Leggi il commento dell’avv. Roberto Manno


 


TRIBUNALE DI BARI


Il Tribunale di Bari, Quinta Sez. Civile, in composizione monocratica, in persona del Giudice dott. Rosanna Angarano, ha emesso la seguente


ORDINANZA


nella causa civile iscritta al N.6903/2010 R.G.


TRA


xxxxx xxxxx nella qualità di titolare della ditta xxxxx di xxxx xxxx (Avv. Regina Maldera e Cifarelli)- Ricorrente


E


xxxxx xxxxx nella qualità di titolare della ditta xxxxxxx e xxxxxx xxxxxx nella qualità di titolare della ditta xxxxxxx (Avv. Roberto Manno e Ruggiero Bollino) Resistenti


FATTO E DIRITTO
Xxxx Xxxx premesso che aveva avviato sin dal 2005 una attività commerciale – esercitata dall’01 novembre 2006 sotto la ditta Xx – avente ad oggetto la prestazione di servizi per le aziende, comprendenti lo studio di promozione pubblicitaria, esponeva che aveva, altresì, ideato il progetto “LiveNetwork” consistente nella creazione di una rete di testate di informazione, fruibili on line, legate da “un’armonica visione editoriale” e dall’utilizzo del domain name “LIVE” preceduto dal nome di una città (es. BariLIVE.it), giungendo, alla attualità, alla registrazione di circa cento domini; che aveva anche provveduto a registrare il marchio figurativo rappresentato da un’ape nera bianca e gialla; che tutti i domain name del progetto “LIVE” erano supplementi della testata giornalistica on line “LiveNetwork” registrata presso il Tribunale di Trani al n. 6/07. Aggiungeva che aveva constatato la presenza sulla rete, prima dei portali “BarlettaLIFE.it” e “AltamuraLIFE.it” registrati su “Registro.it” il primo a nome di Xxxxxxx di Xxxxxxxxxxxxxx e il secondo di Xxxxx di Xxxxxxxxx e successivamente di numerosi altri portali, tutti riconducibili al Xxxx caratterizzati dal nome di una città seguito dal suffisso “LIFE”. Deduceva che i medesimi erano confondibili con quelli propri in quanto l’utilizzo del termine “LIFE” al posto di “LIVE” rendeva praticamente equivalenti e quindi identici i domini sia dal punto di vista grafico che dell’appeal. Per l’effetto, dopo aver argomentato sul periculum in mora, agiva a tutela dell’allegato segno distintivo sotto il triplice profilo della violazione dell’art. 2598 c.c. Per imitazione servile, della violazione dell’art. 20 del codice del consumo per pubblicità ingannevole e della violazione degli artt. 100 e 102 l. n. 633/1941 per lesione dell’opera intellettuale rappresentata dalla “testata giornalistica”, chiedendo che fosse ordinato ai resistenti “l’immediata cessazione” di tutti i nomi di dominio contenenti il suffisso LIFE associato al nome di una città; che fosse fissata una penale per ogni violazione o per ogni giorno di ritardo; che fosse ordinata l’immediata cessazione dell’utilizzo dei medesimi come “testate giornalistiche”; che fosse ordinata la pubblicazione del dispositivo della ordinanza sui quotidiani La Gazzetta del Mezzogiorno ed il Corriere della Sera; che fosse ordinata l’inibitoria di qualsiasi diffusione pubblicitaria.
Alla pretesa resistevano entrambi i convenuti i quali eccepivano che non era applicabile la disciplina della concorrenza sleale mancando nei nomi di dominio utilizzati dal ricorrente i requisiti della originalità e della capacità individualizzante e non sussistendo i requisiti del c.d. Secondary meaning; che, attesa la sostanziale omogeneità di tutti i siti giornalistici, non vi era alcuna violazione del diritto d’autore; che non vi era alcuna pubblicità ingannevole in quanto solo pochissimi utenti giungevano ai propri siti attraverso ricerche impostate sul termine “live”.
Il giudice riservava la decisione.
La domanda non è fondata sotto nessuno dei profili evidenziati dal ricorrente.
I nomi di dominio, ovvero i nomi corrispondenti ai siti sulla rete di Internet, nonostante la loro atipicità, possono annoverarsi tra i “segni distintivi”assolvendo, oltre alla funzione principale di rappresentare “l’indirizzo” che consente l’accesso al sito anche quella ulteriore di invogliare alla visita del medesimo. Essendo di fatto precluso, per le stesse caratteristiche di accesso alla rete, l’utilizzo di due nomi di dominio identici, il problema che si pone con prevalenza è quello della loro tutela contro gli accostamenti confusori. In mancanza di una disciplina specifica, il sistema di tutela va, pertanto, ritagliato nell’ambito della normativa della concorrenza sleale confusoria.
Ciò premesso, sebbene le aziende delle due parti in giudizio siano in evidente rapporto di concorrenza, in ragione della omogeneità dei settori merceologici in cui si estrinseca la loro attività e della identità della clientela, anche dal punto di vista geografico, i nomi di dominio utilizzati dal ricorrente per identificare pagine di informazione relative a determinate cittadine appaiono caratterizzati da una capacità distintiva debole. Questi ultimi, infatti, strutturati attraverso la combinazione tra il nome di una città seguito dal termine “LIVE” appaiono privi di capacità distintiva rispetto ad un sito internet destinato alla informazione sul vissuto della prima, estrinsecandosi come denominazione generica e meramente descrittiva.
Deve altresì precisarsi, muovendo da una distinzione elaborata nell’ambito della dottrina sul marchio, ma certamente valida anche per i nomi di dominio, che, nell’ipotesi in cui un segno distintivo sia caratterizzato dalla combinazione di due elementi – nel caso di specie il nome di una città ed il termine LIVE – si è in presenza di un segno distintivo complesso solo ove almeno uno di questi, il c.d. cuore, abbia natura caratterizzante; viceversa si è di fronte ad un segno “d’insieme” se i vari elementi, tutti singolarmente mancanti di distintività, la acquistino attraverso la loro combinazione, ove quest’ultima si caratterizzi per originalità e fantasia nell’accostamento. Orbene, è del tutto pacifico che il nome della città utilizzato all’interno di un dominio contenente informazioni relative a quest’ultima non ha alcun carattere di fantasia e, quindi, distintivo; lo stesso deve dirsi del termine LIVE, di uso assolutamente comune. Ugualmente non è sufficientemente individualizzante la loro combinazione ove utilizzata per fare riferimento ad un sito di informazione su quella città. In altri termini, la natura forte di un marchio, o più in generale di un segno distintivo costituito da un nome geografico sussiste solo se il detto nome non identifichi un sito che comunque ha ad oggetto quella entità geografica. E’ altresì notorio che in assenza di detti requisiti la tutela potrebbe essere invocata solo in presenza di segni sostanzialmente identici.
Non vi è, altresì prova, sulla base dei riscontri in atti, che il segno in questione, originariamente privo di capacità distintiva, abbia acquistato la medesima in ragione della estensione dell’uso e della sua raggiunta notorietà, ovverosia che sussista il c.d. “secondary meaning”, inteso coma l’acquisizione del carattere forte del marchio per effetto del venire in essere di una spiccata capacità distintiva conseguente all’uso.
Deve premettersi, condividendosi quanto affermato in proposito dalla convenuta, che a tal fine non può aversi riguardo alla risalenza nel tempo della registrazione, ma all’effettivo uso del dominio. Ciò che l’imprenditore deve provare non è semplicemente di avere utilizzato e pubblicizzato il marchio ma che tale uso ha generato nel consumatore la nascita di un nuovo significato. Occorre, in sostanza dimostrare che all’epoca dell’utilizzo da parte del concorrente l’utilizzo dei domini in questione aveva già raggiunto una diffusione tale da determinare nel pubblico dei consumatori la convinzione che l’informazione resa in tutti i siti individuati con il nome della città seguita dal suffisso “LIVE” fosse riconducibile alla ditta del ricorrente e non ad un anonimo sito informativo e che, di conseguenza, l’utilizzo del suffisso “LIFE”, simile, ma non identico fosse idoneo a generare confusione tra due specifici prodotti.
Detta prova non può ritenersi raggiunta.
Invero la medesima, che potrebbe raggiungersi in via diretta solo attraverso indagini demoscopiche, può, quanto meno nella fase cautelare, fondarsi su indizi.
Nel caso di specie, tuttavia, gli elementi allegati dalla ricorrente non appaiono rivestire i requisiti di cui all’art. 2729 c.c. L’istante ha allegato un riconoscimento ufficiale “premio giovani imprenditori 2005” e la elaborazione di una tesi di laurea che appaiono dati di per sé poco significativi rispetto all’elemento da provare che, si ribadisce, attiene alla reazione del pubblico rispetto al segno distintivo. Quanto alle fatture prodotte,che dovrebbero attestare una serie di investimenti pubblicitari, alcune delle stesse non contengono alcun riferimento alla prestazione, mancando, pertanto,di collegamento con il progetto “LiveNetwork”; altre invece si riferiscono a pubblicità di brevi periodi rispetto alle quali non può ritenersi provata una diffusione sì capillare nel pubblico locale degli utenti di internet da ritenere acquisita dal segno quella capacità distintiva di cui è naturalmente privo. Infine, il rilievo dato alla aggressione subita dalla redazione della testata CoratoLive non pare in alcun modo collegato alla notorietà della medesima ma alla gravità dell’episodio in sé.
Quanto agli ulteriori profili di tutela invocati dal ricorrente, deve evidenziarsi che la mancanza sia originaria che acquisita di capacità distintiva dei nomi di dominio utilizzati esclude che nella condotta dei resistenti possa ravvisarsi l’illecito di cui all’art. 20 d. lgs. n. 206/2005, così come la violazione degli artt. 100 3 102 l. n. 633/1941. Occorre chiarire quanto a detto ultimo profilo che, per orientamento costante della Cassazione (cfr. Cass. 29774/2008). il titolo (c.d. Testata) del giornale, delle riviste o di altre pubblicazioni periodiche non costituisce in sé e per sé un’opera dell’ingegno, non avendo una funzione creativa, ma esclusivamente una funzione distintiva; esso, pertanto, non è protetto come bene autonomo ma riceve una tutela esaustiva da parte dell’art. 100, della medesima legge, nella misura in cui individui una pubblicazione, della quale rappresenta il segno distintivo. Proprio in ragione della natura distintiva della testata, non può, pertanto, che farsi riferimento ai criteri stabiliti in tema di segni distintivi dell’impresa dei suoi prodotti, come già esposti.


P.Q.M.


Decidendo sulla domanda proposta da Xxxx xxx nella qualità di titolare della ditta Xxx nei confronti di Xxxxxx nella qualità di titolare della ditta Xxxx e Xxxx nella qualità di titolare della ditta Xxxx con ricorso depositato il 04 giugno 2010 così provvede:
rigetta la domanda.Condanna il ricorrente a rifondere alle resistenti le spese di lite che si liquidano in complessivi € 700,00 (€ 300,00 per diritti, € 400,00 per onorario), oltre 12,50% ex art 14 tariffe forensi, CAP ed IVA.
Bari 20 agosto 2010


Il Giudice Rosanna Angarano