GIUNTA DELL’UNIONE DELLE CAMERE PENALI ITALIANE


Delibera del 6 agosto 2013


La Giunta dell’Unione delle Camere Penali Italiane


premesso


– che, all’indomani delle elezioni del febbraio scorso è emersa, a dispetto della astratta forza dei numeri, tutta la precarietà dell’accordo su cui si fonda la maggioranza che sostiene il Governo, con l’effetto che la Politica è – se possibile – ancora più debole sulla giustizia di quanto lo sia stata negli ultimi anni;


– che il primo e più evidente segno di debolezza è costituito dall’incapacità delle forze politiche di gestire il tema delle sanzioni penali con coerenza e determinazione, ossia senza fare marcia indietro ogniqualvolta i demagoghi di turno agitano lo spauracchio della sicurezza, con affermazioni autoreferenziali e suggestive che nascondono all’opinione pubblica come i numeri reali dei reati commessi siano in calo, come le misure alternative al carcere siano pacificamente il miglior sistema per ridurre il numero dei recidivi, come il sistema penale abbisogni di una riforma di struttura che, voltando pagina rispetto alle politiche securitarie dell’ultimo ventennio, ne cancelli l’impostazione carcerocentrica, come la drammatica emergenza umanitaria delle carceri necessiti anche di scelte emergenziali;


– che, in particolare su quest’ultimo aspetto, sebbene quello del ripristino di un grado minimo di civiltà nelle carceri rappresenti uno dei punti fondanti del programma di Governo, non sono state licenziate fin qui misure davvero efficaci per fronteggiare l’emergenza, al di là del pur apprezzabile decreto cosiddetto svuota carceri, destinato a ridurre soltanto di poche migliaia distribuite in più anni la popolazione detenuta, ma falcidiato da modifiche ondivaghe in sede di conversione – solo parzialmente contenute dalla tempestiva reazione degli avvocati penalisti – che denotano l’assenza di una linea coerente e consolidata all’interno della maggioranza parlamentare di Governo;


– che la volubilità e l’impalpabilità del complesso della politica su tale questione mette fortemente in dubbio la capacità di gestire con tutti i mezzi – anche eccezionali, quali l’amnistia e l’indulto – l’enorme problema della condizione delle carceri in Italia, che per adesso riguarda “solo” il grado


di civiltà del Paese ed il rispetto dei diritti umani, ma che avrà anche ricadute economiche nel volgere di pochi mesi, quando sarà scaduta la moratoria concessa al nostro Paese prima che la Corte EDU accolga le migliaia di ricorsi dei detenuti tuttora sottoposti, in violazione dell’art. 3 della Convenzione Europea, a trattamenti inumani e degradanti.


rilevato


– che la questione giustizia andrebbe affrontata con riforme strutturali, e vi sarebbero le iniziative legislative per farlo, ma il parlamento appare condizionato da fatti di cronaca e da polemiche spicciole i cui effetti si riscontrano nei ritmi alternati di importanti disegni di legge, come quello riguardante l’introduzione della detenzione domiciliare e della sospensione del processo con messa alla prova, sballottato tra scelte ambigue e contraddittorie, ovvero quello sul voto di scambio, approvato all’unanimità dei deputati e tornato indietro dopo quella che è definita “la rivolta dei p.m.”, ovvero quello sul concorso esterno, addirittura sottratto al libero dibattito del Senato dopo la reazione del suo stesso Presidente;


– che la debolezza del sistema politico rispetto alla necessità di una riforma complessiva del sistema penale ha trovato la sua certificazione nel disegno di legge costituzionale istitutivo del comitato parlamentare per le riforme costituzionali ed elettorali, il quale assegna al costituendo comitato il compito di esaminare i progetti di revisione dei titoli I, II, III e V della costituzione, saltando dunque il IV, relativo all’assetto della magistratura;


– che, di fronte ad un emendamento presentato a suo tempo, che avrebbe voluto riempire questa innaturale lacuna, alle reazioni corporative del sindacato dei magistrati si sono sommate sia quelle velenose dei giustizialisti in servizio permanente effettivo, che quelle conformiste di una parte della maggioranza ovvero rassegnate ed imbarazzate dell’altra parte della maggioranza, che pure aveva la riforma del titolo IV nel suo programma elettorale, con il risultato sconcertante di aver escluso dal progetto di riforma costituzionale una delle questioni maggiormente qualificanti nel rapporto tra i cittadini e lo Stato;


– che in questo modo si è scritto l’ennesimo capitolo della ingloriosa storia dei rapporti tra il legislativo ed il giudiziario, con il primo che si arrende di fronte alle istanze di conservazione del secondo, così come avvenuto in tutti i passaggi della prima e della seconda Repubblica ( dalla commissione Bozzi, a quella De Mita, alla bicamerale, al disegno di legge costituzionale Alfano) nei quali il tentativo di riformare l’assetto costituzionale della Giustizia è sempre abortito per la mancanza di coraggio e di determinazione di una classe politica da sempre timorosa prima ancora che per la innaturale invasione di campo della magistratura;


– che persino le minime indicazioni sul tema che erano state elaborate dal gruppo di esperti nominati dal Presidente delle Repubblica sono state di fatto del tutto accantonate, e tuttavia la necessità di una riforma organica della Giustizia, anche con riguardo ai suoi assetti costituzionali, continua ad essere evidenziata dal Capo dello Stato, che non ha mancato di farne riferimento anche in questi giorni invitando la classe politica ad una coraggiosa inversione di rotta;


– che proprio questo monito riapre la questione del dibattito costituzionale e comunque complessivo sul tema giustizia, reclamato da anni e con forza dai penalisti italiani, che dunque diventa tema di stretta attualità cui la Politica è di nuovo chiamata a rispondere nei prossimi mesi;


richiamati


– i documenti con cui l’Unione delle Camere Penali, dal varo del governo Letta, ha evidenziato i molteplici sintomi di tale debolezza, denunciando gli interdetti che sono stati frapposti all’azione del Governo e del Parlamento, oltre che dalla “solita” magistratura associata, anche dagli stessi rappresentanti delle forze politiche i quali si sono autolimitati sotto la parola d’ordine di non trattare argomenti “divisivi”, così privando il Parlamento della più ampia libertà di dibattito e della capacità di mediazione che costituiscono l’essenza della vita democratica;


– l’impegno delle Camere Penali nel sostegno dei referendum sulla giustizia, di cui l’Unione è tra i promotori con il dichiarato intento di sopperire proprio alla irrisolutezza della politica e di aggirarne la paralisi indotta dai diktat corporativi della magistratura;


osservato


– che le Camere Penali territoriali stanno già generosamente promuovendo singole iniziative, ma che appare opportuno fissare una giornata nazionale di raccolta firme da parte degli avvocati penalisti al fine di sensibilizzare ulteriormente l’opinione pubblica sia sui temi referendari (separazione delle carriere, responsabilità civile dei magistrati, disciplina dei fuori ruolo, custodia cautelare e ergastolo) sia sulle riforme costituzionali, sia con riguardo alla drammatica situazione delle carceri;


– che, al medesimo fine, e per spingere il potere legislativo ed il potere esecutivo a recuperare appieno il senso delle prerogative e la dignità dei ruoli che loro competono, appare necessario mettere in atto una iniziativa di forte denuncia politica al fine indirizzare la ripresa dei lavori parlamentari verso una sessione straordinaria relativa ai temi della giustizia;


delibera


l’astensione dalle udienze e da ogni attività giudiziaria nel settore penale degli avvocati penalisti per i giorni 16, 17, 18, 19 e 20 settembre 2013, (escluso il circondario di Nocera Inferiore interessato da un’astensione indetta dalla Camera Penale territoriale con delibera del 23 luglio 2013);


indice


per il giorno 16 settembre 2013 una giornata di raccolta delle firme per i referendum sulla giustizia che sarà attuata su tutto il territorio nazionale dinanzi ai Palazzi di Giustizia ad opera delle Camere Penali;


dispone


la trasmissione della presente delibera al Presidente della Repubblica, ai Presidenti dei due rami del Parlamento, al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro della Giustizia, a tutti i Parlamentari, ai capi degli uffici giudiziari.


Roma, 6 agosto 2013









Il Segretario
Avv. Vinicio Nardo


            


Il Presidente
Avv. Valerio Spigarelli