Delibera del 13 maggio 2010
La Giunta dell’Unione delle Camere Penali italiane
premesso
– attraverso un percorso che parte dagli inizi degli anni 2000 l’Unione delle Camere Penali Italiane ha segnalato alla pubblica opinione la inarrestabile deriva dell’avvocatura italiana, colpita da evidenti quanto drammatici fenomeni di dequalificazione professionale, impreparazione, incapacità di tutelare i cittadini, i loro beni, la loro libertà anche a causa di un accesso professionale indiscriminato, incontrollato ed inadeguato ad assicurare ogni controllo su una seppur minima preparazione professionale (in proposito basti pensare alle incredibili percentuali di “promossi” agli esami di stato di accesso professionale, ed ai fenomeni degenerativi in talune sedi di esame);
– la descritta situazione ha determinato l’UCPI ad impegnarsi nel tempo per recuperare la devastante perdita di credibilità dell’avvocatura ed ha individuato nella degenerazione complessiva sotto gli occhi di tutti due rischi mortali per la libera professione forense: da un lato l’abbandonare i cittadini, specie i meno provveduti ed economicamente solidi, nelle mani di professionisti impreparati, dall’altro ratificare un assetto processuale che, di fronte ad una accusa sempre più forte, presentasse viceversa una difesa sempre più dequalificata, autorizzando così implicitamente il giudice a rafforzare la risalente concezione paternalistica del processo che incide anche sulla sua reale terzietà (per altro verso richiesta dai penalisti italiani con le storiche battaglie sulla separazione delle carriere);
– gli effetti perversi di questo stato di cose hanno determinato la necessità di una riforma forense che, avversando aspetti corporativi, prevedesse quanto meno tre baluardi indispensabili a porre un freno alla disgregazione della professione legale: un accesso professionale rigoroso e non demagogicamente disciplinato, che fosse garanzia per i giovani più capaci e non stanza di compensazione della disoccupazione intellettuale; un controllo permanente sulla qualità della preparazione dei legali attraverso verifiche nel tempo; l’introduzione della specializzazione forense, che ponesse fine al preoccupante fenomeno dell’avvocato “tuttologo”, solo asseritamente in grado di fronteggiare la professione in tutti i settori del diritto;
– il progetto di riforma forense approvato dalla Commissione Giustizia del Senato costituiva, in linea di massima, un ragionevole compromesso fra le varie esigenze, ma a fronte dell’impegno ragguardevole e condivisibile di parte della maggioranza e di talune componenti dell’opposizione esso ha scatenato forze interne ed esterne alla politica, ed anche interne alla stessa maggioranza parlamentare, per cercare di rallentarne e sabotarne il cammino e comunque di stravolgerne i contenuti fondamentali. Ciò è avvenuto mediante la prospettazione di motivazioni apparentemente legate a principi “liberali” ma in realtà fondate su concezioni stataliste o demagogiche, secondo le quali l’introduzione di un “libero mercato” (come se non fosse tale quello che vede oggi calcare la scena quasi 250.000 legali, cinque volte di più di quelli francesi!) garantirebbe la qualità; secondo le quali ai giovani dovrebbe essere ulteriormente consentito un accesso assolutamente indiscriminato e privo di connotati selettivi e, infine, secondo le quali si vorrebbe addirittura (secondo alcune proposte emendative della opposizione), abolendo o distorcendo la parte delle legge che introduce e soprattutto regola la specializzazione, perpetuare la figura dell’avvocato capace di occuparsi di tutti i settori giuridici;
– l’incapacità della politica non soltanto di assicurare quel celere percorso parlamentare più volte promesso, ma persino di garantire con fermezza il primario obiettivo di recupero della qualità della prestazione professionale rischia di determinare un ulteriore decadimento del ruolo e della funzione dell’avvocato nel processo e di compromettere ancor più la qualità della giurisdizione. Illuminanti sono al riguardo le modifiche all’art. 8 approvate ieri dall’aula: tradendo la natura professionale della specializzazione forense ed il suo significato di strumento di garanzia di elevata qualificazione professionale, il Senato l’ha delineata come ennesimo percorso di formazione, preferibilmente teorica, destinata ad avvocati totalmente privi di esperienza nelle aule di giustizia, con ciò continuando a consentire che si consumino inganni ai danni dei cittadini;
– tale intollerabile situazione determina l’Unione delle Camere Penali a dare concreta attuazione alla delibera assunta all’unanimità dai penalisti italiani nel Congresso di Torino dell’ottobre 2009, e cioè a procedere autonomamente, nell’incapacità delle forze parlamentari di garantire un assetto della professione che offra reali garanzie di qualità ai cittadini ed al funzionamento della giustizia, alla istituzione della specializzazione forense;
– l’Unione delle Camere Penali Italiane ha storicamente dimostrato, attraverso le proprie scuole di formazione dell’avvocato penalista, recentemente rinnovate anche per far fronte alle nuove sfide, di poter assicurare una formazione seria e rigorosa, mirata ad elevati livelli di qualificazione professionale specifica tramite lo studio teorico e la continua ed effettiva esperienza nelle aule di udienza e, congiuntamente, alla acquisizione della consapevolezza del ruolo del difensore penale nello stato di diritto, formazione attuata con costi che compensino le sole spese vive e dunque senza le degenerazioni affaristiche del “business” formativo.
Tanto premesso, l’Unione delle Camere Penali Italiane
protesta
per lo stravolgimento delle norme approvate dalla Commissione Giustizia del Senato attuato in questi giorni dall’aula, che sta così dando prova di non sapere assumere il punto di vista dell’interesse del cittadino alla qualità della giurisdizione, resistendo ai miti di una falsa liberalizzazione, e di voler continuare a consentire il progressivo indebolimento del ruolo della difesa, tramite la dequalificazione professionale;
delibera formalmente di istituire
in conformità con i propri deliberati congressuali (Bari 2004, Ancona 2006, Treviso 2007, Parma 2008, Torino 2009), sentito il Consiglio delle Camere Penali Italiane, la specializzazione forense del Penalista U.C.P.I. che, secondo apposito regolamento che viene contestualmente licenziato, modulato secondo i parametri del testo di legge approvato dalla Commissione Giustizia del Senato, consentirà agli avvocati penalisti di conseguire il titolo di Penalista Specializzato U.C.P.I.;
delibera altresì
che gli organi dell’Unione e il Responsabile delle Scuole diano immediato corso, senza alcun ritardo, a tutti i passaggi necessari per il bando di attuazione della specializzazione in questione e dei relativi corsi, istituendo altresì l’elenco dei Penalisti Specializzati U.C.P.I.;
riserva
ulteriori iniziative di ferma protesta rispetto all’inerzia ed alla incapacità della politica di attuare, come invece reiteratamente e sotto più aspetti promesso, un serio percorso riformatore del sistema giustizia, che assicuri, anche tramite la riforma dell’ordinamento forense, effettiva parità delle parti nel processo e giustizia della decisione;
dispone
trasmettersi la presente delibera ai Presidenti delle Camere Penali, ai Presidenti dei Consigli dell’Ordine territoriali, ai Presidenti delle Unioni distrettuali degli ordini forensi, al Presidente ed ai componenti del C.N.F., ai Presidenti delle associazioni forensi, al Ministro della Giustizia, al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Presidente della Repubblica, ai Presidenti di Camera e Senato, ai Senatori della Repubblica, ai responsabili giustizia dei partiti.
Roma, 13 maggio 2010
La Giunta U.C.P.I.
Il Segretario |
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| Il Presidente |