BREVI NOTE
IN TEMA DI INVESTIGAZIONI PENALI E CRIMINI SERIALI
di Nicoletta Ventura

SOMMARIO:



  1. Riflessioni introduttive.

  2. Il concetto di azione omicidiario-seriale nella proiezione della ricerca della verità processuale.

  3. L’accertamento penale degli omicidi seriali: tra difficoltà procedurali e contingenze investigative.

  4. Le investigazioni in tema di crimini seriali: dal profilo metodologico alle peculiarità delle prassi investigative.

  5. Aspetti distintivi delle investigazioni in materia di omicidi seriali.

1. Riflessioni introduttive
La perpetrazione di delitti seriali s’innesta in un circuito criminoso connotato da peculiarità ben precise che tendono a rappresentarlo come un ambito criminale a sé stante, imponendo così di soffermarsi sulla relativa specificità nella sede pratico-investigativa, oltre che sul piano teoretico. In verità, affinché possa considerarsi integrato lo “stereotipo” – per così dire – di serial killer, non è sufficiente che le condotte incriminate da costui poste in essere realizzino il corrispondente tipo legale astratto, ma piuttosto, necessita l’individuazione di un itinerario delittuoso costellato di episodi criminosi omogenei, multipli, connotati da equivalenti dinamiche aggressive e da una particolare situazione psicopatologica in cui versa l’autore dei reati perpetrati “in serie”.
Costui, infatti, realizza una sequela di crimini efferati perché sospinto in tal senso da una pulsione emozionale anomala che genera condotte definibili come dolose [1] e premeditate, ma da proiettarsi in un’ottica psichicamente deviata e soprattutto, sfuggente ad ogni sorta di giustificazione razionale. A ciò corrisponde un momento di criticità investigativa di non poco conto, poiché non è agevole ricercare elementi probatori atti non soltanto ad individuare l’autore della sequela di assassini brutali constatati, ma soprattutto ad assicurarne la condanna penale. La riproduzione a posteriori della genesi e della dinamica di ogni «aggressione espressiva» [2], infatti, deve riuscire ad incunearsi nei meandri di una psiche deviata ed interpretarne movenze, percezioni, moti maniacali e sensi di soddisfazione – ancorché solo fittizi e transitori – derivanti dalla consapevolezza riguardo alla propria paternità di crimini efferati [3].
Si deduce, dunque, come la ricostruzione di una serie di delitti violenti ascrivibile alla stessa “mano assassina” debba essere strettamente rapportata allo stato psichico del serial killer, di cui sono destinati ad assumere rilievo il temperamento, le abitudini, il grado d’istruzione, lo stile di vita, l’ambito sociale con cui solitamente si rapporta; il che rileva anche in fase di identificazione del reo, poiché individuare costui equivale ad arrestarne le manifestazioni criminose ed a salvare delle vite umane [4].
Le caratteristiche di una personalità disturbata ascrivibile ad un assassino seriale rappresentano, quindi, dei dati ineludibili sul piano investigativo, poiché possono suggerire l’itinerario d’indagine da seguire per pervenire ad acquisizioni probatoriamente efficaci, ergo di difficile confutazione.


2. Il concetto di azione omicidiario-seriale nella proiezione della ricerca della verità processuale.
Il fenomeno dei crimini seriali – da distinguersi dalle azioni pluriomicidiarie, altrimenti note come «multiple killer» [5] – si caratterizza per la reiterazione, in modo compulsivo, di comportamenti criminosi congruenti fra loro, apparentemente privi di spiegazioni logiche e definite, posti in essere ai danni di vittime non conosciute dall’omicida e tuttavia riconducibili a quest’ultimo in maniera – criminalmente – immediata [6]. Come testé definito, il concetto in discorso riprende le precisazioni fornite dalla Federal Bureau of Investigation (F.B.I.), importante organismo investigativo statunitense, riguardo alla nozione di “serial killer” (alias «assassino seriale»), implicata dalla fenomenologia illecita testé menzionata [7]: in particolare, simile locuzione suole indicare l’individuo autore un’azione omicidiaria che si articola in delitti molteplici – che, comunque, sono numericamente pari o superiori a due -, singolarmente realizzati in un arco temporale ben definito ed in un ambito spaziale altrettanto determinato; apparentemente sforniti di un movente chiaro, detti delitti tendono a rapportarsi – in bonam partem – ad una puerizia irta di difficoltà o ad una violenza sessuale [8] ovvero a traumi di altro genere.
In particolare, la dottrina distingue tra Serial Killer, Spree KiIIer e Mass Murder: il primo è ritenuto autore di reati molteplici e caratterizzati da orripilante brutalità, oltre che periodicamente scaglionati nel tempo; il secondo, sospinto da un irrefrenabile impulso omicidario, è solito porre in essere veri e propri tripudi assassini ai danni di almeno due individui in archi temporali circoscritti ed in ambiti spaziali distinti; il terzo, poi, altrimenti noto come «assassino di massa», cagiona simultaneamente il decesso di svariate persone in uno stesso contesto spazio-temporale ed in virtù di un’esclusiva azione criminale [9] che si rivela letale.
Il serial killer può essere di tipo «Edonista» ed agire per mero piacere – anche di tipo erotico, nel qual caso però sarà di tipo «Lussurioso» -, oppure di tipo «Visionario» ed uccidere sotto la spinta di presunte allucinazioni visive o sonore – solitamente addebitate ad entità ultraterrene – ovvero di supposti apostolati legati all’ottemperanza ad un mandato affidatogli, socialmente utile – in tale ultima ipotesi, sarà di tipo «Missionario» -, ovvero può agire per «controllo del potere», cioè per provare l’emozione di controllare altri individui e di definirne le sorti; ad ogni modo, l’omicida seriale si caratterizza per il suo essere persuaso ad assassinare fino al momento in cui non gli viene coattivamente impedito di farlo – al quale segue un «periodo di raffreddamento» che può anche essere anche lungo -, per il non avere legami di alcun genere con i soggetti che aggredisce, per l’essere sospinto da un impulso assassino che lo influenza fortemente, per l’uccidere per motivazioni del tutto intrinseche e perciò, apparentemente incomprensibili [10].
Tuttavia, onde evitare ogni sorta di generalizzazioni improprie, è il caso di evidenziare l’opportunità di analizzare approfonditamente il singolo caso omicidiario-seriale sottoposto all’attenzione dell’autorità giudiziaria, poiché qualsiasi sequela di aggressioni ascrivibili ad uno stesso serial killer presenta delle caratteristiche peculiari: essa è espressione della personalità di un individuo, la quale, pur essendo classificabile in linea generale, presenta sempre delle connotazioni particolari che possono sì riscontrarsi anche in altri soggetti, ma anche essere del tutto singolari [11].
Ben si comprende, dunque, come la situazione psicopatologica del serial killer rappresenti un aspetto di indefettibile considerazione; tuttavia, non va taciuto che, in ambito procedimentale, la gestione di tale aspetto non si prospetta agevole, soprattutto nel momento in cui deve essere coordinato con il tecnicismo procedurale.


3. L’accertamento penale degli omicidi seriali: tra difficoltà procedurali e contingenze investigative.
La dimostrazione endoprocessuale di un comportamento delinquenziale realizzato “in serie” pare insidiata da problematiche di non poco conto. In primis, occorre evidenziare che non è semplice rappresentare ex post un accadimento di matrice killeristico-seriale soprattutto per ciò che concerne la riproduzione – a posteriori – dello stato psichico dell’assassino al momento della perpetrazione di ognuno dei delitti realizzati in sequela, che gli vengono ascritti. L’accertamento penale, dunque, deve inevitabilmente confrontarsi con le – ineludibili – implicazioni psicologiche del delinquere in forma seriale, il che complica la verifica in merito alla configurabilità delle categorie giuridiche coinvolte nella realizzazione “in serie” di azioni criminose analoghe.
In ambito processuale, quindi, si pone il problema di appurare la situazione mentale del soggetto – in particolare, non sottovalutando ogni aspetto psicodinamico e comportamentale -, la quale costituisce una costante dei vari crimini seriali, oltre a relazionare ciascuno di questi ultimi con l’imputato per verificarne l’ascrivibilità. La commissione dei crimini seriali postula la necessaria considerazione di simili aspetti, il che definisce un’orditura investigatoria ben precisa, in base alla quale vagliare le azioni assassine; e va da sé che l’anamnesi della condizione psichica del presunto agente deve essere affidata ad unità investigative specializzate, in grado di destreggiarsi abilmente in situazioni criminali di tal sorta, poiché la gestione di siffatte contingenze da parte di un investigatore non specializzato rischierebbe di vanificare ogni sforzo perpetrato in funzione del perseguimento degli scopi propriamente accertativi.
Tuttavia, simili operazioni logico-dimostrative non risultano di agevole effettuazione, poiché il coinvolgimento di categorie medico-psichiatriche implementa le ordinarie difficoltà incontrate nell’individuazione del sostrato probatorio da porre a sostegno del teorema accusatorio, oltre a determinare un qualche problema a livello procedurale [12]: per potersi statuire la condanna del presunto reo, la rappresentazione endoprocessuale dell’anomalia del suo stato psichico e dell’entità della psicopatologia che lo affligge deve riuscire a soverchiare ogni «ragionevole dubbio» [13]; solo in tal modo, si possono addebitare all’imputato i reati commessi “in serie”, giacché a contrario non è possibile dichiarare la colpevolezza di costui, peraltro, come dimostra la casistica di riferimento [14].
Ad ogni modo, si rileva come la collazione tra la substantia del canone ex art. 533 c.p.p. [15] e le proiezioni psichiche del comportamento omicidiario-seriale tendano a problematizzare ulteriormente la ricerca processuale della verità, poiché il tecnicismo procedurale deve porsi a confronto con componenti di tipo emozionale e perciò, intrinseche, per definizione sfuggenti ad ogni forma di oggettivazione.


4. Le investigazioni in tema di crimini seriali: dal profilo metodologico alle peculiarità delle prassi investigative.
Come già accennato, l’accertamento di delitti realizzati “in serie” è destinato ad incontrare varie difficoltà – e non di poco conto – che investono il piano tecnico-giuridico: le ordinarie orditure investigative utilizzate per una comune azione omicidiaria stentano ad adattarsi – almeno in talune tranches – al percorso d’indagine da effettuarsi in tema di crimini seriali; perciò, è necessario che gli investigatori adottino schemi metodologici peculiari che ben possano attagliarsi alla ricostruzione di una sequela di delitti, quantunque – questi ultimi – omogenei tra loro [16].
In tali casi, dunque, l’azione investigatoria non può essere congegnata alla stessa stregua di quella attuata per un omicidio isolato [17], poiché le contingenze da affrontarsi sono ben diverse e più complicate: chi investiga deve riuscire a riprodurre il contesto psichico a cui si rapporta la sequenza di reati, non trascurando aspetti ulteriori. Per esemplificare, si pensi che occorre concentrarsi sugli ambienti che il serial killer è solito frequentare e sul modo con cui costui si compara con i medesimi, con gli altri soggetti, con il menage di routine e con situazioni inconsuete; ancora, bisogna considerare le connotazioni proprie delle persone designate dall’assassino come vittime e gli espedienti che utilizza per avvicinarle e relazionare con loro; è necessario soffermarsi, poi, sulla ricostruzione dei movimenti antecedenti e succedanei alla perpetrazione di ognuno dei delitti posti in essere in sequela, definendo gli spostamenti e le abitudini usualmente prodromici alla realizzazione di ogni singola azione criminale; inoltre, è opportuno soffermarsi anche su eventuali condizioni fungenti da fattori criminogeni.
Tuttavia, un momento di sensibile criticità si coglie nell’analisi delle inferenze dell’omicida, frutto di perversione, della sua personalità deviata, della sua anormale situazione psichica [18], il che contribuisce a problematizzare soprattutto l’inizio della fase d’indagine, quando non sono ancora note le generalità del serial killer ed occorre – inevitabilmente procedere per tentativi. In particolare, l’offender profiling deve essere desunto unicamente dai segni lasciati sulla scena del crimine, i quali tendono a costituire, in qualche modo, la “sottoscrizione” dell’omicida. Infatti, la casistica dimostra come ogni serial killer agisca sotto l’egida di un proprio “stile” criminale [19]; ed in un’apprezzabile percentuale statistica [20], quest’ultimo si rapporta ad una situazione di “lucida follia” [21] che tende a complicare l’azione investigativa, soprattutto nell’incipit della fase d’indagine, giacché abili e scaltre risultano le mosse dell’assassino seriale, soprattutto per ciò che concerne la tutela del proprio anonimato, strenuamente rivendicato anche nel momento in cui decide di “firmare” – per così dire -, sia pure con modalità sui generis, gli omicidi perpetrati [22]. Agli investigatori, poi, compete il grave compito di decifrare questa sorta di “firma”.
Tuttavia, non va taciuto che il complesso dei segni lasciati dal serial killer costituisce un dato meramente indicatore che, per di più, deve essere interpretato in modo appropriato; di conseguenza, la possibilità di inesattezze non appare del tutto peregrina, soprattutto alla luce della consapevolezza che l’assassino ben può aver agito con estrema avvedutezza ed aver posto in essere un vero e proprio piano di depistaggio, lasciando di proposito tracce fittizie allo scopo di scompigliare le deduzioni degli investigatori e così allontanare i sospetti dalla propria persona.
Inoltre, quand’anche – in fase investigativa – ci si avvalga dell’ausilio di elementi di ordine personalistico, i propositi criminosi dell’omicida seriale non risultano semplici da ricostruire: occorre rapportarli con lo stato «psicopatologico» [23] di riferimento, giacché a contrario risultano privi di giustificazione razionale, pur essendo dominati da una precisa logica criminale [24] che tende a sfociare in un macabro piacere [25] provato nell’aggredire mortalmente e brutalmente ogni vittima [26]. Quest’ultima viene assassinata dall’uccisore per generare in costui una sorta di sollievo, il quale gli deriva dal sapere di aver soppresso fisicamente la persona identificata come cagione delle proprie disgrazie, per poi essere soggetto, però, ad un nuovo cedimento emotivo che, nel rinvigorirne il senso di inquietudine, lo spinge a replicare azioni criminali dello stesso tipo [27], allo scopo di riprovare un inebriante sensazione di piacere.
La ricostruzione dell’“identikit” psicologico dell’offender non può prescindere dal coinvolgimento di conoscenze esagiuridiche e di competenze extra ordinem, poiché implica un sapere specialistico che sappia tratteggiare la personalità del reo [28] e puntualmente chiarire la sussistenza e l’entità dell’alterazione psichica che genera le azioni omicidiario-seriali.
Il profilo della personalità dell’assassino può essere di valido ausilio, poiché consente di imputare i lineamenti psicologici tratteggiati in base ai dati a disposizione degli investigatori ad una persona fisica che più li incarni e di qui, risalirne all’individuazione mercè gli ulteriori elementi di prova evinti. A tal fine, occorre soffermarsi su qualsiasi fattore rappresentativo arguito dall’osservazione della scena del crimine, collazionandolo e collegandolo a qualsiasi altra traccia; e sarebbe un errore tralasciare un qualunque dato sulla scorta di apprezzamenti del tutto generici e di massima. Ogni dettaglio può rivelarsi importante e, se correttamente interpretato e messo in relazione – in modo logico-cronologico – con gli altri dati probanti, può contribuire proficuamente alla ricostruzione della criminogenesi e della criminodinamica della sequela di delitti [29].


5. Aspetti distintivi delle investigazioni in materia di omicidi seriali
Per il tenore delle notazioni sin qui esposte, si evince come le investigazioni in tema di crimini seriali possiedano un quid di peculiarità, il quale, oltre a sollecitare gli investigatori al confronto con saperi extra ius, impone di procedere secondo schemi investigativi capaci di evincere risultanze adeguate. Ciò, invero, non sorprende, poiché non è raro che la prassi delinei modelli processuali alternativi a quello ordinario [30]. La versatilità delle congiunture criminali richiede, sovente, corrispondente versatilità sul piano normativo [31], il che, talvolta, determina un emendamento legislativo, a fronte delle lacune normative palesate dall’esperienza giudiziaria.
In generale, quando ciò si verifica, non è detto che la norma novellata fosse ab origine necessariamente imperfetta, poiché al tempo della sua originaria formulazione, detta norma ben poteva risultare adeguata sul piano funzionalistico, però, in seguito, per il constatato mutamento dei metodi dell’aggressione criminale, essa si è rivelata inadatta a fronteggiare determinate contingenze procedurali, imponendo un adattamento valido a rinvigorirne la funzionalità. Non sempre, però, si riscontrano correttivi postumi del legislatore. Infatti, le prescrizioni normative dettate in via generale sono strutturate in maniera tale da adattarsi ad ogni caso concreto, ancorché esclusivo nelle sue connotazioni.
Piuttosto, in sede interpretativa, si rende opportuno adottare criteri esegetici che tengano in debito conto le caratteristiche sostanziali proprie della fattispecie incriminatrice astratta che si ritiene configurata, onde consentire così di meglio calibrare il disposto legislativo da applicarsi alle particolarità dell’accadimento illecito. Ciò è valido anche in materia di crimini seriali, sebbene – quest’ultima – caratterizzata dalla reiterazione compulsiva di azioni omicidiarie assimilabili tra loro per le modalità di esecuzione dei vari delitti – come si è già detto – [32].
Semmai, al riguardo, un momento di differenziazione si riscontra sul piano pratico-investigativo, ove – non a caso – si registra la creazione di particolari unità deputate all’espletamento di investigazioni in tema di assassini “in serie”, in seno alle forze dell’ordine, come – ad esempio – l’Unità di Analisi del Crimine Violento (U.A.C.V.) della Polizia di Stato, istituita in Italia nel 1995 [33] allo scopo di rafforzarne le normali potenzialità investigative.
Con l’ausilio di personale qualificato, nonché con l’utilizzo di specifici sistemi nella pratica investigativa – quali il Sistema per l’Analisi della Scena del Crimine (SASC), il Sistema per l’Analisi del Crimine Violento (SACV) e la Ricostruzione Tridimensionale della Dinamica dell’Evento Criminale (RITRIDEC) – [34], la dettagliata osservazione della scena del crimine può indirizzare chi indaga verso direzioni investigative appropriate e perciò, capaci di rivelare aspetti e dati significativi per la risoluzione dell’”enigma” omicidiario-seriale: quest’ultimo si presenta particolarmente avviluppato [35], soprattutto per gli elementi personalistici di riferimento, i quali impongono l’adozione di metodi accertativi mirati e soprattutto adeguati allo scopo che si intende perseguire, pena l’improduttivo impiego di tempi e di energie investigative [36].
Si deduce che, in subiecta materia, si rende opportuno investigare secondo schemi che, non perdendo di vista la sequela in cui si sussumono le singole azioni assassine, riesca ad individuare una plausibile chiave di lettura degli accadimenti illeciti, capace di dipanare l’intrico criminale e svelarne l’autore.
In definitiva, un lavoro investigativo diligente e scrupoloso costituisce un’efficace deterrente avverso il rischio che il serial killer possa continuare ad agire ancora per molto tempo, provocando il decesso di altre persone solo perché vittime inermi della sua brama di “piacere assassino”.


Avv. Nicoletta Ventura


Note:




  1. In argomento, per tutti, G. FIANDACA-E. MUSCO, Diritto penale. Parte generale, Bologna, 1995, 305 ss. e F. MANTOVANI, Diritto penale. Parte generale, Padova, 1992, 318 ss.


  2. La notazione riprende le riflessioni di S. TOMA, La Psicologia investigativa, http://psicoterapia.it.


  3. A tale proposito, si veda: G. PALLANCA, Educazione e psicanalisi, Milano, 1984, passim.


  4. Per esemplificare, si pensi che un adulto reduce di un’infanzia infausta è, sovente, afflitto da un crescente senso di disagio interiore, di inettitudine a fronteggiare le incombenze quotidiane, di inadeguatezza rispetto al proprio habitat; analogamente, una persona segnata da traumi può presentare reazioni emotive sui generis che, non di rado, sconfinano nella violenza. Al riguardo, emblematico il caso di Luigi Chiatti.


  5. Sul punto, diffusamente G.B. PALERMO-V.M. MATRONARDI, Il profilo criminologico. Dalla scena del crimine ai profili socio-psicologici, Milano, 2005, passim; ad avviso degli AA., a differenza del pluriomicida – che è in grado di interrompere le proprie azioni assassine all’insorgere di condizioni positive -, il serial killer aggredisce persone offese con determinate peculiarità di ordine fisico, etico, sociale, comportamentale, culturale, anagrafico, eccetera e risulta, perciò, dominato – in potenza – da una cosiddetta «“appetizione omicidiaria” (= concetto di addiction)» che induce permanentemente a ritenerlo un soggetto «tendenzialmente a rischio».


  6. In proposito, R. HOLMES-J. DE BURGER, Serial Murder, Sage, Newbury Park 1988, passim. Inoltre, v. R. CELEBRINI, Serial killer. Ipotesi per una griglia di indagine antropologica, in Rass. it. crim., 2004, 327 ss. e V.M. MASTRONARDI-R. DE LUCA, I serial killer, Roma, 2005, 348.


  7. A tale riguardo, diffusamente G.B. PALERMO-V.M. MASTRONARDI, Il profilo criminologico. Dalla scena del crimine ai profili socio-psicologici, cit., passim, a cui si rinvia per ogni ulteriore approfondimento.


  8. L’interessante profilo è particolarmente rimarcato da AA.VV., Crime Classification Manual, Lexington Books, New York, 1992, passim. Inoltre, si consulti: F. INTRONA, Sexual offenders: spunti di criminologia e di psicopatologia forense, in Riv. it. med. leg., 2002, 69 ss.


  9. In proposito, cfr. G.B. PALERMO-V.M. MASTRONARDI, Il profilo criminologico. Dalla scena del crimine ai profili socio-psicologici, cit., passim, che si soffermano diffusamente sul punto.


  10. Ancora G.B. PALERMO-V.M. MASTRONARDI, Il profilo criminologico. Dalla scena del crimine ai profili socio-psicologici, cit., passim.


  11. Sulla classificazione delle componenti psicodinamiche e comportamentali, nonché sulle fasi dell’assassinio seriale, si rinvia a V. MASTRONARDI, Manuale per Operatori Criminologici e Psicopatologi Forensi, IV ed., Milano, 2001, passim.


  12. Lo spunto riflessivo è suggerito da V.M. MASTRONARDI-R. DE LUCA, I serial killer, cit., 348.


  13. La regola dell’al di là di ogni ragionevole dubbio è stata codificata in virtù della riformulazione dell’art. 533, comma 1, c.p.p., avvenuta per effetto del comma 1 dell’art. 5 della Legge 20 febbraio 2006, n. 46. Sul principio in discorso, cospicui i contributi riscontrati nella letteratura; ex plurimis, si consulti: G. AMATO, Il funzionamento della nuova disciplina degli stupefacenti: parametri indiziari e regola dell’”al di là di ogni ragionevole dubbio”, in Cass. pen., 2006, 4185 ss.; M. BARNI, Come si esorcizza il ragionevole dubbio: prove di restaurazione?, in Riv. it. med. leg., 2007, 1245 ss.; F. CALLARI, Il processo penale come dubbio nel pensiero di Girolamo Bellavista, in Ind. pen., 2007, 911 ss.; G. CANZIO, La regola dell’oltre il ragionevole dubbio, come regola probatoria e di giudizio nel processo penale, in AA.VV., L’unità del sapere giuridico tra diritto penale e processo (Atti del Convegno. Bari, 21-22 maggio 2004), a cura di V. Garofoli, Milano, 2005, 32 ss.; ID., La causalità tra diritto e processo penale: un’introduzione, in Cass. pen., 2006, 1971 ss.; F. CAPRIOLI, I nuovi limiti all’appellabilità delle sentenze di proscioglimento tra diritti dell’individuo e “parità delle armi”, in Giur. it., 2007, 253 ss.; D. CHINNICI, L’”oltre ogni ragionevole dubbio”: nuovo criterio del giudizio di condanna?, in Dir. pen. proc., 2006, 1553 ss.; C. CONTI, Al di là del ragionevole dubbio, in AA.VV., Novità su impugnazioni penali e regole di giudizio, a cura di A. Scalfati, Milano, 2006, 91 ss.; G. DACQUI’, Lo spazio del libero convincimento, in Ind. pen., 2007, 129 ss.; ID., Il principio dell’oltre ragionevole dubbio tra sapere e verità, http:www.penale.it; F. D’ALESSANDRO, L’oltre ogni ragionevole dubbio nella valutazione del nesso causale e della colpa: passi avanti della più recente giurisprudenza di merito e di legittimità, in Cass. pen., 2006, 2406 ss.; M. DANIELE, Una prima applicazione giurisprudenziale della regola dell’al di là di ogni ragionevole dubbio, in Riv. dir. proc., 2007, 253 ss.; P. GARBOLINO, Nuovi strumenti logici ed informatici per il ragionamento giudiziario: le Rette Bayesiane, in Cass. pen., 2007, 326 ss.; G. GARUTI, Dall’inappellabilità delle sentenze di proscioglimento ai nuovi “vincoli” in punto di archiviazione e di condanna dell’imputato, in Dir. pen. proc., 2006, 800 ss.; D. IACOBACCI, Un ragionevole dubbio sulle dichiarazioni rese da persona residente all’estero, in Giust. pen., 2007, III, 476 ss.; F.M. IACOVIELLO, Lo standard probatorio dell’”al di là di ogni ragionevole dubbio” e il suo corso in cassazione, in Cass. pen., 2006, 3869 ss.; G. MAGLIOCCA, Il controverso rapporto tra proscioglimento nel merito ed estinzione del reato, in Giur. merito, 2007, 1081 ss.; B. MAZZEO, La disciplina delle armi al di là di ogni ragionevole dubbio: l’attitudine all’impiego delle armi antiche e l’obbligo di denuncia delle parti di arma, in Giur. merito, 2006, 964 ss.; A. MURA, Teoria bayesiana della decisione e ragionevole durata del processo, in Cass. pen., 2007, 3104 ss.; G.A. NORELLI, “… L’uomo di legge è e deve restare il solo giudice e il giudice non può essere che un uomo di legge…”, in Riv. trim. dir. pubbl., 2006, 449 ss.; C. PIERGALLINI, La regola dell’”oltre ragionevole dubbio” al banco di prova in un ordinamento di civil law, in Riv. it. dir. proc. pen., 2007, 593 ss.; M. PISANI, Riflessioni sul tema del “ragionevole dubbio”, in Riv. it. dir. proc. pen., 2007, 1240 ss.; V. PLANTAMURA, Assassinio senza movente?, in Giur. merito, 2008, 1083 ss.; D. PULITANO’, Consensi e fraintendimenti sui rapporti tra diritto sostanziale e processo, in Dir. pen. proc., 2007, 517 ss.; L. PULITO, Incostituzionale l’inappellabilità delle sentenze di proscioglimento da parte del P.M.: una decisione che non va oltre ogni ragionevole dubbio, in Arch. nuova proc. pen., 2007, 312 ss.; G. SALVINI, L’associazione finalizzata al terrorismo: problemi di definizione e prova della finalità terroristica, in Cass. pen., 2006, 3366 ss.; C. SANTORIELLO, Il controllo sulla congruità della motivazione nel giudizio di legittimità tra disorientamenti operativi e resistenze culturali, in Giur. it., 2007, 2570 ss.; G. SPANGHER, La legge Pecorella: i nuovi motivi di ricorso per cassazione e la regola di giudizio per la condanna, in Studium iuris, 2006, 1213 ss.


  14. Non va dimenticato, infatti, che Pietro Pacciani, sospettato di essere il cosiddetto “Mostro di Firenze”, fu dapprima condannato all’ergastolo per sette duplici delitti omicidiari dalla Corte d’Assise di Firenze, ma successivamente intervenne l’assoluzione da parte della Corte d’assise d’appello fiorentina con una sentenza poi annullata dalla Corte di cassazione. La morte del Pacciani ha interrotto l’iter di accertamento processuale nei suoi confronti. Per converso, i “compagni di merenda” – come furono definiti -, Mario Vanni e Giancarlo Lotti, sono stati condannati in via definitiva alla pena di ventisei anni di reclusione per gli stessi fatti. Le notizie relative al caso in discorso sono state estrapolate da http://www.duralexsedlex.it.


  15. In giurisprudenza, in particolare si consulti: Cass., Sez. Un., 10 luglio 2002, Francese, in Cass. pen., 2002, 3643 ss.


  16. Sullo specifico punto, si veda: V.M. MASTRONARDI-R. DE LUCA, I serial killer, cit., 349 s.


  17. Ancora V.M. MASTRONARDI-R. DE LUCA, I serial killer, cit., 352.


  18. Per un’ampia trattazione degli aspetti propriamente psicologici del delinquere, M. ROSSI-A. ZAPPALA’, Personalità e crimine. Elementi di psicologia criminale, Carocci, 2001, passim. Inoltre, si consulti: A.M. CAMPUS, Profilo psicoanalitico del Serial Killer, Catania, 2008, passim.


  19. Al riguardo, v. M. BUTTARINI, Il contributo della psicologia all’accertamento della verità in ambito giudiziario (Contributo per il Seminario “Scienze psicologiche e discipline giuridiche: confronto e integrazione”), http://www.psicologi-italia.it e F. BRUNO-M. MARIOTTI, L’impronta del mostro. Storia, identità e perché dei serial killer, Roma, 2005, passim.


  20. Tra i più noti serial killer – per esemplificare -, si pensi a Aleksandr Piciushkin, meglio noto come “il mostro di Biza” o “il mostro della scacchiera”, individuo di sesso maschile, di nazionalità russa, già impiegato in un supermercato, catturato dopo cinque anni di indagini e condannato per ben quarantanove omicidi. Ancora, si consideri il caso di un fattore del Wisconsin, tale Ed Gein ovvero il “macellaio di Plainfield”, affetto da schizofrenia: vissuto a confronto con l’iperprotezionismo materno e l’alcolismo paterno, cagionò la morte di molte donne, di cui squartava i corpi esanimi adoperandone talune membra per soddisfare le sue necessità quotidiane, come il mangiare nei teschi o l’utilizzare le ossa femorali per farne sedie. Per non parlare di Jack The Ripper, più conosciuto come “Jack lo squartatore”, autore di numerosi ed efferati omicidi ai danni di prostitute, di cui alcune soltanto strangolate, mentre altre anche accoltellate alla gola fino a provocarne la pressoché completa decapitazione ovvero mutilate di altre parti. Si pensi, inoltre, al “mostro di Firenze” – in un primo momento, identificato nell’agricoltore Pietro Pacciani, poi assolto ed in seguito, ritrovato senza vita nella propria casa, come si è visto – che, armato di pistola, era solito aggredire mortalmente coppie appartate in zone rurali poco frequentate della Toscana e post mortem, ne mutilava i cadaveri. Si consideri, poi, la schizofrenica Leonarda Cianciulli, autrice di molteplici e brutali omicidi di donne fra quelle che la frequentavano per le sue presunte doti chiromantiche, i cui corpi esanimi venivano smembrati e poi bollite con soda caustica per realizzare sapone; il che valse alla Cianciulli l’epiteto di “saponificatrice di Correggio”. Le notizie relative a tutti i casi innanzi menzionati sono state tratte da http://www.duralexsedlex.it. Sul caso della “saponificatrice di Correggio”, nella recente letteratura, diffusamente V.M. MASTRONARDI-F. SANVITALE, Leonarda Cianciulli. La saponificatrice di Correggio, Roma, 2010, passim, a cui si rinvia per più approfondite osservazioni.


  21. Si consideri il caso del cosiddetto “lupo mannaro di Hannover”, alias Friederich Heinrich Karl Haarmann da Hannover. Dopo un’infanzia vissuta con il padre alcoldipendente che non ne condivideva l’omosessualità, fu incolpato di molestie nei confronti di un adolescente e recluso in un istituto psichiatrico – perché ritenuto frenastenico, alienato e socialmente pericoloso -, ove vi restò per soli sei mesi, fino alla sua fuga. Occupato in lavori saltuari, viveva in modo distolto e sregolato, tanto da meritare una condanna per furto che gli costò la comminazione di una pena detentiva di cinque anni che, invero, non servì alla sua redenzione, giacché il suo reinserimento nella società – al termine della detenzione – fu segnato dall’adesione ad un clan di trafficanti, nonché dal compimento di altri atti criminosi, fino a guadagnarsi la qualifica di serial killer per aver causato la morte di decine di giovani in pochissimo tempo. Catturato e processato, confessò di aver ucciso dei ragazzi nel corso della consumazione di rapporti sessuali addentandoli al collo sino a causarne il soffocamento e di averne bevuto il sangue mentre provvedeva a smembrarne, con arnesi da macellatore, i cadaveri che poi occultava, conservandone delle parti di cui, talune, date in dono ai vicini facendole passare per carne di suini. Si consideri, poi, il caso dell’italiano Vincenzo Verzeni, noto come il “vampiro della Bergamasca” o lo “strangolatore di donne”, poiché ne cagionava il soffocamento e poi, ne sorbiva il sangue. Le informazioni sui casi appena considerati sono state evinte da http://www.duralexsedlex.it.


  22. Secondo V.M. MASTRONARDI-R. DE LUCA, I serial killer, cit., 347, gli assassini seriali non sono «propensi alla comunicazione con gli investigatori (…) e cercano di restare nell’ombra il più a lungo possibile».


  23. A tale ultimo riguardo, ancora V.M. MASTRONARDI-R. DE LUCA, I serial killer, cit., 348.


  24. Secondo S. TOMA, La Psicologia investigativa, cit., «le azioni criminali vengono agite nelle modalità e con motivazioni che hanno un senso per la dimensione psicologica dell’aggressore».


  25. A tal fine, si è indotti a considerare vicende e vicissitudini della vita di un serial killer, magari appurando se in età infantile costui abbia vissuto esperienze traumatiche che ne abbiano compromesso l’equilibrio psicologico ed in quale misura. L’aspetto risulta particolarmente evidenziato in dottrina; per tutti, S. BOURGOIN, Serial Killers, (trad. it. La follia dei mostri), Milano, 1993, passim e M. GARBESI, I Serial Killers, Roma-Napoli, 1997, passim.


  26. Così G. PALLANCA, Educazione e psicanalisi, cit., passim.


  27. Ancora G. PALLANCA, Educazione e psicanalisi, cit., passim.


  28. Al riguardo, S. TOMA, La Psicologia investigativa, cit.


  29. In proposito, volendo N. VENTURA, Elementi di criminologia nel procedimento penale, Centro Scientifico Editore, Milano, 2010, 29 ss.


  30. A tale riguardo, un’occasione di riflessione è offerta dalla lettura di G. SPANGHER, Premessa, in AA.VV., Le nuove norme sulla tutela della sicurezza dei cittadini (c.d. “Pacchetto sicurezza”), Commento coordinato da G. Spangher, Milano, 2001, XI, cui si rinvia.


  31. Sullo specifico punto, v. F.P. GIORDANO, Le indagini preliminari. Poteri e limiti del Pubblico Ministero e della Polizia giudiziaria, Padova, 2004, 72, nonché G. SPANGHER, Le norme contro la pedofilia. Le norme di diritto processuale, in Dir. pen. proc., 1998, 1231.


  32. In proposito, R. HOLMES-J. DE BURGER, Serial Murder, cit., passim.


  33. Sul punto, diffusamente M. PICOZZI-A. ZAPPALA’, Criminal profiling. Dall’analisi della scena del delitto al profilo psicologico del criminale, McGraw-Hill, Companies, 2001, passim.


  34. A tale riguardo, si veda: V.M. MASTRONARDI-R. DE LUCA, I serial killer, cit., 382 ss.


  35. Ancora V.M. MASTRONARDI-R. DE LUCA, I serial killer, cit., 385 ss.


  36. Tuttavia, non può tacersi che, quand’anche si proceda ad una rapida identificazione dell’omicida seriale, non è sempre semplice riuscire ad assicurarlo alla giustizia in tempi brevi.