Riflessioni a margine della Sentenza della Corte Costituzionale
che ha dichiarato l’illegittimità della mediazione obbligatoria
di Alessandro Moscatelli


La Corte Costituzionale ha dichiarato l’incostituzionalità della mediazione obbligatoria per eccesso delega.
Il nostro ordinamento ha conosciuto di recente le esperienze negative dei tentativi di conciliazione nel rito del lavoro o nel rito societario, poi cancellati.
L’art.60 della legge 18 giugno 2009 n.69 ha dettato le disposizioni della delega al Governo in materia di mediazione e di conciliazione delle controversie civili e commerciali.
La riforma doveva avvenire, nel rispetto e in coerenza con la normativa comunitaria e in conformità ai seguenti princìpi e criteri direttivi: “a) prevedere che la mediazione, finalizzata alla conciliazione, abbia per oggetto controversie su diritti disponibili, senza precludere l’accesso alla giustizia; b) prevedere che la mediazione sia svolta da organismi professionali e indipendenti, stabilmente destinati all’erogazione del servizio di conciliazione;c) disciplinare la mediazione, nel rispetto della normativa comunitaria, anche attraverso l’estensione delle disposizioni di cui al decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5, e in ogni caso attraverso l’istituzione, presso il Ministero della giustizia, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, di un Registro degli organismi di conciliazione, di seguito denominato «Registro», vigilati dal medesimo Ministero, fermo restando il diritto delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura che hanno costituito organismi di conciliazione ai sensi dell’articolo 2 della legge 29 dicembre 1993, n. 580, ad ottenere l’iscrizione di tali organismi nel medesimo Registro;d) prevedere che i requisiti per l’iscrizione nel Registro e per la sua conservazione siano stabiliti con decreto del Ministro della giustizia;e) prevedere la possibilità, per i consigli degli ordini degli avvocati, di istituire, presso i tribunali, organismi di conciliazione che, per il loro funzionamento, si avvalgono del personale degli stessi consigli;f) prevedere che gli organismi di conciliazione istituiti presso i tribunali siano iscritti di diritto nel Registro;g) prevedere, per le controversie in particolari materie, la facoltà di istituire organismi di conciliazione presso i consigli degli ordini professionali;h) prevedere che gli organismi di conciliazione di cui alla lettera g) siano iscritti di diritto nel Registro;i) prevedere che gli organismi di conciliazione iscritti nel Registro possano svolgere il servizio di mediazione anche attraverso procedure telematiche;l) per le controversie in particolari materie, prevedere la facoltà del conciliatore di avvalersi di esperti, iscritti nell’albo dei consulenti e dei periti presso i tribunali, i cui compensi sono previsti dai decreti legislativi attuativi della delega di cui al comma 1 anche con riferimento a quelli stabiliti per le consulenze e per le perizie giudiziali;m) prevedere che le indennità spettanti ai conciliatori, da porre a carico delle parti, siano stabilite, anche con atto regolamentare, in misura maggiore per il caso in cui sia stata raggiunta la conciliazione tra le parti;n) prevedere il dovere dell’avvocato di informare il cliente, prima dell’instaurazione del giudizio, della possibilità di avvalersi dell’istituto della conciliazione nonché di ricorrere agli organismi di conciliazione; o) prevedere, a favore delle parti, forme di agevolazione di carattere fiscale, assicurando, al contempo, l’invarianza del gettito attraverso gli introiti derivanti al Ministero della giustizia, a decorrere dall’anno precedente l’introduzione della norma e successivamente con cadenza annuale, dal Fondo unico giustizia di cui all’articolo 2 del decreto-legge 16 settembre 2008, n. 143, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 novembre 2008, n. 181; p) prevedere, nei casi in cui il provvedimento che chiude il processo corrisponda interamente al contenuto dell’accordo proposto in sede di procedimento di conciliazione, che il giudice possa escludere la ripetizione delle spese sostenute dal vincitore che ha rifiutato l’accordo successivamente alla proposta dello stesso, condannandolo altresì, e nella stessa misura, al rimborso delle spese sostenute dal soccombente, salvo quanto previsto dagli articoli 92 e 96 del codice di procedura civile, e, inoltre, che possa condannare il vincitore al pagamento di un’ulteriore somma a titolo di contributo unificato ai sensi dell’articolo 9 (L) del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115;q) prevedere che il procedimento di conciliazione non possa avere una durata eccedente i quattro mesi;r) prevedere, nel rispetto del codice deontologico, un regime di incompatibilità tale da garantire la neutralità, l’indipendenza e l’imparzialità del conciliatore nello svolgimento delle sue funzioni;s) prevedere che il verbale di conciliazione abbia efficacia esecutiva per l’espropriazione forzata, per l’esecuzione in forma specifica e costituisca titolo per l’iscrizione di ipoteca giudiziale”.
Come si può agevolmente evincere, la legge delega, detta i principi ed i criteri direttivi della riforma senza mai utilizzare il termine “obbligatorio.
D’altronde anche la legge delega, che costituiva attuazione della direttiva comunitaria n.52 del 2008, parte dall’erroneo presupposto di dover applicare le norme della mediazione a tutte le controversie civili e commerciali.
La direttiva comunitaria, invece, riguarda “determinati aspetti della mediazione civile e commerciale” ed, in particolare, al comma 2 dell’art.1 prevede che “la presente direttiva si applica nelle controversie transfrontaliere. L’art.2 definisce poi compiutamente le “controversie transfrontaliere“.
Doppio equivoco, quindi, sia nell’utilizzare una direttiva comunitaria diretta a regolamentare un settore specifico delle controversie civili e commerciali (quello relativo alle transfrontaliere) che nell’utilizzare il decreto attuativo eccedendo nella delega e rendendo obbligatoria la mediazione laddove ciò non risulta dalle fonti.


Avv. Alessandro Moscatelli