Cari Colleghi


nella mia ultima comunicazione ci siamo lasciati alle manifestazioni che l’OUA avrebbe organizzato in tutt’Italia il 6 e 7 ottobre 2011, per illustrare a tutti gli avvocati le novità introdotte dalle manovre economiche estive e le proposte che in tema di riforma professionale, di geografia giudiziaria, di rapporto con la Magistratura, l’OUA ha inteso mettere sul tavolo.


Le più di cento manifestazioni realizzate sull’intero territorio nazionale hanno riscosso un notevole successo, sia per l’ampia partecipazione dell’avvocatura di base, sia per il risalto ottenuto sui media, specie locali, sia, infine, per l’attenzione mostrata dalle amministrazioni locali, specie quelle maggiormente “a rischio” in prospettiva dei “tagli”, preannunciati dal Ministro e tradotti nella legge delega adottata. Ma credo che il vero e proprio successo di queste manifestazioni sia stato quello di aver offerto a tutti gli avvocati (o, meglio, a quelli più volenterosi ed interessati) la possibilità di potersi confrontare con i propri rappresentanti “politici” (uso il virgolettato perché mi riferisco ovviamente alla politica forense) ed istituzionali, affinché la proposta da offrire alla politica (quella in senso proprio) sia la più condivisa possibile.


Anche a Trani si è svolta un’assemblea ben partecipata non solo numericamente, ma anche per la qualità degli interventi sia degli amministratori locali (il Presidente della Provincia BAT e Sindaco di Canosa, Francesco Ventola, e il Sindaco di Andria e nostro collega, Nicola Giorgino), sia dei nostri colleghi.


E non vi nascondo che i contenuti e le proposte emerse dalle manifestazioni del 6 e 7 ottobre 2011 hanno positivamente condizionato o, meglio, orientato l’assemblea dell’OUA del 21/10/2011, che ha assunto due importanti delibere in tema di geografia giudiziaria e di riforma professionale.


Rimandando al sito dell’OUA (www.oua.it) per una lettura approfondita delle delibere, tento di sintetizzarne i contenuti.


In tema di geografia giudiziaria, l’OUA ha inteso ribadire che non esiste alcuna preclusione preconcetta ad una profonda e attenta rivisitazione delle circoscrizioni giudiziarie, che anzi l’Avvocatura da tempo sollecita, ma persiste forte contrarietà rispetto allo strumento normativo utilizzato (legge delega) e al metodo con il quale si intende operare.


Tagliare in modo automatico i Tribunali minori, senza esaminarne la produttività sia in termini di velocità nella risposta alla domanda di giustizia, sia in termini di qualità dei risultati, ovvero realizzare accentramenti di competenze in grandi Tribunali metropolitani, che già soffrono le loro esagerate dimensioni, tanto da non poter essere in grado di fornire i servizi più elementari (si pensi alle code notturne davanti all’Ufficio Notifica di Roma, ovvero ai due anni di tempo necessari per la pubblicazione delle sentenze dei Giudici di Pace, sentenze semmai ottenute dopo giudizi durati solo sei mesi) appare scellerato e privo di conoscenza effettiva delle situazioni locali.


La delibera in tema di riforma professionale nasce dalle sollecitazioni che i delegati hanno raccolto sull’intero territorio nazionale, non soltanto nelle giornate del 6 e 7 Ottobre, ma sostanzialmente sin dall’inizio del loro mandato.


Come probabilmente la maggior parte dei colleghi sa, la genesi della legge sulla riforma professionale, attesa da diversi decenni, ha come suo punto iniziale (quanto meno nella storia recente) il Congresso di Bologna del 2008, nel quale il Ministro Alfano offrì una vera e propria delega in bianco all’Avvocatura, invitandola a redigere un progetto unitario di riforma e prendendo l’impegno che quel progetto sarebbe stato velocemente approvato dal Parlamento (si ricordi che all’epoca l’attuale maggioranza di governo poteva contare su numeri sia alla Camera sia al Senato, talmente elevati da non potersi dubitare circa l’attendibilità della promessa eseguita da un Ministro così autorevole). Seguì un ampio ed anche denso confronto fra le varie componenti, istituzionali politiche ed associative, dell’avvocatura, che si tradusse in un testo più o meno condiviso (con qualche importante eccezione, vedasi ANF), che venne consegnato al Ministro nel Settembre del 2009 e che, a dire del Ministro stesso, sarebbe diventato legge prima del Congresso di Genova del successivo Novembre 2010.


Le cose non andarono così, perché in Senato, nonostante i suoi ampi numeri, la maggioranza non riuscì a difendere adeguatamente quel testo, che venne ampiamente modificato e, dopo mesi di sostanzialmente impasse, in via quasi strumentale si giunse finalmente all’approvazione solo pochi giorni prima del congresso di Genova, al quale il Ministro poté presentarsi, mostrando trionfante il DDL approvato dal primo ramo del Parlamento e reiterando la promessa che alla Camera l’approvazione sarebbe stata immediata, perché avrebbe usufruito di una corsia preferenziale.


Anche questa promessa non è stata realizzata e, venendo ai nostri giorni, il testo è ancora all’esame, in sede referente, della Commissione Giustizia della Camera, con il peso di 500 emendamenti proposti da maggioranza, minoranza e dallo stesso Governo e, quindi, la luce è molto lontana.


Ma c’è di più. A rendere particolarmente incerto l’iter normativo sono intervenute le manovre estive ed in particolare la disposizione contenuta nell’art. 3, comma 5, lettera F, del D.L. 138/2011, che, nel dettare regole da applicarsi agli ordinamenti professionali (senza prevedere alcuna specifica esclusione per quello forense), prevede una serie di indicazioni che appaiono in evidente contrasto con il testo della riforma approvato al Senato, con una seria difficoltà di compatibilizzare questi due testi normativi.


E se leggiamo i resoconti di stampa sul possibile contenuto del c.d. decreto sviluppo, ovvero gli impegni assunti dal Governo nei confronti dell’Unione Europea nella famosa lettera inviata in questi giorni, ci rendiamo conto che l’intenzione di liberalizzare il “mercato delle professioni” (mi scuso per questa aberrante espressione, con la quale, tuttavia, ci stiamo abituando a convivere e dovremo soprattutto confrontarci in futuro) sia in evidente contrasto con il testo di legge approvato alla Camera, che, per esempio, prevede la reintroduzione dei minimi tariffari, ovvero vieta la costituzione di società di capitali fra professionisti o, ancora, continua ad attribuire contemporaneamente al CNF poteri amministrativi (che a volte tracimano anche in quelli di rappresentanza politica) e potestà disciplinare.


Ricorderete che in alcuni deliberati, l’OUA nel sostenere la rapida approvazione della riforma professionale giacente in Senato, aveva, tuttavia sollecitato alcune “opportune modifiche”.


La necessità delle modifiche è dettata dal parziale stravolgimento della riforma operato in Senato, rispetto al testo originariamente elaborato, ma anche da una sensibilità che si è andata formando sui contenuti della riforma, soprattutto dal mondo della giovane avvocatura, numericamente e politicamente sempre più importante, che, per esempio, è contraria a sistemi di controllo della continuità nell’esercizio della professione, legati al raggiungimento di un reddito minimo, soprattutto laddove non accompagnati da regole di accesso più severe e da una limitazione dell’accesso medesimo, quanto meno in sede iscrizione all’Università.


S’intende dire che raggiungere obiettivi minimi di reddito può avere un senso (che, tuttavia, io personalmente continuo a non vedere), laddove l’accesso sia ben regimentato e in qualche modo “protetto”.


Se, invece, spira un forte vento di liberalizzazione, tale che i numeri già mostruosi della nostra categoria potrebbero di qui a breve aumentare in modo esponenziale, prevedere un limite reddituale significherebbe pregiudicare migliaia di avvocati, che già svolgono la professione da anni, che alla professione hanno dedicato importanti investimenti intellettuali ed economici e che, anche in considerazione del raggiungimento di un’età non più giovanile, rischierebbero da un momento all’altro di trovarsi nel limbo dei non occupati. Il tutto acuito da una crisi economica, senza precedenti, che rende arduo a chiunque confrontarsi con il reddito.


Ecco quindi il deliberato dell’assemblea del 21 Ottobre, che indica una serie di priorità fondamentali alle quali la riforma deve attenersi e che ha l’ambizione anche di tentare di rendere compatibile il testo della riforma con le indicazioni contenute dall’innanzi citato art. 3 del LD 138/2011, nella parte in cui prevede la dicotomia fra organo di disciplina nazionale e organo di amministrazione della professione.


Sono certo che non mancheranno le critiche a questa delibera e che qualcuno vorrà attribuire all’OUA la rottura del fronte dell’Avvocatura, in vista del raggiungimento dell’approvazione della riforma, ma chi volesse dare tale lettura cadrebbe in errore di valutazione e probabilmente porrebbe in essere una vera e propria mistificazione. Ciò in quanto: a) il fronte non è mai stato e, comunque, non é coeso da tempo (da ultimo, l’AIGA, nel recentissimo congresso di Catania, ha preso le distanze dalla riforma, ma anche importanti Ordini, come quelli i Bari, Napoli e Firenze si sono espressi già a luglio in modo contrario); b) appare di tutta evidenza – e gli imbarazzi dei rappresentanti del governo e della maggioranza registrabili nei resoconti dell’attività della Commissione giustizia ne danno ampia ed indiscutibile prova – che l’attuale maggioranza di governo non è in grado di approvare la riforma della Legge Professionale e, comunque, di non emendarla.


La cronaca politica di ogni giorno ci riferisce di votazioni nei due rami del parlamento in cui la maggioranza, se non mobilitata “militarmente”, soccombe all’opposizione ed è veramente utopistico pensare che la materia della riforma professionale forense possa impegnare la maggioranza in un’aggregazione granitica, tale da consentirne l’approvazione in tempi rapidi. Del resto, progetti di legge in materia di giustizia di ben più ampio interesse per la maggioranza di governo (vedi intercettazioni e processo breve) sono stati accantonati, proprio in considerazione della difficoltà oggettiva in cui numericamente versa il centrodestra.


Si noti per esempio che in Commissione Giustizia, alle richieste di alcun colleghi parlamentari (fra cui l’On. Avv. F.P. Sisto) rivolte alla minoranza di ritirare i numerosi emendamenti presentati sulla legge di riforma, ha fatto da contraltare l’atteggiamento di alcun parlamentari della stessa maggioranza (Lega Nord), che hanno viceversa difeso la necessità di un confronto sugli emendamenti e di porre mano a profonde modiche del testo approvato dal Senato.


L’OUA, nel suggerire i principi cui la riforma dovrebbe attenersi, ha avuto cura di rinvenirne il substrato normativo all’interno dei 500 emendamenti presentati alla Camera, con l’evidente scopo di evitare che il laborioso iter parlamentare sin qui svolto venga buttato alle ortiche.


I principi che l’OUA ritiene di sostenere politicamente sono già presenti fra gli emendamenti, per cui se si raggiungesse una confluenza di consensi del mondo forense e della politica su tali principi, sarebbe agevole approvare gli emendamenti e salvare l’iter parlamentare.


MI scuso per la lunghezza di questa relazione, ma credo che sia opportuno che i temi della riforma siano maggiormente noti alla base, perché ho spesso l’impressione che questi importanti aspetti della nostra vita professionale vengano accantonati dalle urgenze del quotidiano, da una comparsa che scade o da un’udienza che si prolunga fino alla sera, ma che ci sia comunque urgente bisogno di una presa di coscienza forte, perchè il futuro della nostra professione non venga burocraticamente deciso da pochi (più o meno illuminati) colleghi.


Ed ecco l’importanza del referendum che la delibera dell’OUA ambiziosamente intende lanciare, proprio perché si finisca con l’accusare – con troppa semplicità e, mi sia consentito, anche qualunquismo – di autoreferenzialità le rappresentanze politiche ed istituzionali.


Quest’ultimo tema mi consente di arrivare a parlare della Conferenza Nazionale dell’Avvocatura, che l’OUA organizza all’Hotel Waldorf Astoria Cavalieri di Roma il 25 e 26 Novembre prossimi.


In quell’occasione saranno trattati i temi della riforma professionale e delle liberalizzazione, quello della geografia giudiziaria e quello del processo in tempo di crisi.


E’ consequenziale a quanto ho appena detto circa la necessità che tutti noi avvocati viviamo le problematiche della politica forense in prima linea, senza delegarle agli altri e senza pensare che il proprio compito si fermi nell’importante momento elettorale, ma che si abbia tutto il diritto di chiedere continuamente conto ai propri rappresentanti di come quel mandato sia concretamente svolto, chiedervi di partecipare numerosi alla conferenza.


Si tratta della migliore occasione, forse anche più di quella congressuale – spesso ingessata da regole necessariamente più stringenti – per confrontarsi su queste tematiche, per esprimere il proprio consenso e, perché no, civile dissenso e per contribuire al processo di formazione delle decisioni politiche che ci competono.


Sono certo che non ci mancano le intelligenze e le personalità, perché anche da un Foro di provincia come il nostro giungano ai vertici dell’Avvocatura proposte serie, innovative e concretamente realizzabili. Di questo si ha continua conferma in ogni occasione in cui rappresentanti del Foro di Trani a qualsiasi livello, locale, nazionale e anche internazionale (visto che la bella esperienza dell’OGIM ha condotto il Presidente emerito Mimmo Insanguine alla prestigiosa Presidenza della Commissione del Mediterraneo) assumono incarichi o propongono idee e progetti.


Prima di salutarvi, commento con molta soddisfazione la notizia che la Consulta delle Associazioni circondariali e territoriali ha ancora una volta raggiunto un’intesa pressocché unanime per la presentazione di una lista unitaria per le prossime elezioni del Consiglio dell’Ordine. Il nostro piccolo miracolo si e’ avverato anche quest’anno.


L’esperienza in campo nazionale, che, grazie al vostro contributo sto realizzando, mi fa rendere conto che altrove esperienze felici come quelle di Trani sono difficili a realizzarsi, che le “campagne elettorali” (altra pessima espressione, spero che sia l’ultima in questa relazione) si combattono da tempo senza esclusioni di colpi e con forme sgradevoli e poco dignitose.


Il confronto, serrato ma intellettualmente onesto, che ha preceduto la decisione della Consulta, mi induce a ritenere, ancora una volta, che la lista unica non sia espressione di un metodo “bulgaro”, come qualcuno ironizza, ma il frutto del fondamento e dell’attualità dei principi che da circa 20 anni ci siamo dati per eleggere il Consiglio dell’Ordine, improntati innanzitutto alla competenza ed onestà dei designati, alla rappresentanza delle diverse realtà locali e delle diverse specifiche competenze, oltre che alla turnazione, e che le poche deroghe che eccezionalmente sono state attuate sono state sempre ampiamente giustificate.


Vi abbraccio e spero di salutarvi numerosi a Roma, ricordandovi che, proprio per ottenere la più ampia partecipazione alla conferenza, l’OUA ha deciso di tagliare notevolmente i costi di partecipazione (riducendoli dai 290,00 euro della conferenza del 2009 ai 230,00 attuali e estendendo la quota ridotta di € 100,00, prevista per gli avvocati giovani, a tutti coloro che non abbiano superato il 40° anno di età). Sono certo che il Consiglio non mancherà di sostenere economicamente e logisticamente i colleghi, soprattutto più giovani, che vorranno partecipare.


Con affetto.


Avv. Domenico Monterisi