D.l. 98/2011, convertito in l. 111/2011:
novità e questioni in materia di contributo unificato.
di Giulio Bruno


Com’è noto, il d.l. n. 98 del 6.7.2011, pubblicato lo stesso giorno sulla Gazzetta Ufficiale (e da quel giorno pienamente efficace, ex art. 41) e convertito, con alcune modifiche, in l. 111 del 15.7.2011 (G. U. 16.7.2011) ha, tra l’altro, innovato la disciplina del contributo unificato dettata dal T. U. 115/2002.


E’ anche noto che le più importanti novità consistono nella eliminazione della esenzione – dal pagamento di detto tributo – di cui godevano le controversie individuali di lavoro, i giudizi in materia di previdenza ed assistenza obbligatorie e le cause di separazione personale dei coniugi e di divorzio, consensuali e giudiziali. L’assoggettamento a contributo unificato discende, per le cause di lavoro e previdenza, dal comma 1 bis aggiunto all’art. 9 T.U. 115  e  l’importo del contributo stesso è determinato dai riformulati lett. a) dell’art. 13 e comma 3 dello stesso art. 13 in euro 37 (previdenza e assistenza obbligatorie) e nella metà dell’importo previsto dalla tabella per scaglioni di valore della causa di cui al comma 1 dell’art. 13 (lavoro). Per tali categorie di cause, a norma del riferito comma 1 bis dell’art. 9, il contributo è peraltro dovuto soltanto se la parte è  “titolare di un reddito imponibile ai fini dell’imposta personale sul reddito, risultante dall’ultima dichiarazione, superiore a tre volte l’importo previsto dall’articolo 76 … ”, cioè superiore a  euro 31.884,48. In 37 e 85 euro sono, invece, fissati gli importi del contributo unificato dovuti, rispettivamente, per le separazioni e i divorzi consensuali (37 euro – nuova lett. a del comma 1 dell’art. 13) e le separazioni e divorzi giudiziali (85 – nuova lett. b del comma1 dell’art. 13).


Ulteriore esenzione venuta meno è quella che riguardava i procedimenti di esecuzione in forma specifica. Sono state, infatti, eliminate, dal testo dell’art. 10 (la cui rubrica è intitolata “esenzioni”), comma 1 del T. U. 115, le parole “il processo esecutivo per consegna e rilascio”. Per detti procedimenti, che sono ora ricompresi ne “gli altri processi esecutivi” di cui al 2° periodo del comma 2 dell’art. 13 T.U.115,  l’importo del contributo unificato è fissato in euro 121 (metà del contributo dovuto per i processi di esecuzione immobiliare).


La riforma introduce naturalmente un aumento di tutti gli importi del contributo unificato precedentemente fissati: nella tabella che segue sono indicati i nuovi importi per gli scaglioni previsti dall’art. 13, 1° comma del T.U. 115/2002:





























scaglione


euro


a. valore fino ad euro 1.100,00


37,00


b. valore superiore ad euro 1.100,00 e fino ad euro 5.200,00  


85,00


c. valore superiore ad euro 5.200,00 e fino ad euro 26.000,00
    e per i processi contenziosi di valore indeterminabile di competenza esclusiva del giudice di pace  


206,00


d. valore superiore ad euro 26.000,00 e fino ad euro 52.000,00
    e per i processi civili e amministrativi di valore indeterminabile


450,00


e. valore superiore ad euro 52.000,00 e fino ad euro 260.000,00


660,00


f.  valore superiore ad euro 260.000,00 e fino ad euro 520.000,00  


1.056,00


g. valore superiore ad euro 520.000,00


1.466,00


A norma del nuovo comma 2 dell’art. 13, invece, “per i processi di esecuzione immobiliare il contributo dovuto è pari a euro 242” (prima del d.l. 98 era di 220); “per gli altri processi esecutivi lo stesso importo è ridotto della metà (come si è visto sopra); per i processi esecutivi mobiliari di valore inferiore a 2.500 euro il contributo dovuto è pari a euro 37” (prima era di euro 30), mentre “per i processi di opposizione agli atti esecutivi il contributo dovuto è pari a euro 146” (prima: 132).


L‘importo dovuto per la procedura fallimentare, “che è la procedura dalla sentenza dichiarativa di fallimento alla chiusura” (comma 5 dell’art. 13) aumenta da 672 a 740 euro.


Novità assoluta, sulla quale sarà utile soffermarsi successivamente, è l’introduzione di una sanzione, pari alla metà del contributo unificato dovuto, a carico del difensore e della parte che omettano di comunicare, all’avvio del procedimento, alcuni dati che li riguardano.


Di scarso interesse per gli operatori della giustizia ordinaria sono l’introduzione del contributo unificato per il processo tributario (i cui importi sono specificati dal nuovo comma 6 quater dell’art. 13) e l’aumento del contributo stesso per i processi dinanzi al giudice amministrativo.


Premessa questa breve analisi delle novità introdotte, in materia di contributo unificato, dal d. l. 98/2011, convertito in l. 111/2011,  è opportuno soffermarsi su alcune questioni che sono sorte in fase di primissima applicazione della nuova disciplina.


1) E’ sorto il dubbio se il riferimento, contenuto nel comma 1 bis dell’art. 9, all’”importo (del reddito imponibile) previsto dall’art. 76” del T.U. 115/2002 comporti la valorizzazione del reddito familiare dell’ammesso al gratuito patrocinio previsto, in materia di patrocinio a spese dello Stato, dall’art. 76, c. 2, che integra la regola-base, contenuta nel 1° comma dell’articolo stesso. La formulazione della disposizione contenuta nel comma 1 bis – con riferimento secco al reddito imponibile, ai fini dell’imposta personale sul reddito, di cui sono titolari le parti – e la distinta ratio della normativa in materia di gratuito patrocinio, rispetto alla nuova disposizione sul contributo unificato contenuta nel comma 1 bis dell’art. 9, inducono a ritenere che il parametro di riferimento per l’assoggettamento, al contributo unificato, dei processi per controversie individuali di lavoro e per quelle di previdenza e assistenza obbligatorie, sia il reddito esclusivo della persona che è parte in uno di tali giudizi.  


2) Le opposizioni a decreto ingiuntivo presentate, in materia di lavoro e previdenza, da enti pubblici (INPS, ad esempio) continuano, a mio avviso, ad essere esenti dal contributo unificato e, quindi, a non dover essere prenotati a debito (la prenotazione a debito può essere considerata una particolare modalità di riscossione del tributo e non un’esenzione o un trattamento sostitutivo), atteso che i relativi procedimenti sono soggetti alla regola generale contenuta nel 1° comma dell’articolo unico della l. n. 319/1958 e sono insensibili, allo stato della vigente normativaalla eccezione introdotta con il nuovo comma 1 bis dell’art. 9: non è predicabile, infatti, per gli enti pubblici, la “titolarità di un reddito imponibile ai fini dell’imposta personale sul reddito, criterio che, parametrato in concreto al triplo dell’importo di cui  all’art. 76 T.U. 115, costituisce la linea di demarcazione tra i procedimenti in materia di lavoro e di previdenza e assistenza obbligatorie soggetti al contributo unificato e i procedimenti, appartenenti ad una di tali categorie,  non soggetti al tributo in discorso.


3) L’esenzione di cui al c. 2 dell’articolo unico della l. 319/1958 – riguardante “gli atti e i documenti relativi alla esecuzione sia immobiliare che mobiliare delle sentenze ed ordinanze emesse negli stessi giudizi, nonché quelli riferentisi a recupero dei crediti per prestazioni di lavoro nelle procedure di fallimento, di con­cordato preventivo e di liquidazione coatta amministrativa” – ha le stesse caratteristiche, quanto all’ambito di afferenza dell’esenzione stessa, e, quindi, la stessa disciplina della esenzione delineata dal comma 1 bis dell’art. 9 per le controversie individuali di lavoro e quelle di previdenza e assistenza obbligatorie. Infatti, come si è visto, il comma 2 del riferito articolo unico dalla l. 319/1958 prevede tuttora che gli atti e i documenti relativi ai procedimenti indicati “sono allo stesso modo esenti”: esenti secondo le stesse regole che disciplinano l’esenzione delle cause (controversie individuali di lavoro e controversie di previdenza e assistenza obbligatorie) di cui al 1° comma dell’articolo unico citato, comma che, novellato dal d. l. 98/2011, pone, alla regola generale (fissata dall’articolo unico in discorso) della esenzione da ogni tributo e da ogni prestazione patrimoniale extratributaria, l’eccezione (“fatto salvo quanto previsto dall’art. 9, comma 1-bis, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115”)  dell’assoggettamento al contributo unificato per le ipotesi in cui le parti abbiano un reddito superiore al triplo del’importo previsto dall’art. 76 T.U. 115. Tra i procedimenti esenti allo stesso modo di quelli previsti dal 1° comma dell’articolo unico in discorso, rientrano i procedimenti di opposizione allo stato passivo promossi dal lavoratore per il recupero dei crediti vantati.


4) L’art. 30 del T.U. 115/2002 prevede che i diritti, le indennità di trasferta e le spese di spedizione per la notificazione eseguita su richiesta del funzionario addetto all’ufficio,  dovuti in modo forfettizzato nella misura di euro 8, non devono essere anticipati (“La parte … anticipa … eccetto che nei processi”), dalla “parte che per prima si costituisce in giudizio, che deposita il ricorso introduttivo, ovvero che, nei processi esecutivi di espropriazione forzata, fa istanza per l’assegnazione o la vendita di beni pignorati”, nei processi previsti dall’articolo unico della legge 2 aprile 1958, n. 319, e successive modificazioni, e in quelli in cui si applica lo stesso articolo. Il 1° comma dell’articolo unico predetto è stato integrato dal decreto 98/2011 con la previsione finale per la quale, alla regola dell’esenzione dall’imposta di bollo, di registro e da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura,  fa eccezione (“fatto salvo quanto previsto … “) il positivo assoggettamento al contributo unificato. Detto ultimo tributo ha sostituito l’imposta di bollo, la tassa di iscrizione a ruolo, i diritti di cancelleria e i diritti di chiamata in causa dell’ufficiale giudiziario. L’art. 30 consacra normativamente una considerazione separata dei diritti ivi previsti (“dimenticati”, in precedenza, dal provvedimento legislativo che, nel 1999, aveva introdotto, per la prima volta nell’ordinamento, il contributo unificato). Appare evidente, a mio avviso, la attuale piena vigenza dell’art. 30 in discorso, non modificato dal decreto 98 e in armonia con il dettato del nuovo articolo unico della legge 319/1958. Quest’ultimo articolo, con una tecnica inversa a quella utilizzata nella formulazione dell’art. 30 T.U. 115/2002, pone ora un’unica eccezione, costituita dall’obbligo del pagamento del contributo unificato (giova tener presente che le norme impositive e le norme di esenzione sono di stretta interpretazione), alla regola generale e onnicomprensiva dell’esenzione da ogni tributo, spesa, diritto di qualsiasi specie e natura. Le controversie individuali di lavoro e di previdenza e assistenza obbligatorie restano pertanto esenti dal pagamento della somma prevista dall’art. 30 T.U. 115. L’esenzione prevista dall’articolo unico della l. 319/1958 continua a spiegare i suoi effetti anche con riguardo ai diritti  di copia e di certificazione (che costituiscono, almeno i primi, prestazioni patrimoniali extratributarie), dai quali restano pertanto esenti i processi per le appena citate controversie individuali di lavoro e di previdenza e assistenza obbligatorie.  


5) L’introduzione del contributo unificato per le cause di separazione e divorzio lascia invariato il trattamento di ulteriori situazioni ed attività riferibili ai relativi procedimenti. All’obbligo del pagamento del contributo unificato si correla, in particolare, l’obbligo dell’anticipazione forfettaria prevista dall’art. 30 T.U. 115: il tenore della norma-base di esenzione che vige per tali cause (art. 19 l. n. 74 del 6.3.1987, estesa dalla sentenza della Corte Cost. n. 154 del 1999 ai procedimenti di separazione personale dei coniugi) non appare tale da ipotizzare l’insussistenza dell’obbligo del versamento della somma in argomento, che, quindi, va corrisposta unitamente al contributo unificato.


6) In ordine alla esenzione, prevista dall’art. 19 l. n. 74 del 1987, da ogni tributo per i procedimenti di scioglimento del matrimonio e di cessazione degli effetti civili del matrimonio (esenzione estesa anche ai procedimenti di separazione personale dei coniugi dalla sentenza della C. Cost. n. 154/1999), per quanto il testo del predetto art. 19 e quello delle riformulate disposizioni del T.U. 115/2002 non offrano argomenti di interpretazione letterale sui quali fondare con certezza l’eliminazione della esenzione dal contributo unificato anche (“nonché”) per i “procedimenti anche esecutivi e cautelari diretti a ottenere la corresponsione o la revisione degli assegni di cui agli artt. 5 e 6 della l. n. 898/1970” (art. 19 della riferita l. n. 74/1987), deve rilevarsi che, in linea di primo approccio, l’interpretazione logico-sistematica può condurre a ritenere che l’introduzione del contributo unificato per le cause di separazione e divorzio travolga l’esenzione dei procedimenti che in dette cause trovano titolo. Va, tuttavia, osservato che gli artt. 5 e 6 della legge n. 898/1970 disciplinano, per quel che rileva in questa sede, gli assegni al coniuge – l’art. 5 – e gli assegni ai figli – l’art. 6. Ora, l’art. 10, c. 2 T.U. 115/2002 prevede che “non è soggetto al contributo unificato il processo, anche esecutivo, di opposizione e cautelare, in materia di assegni per il mantenimento della prole, e quello comunque riguardante la stessa”. Disposizione che, invero, appare parzialmente sovrapponibile con l’esenzione prevista con il detto riferimento all’art. 6 della l. 898/1970 e in ordine alla quale il Ministero della Giustizia, con circolare n. 5 del 31.7.2002, ha peraltro precisato che “stante l’ampia dizione della legge (comma 2 dell’art. 10 T.U. 115), deve ritenersi che l’esenzione riguardi tutti i procedimenti “comunque” relativi alla prole intesa come persone minori d’età indipendentemente dal diverso giudice competente. Sono compresi, pertanto, anche i procedimenti di competenza del giudice tutelare”. Cessano, dunque, le esenzioni di cui all’art. 19 della l. 898/1970, fermo restando quanto previsto in termini di esenzione, con riguardo ai procedimenti in cui è interessata la prole, dall’art. 10, c. 2 T.U. 115/2002.


 7) Costituisce una novità assoluta la norma introdotta con il comma 3 bis aggiunto al’art. 13 T.U. 115, in forza del quale “ ove il difensore non indichi il proprio  indirizzo  di posta elettronica certificata e il proprio numero  di  fax  ai  sensi degli articoli 125, primo comma, del codice di procedura civile e 16, comma 1-bis, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, ovvero qualora la parte ometta  di  indicare  il  codice  fiscale  nell’atto introduttivo del giudizio o, per il processo tributario, nel  ricorso, il contributo unificato e’ aumentato della metà “. L’obbligo è posto a carico della parte che corrisponde il contributo unificato ed è verificato, ed eventualmente sanzionato, in riferimento all’atto introduttivo del giudizio (citazione, ricorso, comparsa e, per le esecuzioni immobiliari e mobiliari, istanza per l’assegnazione o la vendita). L’eventuale omissione di uno dei predetti dati è sanzionata con l’aumento del 50 % del contributo unificato previsto per il procedimento interessato e lascia indenne l’altra parte. Appare condivisibile, in merito, la “direttiva”, adottata dal tribunale di Torino, che ritiene conforme alla norma in esame che codici fiscali (del difensore e della parte assistita), indirizzo di Pec e numero di fax siano indicati anche attraverso il semplice utilizzo del timbro, o, per i primi tempi, nella nota di iscrizione a ruolo o in dichiarazione separata (informazione tratta dal sito dell’Ordine degli Avvocati di Torino – www.ordineavvocatitorino.it). Appare utile riportare alcune brevi osservazioni, in ordine alla prevista nuova sanzione, pubblicate sul sito www.ordineavvocati.catanzaro.it: “L’approssimazione della norma citata e la sua effettiva portata – introdurre una sia pur virtuale fonte di guadagno per le casse statali – si riscontrano nel differente regime a cui viene sottoposto l’obbligo di cui sopra. Esso, in definitiva, viene imposto alla parte che corrisponde il contributo unificato, sanzionandone l’omissione, ma lascia esente l’altra parte che, evidentemente, di quella sanzione non potrebbe, nella maggior parte dei casi, risentire. Ad entrambi deve però ritenersi esteso l’obbligo di comunicazione dell’indirizzo di p.e.c. altrimenti determinante l’automatica elezione di domicilio presso la cancelleria per le comunicazioni endo-processuali. E’ la conclusione obbligatoria suggerita dalla testuale lettura del disposto del codice procedurale richiamato nella parte in cui la disposizione in esame rinvia all’art. 125 c.p.c., attinente al contenuto obbligatorio degli atti di parte, coordinabile con la sezione della stessa norma riferita all’indicazione del codice fiscale. La conclusione viene consentita dalla disamina del solo dato letterale dell’articolo sopracitato che sembra rivelatrice del tentativo del redattore del decreto, di introdurre nel codice una nuova componente dell’atto di parte, integrandola, per l’appunto, con l’obbligatoria indicazione dell’indirizzo di p.e.c., del numero di fax e del codice fiscale della parte, invero non comprese nelle voci del richiamato art. 125 e suscettibili, semmai, di essere inserite solo per espresso disposto di Legge, con apposita modifica codicistica anziché con la decretazione d’urgenza”.


8) Con la soppressione delle parole  “il processo esecutivo e per rilascio”  dal testo del comma 1 dell’art. 10 (“esenzioni”), anche tale tipo di processo è ora assoggettato a contributo unificato e, quanto all’importo dovuto, rientra nell’ambito di applicazione del nuovo comma 2, secondo periodo dell’art. 13 T.U. 115 (“per gli altri processi esecutivi lo stesso importo – euro 242 – è ridotto alla metà”): il contributo dovuto è pertanto di euro 121. Non è agevole però comprendere come debba operare il meccanismo di applicazione del tributo, atteso che, per tale genere di procedimenti, l’intervento del giudice è soltanto eventuale; l’attività indefettibile è, infatti, quella dell’ufficiale giudiziario, organo esecutivo. Forse è opportuno ripercorrere brevemente il percorso storico del trattamento tributario dei procedimenti per consegna e rilascio. La legge n. 488/1999 aveva previsto, all’art. 5 della tabella 1, l’assoggettamento di tali procedimenti a contributo unificato. Il d.l. 11.3.2002, n. 28, al comma 10 dell’art. 1, sancì  “l’esplicita esenzione per i procedimenti esecutivi di rilascio e consegna (artt. 605 c.p.c. e ss.) in quanto nel corso degli stessi l’intervento del giudice è solo eventuale” (così, testualmente, la circolare del Min. G. n. 2 del 13.3.2002). Identico concetto fu espresso anche dalla relazione illustrativa  al T.U. 115/2002; in precedenza, all’epoca dell’emanazione della l. 488/1999, l’Organismo Unitario degli Avvocati, con documento del 20.6.2000, aveva sostenuto l’inapplicabilità dell’art. 9 l. 488/1999 ai procedimenti in esame, attesa la non imprescindibilità dell’“apertura di un procedimento da iscrivere a ruolo”. I predetti dati storici, insieme alla considerazione che nessuna particolare disposizione, per le ipotesi in cui manchi l’intervento del giudice, è stata dettata dal d.l. 98 e alla circostanza che il contributo unificato resta pur sempre tecnicamente collegato all’esplicazione di attività giurisdizionale, portano a ritenere che soltanto in caso di intervento del giudice nella procedura esecutiva de quo sorgerà l’obbligo del pagamento del contributo unificato. E questo potrà accadere in applicazione dell’art. 610 c.p.c. (“provvedimenti temporanei”), che così recita: “Se nel corso dell’esecuzione sorgono difficoltà che non ammettono dilazione, ciascuna parte può chiedere al giudice dell’esecuzione, anche verbalmente, i provvedimenti  temporanei occorrenti”. L’ipotesi in esame resta, a mio avviso, comunque problematica (anche atteso che la richiesta dl giudice può essere formulata solo verbalmente) e meriterebbe, probabilmente, qualche chiarimento da parte dell’Amministrazione centrale.


Dott. Giulio Bruno
Direttore Cancellerie Tribunale di Trani