LA COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DI BARI



SEZIONE SESTA

Sentenza n. 6/6/11 del 21.1.2011

riunita con l’intervento dei Signori:


– URBANO AMEDEO (Presidente)

– LANCIERI ROBERTO (Relatore)

– COLELLA GIUSEPPE (Giudice)

ha emesso la seguente


SENTENZA


– sull’appello (omissis) avverso la sentenza (omissis) emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale di Bari

contro: Agenzia delle Entrate Dir.Prov.Uff.Contr. Barletta-Andria-Trani

proposto dal ricorrente



A.N., Via (omissis), difeso da Avv. L.D.M.
Atti impugnati


Silenzio rifiuto istanza rimb. n.(omissis) IRAP 1999

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO


Con ricorso presentato alla Commissione Tributaria Provinciale di Bari l’11/6/2008 avverso il silenzio-rifiuto opposto dall’Agenzia delle Entrate Ufficio di Trani all’istanza – presentata il 21/12/2007 – di rimborso dell’IRAP di € 26.084,86 versata per gli anni di imposta dal 1999 al 2007, il Sig. A.N., esercente l’attività di medico convenzionato S.S.N., richiedeva che l’Ufficio provvedesse al rimborso della suddetta somma indebitamente versata, oltre alla corresponsione degli interessi di legge. Con vittoria di spese.
Il ricorso era fondato sull’assunto che ricorrevano i presupposti stabiliti dalla sentenza interpretativa n.156 del 10-21/5/2001 della Corte Costituzionale per cui l’attività del ricorrente non era soggetta ad IRAP.
In particolare il ricorrente sosteneva di esercitare l’attività professionale senza avvalersi di organizzazione sia con riguardo al capitale investito che all’impiego di lavoro altrui.
Egli sosteneva, pertanto, l’inesistenza del presupposto impositivo, soprattutto quando – come nel proprio caso – l’attività professionale è intimamente connessa e vincolata alla figura del professionista e, cioè, la struttura di supporto dell’attività professionale non è in grado, di per sè, di continuare a produrre reddito in assenza del professionista.
L’Agenzia delle Entrate Ufficio di Trani si costituiva nel giudizio (omissis) con controdeduzioni con le quali chiedeva l’inammissibilità del ricorso per i versamenti effettuati per gli anni di imposta dal 1999 fino parte del 2003 e il rigetto del ricorso per i versamenti relativi agli altri anni, con condanna della controparte alle spese del giudizio.
Preliminarmente l’Ufficio eccepiva la tardività dell’istanza di rimborso presentata oltre il termine di 48 mesi, previsto dall’art.38 D.P.R. n.602/73, rispetto ai versamenti effettuati fino al 21.12.2003.
L’Ufficio affermava, poi, che la fondatezza della pretesa erariale trova ragione negli artt.2 e 3 del D. Lgs. n.446/97, come modificati dal D.Lgs. n.137/98, che individuano e specificano il presupposto dell’imposta nell’esistenza di un’attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi, per cui non soggiacciono all’IRAP le sole attività artistiche e professionali nelle quali non si realizzi un’autonoma organizzazione nel cui significato si prescinde dalla quantità e qualità dei fattori di produzione (capitale e lavoratori dipendenti) utilizzati.
Secondo l’Ufficio, dunque, l’esistenza sia pur minima del requisito dell’organizzazione (auto-organizzazione) è tipica del lavoro autonomo per professione abituale che, pertanto, rientra fra le attività soggette all’IRAP, mentre sfuggono all’imposta soltanto i professionisti sprovvisti di propria organizzazione, cioè coloro che svolgono la propria attività professionale come collaboratori coordinati e continuativi.
Nel caso del ricorrente, l’Ufficio rilevava che, dalle risultanze dei quadri E dell’Unico per tutti gli anni dal 1999 al 2007, sussistono elementi che fanno ritenere l’impiego di capitali, in quanto le voci di spesa sono altamente significative per presumere l’esistenza di una struttura organizzativa, trattandosi di spese per l’acquisto di beni strumentali, spese relative agli immobili e ai consumi.
Rilevava l’Ufficio che l’assoggettabilità all’IRAP del valore del lavoro autonomo poteva dedursi anche dal disposto dell’art.11 D.Lgs. n.446/97 che, diversamente da quanto previsto per i corrispettivi versati ai lavoratori dipendenti e assimilati, non ammette la deduzione dei compensi professionali dalla base imponibile di chi li corrisponde.
All’udienza del 30.3.2009 la Commissione Tributaria Provinciale di Bari, Sez. 4°, rigettava il ricorso e compensava le spese di giudizio.
I primi giudici, dopo aver accettato la fondatezza dell’eccezione sollevata dall’Ufficio circa la tardività dell’istanza di rimborso con riferimento alle annualità dal 1999 al 2003, riguardo agli altri anni esprimevano piena condivisione delle tesi sostenute dall’Ufficio.
Il contribuente ha proposto appello a questa Commissione con il quale chiede la riforma totale della sentenza impugnata.
Ritiene l’appellante che, diversamente da quanto affermato dai giudici di prime cure, egli svolge attività di medico generico convenzionato con il S.S.N., senza essere affiancato da personale qualificato che contribuisca alla formazione del reddito e con l’impiego di beni strumentali strettamente indispensabili per l’esercizio dell’attività, secondo una fattispecie – del tutto conforme a qualla prevista dalla sentenza n.156/2001 della Corte Costituzionale e generalmente condivisa dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione – che non configura “autonoma organizzazione”.


Quanto, poi, alla prescrizione del termine di presentazione dell’istanza di rimborso, l’appellante richiama la sentenza n.13043/2008 della Corte di Cassazione, la quale ha riconosciuto il diritto del professionista al rimborso dell’imposta IRAP sin dal primo anno di istituzione del tributo regionale.
L’appellante ha depositato copia delle dichiarazioni relative agli anni di imposta cui è riferita l’IRAP chiesta a rimborso.
L’Ufficio ha depositato controdeduzioni con le quali rileva la piena rispondenza del giudicato dei primi giudici a quanto previsto dalla normativa nonché dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale e della Corte di Cassazione.
Sostiene l’Ufficio che l’attività di medico convenzionato non esonera ex se il contribuente all’assoggettamento all’IRAP, ma comporta una valutazione specifica delle condizioni e modalità di esercizio della professione medica: valutazione che ha condotto la Commissione di prima istanza a ritenere sussistente l’autonoma organizzazione e quindi legittima la pretesa erariale IRAP.
L’Ufficio, quindi, ribadisce tutte le eccezioni sollevate in diritto nelle controdeduzioni al ricorso introduttivo e, nel merito, sostiene che dai quadri E delle dichiarazioni dei redditi è oggettivamente rilevabile che l’ammontare delle spese (ammortamenti, consumi e altre spese) non assume livelli quantitativi minimali, come dimostrato dalla presenza di n.3 postazioni di PC dichiarate ai fini dello studio di settore.
L’Ufficio insiste, infine, sulla prescrizione dell’istanza di rimborso relativa ai versamenti effettuati per gli anni dal 1999 al 2002 e parzialmente per l’anno 2003, ai sensi dell’art.38 D.P.R. n.602/73.
L’Ufficio chiede, pertanto, il rigetto dell’appello e la condanna del contribuente alle spese di giudizio.


omissis


MOTIVI DELLA SENTENZA


L’appello del contribuente è parzialmente fondato e va, pertanto, accolto per quanto di ragione.


Va rilevato che il Collegio di prima istanza, genericamente richiamando la normativa vigente in materia di IRAP, s’è limitato ad affermare di condividere le tesi sostenute dall’Ufficio circa il concetto di autonoma organizzazione; quindi, senza aver effettuato – così come disposto dalla sentenza della Corte Costituzionale – alcuna valutazione specifica della reale situazione del contribuente, ha affermato che sussiste una presunzione di autonoma organizzazione dell’attività svolta dai lavoratori autonomi esercenti arti e professioni, “a prescindere dalla quantità e qualità dei fattori utilizzati, che sono il capitale e i lavoratori dipendenti”.
. Orbene, deve rilevarsi che non appare condivisibile – e dispiace che l’Ufficio vi insista nonostante la copiosa giurisprudenza della Suprema Corte, anche a Sezioni Unite – la tesi secondo cui il concetto di organizzazione sia comunque insito nello svolgimento dell’attività del professionista lavoratore autonomo.
A tale proposito va rilevato che la sentenza n.156/2001 della Corte Costituzionale, al punto 6.2, afferma genericamente che “l’imposta colpisce il fatto economico – diverso dal reddito – espressivo di capacità di contribuzione in capo a chi, in quanto organizzatore di attività, è autore delle scelte dalle quali deriva la ripartizione della ricchezza prodotta”.
Al punto 9.2, il suddetto concetto è confermato dalla frase “l’IRAP non è un’imposta sul reddito, bensì un’imposta di carattere reale che colpisce il valore aggiunto prodotto dalle attività autonomamente organizzate”.
Ed ancora:“E’ tuttavia vero che mentre l’elemento organizzativo è connaturato alla nozione stessa di impresa, altrettanto non può dirsi per quanto riguarda l’attività di lavoro autonomo, nel senso che è possibile ipotizzare un’attività professionale svolta in assenza di capitali o lavoro altrui. Ma è evidente che, nel caso di un’attività professionale che fosse svolta in assenza di elementi di organizzazione – il cui accertamento, in mancanza di specifiche disposizioni normative, costituisce questione di mero fatto – risulterà mancante il presupposto stesso dell’imposta, rappresentato dall’esercizio abituale di un’attività autonomamente organizzata, diretta allo scambio di beni, ovvero alla prestazione di servizi, con la conseguente inapplicabilità dell’imposta stessa”.
Orbene, da quanto sopra riportato sembra potersi fondatamente dedurre che, secondo la Consulta, l’imposta colpisce la capacità contributiva di chi – in quanto autore di scelte autonome – organizza un’attività capace di produrre ricchezza che va ripartita, in varia misura, tra i diversi soggetti che concorrono alla sua creazione.
Appare evidente, dunque, che presupposto fondamentale dell’imposta è l’esistenza di un soggetto autonomo organizzatore di un’attività capace di creare ricchezza alla cui produzione concorrono anche altri soggetti.
Quanto, invece, al concetto di autonoma organizzazione non può non rilevarsi come, nell’attività professionale, essa è, secondo la Consulta, strettamente connessa all’esistenza di capitale o lavoro altrui. Tanto che si ipotizza l’esistenza di un’attività professionale, svolta senza organizzazione di capitali o lavoro altrui.
Accettando, invece, la tesi che l’attività libero professionale contenga imprescindibilmente l’elemento dell’autonoma organizzazione nell’accezione indicata dall’Ufficio, si vanificherebbe l’indirizzo indicato dai Giudici Costituzionali, che hanno voluto esplicitamente porre un distinguo nel senso che l’attività libero professionale è capace di produrre un valore aggiunto – oggetto dell’imposizione IRAP – quando si avvale di capitale o lavoro di terzi e che tale valore aggiunto viene a mancare se la suddetta attività è esercitata dal solo professionista, senza l’impiego di capitale o lavoro altrui.
Alla luce, dunque, di siffatte considerazioni, appare del tutto semplicistico ed infondato l’assunto dell’Ufficio per cui per autonoma organizzazione dell’attività professionale debba intendersi il banale concetto di attività svolta in autonomia, senza subordinazione, controlli o coordinamento di altri e, cioè, come si gestisce il proprio lavoro quotidianamente e quali investimenti si effettuano.


Ciò può rientrare, infatti, nel concetto di “autonomia” ma non in quello di “organizzazione”, la quale è specificamente rivolta non già alla persona dello stesso professionista – nel senso di darsi delle regole di comportamento – ma agli elementi del capitale o del lavoro altrui quali fattori della produzione impiegati e diversamente combinati, sulla base di scelte operate dal professionista nello svolgimento della sua attività.
Non sembra, infatti, pensabile che la Corte Costituzionale possa essersi spesa per affermare un concetto di attività autonomamente organizzata come quello elaborato dall’Ufficio. Anche perchè tale concetto – in contrasto con quanto chiarito dai Giudici Costituzionali – non escluderebbe dall’imposta nessun libero professionista, in quanto lavoratore autonomo secondo la definizione che ne danno le norme fiscali.
Non solo, ma la sentenza della Consulta è stata formulata in relazione a situazioni riferite a professionisti assoggettati all’IRAP, poichè non pare sia mai stato messo in dubbio da alcuno che non fossero soggetti all’imposta i professionisti lavoratori dipendenti, o ad essi assimilati, ovvero i percipienti di redditi di lavoro autonomi occasionali.
Va, peraltro, sottolineato a tale proposito che la Corte di Cassazione, nelle sue recentissime sentenze, ha ritenuto di interpretare – in maniera del tutto logica e condivisibile – che l'”assenza di capitali e lavoro altrui” , dovesse intendersi non già in modo assoluto, bensì tenendo conto delle condizioni socio-economiche nelle quali opera il lavoratore libero professionista, la cui attività, sebbene svolta autonomamente, non può prescindere dall’impiego di capitali necessari a dotarsi di attrezzature indispensabili per il concreto svolgimento della sua attività e/o dall’utilizzo di lavoro altrui che, pur costituendo un mero ausilio della sua attività personale, non diano luogo, comunque, ad una organizzazione dotata di un minimo di autonomia capace di potenziare ed accrescere la capacità produttiva del contribuente.
Premesso quanto sopra, nel caso di specie, per quanto riguarda l’IRAP versata fino al 21.12.2003, il suo rimborso è senz’altro precluso stante la prescrizione posta dall’art.38 D.P.R. n.602/73, nonostante non vi sia dubbio che, se ricorrono i presupposti e la domanda è tempestiva, il rimborso spetti dal primo anno di istituzione del tributo regionale.

Per l’IRAP versata dopo la suddetta data, invece, deve rilevarsi che il ricorrente ha sufficientemente documentato, attraverso l’esibizione delle dichiarazioni dei redditi, di non avvalersi del contributo di lavoratori dipendenti o di collaboratori e di non impiegare beni strumentali in misura eccedente il minimo indispensabile allo svolgimento della propria attività.
Infatti, l’entità delle spese totali sostenute (in media di € 9.250,00 fra il 2003 e il 2006 e di € 4.923,00 nel 2007), è indicativa di un’organizzazione dello studio medico contenuta in limiti rispettosi di quanto previsto dalla convenzione con il Servizio Sanitario Nazionale (Cassazione ord. n.24953 del 9.12.2010).
L’affermazione dell’Ufficio circa l’impiego di mezzi e capitali rilevanti appare, dunque, generica e non rapportata alle risultanze della documentazione esibita dal contribuente e il riferimento al possesso di n.2 postazioni di PC tra i beni strumentali dichiarati ai fini dello studio di settore – introdotto soltanto in questa sede – è del tutto errato in quanto lo studio di settore per studi medici non ha mai previsto l’indicazione fra i “beni strumentali” di personal computer. E’,dunque, evidente che l’Ufficio ha erroneamente riportato controdeduzioni identiche a quelle relative ad altro contribuente (dottore commercialista), in occasione di altro appello da discutere nello stesso giorno d’udienza.
In conclusione, non può negarsi che, nel caso di specie, ricorrano tutti i presupposti per l’esclusione dall’imposizione dell’IRAP.
Ne consegue che il rimborso spetta limitatamente ai versamenti effettuati non oltre i 48 mesi precedenti al 21.12.2007, data di presentazione dell’istanza di rimborso, onde devono escludersi quelli relativi ai versamenti effettuati prima del 21.12.2003.
Quanto alle spese di causa, la Commissione ritiene che, trattandosi di materia di interpretazione di norme e rilevandosi parziale soccombenza di entrambe le parti, sia giustificata l’integrale compensazione fra le stesse.

P.T.M.


La Commissione Sezione 6^ così provvede:




  1. accoglie parzialmente l’appello e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, condanna l’Ufficio al rimborso dell’IRAP relativa agli anni dal 2003 al 2007, versata posteriormente al 21.12.2003.


  2. compensa fra le parti le spese di giudizio.
Bari, 21.1.2011

Il relatore
Dott. Roberto Lancieri


Il Presidente
Dott. Amedeo Urbano