantita.
La figura del penalista donna che emerge dalla nostra “istantanea” è quella di una avvocata, occupata in ambito penale perché mossa dalla passione, che svolge questa professione tanto impegnativa, assumendo responsabilità notevoli, decidendo in autonomia, che nello sviluppo della carriera deve necessariamente fare i conti con la famiglia, per taluni aspetti considerata elemento di freno della crescita professionale.
Una professionista alla cui passione, posta a base della scelta professionale e dello svolgimento della stessa, non corrisponde un reddito che sia speculare e proporzionale all’investimento speso in termini di studio, formazione specialistica, sacrifici personali e familiari e che pertanto la colloca in una fascia di reddito medio bassa.
Ed allora, in un ambito professionale in cui sembrano non essere ancora attuate le pari opportunità, ed essendo l’avvocata sostanzialmente manager di sè stessa, probabilmente è giunto il momento di organizzare e di intraprendere accanto ai percorsi formativi di aggiornamento classico, (per)corsi riguardanti la comunicazione, la capacità di autopromuoversi e di creare “reti relazionali”, nonché la gestione di studio in linea con i tempi e con gli attuali canali comunicativi.
Concludo la sintesi dei lavori della mia commissione, ringraziando la Presidente Avv. Giulia Boccassi e le colleghe Ilaria Li Vigni, Paola, Carolina Marrazzo, Paola Menaldo, Teresa Re, Sabrina Viviani e il prezioso Alessandro Magoni e riportando le parole della vulcanica Li Vigni: “mettiamo a profitto la nostra professione”.



Abbandono la freddezza dei dati numerici che hanno interessato le colleghe penaliste, per dedicare un pensiero ad una donna che ci ha tragicamente lasciati.
Oggi Roma salutava l’Avvocata Paola Rebecchi, tragicamente scomparsa in un incidente stradale, mentre rientrava dopo la chiusura dei lavori dell’osservatorio di cui faceva parte “deontologia e difesa d’ufficio” e che presentava il proprio lavoro proprio in contemporanea a quello della mia commissione.
Considero la professione dell’avvocato la più nobile tra le professioni intellettuali.
Paola, dedicava il tuo tempo all’osservatorio della difesa d’ufficio, che qualcuno purtroppo considera una forma di difesa minore, ma che per molti di noi è e deve rimanere la migliore ed effettiva forma di difesa che taluni cittadini richiedono.
Pertanto Paola è stata una donna doppiamente nobile, nel senso più elevato del termine: quale avvocata penalista e quale avvocata attenta alle problematiche della difesa d’ufficio e degli “ultimi”.
Giorni fa sulla bacheca facebook scriveva: “partecipiamo numerosi all’Open Day perché parliamo di UCPI, della nostra storia, delle nostre battaglie e delle nostre vittorie, come l’art. 111 Cost…in altri termini, parliamo di noi!”
Qualcuno vede nell’impegno associativo forme di carrierismo forense, dimenticando i costi personali in termini di tempo sottratto allo studio, agli affetti familiari ed al riposo, tralasciando quelli economici.
Paola ha condiviso e sostenuto le battaglie UCPI ed ha reso, a mio avviso, una forma di servizio a favore della comunità forense e dei cittadini.
A Paola, avvocata penalista,
il mio più commosso saluto ed il mio grazie.


Avv. Marta Amato