VALUTAZIONE DEI PACCHETTI AZIONARI
(premi di maggioranza e sconti di minoranza)
di
Ezio Tartaglia


INDICE


PRESENTAZIONE
1. RUOLO AUTONOMO DEL SISTEMA DI VALUTAZIONE DEI PACCHETTI AZIONARI
2. POSTE DI BILANCIO
2.1. Assets non core
2.2. Disponibilità liquide
2.3. Azioni proprie
2.4. Azioni della società controllante
2.5. Partecipazioni
2.6. Business unit o rami di azienda
2.7. Obbligazioni convertibili in azioni
2.8. Riserve disponibili
2.9. Soci c.versamento con obbligo di restituzione
2.10. Aumenti di capitale
3. CLAUSOLE STATUTARIE
3.1. Organo amministrativo
3.2. Deleghe assembleari
3.3. Quorum statutari e soglie rilevanti
3.4. Vincoli di trasferimento delle partecipazioni
3.5. Cause di recesso
3.6. Assegnazione non proporzionale di quote
4. ASSETTI PROPRIETARI
5. CONCLUSIONI


PRESENTAZIONE
Il sistema di valutazione dei pacchetti azionari è diverso da quello che presiede alla valutazione dell’azienda, per quanto quest’ultima costituisce la base della prima. Una quota azionaria del 30% del capitale non vale il 30% della valutazione complessiva dell’azienda, ma può valere più o meno del 30% secondo – rispettivamente – l’applicazione di un premio o di uno sconto a tale valore proporzionale. E l’applicazione di un premio o di uno sconto dipende dal giuoco della domanda e dell’offerta intorno al conseguimento o non conseguimento di una posizione di controllo societario, e dal fatto che il conseguimento di detto controllo venga realizzato o no nella misura attesa. Tutto ciò a prescindere dall’entità della quota azionaria stessa.
Il testo ribadisce il concetto di premio e di sconto, ed enumera i vari fattori o situazioni che possono influire sulla previsione dell’uno o dell’altro, e sulla relativa misura.


1. RUOLO AUTONOMO DEL SISTEMA DI VALUTAZIONE DEI PACCHETTI AZIONARI
Un’azienda viene valutata secondo vari metodi, che si possono raggruppare in :
1. metodi rapportati a valori di bilancio ed a quelli cosiddetti “intangibili”;
2. metodi riferiti a flussi di reddito o di cassa;
3. metodi riferiti a parametri di mercato (i cosiddetti multipli).

Nell’attuale sistema economico l’azienda in quanto bene è solitamente incorporata in un modello societario (in gran parte di capitali) , ed in virtù dell’affermarsi di tale modello si è creato un mercato di compravendita delle quote di partecipazione, regolato secondo il principio della domanda e dell’offerta.
Valutare un pacchetto azionario (ossia una parte del capitale di una società proprietaria di un’azienda) richiede un sistema di criteri e deduzioni logiche diverso da quello che viene richiesto per la valutazione dell’azienda.
Infatti, fatto pari a 100 il valore della stessa azienda, non è detto che il 10% del suo capitale valga 10 ed il 40% valga 40, ossia che dalla valutazione aziendale scaturisca un valore pro-quota proporzionale delle partecipazioni. La quota del 10% del capitale può valere più o meno di 10 ed il medesimo discorso va fatto per la quota del 40%.
Da ciò viene confermato che la valutazione dei pacchetti azionari costituisce un sistema a sé, autonomo rispetto a quello relativo alla valutazione dell’azienda, che, comunque, costituisce il riferimento base per stimare il valore delle partecipazioni (salvo duplicazioni).
La presente opera si occupa di valutazione di pacchetti azionari relativi a società per azioni cosiddette “chiuse”,ovvero che non ricorrono al mercato del capitale di rischio, e, pertanto, operanti in un mercato non borsistico.
Oggetto della trattazione è la valutazione espressa in presenza di un’attuale o potenziale compravendita di pacchetti azionari fra parti indipendenti.
In precedenza si è affermato che una quota di 10 o di 40 non ha il valore proporzionale di 10 o di 40 in rapporto al valore dell’azienda. Ciò accade,come già detto, a causa degli effetti del giuoco della domanda e dell’offerta. Se in relazione ad una quota, qualunque sia la sua entità, prevale la domanda, il valore di quella quota è superiore a quello teorico proporzionale nei termini anzidetti. Se in relazione alla medesima quota prevale l’offerta, il valore di essa risulta inferiore.
Si parla convenzionalmente di premio di maggioranza e di sconto di minoranza.
Ma, quando riferiamo il termine “maggioranza”, o il termine “minoranza”,non è opportuno – ai fini della nostra ricerca – rapportarsi alla quota di un socio di maggioranza oppure a quella di un socio di minoranza, sebbene nella gran parte dei casi tale relazione possa rivelarsi appropriata.
Per far comprendere il concetto, si fa l’esempio di una società, il cui capitale è diviso fra tre soci, titolari rispettivamente del 45, del 45 e del 10% del capitale sociale. Come è evidente, il socio detentore della partecipazione del 10%, che è palesemente di minoranza, ha l’opportunità, cedendo la sua quota ad un prezzo (maggiorato di un premio), di far diventare uno degli altri due soci socio di maggioranza di diritto, ossia socio in una posizione mediante la quale egli ha il potere di nominare gli amministratori, ai quali, come è noto, è affidata in via esclusiva la gestione aziendale. Con ciò è dimostrato che una quota, sebbene minoritaria, è risultata assegnataria di un “premio di maggioranza”
Il cosiddetto premio di maggioranza o il cosiddetto sconto di minoranza è vero che dipendono dal giuoco della domanda e dell’offerta, ma tale giuoco, a sua volta, dipende dalla somma di poteri e benefici (anche privati) che la quota, oggetto di trasferimento, consente di ottenere, e, secondo prassi, solo la quota che permette all’acquirente di assumere il controllo della società è quella che riveste l’interesse economico maggiore, essendo quella che attrae il più elevato numero di soggetti interessati a rilevarla (domanda, quindi, prevalente sull’offerta).
La quota in questione può essere già di controllo. Esempio : trasferimento della partecipazione nella misura del 51% che attribuisce la posizione di controllo. La quota può essere di misura inferiore, ma tale da far acquisire all’acquirente una quota di controllo. Esempio : una partecipazione del 20% acquistata da parte di un socio, che è già detentore di una quota del 35%.
A questo punto, è utile segnalare le varie forme di controllo, che, su indicazione dell’articolo 2359 c.c., che riguarda i soggetti giuridici (ma che può essere esteso a quelli fisici), e su quanto è disposto dalle norme codicistiche, sono di:
1. di diritto
2. e di fatto.

Sono quote di controllo di diritto quelle che consentono la nomina degli amministratori nell’assemblea ordinaria in prima convocazione, durante la quale è richiesto un quorum costitutivo del 50%. Pertanto, chi possiede il 51% è certo di far deliberare la nomina di persone di sua fiducia nel consiglio di amministrazione (anche dell’intero CdA). Salva tuttavia previsione statutaria di nomina col voto di lista.
Sono quote di controllo di fatto, quando chi possiede una quota inferiore al 51% mantiene di fatto il controllo della società, e ciò grazie a varie situazioni (scarsa partecipazione dei soci alle assemblee, condivisione di alcuni soci di minoranza sulle scelte gestionali,ecc.).
Pertanto, ove venga negoziata la compravendita di una quota, che da sola, o integrando altra partecipazione, consenta di conseguire una posizione di controllo, tale quota è assegnataria di un premio.
Abbiamo parlato di conseguimento di posizione di controllo. Preferiamo precisare : di controllo nella misura adeguata. E spieghiamo perché. Se per il controllo gestionale è sufficiente il 51%, e la quota offerta in cessione è dell’80%, il plus rispetto al 51% in genere non beneficia di un premio, a meno che serva assolutamente quell’80%, per esempio, per far approvare le modifiche statutarie, da deliberare in assemblea straordinaria e con quorum più elevati di quelli previsti per l’assemblea ordinaria. Tale argomento sarà, tuttavia, affrontato successivamente.
Definito concettualmente il premio cosiddetto di maggioranza e lo sconto cosiddetto di minoranza, è utile conoscere i fattori che possono determinare la formazione dell’’uno o dell’altro, e la misura dell’uno o dell’altro. Tali fattori sono legati :
• a talune poste di bilancio;
• a talune clausole statutarie;
• alla composizione degli assetti proprietari.


2. POSTE DI BILANCIO
La valutazione di un pacchetto azionario presuppone l’analisi di alcune poste di bilancio.


2.1. Assets non core
All’interno del bilancio vanno ricercati assets non funzionali all’attività svolta e, quindi, fuori del perimetro operativo. Si tratta di assets (quali immobili,partecipazioni,beni mobiliari) , la cui assenza non avrebbe alcun effetto sul proseguimento dell’attività sociale. Vanno, quindi inventariati tali assets, e stimatone il valore complessivo ai fini di una loro eventuale dismissione, il cui ricavato potrebbe avvantaggiare colui il quale è candidato ad acquisire la posizione di controllo, in quanto tale ricavato potrebbe essere utilizzato per integrare le risorse finanziarie per la gestione e lo sviluppo aziendale(e,quindi, dispensare il futuro controllante dall’immettere nuove risorse in azienda), oppure il medesimo ricavato potrebbe essere utilizzato dal potenziale controllante per consentirgli di riscattare parte delle somme impiegate per l’acquisizione della predetta posizione di controllo.
Pertanto, l’idoneità di tali assets (già stimati in sede di valutazione dell’azienda) alla loro conversione in disponibilità liquide non possono che contribuire ad una lievitazione del prezzo di acquisto della quota, che permette il conseguimento della situazione di controllo societario.
Riguardo l’acquisto di quote, che non consentono l’acquisizione di una posizione di controllo,la presenza di tali assets non core può comportare una attenuazione dello sconto nella misura in cui detti assets vengano dismessi ed il loro ricavato sia utilizzato per una distribuzione di somme a favore dei soci, anche di quelli, dunque, che rivestono un ruolo minoritario.


2.2. Disponibilità liquide
Le disponibilità liquide , se hanno una consistenza, possono avere una rilevanza ai fini del premio per colui il quale compra una quota che gli consente di esercitare il controllo societario, e, quindi, di disporre di dette liquidità aziendali, che potrebbero avere il significato dell’affrancamento dal provvedere ad ulteriori investimenti nell’azienda, in quanto già disponibili le risorse per detti investimenti, oppure potrebbero avere il significato di una forma di restituzione all’acquirente di parte della somma utilizzata per l’acquisto della partecipazione. Infatti, il futuro soggetto controllante potrebbe servirsi di tale liquidità per un’operazione di buy back a suo favore, oppure per un’operazione di maxidivendo, che, in tal caso, arrecherebbe benefici anche agli altri soci. Il futuro socio controllante potrebbe, se in possesso del quorum necessario, far deliberare la riduzione volontaria del capitale con restituzione di parte di questo ai soci, conservando intatta a fini percentuali la sua posizione di controllo.
Quanto sopra esposto va riferito a chi consegue una posizione di maggioranza. Ma per chi acquista una quota minoritaria, l’esistenza di disponibilità liquide, che costituiscono uno strumento nelle mani del socio di maggioranza, potrebbe operare quale fattore depressivo della valutazione del pacchetto azionario da comprare. Tuttavia, va considerato che, nell’ipotesi in cui venga disposto un maxidividendo per eliminare l’eccesso di liquidità, chi ha comprato una partecipazione di minoranza ha la possibilità di rientrare in parte nella spesa finanziaria impiegata per l’acquisto della stessa partecipazione. In tal caso, quindi, la misura dello sconto dovrebbe essere più contenuta.


2.3. Azioni proprie
Nel bilancio è possibile rilevare la presenza di azioni proprie, ossia di azioni di proprietà della stessa società. L’informazione su tale cespite di bilancio è particolarmente utile, in quanto per legge viene indicato il costo delle azioni nell’ipotesi in cui esse siano state acquistate , e tale costo, specie se è avvenuto in epoche relativamente recenti, è un prezioso parametro per la valutazione del pacchetto azionario da acquisire.
Peraltro, il potenziale acquirente avrebbe anche la possibilità alternativa, ove concessa, di acquistare dette azioni ad un valore che non può sostanzialmente discostarsi da quello dell’effettivo costo di acquisto da parte della società, allorquando tale acquisto, specie se recente, è stato perfezionato.
Le azioni proprie, inoltre, potrebbero costituire lo strumento, nell’ipotesi in cui la posizione di controllo risultasse già acquisita, per il nuovo socio controllante per annullarle, ridurre il capitale sociale , ed accrescere percentualmente la sua quota partecipativa. In tal caso, però, la quota di controllo dovrebbe attestarsi su livelli superiori e comunque tali da consentire il successo nella relativa delibera in seduta straordinaria.
Inoltre, la presenza di azioni proprie consente ai soci, e, quindi, soprattutto a quello di controllo, di fruire di una maggiore quota percentuale di dividendi, in quanto quelli ascrivibili alla società vengono assegnati proporzionalmente agli altri soci. Esempio : società con capitale distribuito per il 20% alla società stessa, il 20 ad altro socio, ed il 60 al socio di maggioranza. I dividendi ammontano a 1 milione di euro. Il socio di maggioranza dovrebbe percepire 600 mila euro; invece, ne percepisce 720 mila . Non è arduo intendere che tale maggiorazione in termini di dividendi porta ad un accrescimento del valore del pacchetto azionario.
Sotto tale aspetto, anche una quota, che non consente il conseguimento di una posizione di controllo, potrebbe beneficiarne in termini di valutazione( ma nel senso che la misura dello sconto viene ridotta).
Vi è un ulteriore beneficio che apporta l’esistenza delle azioni proprie a favore dei soci, ed è quello della possibilità di esercitare un diritto di opzione – nell’ipotesi di rinuncia da parte della società – in misura più che proporzionale rispetto alla quota posseduta nell’ipotesi di delibera di aumento di capitale sociale in via reale. Facciamo un esempio: aumento di capitale del 50%. Riprendendo gli elementi dell’esempio precedente, la società rinuncia al diritto di opzione (ci vuole una delibera ad hoc, a nostro avviso). I due soci possono opzionare per una misura più che proporzionale rispetto alle rispettive quote del 20 e del 60%. Se rinuncia all’opzione il socio detentore del 20%, quello maggioritario può far suo l’intero aumento del capitale sociale. Oppure, se a rinunciare è quest’ultimo, il partner minoritario ha la possibilità di incrementare notevolmente la sua partecipazione originaria, sottoscrivendo l’intero aumento di capitale, rimpiazzando o insidiando la quota del socio di controllo.
Pertanto, l’esistenza delle azioni proprie nel bilancio può, tutto sommato, comportare benefici (leggi :più dividendi,più potere di opzione) in termini di più consistente premio alle quote che consentono il controllo societario ed in termini di sconto maggiormente attenuato per le partecipazioni che non consentono il predetto controllo.


2.4. Azioni della società controllante
Possiamo rilevare nel bilancio l’appostazione di azioni della società controllante. Ciò significa che la società, di cui deve essere comprata una quota, ha in precedenza acquistato azioni della controllante da un socio di questa (può anche aver comprato dalla controllante azioni proprie emesse dalla stessa).
Se si tratta di acquisire la quota di controllo, e se il soggetto acquirente è persona giuridica, le azioni appostate in bilancio vengono riferite al nuovo soggetto controllante, il quale può trovare giovamento da tale situazione, in quanto la società controllata non può esprimere il voto nelle assemblee della società controllante, contribuendo ad abbassare il quorum deliberativo e facilitando l’azione del controllante nel fare approvare le delibere proposte dal CdA, espressione solitamente del medesimo soggetto controllante.
Facciamo un esempio. Nella società controllante il capitale è diviso fra la società controllata per il 20%, un socio per il 25, e quello di maggioranza per il 55. Assemblea totalitaria:presenza di 100 azioni su 100. Quindi, è presente anche il rappresentante legale della società controllata. Il quorum deliberativo è 40%+1 azione, dunque, al di sotto del 55 detenuto dal socio di maggioranza,che, se vuole, può alleggerire la sua partecipazione.
Come si vede, in forza della presenza di azioni della società controllante, la quota di maggioranza si abbassa. Si abbassa anche la spesa finanziaria, ma proprio in virtù del contenimento della spesa finanziaria, l’acquirente deve lasciare on the table un più consistente premio di maggioranza.
Che cosa succede, se ad essere comprata è una quota, che non consente il controllo? In tal caso, l’effetto è neutro ma con una tendenza ad un’influenza depressiva sulla quotazione della partecipazione, dal momento che il socio di maggioranza può governare con quote al di sotto di quella di diritto (e se ha una partecipazione nettamente superiore si trova in una posizione inattaccabile). Ma non è detto, in quanto ,in virtù di tale contenimento della quota di controllo, la distanza in termini percentuali da questa si accorcia, ed è possibile che la quota cosiddetta minoritaria possa candidarsi ad assurgere a quota di controllo (e,quindi, a guadagnare un’idoneità a conseguire un premio nella valutazione ).


2.5. Partecipazioni
Posta di rilievo è quella delle partecipazioni, fra le quali vanno individuate quelle non core da dismettere, creando liquidità primaria. A parte, tuttavia , le partecipazioni non strettamente utili all’oggetto sociale, va fatta una distinzione fra partecipazioni in società controllate e partecipazioni in società non controllate. Sia le prime che le altre vanno valutate con i medesimi criteri con cui sono valutati i pacchetti azionari della società partecipante, ossia tenendo presente il fatto che di questa viene acquistata una quota che ne consente il controllo o viene acquistata una quota che non ne consente il controllo. Nella prima fattispecie riguardo le società controllate va determinato un premio, mentre per le altre(non controllate) va applicato uno sconto. Nella seconda fattispecie, la presenza delle partecipazioni può avere i medesimi effetti, tenendo presente che è la società, di cui viene acquistata la quota che non ne consente il controllo, ad essere direttamente interessata alle plus o minus valutazioni delle partecipate.
Occorre dire, tuttavia, che tali determinazioni (in plus o minus) solitamente vengono elaborate già in sede di valutazione dell’azienda (che, come sappiamo, costituisce la base per quella dei pacchetti azionari). Pertanto, ove tali determinazioni siano state già considerate, è opportuno non replicarle nel processo di valutazione delle quote partecipative, in quanto ciò costituirebbe una fuorviante duplicazione di valore.


Sempre in tema di partecipazioni, occorre valutare l’opportunità di fusione per incorporazione della società o delle società controllate soprattutto se si tratta di società inserite in una catena piramidale e soprattutto se si prende la decisione di accorciare detta catena, il che solitamente è valutato positivamente dal mercato e contribuisce ad accrescere il noto premio di maggioranza, riferito naturalmente alla società partecipante e futura incorporante.
Si può anche valutare l’opportunità di porre in atto forme di scissione (sempre più frequenti) proporzionale, non proporzionale, con esclusione del socio o dei soci della scissa al fine di conferire maggior valore alla società controllante, di cui viene acquistata la quota (specie se di controllo).
Dagli effetti previsti dalla realizzazione dei processi di fusione o di scissione può originare una valutazione in plus o in minus per le quote di controllo o per quelle di non controllo.


2.6. Business Unit o rami di azienda
Nell’azienda della cui società viene acquistata la quota (di controllo) possono essere rilevate business unit o rami di azienda operativamente autonomi, che si può valutare di far conferire o di far scindere in una newco. allo scopo di far emergere il maggior valore di queste unità produttive (ed anche, considerato che le stesse unità vengono incorporate in un modello societario, poter associare altri partner nel finanziare le attività delle medesime). Se sussiste tale possibilità di spin off di tali unità, è indubbio che la quota di controllo della società, proprietaria delle stesse unità, è destinata a meritare un premio nella sua valutazione. Ove esista tale possibilità, anche la partecipazione cosiddetta minoritaria può ricevere benefici in termini di minore sconto da tale possibilità.


2.7. Obbligazioni convertibili in azioni
In bilancio vi possono essere obbligazioni convertibili nelle azioni della medesima società. Tale tipologia di strumenti finanziari, come è noto, consente al relativo titolare di convertire il titolo in azioni della società, contribuendo alla formazione di un nuovo assetto proprietario ed, in particolare, alla diluizione delle quote dei soci, che non hanno a suo tempo sottoscritto le obbligazioni. Tale effetto non può che avere un effetto depressivo sulla valutazione della quota da acquistare, specie se questa è destinata ad essere di controllo o è già di controllo, in quanto la conversione delle obbligazioni in azioni potrebbe comportare un ridimensionamento della quota tale che la stessa può essere derubricata a quota non di controllo. Solitamente negli atti di compravendita delle partecipazioni, viene determinata la misura della quota quale elemento essenziale del contratto, e, venendo meno tale elemento ,il contratto è inefficace.
Occorre anche verificare nel regolamento di emissione delle obbligazioni se è prevista una clausola callable a favore della società. In tal caso, il futuro soggetto controllante potrebbe attivare tale clausola con risorse della società (se disponibili) per evitare il fenomeno diluizione. Ugualmente,però, verrebbe sortito un effetto in minus sulla valutazione del pacchetto.
Le obbligazioni, come si sta verificando negli ultimi tempi, anziché essere convertibili in azioni della società, possono essere convertende, ossia obbligatoriamente da convertirsi in azioni. In tal caso, l’acquirente della quota deve seriamente valutare l’effetto diluizione, che certamente avrà un riflesso negativo sulla quotazione della partecipazione, oggetto di negoziazione.
Le obbligazioni possono essere state emesse con la previsione di conversione in azioni di altra società, che può essere anche una società partecipata. In tal caso, l’effetto sulla valutazione è neutro, in quanto non si verifica alcun effetto diluitivo sulle quote dei soci.


2.8. Riserve disponibili
Le riserve disponibili hanno assunto una rilevante importanza nella gestione finanziaria delle società, in quanto esse sono utilizzate per una molteplicità di operazioni. Pertanto, la loro esistenza, specie se in misura rilevante rispetto alle altre poste patrimoniali, ha valenza di flessibilità per l’acquirente della quota (se di controllo), in quanto questi può porre in atto varie operazioni, una delle quali può essere quella di finanziamento da parte della società ai sensi dell’articolo 2358 c.c. per l’acquisto di azioni emesse dalla stessa società. Il soggetto A deve acquistare dal socio B la quota di controllo della società X. Il soggetto A non ha le disponibilità per l’acquisto. Le disponibilità vengono fornite dalla società, che concede un finanziamento ex art. 2358 c.c. al soggetto A per comprare le azioni intestate al socio B. Se sussiste tale possibilità concreta, si può dedurre che la quotazione debba registrare una lievitazione.
Il soggetto acquirente, quando assurto a controllore della società, potrebbe utilizzare le riserve disponibili per un’operazione di buy back, o per una distribuzione straordinaria ai soci di parte o di tutte le riserve disponibili.
Una quota non di controllo può accusare un minus di valutazione, in quanto la gestione delle riserve è tutta nel potere della maggioranza, oppure beneficiare di un’attenuazione dello sconto,qualora si prospetti un’alta probabilità di distribuzione delle riserve, di cui va a beneficiare anche il titolare della quota non di controllo.


2.9. Soci c. versamento con obbligo di restituzione
Il socio che vende la quota potrebbe aver versato a titolo di finanziamento delle somme, delle quali è prevista la restituzione.
Tali somme possono essere restituite dalla società con disponibilità di questa, oppure può aver luogo il subentro nella posizione di creditore della società il nuovo soggetto acquirente della quota .
Nel primo caso, vi è un impoverimento delle disponibilità liquide societarie, nell’altro caso il nuovo socio deve aggiungere alla spesa per l’acquisto della quota quella per il subentro nella posizione di socio creditore della società.
Il tutto si risolve, comunque, in un impegno finanziario del nuovo socio, sia quando deve riscattare la quota di finanziamento dell’ex socio, sia quando deve rimpiazzare la liquidità che la società ha utilizzato per rimborsare il finanziamento.
A causa di questa spesa addizionale, è possibile che la valutazione della quota subisca una limatura in termini valutativi.


2.10. Aumenti di capitale
Attraverso l’esame dei vari bilanci l’attenzione va focalizzata sugli aumenti di capitale in via reale che si sono succeduti al fine di rilevare il prezzo di emissione delle nuove azioni, nell’ipotesi in cui ricorra l’articolo 2341 c.c. quanto alla limitazione o all’esclusione del diritto di opzione. Il prezzo di emissione, incorporante il soprapprezzo di azioni,diventa un’utile fonte di informazioni riguardo la valutazione delle azioni e, quindi, del pacchetto azionario in corso di negoziazione fra le parti.


3. CLAUSOLE STATUTARIE


3.1. Organo amministrativo
Nel sistema tradizionale, che rappresenta il sistema di governance dominante nel nostro Paese, vi sono due figure di amministratori : quella dell’amministratore unico e quella del consiglio di amministrazione. Considerando l’importanza del modello societario, in gran parte dei casi è quello collegiale a risultare l’organo più ricorrente, tanto che nei patti parasociali introduttivi della costituzione di società frequentemente è previsto il ricorso esclusivo a detta forma di organo amministrativo. Se tale organo è monoliticamente espressione del socio di maggioranza, chi acquista la quota di controllo di questi è disposto a riconoscere un maggior premio nel prezzo della quota da acquisire. Situazione diversa se nell’ambito del CdA sono presenti rappresentanti della minoranza, in quanto statutariamente è previsto il voto di lista. In tale fattispecie, è razionale prevedere una limatura del premio cosiddetto di maggioranza, in quanto il futuro socio di controllo deve confrontarsi con i rappresentanti di soci di minoranza. Naturalmente, la quota minoritaria acquistata nell’ipotesi dell’operatività del voto di lista registra l’attribuzione di un minore sconto in virtù di un maggiore potere riconosciuto alle minoranze.
Va anche verificato nello statuto se è operativo l’istituto della cooptazione o quello legato alla clausola simul stabunt simul cadent. Tale aspetto è rilevante nel momento in cui deve aver luogo il trasferimento della quota di controllo, e nell’ipotesi in cui venga opposta resistenza da parte dei vecchi amministratori a dare le dimissioni. La clausola anzidetta (simul stabunt,simul cadent) favorisce maggiormente il futuro soggetto controllante nella sua azione di rinnovare il CdA, in quanto è sufficiente che uno dei consiglieri si dimetta perché decada l’intero consiglio di amministrazione. Nell’altro caso, il rinnovo del consiglio prima della scadenza del mandato è problematico, salvo ricorrere alla revoca degli amministratori, che, se decisa senza giusta causa, espone la società al risarcimento dei danni a favore degli amministratori revocati. Si intuisce quale dei due scenari contribuisca ad assegnare una quota di premio alla partecipazione di controllo.
In merito alla portata dei compensi a favore degli amministratori, va verificata esistenza e misura di eventuali indennità di fine carica ed in caso di cambio del soggetto di controllo (queste ultime indennità denominate golden parachutes). Se l’ammontare di tali indennità è consistente, la valutazione del pacchetto di controllo subisce una limitazione nel premio di maggioranza in rapporto alla misura di dette indennità.


3.2. Deleghe assembleari
In base all’articolo 2365 c.c. sono previste statutariamente varie deleghe conferite in particolare all’organo amministrativo in materia di competenze dell’assemblea (straordinaria). È prevista anche la possibilità di delega allo stesso organo amministrativo nelle delibere di aumento di capitale e di emissione di obbligazioni convertibili (peraltro in una forma che può essere la più ampia possibile). Pertanto , se il CdA è lo specchio fedele della maggioranza (e lo stesso organo può annoverare al suo interno dei soci), le deleghe affidate allo stesso CdA potenziano l’influenza del socio di maggioranza. In tal caso, il premio di maggioranza sale.
Argomentazione opposta va proposta nel caso di acquisizione di quota minoritaria, la cui valutazione deve subire un minus proprio in virtù della granitica compattezza del potere della maggioranza.


3.3. Quorum statutari e soglie rilevanti
La conoscenza dei quorum è utile per determinare un premio o uno sconto. Se nello statuto i quozienti deliberativi in prima e seconda convocazione delle assemblee ordinarie (esclusa la nomina delle cariche sociali), o i quozienti deliberativi e costitutivi delle assemblee straordinarie, risultano statutariamente più elevati, ciò agevola l’esercizio del potere delle minoranze. Sotto tale aspetto, una quota di spessore minoritario acquista valore, mentre lo perde la quota mirante al controllo societario.
Analogo discorso va fatto nel caso di soglie rilevanti di capitale utili per impostare determinate azioni nell’interesse della compagine minoritaria. Se (ove possibile) tali soglie risultino ridotte o addirittura eliminate, ciò si traduce in un minore sconto riguardo il valore della partecipazione su basi minoritarie, mentre comporta una ridotta quantità di premio per quella di controllo.


3.4. Vincoli al trasferimento delle partecipazioni
Spesso negli statuti vengono inseriti limiti alla circolazione delle azioni
La situazione opposta all’applicazione dei limiti è naturalmente la libera trasferibilità delle azioni. Se questa è operante (ossia, se non vi sono vincoli al trasferimento delle partecipazioni) la quota sia di controllo che di non controllo acquisisce un plus di valore.
Nel caso in cui, invece, sono apposti vincoli più o meno stringenti (e quelli più stringenti sono i vincoli di cui all’articolo 2355 bis, comma 2, c.c., col quale sono sottoposti al mero gradimento i trasferimenti di azioni), la valutazione della quota di controllo e di non controllo subisce in misura più o meno ampia una diminuzione. O meglio, riferendoci a quella di controllo, possiamo dire che il premio viene corrisposto ma in misura attenuata. Mentre, se ci riferiamo alla partecipazione non di controllo, questa accusa uno sconto più consistente.
La spiegazione è che , a causa di tali limitazioni e dei tempi attesi per concludere la negoziazione, la cerchia di soggetti interessati all’acquisto è destinata a restringersi, anche per sfruttare opportunità alternative con procedure più semplificate.


3.5. Cause di recesso
La lettura nello statuto delle cause di recesso ha un certo rilievo ai fini del potenziamento o del depotenziamento del valore del pacchetto azionario, non tanto per le cause legali, in gran parte inderogabili, ma per l’esistenza di cause facoltative, che, come si sa, riguardano le società che non ricorrono al mercato del capitale di rischio. Le cause facoltative sono legate ad eventi oggettivi.
Perché detta forma di causa di recesso ha una qualche rilevanza ?
La ragione è duplice e ,comunque, legata all’evento recesso, che solitamente è finanziato con risorse societarie. Quindi, se un soggetto è in trattative per acquistare una quota di controllo, deve valutare se il maturare di dette cause facoltative di recesso comporti entro un determinato arco di tempo un’uscita finanziaria dalla società insieme ad un decremento patrimoniale oppure no. Nel primo caso, la valutazione della quota oggetto di negoziazione subisce una decurtazione, sebbene l’uscita di un socio può determinare benefici in ordine ad un incremento percentuale della quota di partecipazione (se all’acquisto da parte della società consegue una riduzione di capitale con annullamento delle azioni).
Nell’altra fattispecie la valutazione non registra alcun effetto né incrementativo né in diminuzione.
Ma dicevamo prima che la motivazione riguardo la rilevanza dell’esistenza delle cause facoltative è duplice. Infatti, l’altro ordine di motivazione si riferisce all’utilizzo delle cause facoltative di recesso da parte del potenziale acquirente della quota, in quanto egli potrebbe servirsene o per uscire definitivamente dall’investimento in una fase posteriore (e tale opportunità “paga”) oppure per esercitare un recesso parziale, alleggerendo il carico della partecipazione, che potrebbe restare anche di controllo. In tale prospettiva la valutazione del pacchetto azionario può registrare una valutazione.
Riguardo la partecipazione che non è di controllo, essa senza dubbio accusa il peso di uno sconto (anche significativo) nella prospettiva di un’azione di recesso, che, finanziata dalla società, determina sostanzialmente una diminuzione del valore aziendale. D’altra parte anche il medesimo futuro socio in posizione minoritaria potrebbe cogliere l’opportunità di uscita (pur parziale) dall’investimento offerta dalle cause facoltative di recesso, ed in tal caso la valutazione registrerebbe un’attenuazione dello sconto.
Sempre in tema di cause di recesso, occorre esaminare gli effetti sulla valutazione del pacchetto azionario del recesso ad nutum, ossia di quello esperibile in funzione della durata indeterminata della società.
Tale forma di recesso presenta le medesime problematiche delle cause facoltative, ma in misura potenziata, in quanto non legata ad alcuna delibera né ad alcun evento e, quindi, esercitabile in maniera discrezionale. Ciò può causare un peggioramento della posizione patrimoniale e finanziaria della società, qualora il recesso venga esercitato dagli altri soci (anche in massa)fino a determinare lo stato di liquidazione della società. Tuttavia, per chi acquista una quota di controllo, ma anche per chi acquista una partecipazione non di controllo, si può trattare di un’opportunità di uscita (anche parziale) dall’investimento. Occorre valutare caso per caso in ordine all’ascrivibilità di un maggiore o minore premio o di un più ampio o meno ampio sconto al valore della partecipazione oggetto di negoziazione.
In relazione al medesimo tema del recesso, vanno valutati gli effetti di cui all’articolo 2497 quater,comma 1,lett. c), c.c. nell’ipotesi di inizio o di cessazione dell’attività di direzione e di coordinamento ed in presenza di una maggiore rischiosità dell’investimento da parte del socio di minoranza della società soggetta a detta attività.


3.6. Assegnazione non proporzionale di quote
Va verificata l’esistenza della clausola statutaria di assegnazione non proporzionale di quote, la quale può favorire chi ha come obiettivo l’acquisizione di posizioni di controllo, e può , invece, svantaggiare colui il quale si limita all’acquisto di una partecipazione non di controllo.


4. ASSETTI PROPRIETARI
Anche la composizione degli assetti proprietari può esercitare un’influenza sulla previsione di un premio o sconto sul pacchetto azionario.
Possiamo dividere i vari scenari di assetti proprietari in due gruppi :
• quello dove la proprietà è concentrata;
• quello dove tale proprietà non è concentrata.

Sono definibili situazioni di concentrazione della proprietà quelle nelle quali la quota di maggioranza si attesta fra il 70 e il 100% del capitale, corrispondente ad un potere di maggioranza esercitabile con successo sia nell’attività gestionale che in quella strategica relativa ad eventi straordinari (scissioni,fusioni,aumenti di capitale senza diritto di opzione,ecc.). In tali situazioni con quote di partecipazione vicine a quella integrale la valutazione del relativo pacchetto è anch’essa livellata a quella dell’azienda, e per conseguenza il premio di maggioranza, anche se applicabile, subisce una limitazione, a meno che la quota non vada riferita ad una holding di partecipazioni, o ad una società al vertice di una catena piramidale,situazioni in cui si assiste ad un’accentuazione del premio di maggioranza.
A loro volta, le partecipazioni confinate nell’ambito di un trenta per cento del capitale , specie se frammentate fra più soci, registrano un consistente taglio alle loro valutazioni.
Le situazioni in cui la proprietà non risulta concentrata sono quelle in cui la quota di controllo si attesta sotto il livello del 60-65% del capitale sociale, ed in cui, per conseguenza, le quote degli altri soci assommate partono da un minimo di 35-40% del capitale. È considerando l’esistenza di queste quote minoritarie di consistenza significativa che si può parlare di riconoscimento di un premio sia riferito alla quota di controllo, sia a quella minoritaria, la quale, proprio in virtù del suo spessore, in particolare quando la stessa risulta concentrata in un ristretto numero di soci, può essere candidata ad assurgere a quota di controllo. Naturalmente, se le quote minoritarie risultano frammentate fra più soci, peraltro di estrazione diversa,e scarsamente inclini ad aggregarsi in accordi parasociali, dette quote scontano una deminutio nel loro valore.


5. CONCLUSIONI
Abbiamo esposto le situazioni, che possono favorire l’applicazione di un premio o di uno sconto al valore di un pacchetto azionario, ribadendo il concetto che il premio viene riconosciuto ad una quota, che consente l’acquisizione di una posizione di controllo, mentre lo sconto è ascrivibile ad una partecipazione non utile ai fini dell’acquisizione di tale posizione di controllo. E viene anche ribadito il concetto che sia il premio che lo sconto non sono connessi all’entità delle quote di partecipazione. Anche una piccola quota, come riferito all’inizio della trattazione , può meritare un premio.
Viene anche rimarcato che in dipendenza di determinate situazioni il premio può essere maggiore o minore (e, quindi, registrare un incremento o subire una limitazione), così come lo sconto può, a sua volta, essere più o meno ampio.
Inoltre, in ordine alla quota di controllo, il premio riconosciuto ad essa è in relazione alla giusta quota necessaria per esercitare il controllo. Se tale quota si attesta sul 51% (quota di controllo di diritto) il premio viene determinato in una certa misura. Ma se la quota di controllo viene ad attestarsi su livelli inferiori, il premio è ancora maggiore, e ciò è in rapporto al più consistente risparmio della spesa finanziaria, che si sosterrebbe, qualora dovesse essere acquistata per intero l’azienda.


Prof. Ezio Tartaglia