LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Sentenza n. 444 del 16/01/2012
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
- Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –
- Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –
- Dott. BIANCHINI Bruno – rel. Consigliere –
- Dott. SANGIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –
- Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso iscritto al n.r.g. 10798/06 proposto da:
– (OMISSIS)) rappresentata e difesa dall’avv. L.S. e dall’avv. M. M. ed elettivamente domiciliata presso lo studio dei medesimi in Roma, via P. n. 43, giusta procura a margine del ricorso per cassazione;
contro
– (OMISSIS)), in persona del presidente pro tempore rag. L. F.; rappresentata e difesa dall’avv. S.C. ed elettivamente domiciliata presso lo studio del medesimo in Roma, viaP. L. n.2, giusta procura speciale a margine del controricorso;
contro la sentenza n. 3363/2005 della Corte di Appello di Roma, pubblicata il 21/07/2005;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
(omissis) propose opposizione avverso l’ingiunzione di pagare lire 12.609.712, oltre interessi e spese di lite, contenute nel decreto n. 1535/1994 del Tribunale di Roma, emesso su ricorso della spa (omissis), che così aveva inteso far valere il residuo credito derivante dalla fornitura di materiale lapideo; la opponente, assumendo che le sarebbero state consegnate, il 14 settembre 1993, una serie di lastre di travertino, di cui tre risultate, in sede di montaggio, fratturate pur se riparate prima della consegna, chiese la risoluzione parziale del negozio – ove fosse stata possibile la sostituzione della parte del prodotto viziata -; in caso contrario – qualora cioè fosse stato necessario il rifacimento della cappella funeraria per il cui rivestimento le lastre erano state acquistate – la risoluzione totale del contratto, con le conseguenti restituzioni, nonchè con la rifusione delle spese, anche di accertamento tecnico preventivo, ed il risarcimento dei danni.
La opposta si costituì contrastando l’opposizione, che venne respinta con sentenza n.24981/2002, ritenendosi tardiva la denunzia dei vizi;
la (omissis). propose allora impugnazione che fu del pari rigettata con decisione n. 3363/2005 della Corte di Appello di Roma sulla base del rilievo che non potevano condividersi le censure dell’appellante in merito all’occultamento delle fratture delle lastre e della non visibilità di tali mende, al fine di spostare il dies a quo della denunzia dei vizi – avvenuta il 28 settembre 2003-, al momento del montaggio.
Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso la (omissis), sulla base di due motivi; la spa (omissis) ha resistito con controricorso, illustrato da memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1 – Con il primo motivo la ricorrente denunzia sia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1495 e 2697 c.c., in relazione all’art. 115 c.p.c., sia l’insufficiente o contraddittoria motivazione, per non aver, la Corte del merito, fatto decorrere il termine di otto giorni per la denunzia dei vizi, dalla scoperta degli stessi piuttosto che dalla consegna della merce, impedendo altresì ad essa ricorrente di provare con testi le caratteristiche della non visibilità dei beni (ammalorati) ed il termine iniziale della scoperta; denunzia poi di illogicità l’argomentazione contraria, contenuta in sentenza, a mente della quale la merce – e quindi anche quella viziata – doveva essere visibile perchè tale era la caratteristica indicata nella bolla di consegna; sostiene inoltre che il giudice di appello, ritenendo immediatamente percepibile l’esistenza di fratture – oggetto di rilievo da parte del consulente tecnico di ufficio, che aveva esaminato il materiale già montato – aveva omesso di considerare la particolarità dell’imballaggio delle lastre, ingabbiate in una struttura di sostegno;
2 – Con il connesso secondo motivo viene denunziata la violazione e falsa applicazione dell’art. 1495 c.c., nonchè nuovamente il vizio di motivazione, per non aver, la Corte dimerito, ritenuto che il venditore avesse occultato i vizi, rendendo quindi non necessaria la denunzia.
3 – I due motivi vanno esaminati congiuntamente, stante la loro connessione logica.
4 – Posto ciò va esaminato, per priorità logica, la questione della apparenza – o visibilità – dei vizi: sul punto la Corte distrettuale aveva tratto argomenti di convincimento dalla dizione contenuta nella bolla di consegna che indicava la merce come “visibile”: la censura di non decisività del rilievo mossa dalla ricorrente è fondata in quanto la predetta indicazione è finalizzata a rendere agevole il controllo da parte degli organi amministrativi dell’effettiva corrispondenza del carico trasportato a quanto indicato nella bolla di consegna ma certo non può significare la completa visibilità delle caratteristiche della merce da parte dell’acquirente sin dal momento della consegna, tanto più che le 8 lastre di travertino furono consegnate in tre giorni, segno questo che esse viaggiavano impilate, con sicura non ispezionabilità – alla consegna e prima dell’apertura della confezione – al momento del recapito di quelle, tra esse, comprese tra le altre o, comunque, di entrambe le facce delle lastre che erano state consegnate insieme.
Nel concreto poi lo stesso giudice di appello non da per sicuramente accertato che le lastre sarebbero state riparate dal fornitore, attuale controricorrente, limitandosi a introdurre tale attribuzione, poi oggetto di confutazione, solo per maggior forza argomentativa (cfr. fol. 5 della sentenza “…deve ritenersi che prima del montaggio e già al momento della consegna le lesioni fossero facilmente rilevabili – se già presenti in quel momento-“).
5 – Poste tali premesse allora non può censurarsi la Corte territoriale di aver male interpretato i confini applicativi della norma – cadendo nel vizio di violazione di legge come neppure di non aver saputo ricondurre la fattispecie concreta nell’ambito di quella astratta (da cui il vizio di erronea sussunzione) pervenendo la ricorrente a risultati valutativi delle emergenze di causa diversi da quelli che motivatamente sorressero il convincimento del giudice dell’appello.
6 – Il ricorso va dunque respinto e la ricorrente condannata al pagamento delle spese, liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
LA CORTE rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese che liquida in Euro 2.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre IVA, CAP e spese generali come per Legge.
Depositato in Cancelleria il 16 gennaio 2012