Corte di Cassazione
Sentenza n. 21371 del 07/10/2009


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:


Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Presidente –
Dott. DI PALMA Salvatore – rel. Consigliere –
Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –
Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –
Dott. CULTRERA Maria Rosaria – Consigliere –


ha pronunciato la seguente:


sentenza


sul ricorso 25623/2007 proposto da:
H.K., elettivamente domiciliato in ROMA, ( omissis) – ricorrente –


contro


MINISTERO DELLA GIUSTIZIA; – intimato –


avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di PERUGIA depositato il 23/05/2007;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 04/06/2009 dal Consigliere Dott. SALVATORE DI PALMA;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CICCOLO Pasquale Paolo Maria, che ha concluso per l’inammissibilità o in subordine per l’accoglimento del ricorso.


RITENUTO IN FATTO
che H.K., con ricorso del 3 ottobre 2007, ha impugnato per cassazione nei confronti del Ministro della giustizia – deducendo un unico motivo di censura – il decreto della Corte d’Appello di Perugia depositato in data 23 maggio 2007, con il quale la Corte d’appello, in parziale accoglimento del ricorso, proposto dallo stesso H. K. e volto ad ottenere l’equa riparazione del danno non patrimoniale ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma 1, nella misura di Euro 5.000,00, ha condannato l’intimato Ministro al pagamento in favore del ricorrente della somma di Euro 3.500,00, oltre al rimborso delle spese processuali;
che in particolare, quanto alla pronuncia di condanna del Ministro della giustizia al rimborso delle spese processuali, la Corte perugina – dopo aver osservato, nella motivazione, che “l’Amministrazione convenuta, soccombente, va condannata al rimborso delle spese della procedura in favore del ricorrente, tenuto peraltro conto dell’accoglimento solo parziale della domanda attorea” – ha statuito, nel dispositivo: “condanna il detto Ministero al rimborso in favore del ricorrente delle spese processuali, che si liquidano in complessivi Euro 550,00, di cui Euro 16,52 per esborsi, Euro 200,00 per diritti ed il residuo per onorari, oltre rimborso forfetario spese generali, Cap e Iva come per legge, da distrarsi in favore del difensore dichiaratosene antistatario”;
che il Ministro della giustizia, benchè ritualmente intimato, non si è costituito nè ha svolto attività difensiva.


CONSIDERATO IN DIRITTO
che, con l’unico motivo (con il quale deduce “Violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., e segg., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”), il ricorrente critica il provvedimento impugnato, nella parte in cui ha liquidato le spese di lite in misura inferiore ai limiti di legge, dolendosi in particolare, sulla base del “progetto di notula” allegato anche al presente ricorso, che la Corte d’appello ha liquidato: a) la predetta somma di Euro 550,00 come imputata nel surriportato dispositivo, anzichè quella minima ed inderogabile ammontante ad Euro 1.152,24, di cui Euro 28,54 per spese, Euro 624,00 per diritti ed Euro 500,00 per onorari; b) la stessa somma in misura inferiore ai minimi tariffari, senza indicare i criteri di liquidazione adottati, così impedendo il controllo di legittimità in ordine alla corretta applicazione della tariffa forense, obbligatoria per legge quanto al rispetto dei minimi tariffari per onorari e diritti;
che, in conclusione, il ricorrente ha formulato i due seguenti quesiti di diritto: 1) “Dica la Suprema Corte: se l’omessa pronuncia da parte del Giudice del gravame su uno specifico motivo di impugnazione implichi la violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato; se la riduzione immotivata della nota spese quanto alle spese legali, al di sotto dei limiti di legge, determini un vizio di motivazione ed una violazione della L. n. 794 del 1942, art. 24”; 2) “Dica la Suprema Corte: se il Giudice di merito – in assenza di nota spese depositata dal procuratore della parte – abbia comunque obbligo di liquidare le spese di lite secondo i minimi tariffari essendo a ciò sufficiente unicamente l’esame degli atti di causa da parte del Magistrato”;
che – a prescindere dalla non pertinenza, rispetto al thema decidendum, della prima parte del primo quesito di diritto, essendo stati la seconda parte di questo ed il secondo quesito correttamente formulati – il ricorso merita accoglimento, nei limiti di seguito indicati;
che, in conformità con il principio affermato con la sentenza n. 25352 del 2008 di questa Corte, condiviso dal Collegio, va preliminarmente ribadito che, ai fini della liquidazione delle spese processuali, il procedimento in camera di consiglio dinanzi alla corte d’appello di cui alla L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 3, per l’equa riparazione conseguente alla violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, deve qualificarsi come procedimento contenzioso;
che conseguentemente, quanto alla determinazione degli onorari e dei diritti spettanti all’avvocato per l’attività prestata in detto procedimento, devono applicarsi, rispettivamente, le tabelle A, paragrafo 4^, e B, paragrafo 1^, allegate al D.M. Giustizia 8 aprile 2004, n. 127 (Regolamento recante approvazione della Delib. Consiglio Nazionale Forense in data 20 settembre 2002, che stabilisce i criteri per la determinazione degli onorari, dei diritti e delle indennità spettanti agli avvocati per le prestazioni giudiziali, in materia civile, penale, amministrativa e stragiudiziale), e, quanto alla liquidazione dei detti onorari e diritti, deve osservarsi il principio, di cui alla L. 13 giugno 1942, n. 794, art. 24 (Onorari di avvocato e di procuratore per prestazioni giudiziali in materia civile), della inderogabilità degli onorari minimi e dei diritti stabiliti nella predetta tariffa professionale forense;
che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte (cfr., ex plurimis, le sentenze nn. 8158 del 2003, 21325 del 2005, 1763 del 2006, 2254 del 2007), il giudice, nel liquidare le spese processuali, anche in mancanza di una nota specifica prodotta dalla parte vittoriosa, deve indicare il sistema di liquidazione adottato e la tariffa professionale applicabile, è tenuto al rispetto dell’inderogabile limite minimo degli onorari e dei diritti stabilito dalla tariffa professionale forense in relazione al valore della causa e non può limitarsi ad una globale determinazione di tali compensi senza dare contestuale adeguata motivazione della eliminazione e/o della riduzione di voci da lui operata, allo scopo di consentire il sindacato di legittimità circa la conformità della liquidazione a quanto stabilito da detta tariffa ed a quanto risultante dagli atti di causa;
che, nella specie, la Corte d’Appello di Perugia: a) non ha specificato il sistema di liquidazione adottato nè la tariffa professionale applicabile alla controversia; b) pur non precisandolo espressamente, ha presumibilmente applicato a detta controversia, per la liquidazione degli onorar e dei diritti, rispettivamente, la voce 50, lettera a), del paragrafo 8^, della tabella A, e la voce 75 del paragrafo 3^, della tabella B della tariffa professionale forense, ambedue relative ai “procedimenti speciali”, ponendosi cosi in contrasto con la predetta qualificazione del procedimento per l’equa riparazione siccome procedimento di natura contenziosa; c) conseguentemente, è incorsa nella violazione del principio della inderogabilità degli onorar minimi e dei diritti stabiliti nella predetta tariffa per i procedimenti di natura contenziosa;
che, pertanto, il decreto impugnato deve essere annullato, nella parte in cui provvede alla liquidazione delle spese del procedimento;
che, tenuto conto del “progetto di notula” allegato al presente ricorso, la causa può essere decisa nel merito ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ., comma 2, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto;
che tuttavia, non avendo il ricorrente nè dedotto nè dimostrato – come invece era suo preciso onere in questa sede – che detto “progetto di notula” corrisponde a quello depositato nel giudizio a quo, questa Corte deve procedere ad una autonoma liquidazione delle spese di tale giudizio;
che, a tal fine, il progetto risulta correttamente redatto quanto alla determinazione degli onorari spettanti al difensore di H. K. per l’attività prestata in detto procedimento, con riferimento ai minimi previsti dalla tabella A, paragrafo 4^, della vigente tariffa professionale forense, mentre risulta eccessivo – rispetto agli standards osservati da questa Corte in analoghe fattispecie – quanto alla determinazione dei diritti di cui alla tabella B, paragrafo 1^, delle stessa tariffa;
che, pertanto, il Ministro della Giustizia deve essere condannato al rimborso in favore del ricorrente delle spese processuali del giudizio a quo, che si liquidano in complessivi Euro 913,54, di cui Euro 28,54 per spese, Euro 385,00 per diritti ed Euro 500,00 per onorari, oltre al rimborso forfetario delle spese generali in ragione del 12,5% sull’importo degli onorari e dei diritti, da distrarsi in favore del difensore dichiaratosene antistatario, ed agli accessori come per legge;
che le spese del presente grado di giudizio, compensate per la metà in ragione del non integrale accoglimento del ricorso, per l’altra metà seguono la soccombenza e vengono liquidate nel dispositivo.


P.Q.M.


Accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato, nella parte in cui provvede alla liquidazione delle spese del procedimento, e, decidendo la causa nel merito, condanna il Ministro della Giustizia al rimborso, in favore del ricorrente, delle spese processuali, che liquida in complessivi Euro 913,54, di cui Euro 500,00 per onorari ed Euro 385,00 per diritti, da distrarsi in favore dell’Avv.ssa Tralicci, dichiaratasene antistataria. Compensa per la metà le spese del presente grado di giudizio e pone a carico del Ministro della giustizia l’altra metà, che liquida in Euro 250,00, di cui Euro 50,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge.


Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 4 giugno 2009.
Depositato in Cancelleria il 7 ottobre 2009