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Tribunale di Trani, Sezione Lavoro, ordinanza 26/03/09


Il Giudice:


a scioglimento della riserva assunta all’udienza del 2.3.09 nella controversai intercorrente  tra D.L. e INPS e Ministero dell’Economia e delle Finanze;
letti gli atti e le deduzioni delle parti:


OSSERVA


L’eccezione di decadenza sollevata dall’INPS deve essere rigettata.
Invero, il disposto dell’art.42 comma 3 D.L: 269/2003 (“A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto non trovano applicazione le disposizioni in materia di ricorso amministrativo avverso i provvedimenti emanati in esito alle procedure in materia di riconoscimento dei benefici di cui al presente articolo. La domanda giudiziale è proposta, a  pena di decadenza, avanti alla competente autorità giudiziaria entro e non oltre sei mesi dalla data di comunicazione all’interessato del provvedimento emanato in sede amministrativa”), la cui entrata in vigore è stata differita al 31.12.2004 dall’art.23 comma 2 D.L. 355/2003, deve essere applicato alle sole ipotesi in cui la visita medica presso la Commissione medica per l’invalidità civile e la comunicazione del relativo esito siano avvenute dopo il 31.12.2004.
Infatti, tenuto conto che il termine decadenziale decorre, ex art.42 citato, dalla data di comunicazione del verbale di accertamento della commissione ed in assenza di una chiara disposizione transitoria, per individuare la normativa applicabile deve aversi riguardo al momento in cui tale comunicaizone è avvenuta, rimanendo, dunque, soggetti alla disciplina previgente i procedimenti in cui la comunicazione del verbale è avvenuta prima dell’entrata in vigore dell’art.42 comma 3 D.L: 269/2003 (31.12.2004); tanto in ossequio al principio del tempus regit actum.
Si consideri in proposito che la giurisprudenza, sia di legittimità che costituzionale, ha avuto modo di ribadire in diverse occasioni con riferimento al termine decadenziale di cui all’art.47 D.P.R. 639/70 ridotto a tre anni dall’intervento dell’art.4 D.L. 384/1992, che per principio generale “il termine di decadenza prende regola dalla disciplina in vigore al momento in cui comincia a decorrere” (Corte Cost. 20/1994, 128/1996).
Più in particolare, nella sentenza n.128/1996 la Corte, chiamata a pronunciarsi sulla questione di illegittimità costituzionale dell’art.4 D.L. 384/1992, per contrasto con l’art. 24 e 38 Cost. in relazione al caso in cui , anteriormente al 19 settembre 1992, fosse stata presentata la sola istanza amministrativa e fossero decorsi i termini massimi prescritti per l’esaurimento del procedimento, aveva rigettato la questione di illegittimità costituzionale, affermando che un’interpretazione che avesse portato all’applicazione del termine decadenziale di tre anni ai procedimenti amministrativi del tutto conclusi prima del 19 settembre 1992, data di entrata in vigore del D.L. 384/1992 (ossia a quei procedimenti in cui prima di tale data la domanda amministrativa era stata proposta ed erano decorsi i termini massimi per l’esaurimento del procedimento amministrativo) avrebbe violato il principio di irretroattività della legge, secondo il quale la legge sopravvenuta non può essere applicata ai facta praeterita corrispondenti agli elementi di una nuova fattispecie produttiva di effetti che a quei fatti dalla legge precedente non erano collegati. Riteneva, pertanto, la Corte che, perchè la decadenza disposta dall’art.47, secondo comma, D.P.R. n.639 del 1970 potesse decorrere dal terzo dies a quo aggiunto, con funzione di norma di chiusura, dall’art.4, comma 1, del D.L. n.384 del 1992, era necessario che tutti gli elementi della fattispecie, a cominciare dall’istanza amministrativa (richiamata espressamente dal terzo dies a quo aggiunto dalla legge in esame), fossero venuti in essere dopo l’entrata in vigore del decreto (Cass. 27674/2005).
Nel caso che ci occupa, facendo applicazione del suddetto principio, si evidenzia che l’art.42 D.L. 269/2003 dà rilievo ad una fattispecie nuova (la comunicazione del verbale della Commissione medica) che produce effetti (il decorso del termine di sei mesi per la proposizione del ricorso giudiziale) che non erano affatto collegati al medesimo fatto dale leggi previgenti. Ne deriva, pertanto, che per poter fare applicazione di tale nuova normativa e del termine decadenziale da essa introdotto è necessario che l’intera fattispecie presa in considerazione dalla norma si sia completata dopo l’entrata in vigore della norma, ossia che la comunicazione del verbale della commissione medica sia avvenuta dopo il 1.1.2005.
Nè può ritenersi applicabile il principio generale, pure accennato nelle pronunce della Corte Costituzionale n. 128/1996 e 20/1994, sancito dall’art.252 att. c.c., per il quale dalla data di entrata in vigore della legge abbreviatrice della decadenza, il nuovo termine si applica anche alle decadenze in corso qualora a questa data il tratto residuo, non ancora consumato, del termine precedente sia di durata superiore. Nel caso di specie, infatti, non si tratta di riduzione di un termine decadenziale, ma di introduzione ex novo di tale termine con la riforma integrale dei rimedi previsti avverso il verbale della Commissione medica per gli invalidi civili, che ha comportato l’esclusione dei ricorsi amministrativi e l’introduzione del termine decadenziale di sei mesi dalla comunicazione del verbale per la proposizione del ricorso giudiziario.
Si ritiene che in tale caso, a differenza di quanto avviene nell’ipotesi di mera riduzione di un termine di decadenza in precedenza previsto, i rimedi che l’interessato piò proporre avverso il verbale negativo della Commissione medica per gli invalidi civili vanno individutai nel momento in cui tale verbale viene a conoscenza dell’interessato mediante al comunicazione dello stesso. Ove tale comunicazione sia avvenuta prima del 31.12.2004, saranno applicabili i rimedi (ivi compresi i ricorsi amministrativi) previsti prima dell’entrata in vigore del D.L. 269/2003, mentre, ove la comunicazione sia avvenuta dopo la suddetta data, non sarà più possibile proporre il ricorso amministrativo, potendosi unicamente adire l’autorità giudiziaria entro il termine di decadenza di sei mesi.
Per i motivi esposti, l’eccezione di decadenza formulata dall’INPS deve essere rigettata; invero il ricorrente ha ricevuto la comunicazione del verbale di visita il 13.7.04, con conseguente l’applicabilità alla fattispecie del regime vigente anteriormente all’entrata in vigore del D.L. 269/2003.
Il rigetto dell’eccezione di decadenza impone di fare luogo alla CTU chiesta dal ricorrente.


P.Q.M.


Rigetta l’eccezione di decadenza formulata dall’INPS;
dispone che si faccia luogo a CTU;
conferma la nomina a CTU del Dr. B. (già contenuta nel decreto di fissazione di udienza) e ne dispone la citazione a cura della cancelleria.
Fissa l’udienza del … per il prosieguo.
Si Comunichi.


Trani, 26.3.09.


Il Giudice del Lavoro
Dr.ssa Roberta Savelli



Nota a firma dell’Avv. Antonio De Simone


Trib. Trani, Sez. Lav., ord. 26/03/09 – INVALIDITÀ CIVILE: IL TERMINE DECADENZIALE DI SEI MESI EX ART. 42, 3° CO., D.L. 269/03, SI APPLICA SOLO AI VERBALI NOTIFICATI DOPO IL 31/12/04.


Il provvedimento che si annota è particolarmente interessante in quanto risolve una problematica insorta di recente, in materia previdenziale e, più precisamente, in tema di invalidità civile, a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 42, 3° co., D.L. 30/09/2003, n. 269, convertito, con modificazioni, in L. 24/11/03, n. 326.
La norma contenuta nel precitato art. 42, 3° co., come è noto, ha abolito la possibilità di ricorrere in via amministrativa avverso i provvedimenti in materia di invalidità civile, riservando la sola tutela del ricorso giurisdizionale esperibile nel ristretto termine decadenziale di sei mesi dalla data della loro comunicazione.
Tale disposizione, infatti, recita testualmente: “A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto non trovano applicazione le disposizioni in materia di ricorso amministrativo avverso i provvedimenti emanati in esito alle procedure in materia di riconoscimento dei benefici di cui al presente articolo. La domanda giudiziale è proposta, a pena di decadenza, avanti alla competente autorità giudizi aria entro e non oltre sei mesi dalla data di comunicazione all’interessato del provvedimento emanato in sede amministrativa”.
Sennonché, con l’art. 23, 2° comma, D.L. n. 355/2003, convertito, con modificazioni, in L. n. 47/04, l’efficacia delle disposizioni contenute nel precitato art. 42 è stata differita dal 02/10/2003 (data di entrata in vigore del decreto-legge) al 31/12/2004.
Ebbene, la querelle che ha coinvolto ed insieme diviso interpreti ed operatori del diritto, e sulla quale non constano ad oggi pronunciamenti della Corte di Cassazione, riguarda l’individuazione dell’ambito temporale di applicabilità della nuova disciplina recata dalla norma suddetta, dovendosi cioè stabilire se al nuovo termine decadenziale di 6 mesi da questa introdotto a partire – come detto – dal 01/01/2005, debbano soggiacere solo i verbali di visita delle Commissioni mediche per l’invalidità civile comunicati successivamente a tale data, o viceversa anche quelli notificati anteriormente.
Come si può ben comprendere, si tratta una questione interpretativa non di poco conto sul piano sia teorico che applicativo, ove da un lato si consideri la brevità del nuovo termine perentorio e le rilevanti conseguenze che, sotto il profilo procedimentale, la sua introduzione ha comportato (abolizione dei ricorsi amministrativi), dall’altro si ponga mente al fatto che siffatta questione è divenuta una sorta di vero e proprio leit-motiv in tutti i giudizi instaurati negli ultimi anni, ovvero successivamente alla entrata in vigore dell’art. 42, aventi ad oggetto l’opposizione avverso verbali negativi delle Commissioni mediche per l’invalidità civile notificati prima della data del 31/12/2004.
In sostanza, ci si è interrogati se siffatto termine, considerata la mancata previsione da parte del D.L. n. 269/2003 di norme transitorie, trovi applicazione indistintamente per tutti i ricorsi giudiziari proposti dopo la data di entrata in vigore della nuova disciplina, e quindi sia che riguardino verbali di visita comunicati dal 2005 in poi, sia che abbiano ad oggetto verbali di visita notificati prima del 31/12/2004, ovvero nella vigenza della precedente normativa che invece contemplava ancora il previo esperimento del ricorso amministrativo con possibilità per il soggetto interessato di agire in giudizio senza limiti di tempo se non quelli della prescrizione ordinaria.
Ai fini di una più chiara comprensione della problematica de qua e delle acute argomentazioni svolte dal Tribunale di Trani nel provvedimento segnalato e poste alla base della soluzione interpretativa offerta, è opportuno dar conto di quella che è stata la tesi sostenuta dal Ministero dell’economia e delle Finanze chiamato in causa, peraltro sostanzialmente speculare a quella prospettata dall’INPS in giudizi identici a quello di specie nei quali l’Istituto è stato convenuto.
Nel caso sottoposto al vaglio del giudice del lavoro tranese, trattavasi di un verbale di visita della Commissione medica per l’invalidità civile notificato alla ricorrente in data 13/07/2004 e, dunque, anteriormente all’entrata in vigore del D.L. n. 269/2003.
Il suddetto Ministero eccepiva l’intervenuta decadenza dall’azione giudiziaria ex art. 42, 3° co., del predetto D.L., sostenendo che, essendo venuto meno il rimedio del ricorso amministrativo quale condizione di procedibilità per il ricorso giurisdizionale, a decorrere dall’entrata in vigore della nuova disciplina, tali ricorsi – ivi compresi quelli proposti precedentemente – sarebbero da ritenersi privi di ogni valenza, sia amministrativa che processuale.
Adduceva inoltre lo stesso Ministero, a sostegno della propria tesi, che la stessa assenza di norme transitorie deponesse in tal senso e che, trattandosi di norma squisitamente procedurale, questa fosse di immediata applicazione a tutti i ricorsi depositati dal 01/01/2005 alla stregua del principio del “tempus regit actum”, in forza del quale ciascun atto di una serie procedimentale deve uniformarsi alla disciplina vigente al momento in cui viene adottato.
Pertanto, secondo tale assunto, per l’applicazione dell’anzidetto principio generale, dovendo farsi riferimento all’atto del deposito del ricorso giudiziario – in quanto primo atto con cui si inizia un procedimento davanti all’Autorità Giudiziaria – e non al verbale della Commissione medica che si è impugnato od alla sua notifica, sarebbero da ritenere irricevibili sia i ricorsi depositati oltre sei mesi dalla notifica del verbale, sia i ricorsi avverso verbali notificati entro il 31/12/2004, ma depositati dopo il 30/06/2005.    
Orbene, il Tribunale di Trani, chiamato a pronunciarsi su tale eccezione, ne dichiara l’infondatezza e dispone quindi il suo rigetto, offrendo una pregevole ed attenta lettura interpretativa della normativa richiamata ed una soluzione finale che appaiono senz’altro degni di condivisione, in quanto più rispondenti alla logica ed ai principi costituzionali.
Il giudice del lavoro, richiamando la giurisprudenza costituzionale che, con riferimento al termine decadenziale di cui all’art. 47, D.P.R. N. 639/1970, ridotto a tre anni dall’intervento dell’art. 4, D.L. n. 384/1992, ha affermato a più riprese il principio generale secondo cui “il termine di decadenza pende regola dalla disciplina in vigore al momento in cui comincia a decorrere” (cfr. Corte cost. nn. 20/1994 e 128/1996), e facendo applicazione di tale principio, rileva come l’art. 42, D.L. 269/03, attribuisca rilevanza ad una fattispecie nuova ben precisa, e cioè la comunicazione del verbale della Commissione medica, la quale produce effetti (decorso del termine decadenziale di sei mesi per la proposizione del ricorso giudiziale) che non erano collegati al medesimo fatto dalle leggi previdenti.
Dunque, per poter fare applicazione della nuova normativa recata dal D.L. n. 269/2003 e del termine decadenziale da essa introdotto è necessario che l’intera fattispecie cui si riferisce la norma si sia completata dopo la sua entrata in vigore, ossia che la comunicazione del verbale della commissione medica sia avvenuta dopo il 31/12/2004.     
Il Giudicante rettamente precisa che, nel caso di specie, non si tratta di mera riduzione di un termine di decadenza, ma di introduzione ex novo di tale termine con la riforma integrale dei rimedi previsti avverso il verbale negativo della Commissione medica per gli invalidi civili; rimedi che, pertanto, vanno individuati nel momento i cui tale verbale viene a conoscenza dell’interessato mediante la sua comunicazione, con la logica conseguenza che, ove tale comunicazione sia avvenuta prima del 31/12/2004 saranno applicabili i rimedi (ivi compresi i ricorsi amministrativi) previsti prima dell’entrata in vigore del D.L. n. 269/2003, mentre, nelle ipotesi in cui sia avvenuta dopo la suddetta data, non sarà più possibile proporre il ricorso amministrativo, potendosi unicamente adire l’autorità giudiziaria entro il termine decadenziale di sei mesi.
L’assunto opposto, censurato dal Tribunale tranese, muove invece da un presupposto in verità erroneo, secondo il quale per l’applicazione della nuova normativa debba farsi riferimento alla data di proposizione della domanda giudiziale, per cui sarebbe da ritenersi “inutile” l’attesa della definizione dei ricorsi amministrativi proposti precedentemente all’entrata in vigore della normativa stessa, e soggetta al nuovo termine decadenziale ogni controversia giudiziale insorta dopo il 31/12/2004, anche se riguardante un verbale notificato anteriormente a tale data.
Sennonché, una simile lettura conduce alla conclusione, invero inaccettabile in quanto confliggente con lo stesso tenore letterale della nuova disciplina, di ritenere che il nuovo termine decadenziale decorra non “dalla data di comunicazione all’interessato del provvedimento emanato in sede amministrativa”, ma sic et simpliciter dal 01/01/2005, e che, per tutte le cause promosse, in relazione a verbali comunicati prima del 31/12/2004, oltre la data del 30/06/2005, sia comunque intervenuta la precitata decadenza.   
Così opinando, oltre a disattendersi completamente il principio generale della irretroattività della legge, a ben vedere si dà luogo ad una distorta applicazione del summenzionato principio del “tempus regit actum”, in ossequio al quale, invece, il Tribunale di Trani ha correttamente ritenuto che il discrimen temporale ai fini della applicazione dell’art. 42, 3° comma, D.L. n. 269/2003, non è dato dal momento di deposito del ricorso giudiziario, bensì da quello in cui è stata comunicata all’interessato la decisione amministrativa adottata dalla Commissione medica di Prima Istanza.
Il regime introdotto dalla suddetta norma, quindi, può trovare applicazione esclusivamente in relazione ai casi in cui l’interessato abbia ricevuto comunicazione della decisione amministrativa in data successiva al 31/12/2004, in quanto soltanto a far data dal 01/01/2005 è stata abrogata la fase amministrativa di secondo grado, di talchè coloro che, in ottemperanza alla normativa previgente ratione temporis applicabile, abbiano regolarmente proposto ricorso gerarchico avverso i provvedimenti negativi notificati loro in data anteriore, legittimamente possono attenderne l’esito da parte della Commissione Medica Superiore e di Invalidità Civile ed impugnarli giudizialmente negli ordinari termini prescrizionali in caso di rigetto dello stesso ricorso od, anche, di mancata risposta.
Conformemente alle conclusioni del provvedimento annotato, si segnala peraltro anche una decisione del Tribunale di Viterbo il quale, a sostegno di quanto statuito, ha rilevato che il principio generale dell’irretroattività della legge “preclude l’applicazione della nuova norma non solo ai rapporti esauriti, ma anche a quelli sorti anteriormente ed ancora in vita, qualora gli effetti sostanziali scaturenti da detta normativa siano eziologicamente collegati con un fattore causale non previsto dalla normativa previdente (Cass. 10436/2002); in altri termini, l’inapplicabilità della nuova legge si verifica ogni volta che essa verrebbe a disconoscere gli effetti già verificatisi del fatto passato, o a togliere efficacia alle conseguenze di esso (Cass. 14073/2202; Cass. 14943/02)” (cfr. Trib. Viterbo 30/05/2006, n. 538).
Nel caso di specie – osserva detto Giudice di merito – l’applicazione, non consentita, retroattiva della nuova normativa porrebbe nel nulla il diritto dell’interessato, già legittimamente sorto ed acquisito in forza della previdente disciplina, di agire in giudizio senza limiti di tempo se non nell’osservanza dei termini di prescrizione; peraltro – si aggiunge – “la norma, collegando il termine di decadenza alla abolizione del ricorso amministrativo, dà una regolamentazione completa ed inscindibile della materia, che può trovare applicazione solo alle domande amministrative proposte nel suo vigore. Lungi quindi dal derogare al principio dell’irretroattività il legislatore ha mostrato di volerne dare piena applicazione, sia per le considerazioni appena svolte, sia per la mancanza, altrimenti necessaria, di norme transitorie”.


Avv. Antonio De Simone