La PAS: la sindrome di alienazione parentale.
di Stefania Petruzzelli
Nel corso degli ultimi anni, la giurisprudenza di legittimità e di merito sta dedicando particolare attenzione a quella che tecnicamente viene definita PAS (sindrome di alienazione parentale), consistente in comportamenti del genitore alienante finalizzati a mettere in cattiva luce l’altro genitore, utilizzando subdolamente il minore come strumento di punizione per l’avvenuta separazione.
E’ ben noto che il comportamento elusivo del genitore affidatario integra gli estremi del reato di cui all’art. 388, 2 comma, c.p., secondo cui “è punito con la pena della reclusione fino a 3 anni o della multa da 103,00 euro a 1.032,00 euro chi elude l’esecuzione di un provvedimento del giudice civile, che concerna l’affidamento dei minori o di altre persone incapaci”.
Perché si realizzi la fattispecie di reato, è necessario sia il presupposto materiale rappresentato dalla violazione o elusione di un provvedimento civile, sia il presupposto psicologico caratterizzato dal dolo generico inteso come coscienza e volontà di disobbedire e trasgredire il precetto di legge.
Con sentenza n. 25244/06, la Suprema Corte di Cassazione, intervenuta sull’argomento, ha statuito che “l’elusione dell’esecuzione del provvedimento giurisdizionale adottato in sede di separazione dei coniugi, si realizza anche attraverso la mancata ottemperanza al provvedimento stesso”.
La condotta elusiva può quindi consistere anche in un semplice non fare, in una condotta non collaborativa o omissiva che vanifica ingiustamente le pretese e le aspettative dell’altra persona, nel caso di specie, il genitore non affidatario o non convivente con il minore.
Dovere essenziale del genitore “affidatario” o convivente con il minore è quello di favorire proprio il rapporto con l’altro coniuge e questo perché entrambe le figure sono fondamentali nel percorso di crescita del minore: impedire o ostacolare tale rapporto non può che avere effetti deleteri non solo sul piano psicologico ma anche sul piano della sua formazione personale.
Ciò che si richiede non è quindi una semplice disponibilità passiva ma una fattiva collaborazione con l’altro coniuge, che permetta in tal modo di superare con maturità e coscienza i rancori legati alla fine del proprio rapporto matrimoniale, tutelando e perseverando i propri figli che non devono mai essere protagonisti inconsapevoli ed indifesi dei loro scontri personali e privati.
Numerose le sentenze, tra le quali occorre menzionare una recente sentenza della Cassazione Penale Sez. IV n. 27995/09, che hanno provveduto a condannare il genitore affidatario, colpevole di aver eluso il provvedimento presidenziale in ordine all’affidamento del minore, impedendo in tal modo il corretto esercizio del diritto di visita.
E’ stato chiarito, inoltre, che neppure la resistenza del minore nei confronti dell’altro genitore a passare del tempo con il predetto può essere utilizzata quale causa di esclusione della colpevolezza per il genitore affidatario, che deve comunque garantire il rispetto di quanto stabilito nel provvedimento del giudice, sia perché la resistenza del minore può essere indice evidente di una PAS esercitata dal genitore affidatario, sia perché, come innanzi precisato il genitore collocatario deve avere un comportamento attivo volto a favorire il rapporto con l’altro genitore.
A tal proposito, si deve richiamare una sentenza del Tribunale di Monza del 05.11.2004 ( in Danno e Resp., 2005, p. 851), che ha riconosciuto l’esistenza del danno esistenziale per responsabilità del genitore affidatario presso il quale il figlio viveva stabilmente: il genitore che venga meno al fondamentale dovere, morale e giuridico, di non ostacolare, anzi di favorire la partecipazione dell’altro genitore alla crescita ed alla vita affettiva del figlio, è responsabile per il grave pregiudizio arrecato al diritto personale di quest’ultimo alla piena realizzazione del rapporto parentale.
E’, pertanto, risarcibile la avvenuta compromissione del rapporto tra il figlio e l’altro genitore che non ha potuto esercitare per lungo tempo il diritto di visita al figlio per effetto della condotta ostruzionistica dell’altro genitore.
L’annullamento della funzione genitoriale comporta un grave danno morale ed esistenziale, in quanto il genitore non può assolvere ai propri doveri nei confronti del figlio e non può esercitare i propri legittimi diritti di genitore, riconosciuti e garantiti dalla Costituzione.
Conseguentemente anche il figlio potrebbe subire un danno meritevole di risarcimento dalla condotta del genitore “ostacolante”: viene, infatti, leso un interesse fondamentale del minore, consistente nel diritto a svolgere un armonico rapporto affettivo con il proprio genitore ed a ricevere dallo stesso la necessaria formazione sociale, istruttive ed educativa, così come previsto dall’art. 30 della Costituzione.
Quali sono i segnali che possono indurre a ritenere che venga posta in essere la c.d. “PAS”?
Ostacoli alle frequentazioni del figlio con l’altro genitore:
- inventando scuse banali;
- mentendo sullo stato di salute del bambino;
- impegnando il bambino in attività ricreative nei giorni che deve passare con l’altro genitore.
Delegittimazione del ruolo genitoriale con :
- la denigrazione dell’altro genitore;
- parole di squalifica dell’altra figura genitoriale in presenza del figlio;
- la soddisfazione dei desideri del figlio che l’altro genitore disapprova e ciò senza interpellarlo.
Riduzione del ruolo decisionale dell’altro genitore con:
- mancate informazioni sull’andamento scolastico del figlio;
- mancate informazioni sulle sue attività ricreative.
Solo per chiarezza di idee, si rammenta come la PAS sarebbe prodotta da una “programmazione” dei figli da parte di un genitore patologico (genitore alienante): una specie di lavaggio del cervello che porterebbe i figli a perdere il contatto con la realtà degli affetti, e ad esibire astio ingiustificato verso l’altro genitore (genitore alienato). Le tecniche di “programmazione” del genitore alienante, tipicamente, comprendono l’uso di espressioni denigratorie riferite all’altro genitore; false accuse di trascuratezza, violenza; la costruzione di una “realtà virtuale familiare” che genera, nei figli, profondi sentimenti di paura, diffidenza verso il genitore alienato. I figli, quindi, si alleerebbero con il genitore “sofferente”; si mostrerebbero come contagiati da questa sofferenza, ed inizierebbero ad appoggiare la visione del genitore alienante, esprimendo, in modo apparentemente autonomo, astio contro il genitore alienato. La “programmazione” arriverebbe a distruggere la relazione fra figli e genitore alienato.
Ciò che si auspica è che vi sia maggiore attenzione da parte della magistratura a tali comportamenti genitoriali che, nell’ottica del principio di bigenitorialità affermato con l’affidamento condiviso, devono trovare severa punizione civile e penale.
Avv. Stefania PETRUZZELLI