Trib. Trani, Sez. lav., 01/04/2011, n. 2158
Massima:
“L’occasione di lavoro che, a norma dell’art. 2 d.p.r. n. 1124 del 1965, condiziona l’indennizzabilità dell’infortunio, è ravvisabile nelle ipotesi di rischio specifico proprio della prestazione di lavoro, ma anche quando si concretizza in un rischio c.d. improprio, il quale, cioè, seppur non intrinsecamente connesso alo svolgimento tipico del lavoro del dipendente, sia comunque insito in un’attività prodromica o strumentale allo svolgimento delle mansioni; in particolare, l’occasione di lavoro è configurabile in ogni caso di incidente occorso al lavoratore durante gli spostamenti spaziali – interni o esterni al luogo di lavoro – che siano funzionali allo svolgimento della prestazione lavorativa, con l’unico limite del rischio elettivo”.
Testo Integrale:
Sent. n. 2158/11
R.G. 5529/10
Cron.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Giudice del Tribunale di Trani, Maria Antonietta La Notte Chirone, in funzione di Giudice del Lavoro, all’udienza del 1.04.2011 tenuta a Trani, ha emesso la seguente
SENTENZA
nella presente controversia in materia di previdenza e assistenza obbligatoria
TRA
XXXXXXXXXX, rappr. e dif. dall’avv. YYYYYYYYYY;- PARTE RICORRENTE –
E
I.N.A.I.L., rappr. e dif. dall’avv. JJJJJJJJJJJJJJJ – PARTE RESISTENTE –
CONCLUSIONI: come da scritti difensivi e deduzioni nei verbali di udienza.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato in data 14.10.2010 la parte ricorrente in epigrafe conveniva in giudizio dinanzi a questo giudice l’I.N.A.I.L., in persona del suo, legale rappresentante pro tempore, al fine di ottenere l’accertamento dei postumi invalidanti seguiti all’infortunio del 15.1.2010 in misura non inferiore a quella del 2%, con la conseguente condanna del convenuto all’erogazione in proprio favore dell’indennizzo del danno biologico nella misura e con le decorrenze previste dalla legge; con vittoria di spese processuali, da distrarre.
Esponeva il ricorrente di aver subito infortunio sul lavoro a causa della tipologia delle mansioni espletate; di aver esperito i rimedi amministrativi, senza esito positivo.
Si costituiva in giudizio l’I.N.A.I.L., chiedendo il rigetto del ricorso perché infondato, non sussistendo un’inabilità tale da giustificare l’erogazione delle provvidenze economiche richieste.
In corso di causa veniva disposta ed espletata C.T.U. medico-legale. All’odierna udienza la causa veniva decisa come da sentenza.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è infondato e, pertanto, va rigettato.
Preliminarmente occorre evidenziare che l’occasione di lavoro – che, a norma dell’art. 2 d.p.r. n. 1124 del 11965, condiziona l’indennizzabilità dell’infortunio — è ravvisabile non solo nelle ipotesi di rischio specifico proprio della prestazione di lavoro, ma anche quando si concretizza in un rischio c.d. improprio, il quale, cioè, seppur non intrinsecamente connesso
allo svolgimento tipico del lavoro del dipendente, sia comunque insito in un’attività prodromica o strumentale allo svolgimento delle mansioni; in particolare, l’occasione di lavoro è configurabile in ogni caso di incidente occorso al lavoratore durante gli spostamenti spaziali — interni o esterni al luogo di lavoro – che siano funzionali allo svolgimento della prestazione lavorativa, con l’unico limite del rischio (Cass., sez. lav., 13-04-2002, n. 5354; ma vd. anche Cass., sez. lav., 11-02-2002, n. 1944).
In tal senso, non rileva affatto l’eventuale carattere meramente occasionale di detto rischio, atteso che è estraneo alla nozione legislativa di occasione di lavoro il carattere di normalità o tipicità del rischio protetto, rilevando tutte le condizioni, comprese quelle ambientali e socio—economiche, in cui l’attività lavorativa si svolge e nelle quali è insito un rischio di danno per il lavoratore, indipendentemente dal fatto che tale danno provenga dall’apparato produttivo o dipenda da terzi o da fatti e situazioni proprie del lavoratore, col solo limite, in quest’ultimo caso, del c.d. rischio elettivo, ossia derivante da una scelta volontaria del lavoratore diretta a soddisfare esigenze personali (Cass. sez. lav., 27-02-2002, n. 2942).
Nel caso di specie, essendo occorso l’infortunio in data 15.1.2010, trova applicazione la disciplina di cui al d.lgs.n.38/2000, che prevede 1’ indennizzo per i danni sofferti in conseguenza di infortuni sul lavoro e di malattie professionali verificatisi o denunciate a decorrere dal 25.7.2000. Ai sensi del predetto d.lgs. n.38/2000 l’indennizzo del danno biologico viene erogato sotto forma di capitale per gradi d’invalidità pari o superiori al 6% e inferiori al 16%, e in rendita a partire dal 16%.
Nel merito, questo giudicante ritiene che la dinamica degli eventi — così come descritti nel ricorso introduttivo del giudizio ed accertati in corso di causa — senz’altro consenta di
qualificare l’infortunio occorso come infortunio sul lavoro.
in ordine alla quantificazione del grado d’inabilità indennizzabile, il C.T.U. medico – Legale ha tuttavia accertato che l’istante ha riportato postumi per la misura del 5%, percentuale che non consente di poter accogliere la domanda.
Questo giudice ritiene condivisibili le valutazioni espresse dal C.T.U., fondate sull’esame anamnestico delle condizioni di salute della parte ricorrente ed immuni da vizi logici o da contraddizioni.
Il ricorso, pertanto, va rigettato.
Le spese processuali — in considerazione della qualità delle parti e dell’oggetto del giudizio vanno compensate. Le spese di CTU vanno poste definitivamente a carico della parte
resistente.
P.Q.M.
Pronunciando sul ricorso del 15.10.2010, disattesa ogni diversa istanza, deduzione ed eccezione cosi. definitivamente provvede
– rigetta la domanda,
– compensa le spese di lite,
– pone le spese di CTU definitivamente a carico della parte resistente.
TRANI, 1.4.2011
Il Giudice del Lavoro
Maria Antonietta La Notte Chirone)
Depositata all’udienza del 1.4.2011
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Trib. Trani, Sez. lav., 01/04/2011, n. 2158 – “L’OCCASIONE DI LAVORO ED IL RISCHIO SPECIFICO IMPROPRIO: GLI SPOSTAMENTI SPAZIALI INTERNI O ESTERNI AL LUOGO DI LAVORO” – Antonio DE SIMONE
Massima
“L’occasione di lavoro che, a norma dell’art. 2 d.p.r. n. 1124 del 1965, condiziona l’indennizzabilità dell’infortunio, è ravvisabile nelle ipotesi di rischio specifico proprio della prestazione di lavoro, ma anche quando si concretizza in un rischio c.d. improprio, il quale, cioè, seppur non intrinsecamente connesso alo svolgimento tipico del lavoro del dipendente, sia comunque insito in un’attività prodromica o strumentale allo svolgimento delle mansioni; in particolare, l’occasione di lavoro è configurabile in ogni caso di incidente occorso al lavoratore durante gli spostamenti spaziali – interni o esterni al luogo di lavoro – che siano funzionali allo svolgimento della prestazione lavorativa, con l’unico limite del rischio elettivo”.
Nota di commento
Il Tribunale di Trani, con la sentenza in commento, fa corretta applicazione della nozione di “occasione di lavoro” così come individuata dall’elaborazione giurisprudenziale, ormai consolidata, che, in proposito, fa riferimento al concetto di “rischio improprio”.
Al riguardo, è utile rammentare che l’occasione di lavoro è quell’elemento che, unitamente ai requisiti della lesione e della causa violenta, concorre a costituire la figura giuridica dell’infortunio sul lavoro (indennizzabile).
Fondamentale resta ancor oggi l’indagine compiuta dall’insigne autore Carnelutti il quale, nel distinguere il nesso esistente tra lavoro e rischio e quello tra lavoro e infortunio, affermava che il lavoro dà occasione all’infortunio, cioè che l’infortunio avviene in occasione di lavoro, ogniqualvolta il lavoro determina il rischio del quale fu conseguenza l’infortunio . In sostanza, il vincolo che può esistere tra lavoro ed infortunio è costituito dal rischio il quale, generato direttamente dal lavoro, rende possibile l’attuazione di quel quid come causa efficiente di infortunio. Ne consegue che il lavoro è vera e propria causa del rischio, ma soltanto causa occasionale dell’infortunio, e non causa efficiente o esclusiva, sicchè la causalità efficiente e, cioè, il determinismo dell’infortunio, è costituita nel suo complesso dalle varie componenti causali dell’evento, che l’azione della causa occasionale attualizza e professionalizza. Tali componenti causali sono, secondo la normativa in vigore, non solo il fortuito, la forza maggiore, il fatto del terzo, ma anche la colpa dell’assicurato, la colpa e il dolo dell’assicurante .
Anche la Cassazione ha identificato, nei suoi numerosissimi pronunciamenti, l’elemento costitutivo dell’infortunio indennizzabile nell’occasione di lavoro, affermando, in linea con i principi espressi dalla prevalente dottrina, che questa si realizza tutte le volte che lo svolgimento di un’attività lavorativa, pur non essendo la causa, costituisca l’occasione dell’infortunio e, cioè, abbia determinato l’esposizione del soggetto protetto al rischio di esso, dando così luogo ad un nesso eziologico, anche se mediato ed indiretto .
Va ricordato, infatti, che l’originario indirizzo giurisprudenziale dei giudici di legittimità, di chiara ispirazione carneluttiana, propugnando una lettura restrittiva del requisito dell’occasione di lavoro, riteneva che, ai fini della qualificazione professionale dell’infortunio, non rilevasse un rapporto di mera coincidenza cronologica o topografica, e cioè un rapporto di tempo o di luogo, e che, quindi, non bastasse che l’infortunio fosse avvenuto in costanza di lavoro, ossia in ambiente ed in orario di lavoro; occorreva, invece, un vero e proprio rapporto eziologico tra l’attività lavorativa ed il sinistro in modo da potersi ritenere l’infortunio evenienza tipica dell’attività lavorativa nel suo svolgimento .
In tale ottica, si osservava in dottrina che risarcibile non è l’infortunio occorso al prestatore d’opera “mentre” o “dove” lavora, bensì quello che lo colpisce “perché” lavora: le modalità di tempo e di luogo possono avere tutt’al più un valore indiziario, ma non sono mai decisive .
Chiarito, quindi, che viene qualificato infortunio sul lavoro l’evento che si verifica non in presenza di un rischio generico (ovvero gravante nell’identico modo su qualsiasi cittadino, lavoratore e non lavoratore), bensì soltanto in presenza di un rischio specifico, ossia gravante sul lavoratore in ragione dell’espletamento della sua attività lavorativa, gli stessi giudici di legittimità, tornando ad occuparsi del nesso di causalità, si sono progressivamente orientati in senso più favorevole al lavoratore, riconoscendo che l’indennizzabilità dell’infortunio sul lavoro sussiste non solo nell’ipotesi di rischio “specifico proprio”, cioè attinente alle mansioni assegnate al lavoratore, ma anche nei casi di rischio specifico cosiddetto “improprio”, ossia non riconducibile ad un rischio “normale” della prestazione lavorativa, ma inerente ad un’attività accessoria, prodromica e necessariamente connessa e strumentale allo svolgimento delle anzidette mansioni tipiche . Si è osservato, infatti – e lo stesso Giudice tranese lo ha ricordato nella sentenza in commento – che a nulla rileva l’eventuale carattere di mera occasionalità di detto rischio, atteso che è estraneo alla nozione legislativa di occasione di lavoro il carattere della “normalità” o “tipicità” del rischio protetto .
In applicazione del principio surriferito, la Suprema Corte ha, ad esempio, tra le tante fattispecie di infortunio esaminate, ritenuto che l’attività di trasporto di un macchinario, utilizzato in cantiere e guastatosi, fino al luogo ove doveva essere riparato, costituisse attività strettamente connessa alla prestazione di lavoro manuale dell’artigiano e come tale soggetta alla tutela assicurativa contro gli infortuni . In una diversa fattispecie, la Cassazione, nell’evidenziare la condizione necessaria e sufficiente che la condotta dell’assicurato (quand’anche determinata da circostanze straordinarie) sia comunque inerente all’esecuzione del lavoro e posta in essere in connessione con lo svolgimento del medesimo, ha ammesso l’indennizzabilità dell’infortunio patito da un pastore a causa di un tamponamento subito dall’autovettura sulla quale lo stesso si trovava mentre custodiva il proprio gregge . Ancora nel solco del suddetto orientamento, sono state ritenute indennizzabili le seguenti fattispecie di infortunio: quello occorso ad un operaio che, varcando la soglia dell’ufficio per cercare le istruzioni per mettere in moto un trattore gommato che avrebbe dovuto riparare, scivolava urtando contro una vetrata e si infortunava ; quello occorso ad un vice direttore di albergo che aveva urtato violentemente il capo contro la porta semiaperta all’interno della stanza della direttrice dalla quale era stato chiamato mentre si trovava nel proprio ufficio ; quello subito da una operaia che, al termine del suo lavoro, indossando il cappotto, urtava accidentalmente contro la stufetta sita nei locali della portineria, cadendo e provocandosi lesioni ; quello occorso ad un agricoltore, infortunatosi nell’aprire il cancello di accesso al mercato ortofrutticolo ove era posto il sito di vendita dei prodotti da lui coltivati .
Parimenti, la S.C. ha ravvisato un’attività posta in essere dal lavoratore strettamente connessa alle proprie mansioni, con conseguente sussistenza del rischio specifico improprio, in una fattispecie relativa ad un autista che, durante l’orario di lavoro, aveva subito un investimento mortale mentre transitava a piedi sul piazzale della ditta per procurarsi un passaggio su altro veicolo della stessa onde raggiungere il proprio automezzo . E’ stata riconosciuta l’occasione di lavoro anche in una fattispecie di infortunio occorso ad una lavoratrice, con mansioni di cameriera presso un hotel, mentre si accingeva a timbrare il cartellino-orario e scivolava cadendo dalle scale di un seminterrato ; così come si ammessa l’indennizzabilità dell’infortunio (in itinere) occorso ad un artigiano istruttore di scuola guida in occasione del rientro in sede con il veicolo della scuola, dopo il riaccompagnamento a casa dell’allievo al termine della lezione, ritenendo “il riaccompagnamento a casa dell’allievo, dopo la lezione, attività strettamente collegata e connessa a quella dell’insegnamento della guida” .
Inoltre, il nesso di complementarietà ed accessorietà con la prestazione strettamente lavorativa è stato ravvisato in quelle attività destinate ad incidere sull’aggiornamento, sulla preparazione professionale e sulla formazione lavorativa dell’assicurato .
Facendo integrale applicazione dei principi dalla stessa enunciati, la Cassazione, nel caso di un infortunio occorso ad una infermiera ospedaliera, ha ritenuto annoverabile tra le attività accessorie o strumentali allo svolgimento della prestazione lavorativa – con conseguente indennizzabilità del predetto infortunio – anche l’esigenza di recarsi in bagno per lavarsi alla fine del turno, “corrispondendo, detta esigenza, ad una fondamentale norma igienica direttamente collegata al lavoro svolto dall’infortunata” .
Sennonchè, l’evoluzione giurisprudenziale sul concreto di occasione di lavoro non si arrestata, essendosi pian piano delineato, in seno alla giurisprudenza della Suprema Corte – accanto al più rigido indirizzo interpretativo testè richiamato – un nuovo filone ermeneutico decisamente estensivo, che, ribadendo l’indennizzabilità dell’infortunio anche nell’ipotesi di rischio improprio, ha attribuito alla nozione di “occasione di lavoro” una portata più ampia, in un’ottica di maggiore garanzia per il lavoratore, valorizzando il lavoro in sé e per sé considerato e, dunque, affermando la rilevanza di ogni esposizione a rischio per finalità lavorative, indipendentemente dalla presenza di specifici elementi e circostanze professionali idonee a determinare un aggravamento qualitativo e quantitativo del rischio stesso.
Nella medesima prospettiva, la dottrina più attenta ha meglio evidenziato che “è la necessarietà della condotta del soggetto e la sua riconducibilità ad esigenze e finalità lavoratore che qualifica in concreto il rischio affrontato giustificando, nel contempo, l’esistenza di una tutela speciale e privilegiata per il lavoratore comprensiva di tutte quelle situazioni di rischio che si pongono in rapporto finalistico necessario con l’esecuzione della prestazione lavorativa; ne consegue che – si è concluso – all’interno dell’occasione di lavoro, non abbia più senso parlare di rischio specifico, proprio o improprio, ovvero di rischio generico aggravato, in quanto l’unica distinzione utile è quella tra lavorativo, vale a dire occasionato dal lavoro e perciò solo tutelato e rischio comune, ossia estraneo al lavoro e, di conseguenza, non tutelato. In presenza, pertanto, del rapporto finalistico-strumentale tra la condotta del lavoratore e la prestazione lavorativa, diventa superfluo soffermarsi a considerare se esista un quid pluris che specifichi e aggravi il rischio. E’ il lavoro, considerato nell’insieme degli elementi di costrittività che lo connotano, quell’id pluris che qualifica il rischio rispetto a quello comune, rende necessitato il comportamento da parte del lavoratore e perciò solo giustifica l’applicazione della tutela” . Nel solco di tale interpretazione evolutiva, la Cassazione ha conseguentemente annoverato tra i fattori di rischio specifico anche le particolari condizioni socio-ambientali in cui la prestazione lavorativa viene espletata, arrivando ad enunciare il seguente principio: “Ai sensi del d.p.r. n. 1124 del 1965 per occasione di lavoro devono intendersi tutte le condizioni, comprese quelle ambientali, in cui l’attività produttiva si svolge e nelle quali è immanente il rischio di danno per il lavoratore, sia che tale danno provenga dallo stesso apparato produttivo, sia che dipenda da fatti o situazioni proprie e ineludibili del lavoratore (salvo il limite in questo ultimo caso del cosiddetto rischio elettivo) e pertanto qualsiasi situazione ricollegabile allo svolgimento dell’attività lavorativa in modo diretto o indiretto”.
In base al suddetto principio i giudici di legittimità hanno ritenuto avvenuto in occasione di lavoro e ricollegabile, in ultima analisi, a culpa lata imprenditoriale l’infortunio occorso ad una lavoratrice che, durante lo svolgimento dell’attività lavorativa, era caduta nel bagno dello stabilimento il cui pavimento risultava viscido e scivoloso a causa di un’anomala fuoriuscita di acqua dal termosifone rotto ivi istallato.
Detto filone giurisprudenziale è diventato via via sempre più consistente, per la molteplicità delle decisioni della Suprema Corte attestatesi su tale più avanzato insegnamento, propenso a riconoscere l’indennizzabilità dell’infortunio anche in assenza di un nesso eziologico e che, come è stato affermato in dottrina, adotta come criterio non tanto quello (un po’ approssimativo) del nesso crono-topografico, bensì il criterio che si potrebbe definire teleologico, caratterizzato dalla verifica dello scopo perseguito dal lavoratore con la sua condotta. Tornando alla pronuncia in commento emessa dal Tribunale di Trani, si può osservare come questa si inscrive chiaramente nel summenzionato e più recente indirizzo espansivo della Corte di Cassazione che è, con ogni evidenza, ispirato al favor dell’assicurato ed alla più completa attuazione dei diritti costituzionalmente garantiti. Detta sentenza, infatti, nel proprio impianto motivazionale, ribadisce che, ai fini della configurabilità dell’occasione di lavoro, “rilevano tutte le condizioni, comprese quelle ambientali e socio-economiche, in cui l’attività lavorativa si svolge e nelle quali è insito un rischio di danno per il lavoratore, indipendentemente dal fatto che tale danno provenga dall’apparato produttivo o dipenda da terzi o da fatti e situazioni proprie del lavoratore, col solo limite, in quest’ultimo caso, del c.d. rischio elettivo, ossia derivante da una scelta volontaria del lavoratore diretta a soddisfare esigenze personali”.
In particolare, il Giudice del lavoro tranese aderisce appieno alla giurisprudenza più avanzata che, sulla scorta dell’individuazione della categoria del rischio specifico “improprio”, insito cioè – come già detto – nelle attività prodromiche, accessorie ma immediatamente connesse o strumentali allo svolgimento delle mansioni tipiche del lavoratore, ha ricondotto a tale rischio specifico pur sempre improprio le attività locomotorie interne, enunciando il seguente principio: “Ai sensi dell’art. 2 t.u. n. 1124 del 1965, rientrano nella nozione di occasione di lavoro tutti i fatti straordinari e imprevedibili – compresi gli spostamenti spaziali dell’assicurato funzionali allo svolgimento della attività lavorativa, con l’unico limite del rischio elettivo – inerenti all’ambiente, alle macchine o alle persone, sia dei colleghi, sia di terzi ed anche dello stesso infortunato, attinenti alle condizioni oggettive e storiche della prestazione lavorativa presupposto dell’obbligo assicurativo”
Anche con riferimento a tali attività, è evidente il processo evolutivo compiuto nel tempo dai giudici di legittimità, atteso che l’indirizzo giurisprudenziale tradizionale – particolarmente rigoroso – escludeva la tutelabilità degli infortuni avvenuti “in attualità di lavoro” e, cioè, in conseguenza di cadute, scivolamenti, urti ed, in generale, degli spostamenti del lavoratore sul luogo di lavoro, giudicandoli conseguenza di un rischio comune ad altre situazioni del vivere quotidiano e, quindi, non connesse, o solo marginalmente connesse, con la prestazione lavorativa, salvo in caso di accertata esistenza di fattori professionali, anche ambientali, determinanti un aggravamento del rischio generico.
In passato, tali circostanze aggravanti sono state, ad esempio, individuate nel terreno reso scivoloso dalla neve, a causa del quale una lavoratrice cadeva rovinosamente a terra mentre si recava alla timbratura dell’orologio posto all’ingresso dell’azienda ; nell’ingombro di un attrezzo di lavoro che aveva provocato la caduta di un lavoratore edile per le scale della sua abitazione alla quale era appositamente tornato per recuperare l’attrezzo stesso necessario al completamento della mansione attribuitagli ; così come è stato ritenuto tutelabile l’infortunio occorso ad un legale dell’Inail caduto sul pavimento della sede dell’istituto, dissestato a causa di lavori di ristrutturazione, mentre, in assenza di personale ausiliario, si recava a fotocopiare alcuni documenti necessari per il suo lavoro .
Il nuovo e più recente orientamento interpretativo della S.C. ritiene, invece, rientranti nell’occasione di lavoro le attività locomotorie interne, in virtù del loro nesso di collegamento con l’attività lavorativa e consistente appunto nell’obbligo giuridico di svolgerle sul luogo e durante il lavoro. E’ stata pertanto ammessa l’indennizzabilità dell’infortunio occorso ad una impiegata addetta ai videoterminali, la quale spostandosi da un luogo all’altro della sede lavorativa, recando in mano un faldone contenente documenti di lavoro, cadeva rovinosamente a terra riportando danni alle ossa ; dell’infortunio occorso ad un’impiegata che, spostandosi dal monitor del computer ad un armadio per prelevare un fascicolo, senza alzarsi dalla sedia a rotelle utilizzata nella postazione ed utilizzando la possibilità di movimento offerta dalla stessa, era caduta in terra ferendosi ; l’occasione di lavoro è stata inoltre ravvisata anche in una fattispecie relativa ad un lavoratore scivolato sulle scale mentre si recava nella palestra dell’edificio scolastico presso il quale prestava servizio come bidello per effettuare lavori di pulizia ; così pure nella fattispecie relativa ad una artigiana con attività di produzione e vendita di manufatti scivolata accidentalmente mentre attendeva al proprio lavoro durante un’esposizione dei propri prodotti .
Uniformandosi ai medesimi principi, la S.C. ha riconosciuto indennizzabile l’infortunio occorso a un lavoratore addetto alla portineria di un ospedale scivolato nello scendere le scale del luogo di lavoro a lui riservato per compiere un atto inerente alle sue funzioni e, nella stessa ottica, quello patito dal lavoratore scivolato sulle scale mentre si recava a chiudere la porta del magazzino della ditta datrice di lavoro, da dove in precedenza aveva prelevato merce per caricarla su un furgone ; nonché quello occorso alla dipendente di un ospedale, la quale dopo aver parcheggiato la propria vettura, mentre percorreva a piedi il tragitto dal parcheggio al proprio reparto, inciampava su una catenella posta all’interno dell’area ospedaliera cadendo rovinosamente a terra .
Successivamente, la Cassazione ha ribadito il principio per cui “l’occasione di lavoro è configurabile in ogni caso di incidente occorso al lavoratore durante gli spostamenti spaziali – interni o esterni al luogo di lavoro – che siano funzionali allo svolgimento della prestazione lavorativa, con l’unico limite del rischio elettivo” . Così è stato pure ritenuto indennizzabile l’infortunio subito da una addetta alle pulizie presso un ospedale, la quale, dopo avere timbrato il cartellino all’ingresso, si stava recando in bicicletta al padiglione in cui doveva eseguire la prestazione lavorativa .
Di particolare rilievo è una più recente sentenza della Suprema Corte la quale affrontato un’ipotesi di infortunio occorso ad un lavoratore sulle scale interne all’abitazione che, nella specie, costituiva anche il luogo di lavoro così come disposto dal proprio datore di lavoro
Nella specie, il Collegio ha concluso per la non configurabilità dell’occasione di lavoro, non avendo ritenuto dimostrata la circostanza che il lavoratore, al momento dell’infortunio, stesse svolgendo attività lavorativa ed aggiungendo che, in ogni caso, non vi era la prova che il materiale di lavoro dallo stesso trasportato fosse ingombrante o comportasse “altre difficoltà operative”, così da aggravare il rischio generico di tale attività.
Al riguardo, al di là del dover constatare come, in virtù della puntualizzazione (afferente l’ingombro del materiale di lavoro) della S.C., con siffatta pronuncia si torni a confermare il precedente e più rigido filone giurisprudenziale che – come già ricordato – ammetteva l’indennizzabilità degli infortuni avvenuti durante gli spostamenti sul luogo di lavoro solo in presenza di un fattore aggravante il rischio generico insito in tali attività, l’aspetto interessante da rimarcare è nell’affermazione esplicita dei giudici di legittimità della tutelabilità – per la verità, a parere di chi scrive, pacifica – anche degli infortuni avvenuti all’interno dell’abitazione quando questa costituisca il luogo della prestazione di lavoro, a condizione che sussista il nesso funzionale – nella fattispecie non riscontrato – con l’attività lavorativa, che l’infortunato non aveva provato.
Sennonché, occorre altresì rammentare che la non chiara formulazione di tale norma, come rettamente rilevato a più riprese dagli interpreti, nonché dalla stessa giurisprudenza di merito espressasi in materia (cfr. Trib. Trani, Sez. lav., dott.ssa Savelli, n. 6504/2009), aveva per la verità dato luogo ad irrisolti dubbi interpretativi, con conseguenti dirette ricadute sul piano pratico-operativo, in quanto, al 6° comma, prescriveva la notifica degli atti introduttivi dei procedimenti giurisdizionali in materia di invalidità civile, cecità civile, sordomutismo, handicap e disabilità, nonché delle sentenze ed ogni provvedimento reso in detti giudizi, non solo all’Inps (presso le sedi provinciali), ma anche presso gli Uffici dell’Avvocatura dello Stato; inoltre la stessa norma qualificava l’Inps non come unico legittimato passivo, bensì come “litisconsorte necessario”.
Ebbene, tali dubbi circa la veste eventualmente sostenibile di legittimato passivo del Ministero dell’Economia e delle Finanze sono stati definitivamente superati a seguito della recente emanazione del D.L. 1.7.2009, n. 78, recante “Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini e della partecipazione italiana a missioni internazionali”, convertito, con modificazioni, in L. 3.8.2009, n. 102, che, con l’art. 20, dal titolo “Contrasto alle frodi in materia di invalidità civile” , al 5° comma, ha apportato al testo dell’art. 10, 6° co., del D.L. n. 203/2005, convertito in L. n. 248/2005, le seguenti modificazioni:
a) nel primo periodo è soppressa la parola “anche”;
b) nel secondo periodo sono soppresse le parole “sia presso gli uffici dell’Avvocatura dello Stato, ai sensi dell’art. 11 del regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611, sia”;
c) nel terzo periodo sono soppresse le parole “è litisconsorte necessario ai sensi dell’art. 102 del codice di procedura civile e”.
Pertanto, con l’eliminazione della duplice previsione sia della notifica degli atti introduttivi dei giudizi in materia di invalidità civile, cecità civile, sordomutismo, handicap e disabilità (e delle sentenze ed ogni provvedimento reso in detti giudizi) agli uffici dell’Avvocatura dello Stato, sia della qualificazione dell’Inps come litisconsorte necessario nei medesimi giudizi, è evidente che alcun dubbio può ormai residuare sulla legittimazione passiva del predetto Istituto di previdenza, in via esclusiva, nei procedimenti giurisdizionali aventi ad oggetto la materia de qua, a decorrere dal 1° luglio 2009, data di entrata in vigore del decreto-legge n. 78/2009.
Va aggiunto che l’Inps, dal canto suo, con circolare n. 93 del 20/07/09 (richiamata anche dalla sentenza del tribunale tranese), nel sottolineare la portata innovativa delle norme introdotte dal predetto decreto in materia di invalidità civile, rileva come le modifiche apportate al contenzioso procedano “nell’azione volta ad individuare nell’istituto il centro di responsabilità per la gestione coordinata delle attività e delle informazioni gestionali ed economiche connesse al processo di riconoscimento degli stati di invalidità civile, cecità civile, sordomutismo, handicap e disabilità”.
Va infatti rilevato che, dal 1° gennaio 2010, l’intero processo decisionale su status invalidante e riconoscimento delle relative prestazioni passerà in mano all’Inps, essendo previsto, dal precitato art. 20 del c.d. “decreto anticrisi”, che, ai fini degli accertamenti sanitari di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità, le Commissioni mediche delle Aziende sanitarie locali saranno integrate “da un medico dell’Inps quale componente effettivo”, ed, ancora, che, “in ogni caso l’accertamento definitivo è effettuato dall’Inps” (art. 20, 1° co., D.L. n. 78/2009), che controllerà altresì “la permanenza dei requisiti sanitari nei confronti dei titolari di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità” (art. 20, 2° co., D.L. n. 78/2009).
Dunque, l’intento delle novità apportate dal decreto al processo di riconoscimento dello stato di invalidità civile – che, come detto, saranno operative dal 1° gennaio 2010 – è quello di realizzare una semplificazione del processo stesso, attraverso appunto le misure introdotte le quali dovrebbero garantire ai cittadini una maggiore equità di trattamento attraverso una drastica riduzione dei tempi di accertamento in via amministrativa dell’invalidità e, conseguentemente, un’accelerazione del processo di liquidazione delle prestazioni.
A tal proposito, non va dimenticato che, sempre a partire dal prossimo anno, le domande volte ad ottenere i benefici in materia di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità non dovranno più essere presentate alle Asl, ma all’Inps il quale provvede a trasmettere, “in tempo reale e in via telematica, le domande alle Aziende Sanitarie Locali” (art. 20, 3° co., D.L. n. 78/2009).
Infine, l’art. 20, 5° co., D.L. n. 78/2009 ha apportato un’ulteriore modifica al contenzioso, inserendo, dopo il comma 6 dell’art. 10 del D.L. n. 203/2005, convertito in L. n. 248/2005, il comma 6 bis che dispone: “Nei procedimenti giurisdizionali civili relativi a prestazioni sanitarie previdenziali ed assistenziali, nel caso in cui il giudice nomini un consulente tecnico d’ufficio, alle indagini assiste un medico legale dell’ente, su richiesta, formulata, a pena di nullità, del consulente nominato dal giudice, il quale provvede ad inviare apposita comunicazione al direttore delle sede provinciale dell’INPS competente. Al predetto componente competono le facoltà indicate nel secondo comma dell’articolo 194 del codice di procedura civile. Nell’ipotesi di sentenze di condanna relative a ricorsi depositati a far data dal 1° aprile 2007 a carico del Ministero dell’Economia e delle Finanze o del medesimo in solido con l’INPS, all’onere delle spese legali, di consulenza tecnica o del beneficio assistenziale provvede comunque l’INPS”.
Avv. Antonio De Simone