Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza 5 – 25 luglio 2011, n. 16173
Presidente Vittoria – Relatore Goldoni

Svolgimento del processo


Con decisione in data 25.2/25.10.2010, il CNF ha respinto l’appello dell’avv. S.R. avverso la decisione del COA di Roma con cui gli era stata inflitta la sanzione disciplinare della cancellazione dall’Albo, siccome ritenuto colpevole di aver sistematicamente adottato il metodo di iscrivere di volta in volta al R. G. delle cause civili presso il Giudice di pace di Roma, sin dal settembre 1988 e fino al 2003, a breve distanza di tempo, la medesima causa, prevalentemente mediante la leggera alterazione dei cognomi delle parti, ma in alcuni casi anche reiterandoli correttamente, così indebitamente determinando l’automatica assegnazione della medesima controversia a giudici diversi e la conseguente possibilità di scegliere il giudice stesso in aperta, sistematica, grave violazione dei doveri di correttezza, lealtà e probità cui deve ispirarsi la professione forense.
Onde commettere i fatti suddetti, necessariamente l’incolpato depositata al registro generale, con il fascicolo di causa, atti di citazione. corredati da mandati alle liti autenticati recanti nominativi diversi da quelli di volta in volta dichiarati ovvero alterati rispetto all’originale rilascio, ovvero apocrifi.
Osservava quel collegio che l’incolpato aveva sostanzialmente ammesso gli addebiti ascrittigli e che la giustificazione fornita (l’aver agito a tutela degli interessi dei propri assistiti, evitando loro le valutazioni di giudici ritenuti meno benevoli di altri nell’applicazione dei criteri di valutazione del danno) non poteva essere presa in considerazione, in quanto l’interesse del cliente deve essere perseguito con mezzi leciti.
Le doglianze afferenti alle lamentate lacune istruttorie poi non avevano pregio a fronte del riconoscimento della commissione dell’illecito; era da considerarsi poi superflua l’indicazione della norma deontologica violata a fronte della dettagliata specificazione del comportamento posto a base dell’incolpazione, di violazione dei principi generali di probità, correttezza e lealtà che regolano l’attività forense, cosa questa che aveva permesso una completa esplicazione del diritto di difesa.
Per la cassazione di tale sentenza ricorre, sulla base di due motivi. l ‘avv. R.; gli intimati non hanno svolto attività difensiva.


Motivi della decisione


Con il primo motivo si lamenta nullità del procedimento e violazione di legge per carenza di motivazione su punti decisivi della controversia; ci si duole del fatto che il procedimento sia pervenuto a dibattimento senza che fosse portata a termine l’istruttoria deliberata dal Consigliere istruttore.
I n particolare, si lamenta la mancanza agli atti delle copie dei fascicoli e di qualsiasi notizia relativa allo svo1gimento dei giudizi ed all’esito degli stessi.
Sarebbe poi omessa la motivazione circa la valutazione del comportamento del R., che aveva ammesso i fatti.
Mancherebbe altresì la prova di danni provocati a terzi, sicchè si prospetta l’ipotesi del “tentativo”.
Il mezzo non ha pregio; l’effettuazione di una istruttoria, a fronte della complete ammissioni dell’incolpato sarebbe risultata superflua ed ultronea, non necessitando elementi di prova ulteriori per accertare i fatti ascritti al R.
Non può, nella presente fattispecie, spiegare rilievo alcuno l’avvenuta ammissione dei fatti da parte dell’incolpato e ciò in ragione della natura documentale degli addebiti mossi, che trovavano quindi pieno riscontro cartaceo.
Ciò che è stato sanzionato è il compimento del comportamento ascritto al R., non le conseguenze di esso, che ove accertate come produttive di danno, avrebbero costituito altra fonte di responsabilità disciplinare.
Appare poi del tutto incongruo ed inconferente l’accenno all’ipotesi delittuosa del tentativo, del tutto avulsa dalla tematica che ne occupa.
Il primo motivo deve essere pertanto respinto.
Con il secondo mezzo si lamenta mancata ragionevolezza dell’iter logico della motivazione; ci si duole in particolare, in ragione degli elementi già posti in luce a proposito del primo mezzo, della mancanza di un riscontro probatorio adeguato e dell’applicazione di una sanzione ritenuta esagerata, come aveva rilevato anche il P.G. nel giudizio intercorso di fronte al CNF.
Per quanto riguarda l’aspetto istruttorio, ci si deve necessariamente riportare alle considerazioni già svolte con riguardo al mezzo testè esaminato.
Relativamente alla misura della sanzione irrogata, che è la più grave, può rilevarsi che la condotta posta in essere dall’incolpato è risultata particolarmente callida e tale da portare discredito alla Giustizia nel suo complesso, con sistematica (si tratta di oltre cento episodi intercorsi) violazione dei doveri di probità, lealtà e correttezza che dovrebbero informare di se la professione forense.
In ragione di tanto, la sanzione irrogata appare congrua e commisurata alla gravità dell’illecito perpetrato.
Il ricorso non può pertanto trovare accoglimento; è appena il caso di aggiungere che la richiesta di sospensione dell’esecuzione della decisione impugnata, atteso l’esito del presente giudizio, risulta assorbita.
Non v’ha luogo a provvedere sulle spese.


PQM


la Corte rigetta il ricorso.