L’ART. 12, COMMA 7, DELLO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE:
PORTATA E AMBITO DI APPLICAZIONE.
di Gennaro Di Gennaro
Sommario:
- Premessa
- I problemi applicativi e di portata dell’art. 12, comma 7
- La Giurisprudenza di merito
- La sentenza della Suprema Corte di Cassazione sull’invalidità dell’atto tributario emesso ante tempus
- Conclusioni
La Legge n. 212 del 27/07/2000, ben nota come Statuto dei diritti del Contribuente, contiene disposizioni costituenti “ principi generali dell’ordinamento tributario “[1], in attuazione degli articoli 3, 23, 53 e 97 della Carta Costituzionale.
E’ stato autorevolmente osservato che la Legge de qua “… assume particolare rilevanza in quanto pone le regole che devono informare il rapporto tra amministrazioni fiscali e contribuenti “[2].
Un atto tributario adottato in violazione delle disposizioni de quibus sarebbe , a parere di chi scrive, non annullabile ma meramente nullo.
Detto assunto trova conforto nell’insegnamento della Suprema Corte [3], intervenuta in materia di validità del contratto, secondo cui costituiscono, tra le altre, ipotesi di nullità sia la violazione dei precetti costituzionali che la violazione di norme ordinarie costituenti attuazione delle disposizioni costituzionali.
L’interpretazione delle norme racchiuse nello Statuto dovrà, pertanto, condurre a conclusioni aderenti ai principi costituzionali rilevanti in materia tributaria, tenendo avulso qualsiasi parametro interpretativo che potrebbe rivelarsi illogico e discriminatorio, in merito alla portata e all’ambito applicativo della disposizione statutaria.
La Giurisprudenza di Legittimità [4] ha elaborato il principio della superiorità assiologica delle disposizioni statutarie, evidenziando il ruolo di orientamento ermeneutico, vincolante per l’interprete, svolto dalle stesse.
Ne consegue, come acutamente osservato, che “ Le disposizioni dello Statuto risultano rinforzate di fronte a leggi della stessa natura ”[5]–[6].
2. I PROBLEMI APPLICATIVI E DI PORTATA DELL’ART. 12, COMMA 7
L’art. 12, comma 7, della Legge n. 212/2000, dispone che “ Nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza “.
La predetta disposizione, nel riconoscere al contribuente il diritto di formulare osservazioni e richieste entro il prescritto termine di sessanta giorni, evidenzia l’importanza della fase istruttoria prodromica all’eventuale adozione del provvedimento impositivo.
Il contribuente, in quanto titolare di una qualificata posizione giuridico – soggettiva, è normativamente posto nelle condizioni di partecipare attivamente al procedimento tributario potendo avviare un contraddittorio amministrativo, endoprocedimentale, sia per motivi di difesa che per ragioni di carattere collaborativo.
La fase istruttoria caratterizza, come è noto, qualsiasi procedimento amministrativo, compreso quello tributario.
Nel corso della predetta fase l’organo procedente è giuridicamente tenuto a valutare tutti gli elementi probatori acquisiti, sia favorevoli che sfavorevoli al contribuente.
Autorevole dottrina [7] ha definito la fase istruttoria come quella fase “ … nella quale si acquisiscono e si valutano i singoli dati ( fatti e interessi) pertinenti e rilevanti ai fini dell’emanazione dell’atto. In questa sede , dunque, vengono verificate le condizioni di ammissibilità ed i requisiti di legittimazione, nonché le circostanze fattuali e tutti gli interessi, pubblici e privati, coinvolti nell’azione amministrativa “.
In merito al caso di specie, preme rilevare che l’Ufficio finanziario è tenuto a valutare tutte le deduzioni formulate dal contribuente in sede di contraddittorio amministrativo nonché le richieste e le osservazioni eventualmente proposte dal medesimo durante il termine prescritto dall’art. 12, comma 7, dello Statuto.
Costituisce ius receptum in Giurisprudenza [8], il principio secondo cui l’atto d’imposizione tributaria deve contenere un’adeguata replica in grado di superare ( id est di disattendere) le deduzioni formulate dal contribuente in sede di contraddittorio; in mancanza, l’atto è radicalmente nullo per difetto di motivazione.
Ciò, in quanto sono in gioco beni giuridici e valori di rango costituzionale, il diritto di proprietà in primis, che ben potrebbero essere lesi o messi in pericolo da atti impositivi difformi dallo schema legale, in quanto nulli o illegittimi.
I criteri di efficacia, di trasparenza, di imparzialità, di economicità e di pubblicità, che connotano l’attività amministrativa, così come stabilito dall’art. 1, comma 1, della Legge n. 241/90, devono essere rispettati anche in sede di accertamento tributario.
Attraverso la formulazione di richieste ed osservazioni il contribuente esercita, di fatto, il proprio diritto di difesa.
Il fine perseguito è quello di evitare, attraverso puntuali e fondate deduzioni logico – giuridiche, l’emissione dell’atto impositivo.
La norma statutaria in parola si riferisce al processo verbale di chiusura delle operazioni di verifica.
Il processo verbale, redatto in contraddittorio col contribuente o con chi eventualmente lo rappresenta, costituisce un atto endoprocedimentale “presupposto” rispetto ad un futuro ed eventuale avviso di accertamento ( a rilevanza esterna).
A riguardo, non sono mancate in dottrina vivacissime discussioni in ordine all’applicabilità dell’art. 12, comma 7, anche quando l’atto presupposto, seppure redatto in contraddittorio, non sia un processo verbale di constatazione ( P.V.C.) ma un diverso atto endoprocedimentale conclusivo, comunque, di un contraddittorio amministrativo espletato nell’ambito di una verifica tributaria.
Ergo, sono affiorati seri dubbi sulla portata e sull’àmbito di applicazione dell’art 12, comma 7.
A parere di chi scrive, laddove l’ambito di applicazione della regola de qua fosse esclusivamente limitato al “ processo verbale di constatazione”, sorgerebbero seri dubbi di legittimità costituzionale per difetto di giustificazioni logiche e razionali.
La disposizione avrebbe, infatti, natura decisamente discriminatoria ponendosi in contrasto anche con gli articoli 3, 24 e 97 della Costituzione.
Come osservato da Autorevole dottrina [9], “ …. In regime di Costituzione rigida, le scelte del Legislatore non sono del tutto libere nel fine ma sono vincolate alle disposizioni costituzionali ed al raggiungimento dei fini in esse determinati “.
Riconoscere determinati diritti e facoltà al contribuente, in ragione del solo tipo di atto conclusivo della verifica, equivale ad assicurare irragionevolmente un diverso trattamento a seconda che l’atto prodromico sia un P.V.C. ( trattamento di favor) o un diverso atto ( trattamento limitativo ).
In realtà, occorre ancora puntualizzare che sia il P.V.C. che il diverso atto endoprocedimentale conclusivo della verifica, richiedendo i medesimi requisiti di forma e di sostanza, rientrano nel medesimo genus degli atti amministrativi adottati nell’ambito del procedimento tributario, in contraddittorio col soggetto sottoposto a verifica e in sede di conclusione dell’attività di controllo.
Per quanto concerne il predetto requisito di forma, entrambi gli atti devono essere redatti, a pena d’invalidità dell’atto finale, in forma scritta.
Ciò, in quanto trattasi di un atto che potrebbe determinare l’emissione di un provvedimento ablatorio di natura obbligatoria, idoneo ad incidere ( negativamente) nella sfera giuridico – patrimoniale del destinatario.
Circa i requisiti di sostanza, invece, è agevole osservare che sia per il P.V.C. che per il verbale di contraddittorio ( redatto, a titolo d’esempio, in sede di accertamento in base agli studi di settore o in sede di accertamento sintetico ex art. 38 del D.P.R. n. 602/73) sono richiesti elementi essenziali, o strutturali, senza dei quali l’invalidità dell’atto prodromico si riverberà, in virtù del principio dell’invalidità derivata, sull’atto impositivo finale.
Si pensi alla determinatezza dei soggetti ( Amministrazione procedente e soggetto sottoposto a controllo fiscale), alla causa e all’oggetto.
Le osservazioni che precedono permettono di sgombrare il campo da qualsiasi dubbio circa la limitata portata applicativa della disposizione statutaria che, altrimenti, si rivelerebbe lesiva del principio di uguaglianza e causativa di un’irragionevole disparità di trattamento tra soggetti ( contribuenti) che vengano a trovarsi in situazioni uguali o assimilabili ( id est sottoposti ad attività di controllo) e tutte potenzialmente idonee a generare il medesimo atto impositivo.
3. La Giurisprudenza di merito
La Commissione Tributaria Provinciale di La Spezia [10], Sez. II, ha statuito che per attività di verifica debba intendersi “ qualunque attività di natura istruttoria diretta alla verifica della dichiarazione tributaria o tale da comportare l’esame in ufficio dei documenti prodotti dal contribuente stesso su invito dell’Amministrazione, anche senza accesso presso la sede del contribuente “.
La predetta decisione, ampiamente condivisibile in punto di diritto, evidenzia l’importanza di assicurare a tutti i destinatari di una verifica fiscale, espletata anche attraverso il controllo di documenti presso la sede dell’Ufficio finanziario, il diritto di evitare in extremis l’adozione dell’atto tributario attraverso la formulazione di argomentazioni fattuali e giuridiche.
La decisione, pertanto, aderisce ad un’interpretazione rispettosa dei principi costituzionali, parificando tutti gli atti conclusivi del contraddittorio.
Giova, d’altronde, puntualizzare che la norma anzidetta si riferisce al “ processo verbale di chiusura delle operazioni “ e non al processo verbale di constatazione.
Di conseguenza, a parere di chi scrive, il “ processo verbale di chiusura delle operazioni “ comprende sia il “ verbale finale conclusivo del contraddittorio amministrativo “ che il processo verbale di constatazione redatto, come è noto, al termine dell’attività di controllo e comprendente gli eventuali processi verbali redatti al termine di ciascuna operazione ispettiva.
Sia il verbale finale del contraddittorio che il processo verbale di constatazione costituiscono atti amministrativi che segnano la conclusione dell’attività di verifica ma non la fine del contraddittorio endoprocedimentale.
Qualunque sia l’atto adottato dall’Amministrazione, terminata l’attività di verifica, il contribuente potrà legittimamente argomentare nei sessanta giorni successivi al rilascio del predetto documento.
L’avviso di accertamento che, in difetto di motivata urgenza, fosse emesso ante tempus, ossia prima dei prescritti sessanta giorni, si rivelerebbe lesivo del diritto di difesa e del diritto al contraddittorio [11] e, come tale, censurabile ed insanabile in sede contenziosa.
Il citato orientamento giurisprudenziale è stato condiviso dalla Commissione Tributaria Provinciale di Trento [12], Sez. V, secondo la quale “ E’ ben vero che la norma non prevede espressamente la sanzione della illegittimità o della nullità, ma è altrettanto vero che la stessa è finalizzata ad evitare il contraddittorio in sede giurisdizionale, così da rendere effettivo il rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente. Per cui, con la emissione di un atto impositivo prima dei sessanta giorni previsti dallo Statuto si impedisce al contribuente di partecipare al procedimento amministrativo che la stessa legge gli garantisce “.
Preme citare, a riguardo, un’interessante decisione adottata dal Consiglio di Stato[13], Sez. IV, secondo cui la partecipazione al procedimento “ ….. è finalizzata alla effettiva e concreta realizzazione dei principi costituzionali di buon andamento ed imparzialità dell’azione amministrativa, predicati dall’art. 97 della Costituzione e quindi, in ultima analisi, alla corretta ( e giusta ) formazione della volontà di provvedere da parte della pubblica Amministrazione “.
La tesi sostenuta nell’odierno scritto ha trovato conforto anche nella sentenza pronunciata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Milano [14], Sez. XXXI.
I Giudici tributari, con la sentenza anzidetta, hanno statuito che il termine dei sessanta giorni previsto dall’art. 12, comma 7, della Legge n. 212/2000 ( Statuto dei diritti del Contribuente), deve essere rispettato anche nel caso in cui l’atto impositivo sia stato preceduto da un verbale di contraddittorio; quest’ultimo, inoltre, può essere redatto dopo l’invio al contribuente di questionari [15].
Detto verbale viene formato e sottoscritto presso l’Agenzia Fiscale, anche in sede di accertamento sintetico o fondato sugli studi di settore.
In tutte queste ipotesi, dunque, l’ufficio non potrà disattendere il disposto normativo, emanando l’atto d’imposizione tributaria prima dello spirare del prescritto termine ( dei sessanta giorni ), ma potrà formulare la pretesa tributaria solo dopo che il citato termine sia decorso, “ salvi i casi di particolare e motivata e urgenza “ [16].
E’ stato autorevolmente [17] osservato che “ …. vari Uffici, pur effettuando in concreto un’attività d controllo ( di norma svolta presso l’Ufficio stesso), ritengono che, in assenza della redazione di un atto formalmente denominato processo verbale di constatazione, non debbano più rispettare le prescrizioni in questione. E’ il caso di controlli conclusi solo negli ultimi mesi dell’anno a seguito di invito al contraddittorio, o attraverso questionari, che di norma riguardano l’anno per il quale sta decadendo l’azione di controllo “.
In dette circostanze è stata statuita l’invalidità dell’atto impositivo “…. in quanto altrimenti verrebbe vanificato lo spirito della norma in questione, che ha il dichiarato fine di far partecipare attivamente il contribuente nella fase precedente all’emissione dell’accertamento, proprio per evitare successivi atti infondati …” [18].
Con una recentissima sentenza, la Commissione Tributaria Provinciale di Trento [19] ha accolto il ricorso proposto dal contribuente, il quale, in sede di proposizione del ricorso tributario, aveva eccepito anche la violazione e falsa applicazione dell’art. 12, comma 7, dello Statuto dei diritti del contribuente.
Il Giudice de quo ha statuito che la predetta norma giuridica “ … si rende applicabile a tutte le verifiche fiscali, nessuna esclusa, ivi comprese, perciò, anche quelle eseguite in luoghi diversi dai “locali destinati all’esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali .
Ne dà conferma la obiettiva circostanza che la disposizione contenuta nel 7° comma della disposizione di legge in esame non appare correlata ai commi precedenti, ma, più generalmente, al “rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente”; rispetto che non potrebbe venir meno, ovviamente, a seconda che la verifica avvenga o meno in particolari locali. Si intende dire, cioè, che il rispetto del termine indicato nella norma e la facoltà ivi concessa al contribuente non radicano fondamento negli accessi di cui al primo comma, ma nel più generale principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente. Né la norma limita testualmente la sua applicabilità ai soli casi di accessi, ispezioni e verifiche fiscali eseguite ai sensi dell’art. 52 D.P.R. n. 633 del 1972 e dell’art. 33 del D.P.R. n. 600 del 1973 e non anche ai sensi dell’art. 51 e, rispettivamente, art. 32 dei DD.PP.RR. appena citati: sono fin troppo noti, al riguardo, i brocardi ubi lex voluit, dixit; ubi non voluit, non dixit e, l’altro, ubi lex non distingua, nec nos distinguere debemus “.
La sentenza de qua, autorevolmente commentata [20], contribuisce a promuovere un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 12, comma 7, garantendo un uguale trattamento a tutti i soggetti ( persone fisiche ed enti collettivi con o senza personalità giuridica) sottoposti a verifica tributaria a prescindere dal luogo in cui l’attività di controllo è stata espletata: si pensi agli “ …. Accertamenti da studi di settore o ancora accertamenti da redditometro laddove, di solito, non si procede con un accesso presso la sede del soggetto controllato, ma con un controllo dei dati e delle informazioni disponibili presso lo stesso ufficio …..” [21].
Il Giudice di Legittimità [22] ha statuito la nullità dell’avviso di accertamento “ emanato prima della scadenza del termine di sessanta giorni, decorrente dal rilascio al contribuente della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni, laddove il provvedimento di imposizione non rechi la motivazione sull’urgenza che ha determinato una siffatta adozione “.
La Suprema Corte, richiamando il percorso argomentativo ed ermeneutico praticato dalla Corte Costituzionale [23], ha considerato nullo [24] l’atto impositivo adottato prima dei sessanta giorni in difetto assoluto di motivazione in ordine alle ragioni di urgenza.
L’esigenza di motivazione coincide con la prescrizione normativa di cui all’art. 7 dello Statuto dei diritti del Contribuente, oltre che con disposizioni ad hoc contenute nelle singole leggi d’imposta [25].
Orbene, sanzionare con la nullità il provvedimento privo della parte motiva idonea a giustificare l’adozione anticipata, equivale a considerare la rilevanza dei sessanta giorni nel corso dei quali il contribuente può stragiudizialmente difendersi.
Il percorso logico giuridico praticato dalla Suprema Corte è applicabile, in virtù delle suesposte osservazioni, anche all’avviso di accertamento che sia stato emanato a seguito della consegna di un verbale di contraddittorio, sottoscritto in sede di conclusione delle operazioni di verifica.
La tesi sostenuta nell’odierno scritto trova ampio conforto, a pare di chi scrive, anche nella sentenza pronunciata dalla Suprema Corte di Cassazione[26] in tema di accertamenti fondati sugli studi di settore.
Con la predetta decisione il Giudice di Legittimità, dopo aver ribadito la natura di atti amministrativi generali di organizzazione rivestita dagli studi di settore, ha statuito che detta tipologia di accertamento non può considerarsi sufficiente “ …. Perché l’ufficio tributario operi l’accertamento di un rapporto giuridico tributario di specie ultima, senza che l’attività istruttoria amministrativa sia completata nel rispetto del principio generale del giusto procedimento, cioè consentendo al contribuente, ai sensi della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 12, comma 7, di intervenire già in sede procedimentale amministrativa, prima di essere costretto ad adire il giudice tributario, di vincere la mera praesumptio hominis costituita dagli studi di settore”.
La statuizione de qua rende praticabile (si spera !) la risoluzione del problema relativo alla portata applicativa dell’art. 12, comma 7: non rileva né il luogo ( presso l’Agenzia fiscale o al di fuori di essa) in cui è stata espletata l’attività di controllo, né il nomen iuris dell’atto redatto e sottoscritto in sede di conclusione del contraddittorio amministrativo.
La stessa Suprema Corte, infatti, ribadisce l’importante ruolo che svolge il contraddittorio endoprocedimentale anche nell’accertamento fondato sugli studi di settore, citando espressamente la regola statutaria in parola ( id est l’art. 12 comma 7).
A ciò si aggiunga che la Corte di Giustizia dell’Unione Europea [27] ha statuito il principio secondo cui va garantito l’espletamento del contraddittorio amministrativo, prima che l’ente impositore adotti un provvedimento idoneo a influire nella sfera giuridico – patrimoniale del contribuente.
Secondo la Corte Comunitaria “ … i destinatari di decisioni che incidono sensibilmente sui loro interessi devono essere messi in condizione di manifestare utilmente il loro punto di vista in merito agli elementi sui quali l’amministrazione intende fondare la sua decisione “.
E’ stato, a riguardo, autorevolmente [28] osservato che “ La sempre più marcata apertura dell’accertamento alla partecipazione del contribuente non più in chiave meramente passiva/servente ma in chiave attiva/dinamica va oltre la distinzione tra metodi analitici e metodi induttivi “.
La sentenza adottata dal Giudice comunitario, come è agevole notare, contribuisce ulteriormente a chiarire il reale ambito di applicazione dell’art. 12, comma 7.
Ergo, anche quando in sede di accertamento sintetico o fondato sugli studi di settore l’ufficio redige il verbale ( finale) di contraddittorio, l’atto impositivo non potrà essere adottato prima che siano trascorsi sessanta giorni, fatta salva l’oggettiva urgenza debitamente comprovata e motivata secondo quanto prescritto dal vigente diritto oggettivo.
Con nota del 14/10/2009, prot. n. 142734, l’Agenzia delle Entrate, Direzione Centrale Accertamento, ha invitato gli Uffici a non adottare gli avvisi di accertamento prima che siano decorsi i sessanta giorni prescritti dall’art. 12 comma 7 dello Statuto, fatta salva l’ipotesi di particolare e motivata urgenza.
La Direzione Centrale Accertamento, però, ha preso in considerazione solo il caso del rilascio del processo verbale di constatazione senza considerare che, alla luce di un’interpretazione costituzionalmente orientata, l’adozione anticipata dell’atto impositivo va evitata anche quando l’atto che precede l’avviso di accertamento sia un mero verbale di contraddittorio.
Il principio della collaborazione e della buona fede, che caratterizza i rapporti tra Fisco e contribuente, dovrebbe, da solo, evitare qualsiasi interpretazione restrittiva della disposizione statutaria.
Sarebbe, quindi, auspicabile un ulteriore intervento della Direzione Centrale Accertamento volto a rimuovere qualsiasi dubbio o incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione dell’art. 12, comma 7, dello Statuto dei diritti del Contribuente.
Dott. Gennaro Di Gennaro
- Art. 1, comma 1, della Legge n. 212/2000
- N. D’AMATI – A. URICCHIO, CORSO DI DIRITTO TRIBUTARIO, Padova, 2008, pag. 23.
- Cassazione n. 3974 del 27/11/1975, in Mass. Foro it., 1975; sentenza n. 3302 del 03/06/1985
- Cassazione, Sez. Tributaria, n. 17576 del 12/02/2002.
- N. D’AMATI, C. COCO, A. URICCHIO- ISTITUZIONI DI DIRITTO TRIBUTARIO, BARI, 2005, pag. 27
- Cfr. A. URICCHIO, voce Statuto del contribuente, in Digesto Agg., vol. II, Torino, 2003, pag. 845
- F. CARINGELLA, COMPENDIO DI DIRITTO AMMINISTRATIVO, seconda edizione, Roma, 2010, pag. 318
- Cassazione, sentenza n. 26638 del 18/12/2009; sentenza n. 4624 del 22/02/2008.
- T. MARTINES, a cura di G. SILVESTRI, DIRITTO COSTITUZIONALE, Milano, 2002, pag. 348.
- Sentenza n. 210 del 16/01/2007.
- Commissione Tributaria Regionale Lazio, sentenza n. 197/2007 ; Commissione Tributaria Provinciale Genova, sentenza n. 15/2006.
- Sentenza n. 83 del 24/11/2008.
- Sentenza n. 4480 del 26/06/2004.
- Sentenza n. 126/2010
- Le disposizioni dettate in materia di accertamento prescrivono che l’Ufficio può “ inviare ai contribuenti questionari relativi a dati e notizie di carattere specifico rilevanti ai fini dell’accertamento nei loro confronti nonché nei confronti di altri contribuenti con i quali abbiano intrattenuto rapporti, con invito a restituirli compilati e firmati “.
- Secondo un interessante e condivisibile filone giurisprudenziale, l’Ufficio non può giustificare l’adozione anticipata dell’atto impositivo con l’approssimarsi del termine decadenziale entro cui esercitare l’azione accertatrice.
- A. IORIO, GARANZIE PER IL CONTRIBUENTE SOTTOPOSTO A CONTROLLI SECONDO GIURISPRUDENZA E PRASSI, in CORRIERE TRIBUTARIO, n. 2 del 10/01/2011, pag. 133
- A. IORIO, Op. cit., pag. 133
- Sentenza n. 7/5/2011, del 07/02/2011
- R. ACIERNO, L’AVVISO NON VA NOTIFICATO PRIMA DEI SESSANTA GIORNI, in IL SOLE 24 ORE del 14/03/2011, NORME E TRIBUTI, pag. 4.
- R. ACIERNO, Op. cit.
- Cassazione Civile, Sez. Tributaria, sentenza n. 22320 del 03/10/2010, in Giurisprudenza Italiana, Gennaio 2011, commento di F. TESAURO con M. C. FREGNI, pagg. 205-206.
- Ordinanza n. 244 del 24/07/2009
- Per violazione degli artt. 3 e 21-septies della Legge n. 241/90.
- Art. 56 del D.P.R. n. 633/72; art. 42 del D.P.R. n. 600/73; art. 52 del D.P.R. n. 131/86
- Cassazione Civile, Sez. Tributaria, sentenza n. 17229 del 28/07/2006, rel. Consigliere Dott. A. MELONCELLI
- CGCE, Sez. II, 18/12/2008, causa C-349/07, Sopropé c/ Fazenda publica.
- G. M. CIPOLLA, L’ACCERTAMENTO DEI REDDITI DETERMINATI IN BASE A SCRITTURE CONTABILI, in MASSIMARIO DELLE COMMISSIONI TRIBUTARIE DELLA PUGLIA, Bari, 2010, pag.195.