COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE
DI BARI
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
La Commissione Provinciale di Bari – Sezione 1
riunita con l’intervento dei sig.ri
- Melcarne Avv. Antonio – Presidente e relatore
- Dell’Olio Girolamo – Giudice
- Rinella Leonardo – Giudice
ha emesso la seguente
SENTENZA N. 43/1/2009
sul ricorso n. 6229/06
avverso la cartella di pagamento n. (omissis) – Irap 2002
Contro Agenzia Entrate – Ufficio Bari 1
proposto dal ricorrente (omissis)
FATTO
Con ricorso consegnato all’Agenzia delle Entrate – Ufficio di Bari 1 il (omissis) e depositato nella Segreteria della Commissione Tributaria Provinciale di Bari il (omissis), il l’Avv. (omissis), in atti generalizzato, in proprio e nella qualità, propone opposizione avverso la cartella n. (omissis), notificatagli dalla Concessionaria ETR spa a mezzo posta con raccomandata del (omissis)per il pagamento della somma di € 1.688,43, comprensiva dei compensi della riscossione.
L’opposta cartella risulta emessa, a seguito di controllo automatizzato effettuato dall’Ufficio ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, per il mancato pagamento dell’IRAP anno 2002.
A sostegno del ricorso l’opponente, preliminarmente, deduce l’illegittimità dell’operata iscrizione, di cui chiede l’annullamento, non ritenendo sussistere i presupposti per l’applicazione, nei suoi confronti, dell’imposta suindicata; riferisce di svolgere l’attività di “avvocato in modo del tutto individuale, i mezzi a disposizione sono rappresentati da pochi beni di modesto valore e non ha personale alle proprie dipendenze; l’attività è esercitata senza la sussistenza di un’autonoma e stabile struttura organizzativa in senso tecnico e priva dell’apporto e dell’investimento di capitali” ; chiede, pertanto, dichiararsi non dovuta l’iscrizione.
Con il ricorso il ricorrente deposita la cartella impugnata e la dichiarazione dei redditi 2003 relativa all’anno 2002.
Costituendosi in giudizio con note prot. n. (omissis) depositate il (omissis), l’opposta Agenzia contesta le argomentazioni esposte dal ricorrente, sostenendo la legittimità dell’atto impositivo; sostiene che “per la Corte Costituzionale solo l’attività di lavoro dipendente è per definizione priva della caratteristica dell’autonoma organizzazione, per cui, ragionando a contrario, il libero professionista, che non è legato a nessuno da un vincolo di subordinazione, organizza sempre autonomamente il proprio lavoro” e “poco importa se l’attività sia più o meno organizzata o che l’organizzazione si elementare, esigua, mastodontica o che non ve ne sia affatto”. Sulla base delle suindicate ed altre similari generiche considerazioni, l’Ufficio chiede il rigetto del ricorso con la condanna del ricorrente alle spese di lite.
Convocate le parti per la discussione in pubblica udienza su richiesta del ricorrente, sentito il relatore e sentite le parti che insistono nelle proprie richieste, la Commissione riserva la decisione.
DIRITTO
La Commissione ritiene meritevole di accoglimento il motivo di opposizione.
E’ pacifico che presupposto dell’imposta in questione, ai sensi dell’art. 2 del D.L.gs 15/12/1997 n. 446 e successive modifiche, è l’esercizio di una “attività autonomamente organizzata” diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi.
Ma è pur vero, però, che la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 156 del 2001, ha prospettato la possibilità che, in taluni casi e in particolare con riferimento agli esercenti l’attività autonoma, è ipotizzabile il diritto all’esenzione dall’IRAP, sottolineando che se “l’elemento organizzativo è connaturato alla nozione stessa di impresa, altrettanto non può dirsi per quanto riguarda l’attività di lavoro autonomo, ancorché svolta con carattere di abitualità, nel senso che è possibile ipotizzare un’attività professionale svolta in assenza di organizzazione di capitali o lavoro altrui”.
Al riguardo la Corte Costituzionale ha, altresì, precisato che “nel caso di una attività professionale che fosse svolta in assenza di elementi di organizzazione”, il relativo accertamento, “in mancanza di specifiche disposizioni normative, costituisce questione di mero fatto”.
E’, pertanto, un accertamento che va effettuato dal giudice di merito in concreto e caso per caso ed e onere del ricorrente provare, attraverso la produzione documentale, il suindicato tipo di organizzazione in modo da consentire alla Commissione, attraverso il suo esame, l’esistenza dei presupposti che possano giustificare l’inapplicabilità dell’imposta in esame.
Al riguardo e sulla base di quanto sancito dalla Corte Costituzionale, sono ormai numerose ed univoche le pronunce della Corte di Cassazione nell’affermare che:
• “L’Irap non va applicata ai liberi professionisti (medico, avvocato, commercialista, ragioniere, geometra consulente, ecc.) che non si avvalgono di una significativa o non trascurabile organizzazione di mezzi o uomini in grado di ampliarne i risultati profittevoli. L’imposizione si giustifica solo se vi è una struttura organizzativa esterna del lavoro autonomo, ossia un complesso di fattori di cui il professionista si avvale, idonei a creare valore aggiunto rispetto al proprio know-how. La singola capacità del professionista non può essere tassata di nuovo dopo aver scontato l’Irpef” (Cass.civ. n. 3678/2007).
• “L’esistenza di una autonoma organizzazione, costituente il presupposto per l’assoggettamento ad imposizione dei soggetti esercenti arti o professioni, esclusi i casi di soggetti inseriti in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse, non deve essere intesa in senso soggettivo, ma oggettivo, nel senso di esigere un apparato esterno alla persona del professionista e distinto da lui, risultante dall’aggregazione di beni strumentali e di lavoro altrui” (Cass.Sez.Trib. sent. 11 ottobre 2007 n. 21421),
E’ stato, peraltro, precisato (sempre da Cass. civ. nn. 3678/07 e 13811/2007) che, se per l’esercizio di un’attività autonoma non vi sono dipendenti e/o collaboratori o l’impiego di beni strumentali ulteriori rispetto a quelli indispensabili alla professione e di normale corredo del lavoratore autonomo, è possibile ritenere che non sussiste un’organizzazione produttiva tassabile ai fini Irap (in genere: pochi mobili d’ufficio, fotocopiatrice, fax, computer, cellulare, materiale di cancelleria, vettura).
Il suindicato ormai acclarato orientamento ha trovato conferma anche nella più recente decisione dei giudici di legittimità che, ancora una volta, hanno confermato come “uno dei presupposti impositivi per l’applicazione della tassa anche al lavoratore autonomo sia la presenza di una struttura organizzativa autonoma, ovvero ogni qualvolta l’attività del contribuente venga esercitata con l’impiego di beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile oppure lo stesso si avvalga in modo non occasionale del lavoro altrui” (Cass. Sez. Tribut. sent. 4/2/2008 n. 2582).
La stessa Amministrazione Finanziaria, peraltro, con propria circolare n. 45 del 13/6/2008, avente ad oggetto la <<assoggettabilità all’imposta degli esercenti arti e professioni>>, nel richiamare la copiosa giurisprudenza della cassazione, ha dettata precise <<istruzioni operative>>, concludendo con un chiaro invito alla loro osservanza da parte delle Agenzie delle Entrate.
In dette conclusioni si legge:
“”Preso atto dell’orientamento ormai consolidato della Corte di cassazione, non è ulteriormente sostenibile la tesi interpretativa dell’assoggettamento generalizzato ad IRAP degli esercenti arti e professioni.
Si intendono quindi superate le istruzioni precedentemente fornite in contrasto con l’orientamento della Suprema Corte.
Sulla scorta delle indicazioni fornite dalla Corte di cassazione, gli uffici devono fondare la propria linea difensiva, oltre che su ogni altra questione sostenibile nello specifico caso, in particolare sull’esistenza di fattori organizzativi utilizzati nell’esercizio dell’attività stessa, che confermino l’autonoma organizzazione, con conseguente assoggettamento ad IRAP, fermo restando, come ricordato al punto 10, che è onere del ricorrente inserire fra i motivi del ricorso e provare la carenza del requisito dell’autonoma organizzazione. L’assolvimento di tale onere probatorio, in modo puntuale ed esaustivo, costituisce elemento fondamentale ai fini dell’esito della controversia.
Ciò posto, si invitano gli uffici a riesaminare caso per caso, secondo i criteri esposti nella presente circolare, il contenzioso pendente concernente la materia in esame e, nei casi in cui si riscontri l’assenza dell’autonoma organizzazione, a provvedere – se del caso previa esecuzione del rimborso richiesto – al relativo abbandono secondo le modalità di rito……………………”
Orbene, nella fattispecie, il ricorrente ha assolto a tale obbligo: ha documentalmente provato, con la produzione del Modello Unico relativo alla annualità in questione, che la sua attività di avvocato viene esercitata con l’ausilio degli indispensabili beni strumentali di scarso valore commerciale e senza alcun ausilio di personale dipendente o di collaboratori.
Tanto risulta, in particolare, dalla lettura e dall’esame del quadro Unico RE della dichiarazione dei redditi in atti laddove risultano indicati i soli modesti compensi derivanti dalla professione (€ 28.167,00), le irrisorie quote di ammortamento (€ 357,00) ed inconsistenti spese (€ 669,00) e consumi (€ 743,00); non risultano riportate spese relative ad immobili, canoni di locazione finanziaria e non, spese per prestazioni di lavoro dipendente o per compensi corrisposti a terzi.
A fronte dei suindicati elementi di prova, l’Ufficio nulla sul punto ha eccepito, opposto e dedotto, riaffermando la propria opposizione con generiche argomentazioni, ormai superate dell’orientamento consolidato della Corte di cassazione, per cui “non è ulteriormente sostenibile – come si legge nella citata circolare — la tesi interpretativa dell’assoggettamento generalizzato ad IRAP degli esercenti arti e professioni”.
Né rileva la circostanza che la cartella impugnata è stata emessa e notificata sulla base del reddito dichiarato e a seguito del mancato versamento dell’imposta in questione.
E’ pacifico che le dichiarazioni fiscali non hanno natura di dichiarazioni di volontà, ma di scienza e pertanto, salvi casi particolari come le dichiarazioni presentate ai fini del condono, possono essere liberamente modificate dal contribuente, anche in sede processuale. Oltre a ciò va osservato che il mantenimento di un prelievo fiscale sostanzialmente indebito, come è nella specie per i motivi innanzi esposti, si porrebbe in contrasto con i principi costituzionali del rispetto della capacità contributiva e della correttezza oggettiva dell’azione amministrativa (Cass. n. 18673/2008; n. 4238/2004).
Concludendo, la Commissione, alla luce delle suindicate valutazioni e considerazioni, ritiene che nel caso di specie sono del tutto insussistenti i presupposti per l’imposizione dell’IRAP di cui al D.Lgs n. 446/1997, per cui il ricorso va accolto con il conseguente annullamento della cartella di pagamento impugnata.
Alla soccombenza dell’Ufficio consegue la condanna dell’Amministrazione al rimborso delle spese processuali che si liquidano come in dispositivo.
P. Q. M.
La Commissione, definitivamente decidendo, accoglie il ricorso e, per l’effetto, dichiara nulla la cartella di pagamento impugnata; condanna l’Amministrazione Finanziaria al pagamento, in favore del ricorrente, delle spese processuali che si liquidano in € 1.250,00, di cui € 50,00 per esborsi ed € 1.200,00 per diritti ed onorario, oltre alle spese generali 12,50% sulle competenze e agli oneri di legge, se e in quanto dovuti.
Così deciso in Bari il 27 marzo 2009
Il Presidente relatore
Avv. Antonio Melcarne