IL MEDIATORE
di Giuseppe Torelli


L’attività di mediatore è stata nel tempo sempre ritenuta una attività minore o di poco conto.
Storicamente (parliamo di quaranta-cinquanta anni fa) colui che svolgeva l’attività di mediatore era ritenuto una persona che non era riuscito, nella vita, a svolgere nessuna altra attività.
Insomma, era ritenuto uno, che… “non aveva un mestiere” e conseguentemente non aveva alcuna prospettiva nella vita; che non era affidabile e aveva scarse possibilità di guadagnarsi da vivere.
In tutti i contratti di compravendita, nei quali era intervenuto un mediatore, i contraenti adottavano tutti gli espedienti per evitare il pagamento delle sue prestazioni.
A questo si aggiunga che la “figura” del mediatore veniva sempre associata ad una persona poco corretta, scaltra, un pò bugiarda, se non addirittura falsa, comunque “cangiante” e poco affidabile.
Ricordo di una famiglia borghese e benestante, con due figli di diverso sesso, la cui figliola si presentò un giorno dal padre, che svolgeva la professione di avvocato, e con gioia gli annunciò che si era fidanzata. Il padre pose alla figlia la domanda di rito: Ma che mestiere fa? e la figlia, senza tenere un comportamento “prudente” perchè accecata dall’amore, confessò che il fidanzato faceva… il mediatore! La reazione del padre fu immediatamente negativa e diretta ad ostacolare le nozze della figlia con il mediatore, fino a quando dovette accettare, come sempre accade, il “fatto compiuto”. Il poveruomo dovette consentire alle nozze, prendendosi, come unica soddisfazione la intimazione al figlio maschio, con voce alta e determinata: “figlio mio, studia, altrimenti anche tu finisci per fare il mediatore!”.
Al contrario, nella seconda parte del secolo passato, l’attività del mediatore si è invece rivalutata: non vi è contratto, in cui non compare un mediatore (anche in campo sportivo, in particolare calcistico, come in campo artistico, c’è sempre l’agente-mediatore); sono sorte le agenzie di mediazione; è stato istituito l’albo professionale dei mediatori; è stata fatta una legge che regola il contratto di mediazione e la figura del mediatore; le agenzie e i mediatori sono imprenditori regolarmente iscritti alla CCIAA.
L’unico campo nel quale non era stata ancora introdotta la figura del mediatore era quella degli uffici giudiziari, nei quali era stato sempre previsto un “pallido” tentativo, non sempre obbligatorio, da parte del giudice, di tentare la conciliazione.
Recentemente, con il D.Lvo n.28/2010, l’attività di mediazione è stata resa obbligatoria in campo giudiziario.
La legge ha avuto diffusione anche mediatica, a mezzo della presentatrice Milly Carlucci, la quale precisa nello “SPOT” che l’attività di mediatore può essere svolta, anche quando la causa è già iniziata.
La legge non è ispirata allo “spirito di solidarietà, alla pace sociale e in concreto alla limitazione della “litigiosità tra gli uomini”, ma ha solo la funzione di far diminuire il contenzioso civile, e, in definitiva di sottrarre lavoro, sicuramente ai giudici, ma, purtroppo anche agli avvocati, che “vivono” di litigiosità.
La legge tende ad un effetto “deflattivo” del contenzioso, sulla scia di altre leggi, che si sono ispirate alla stessa esigenza (disconoscimento del lavoro svolto dagli avvocati nei rapporti con le compagnie di assicurazioni; obbligatorietà del tentativo di conciliazione dinanzi all’Ispettorato del Lavoro etc.etc.).
Un uguale clamore mediatico non mi risulta sia stato mai diffuso per la professione di avvocato.
Se oggi si presentasse quella figliola al padre, dicendo che si è fidanzata con un avvocato, quel padre avrebbe motivo di esclamare: figlio mio, studia da mediatore, altrimenti finisci per fare l’avvocato!


avv.Giuseppe Torelli