COMUNICATO STAMPA

INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2009


DE TILLA, OUA: “APPREZZIAMO LA RELAZIONE DEL PRESIDENTE CARBONE. LA GIUSTIZIA NON SIA UN CAMPO DI BATTAGLIA”


L’INDIPENDENZA DELLA MAGISTRATURA E DELL’AVVOCATURA SONO DUE FACCE DELLA GIURISDIZIONE


Maurizio de Tilla, presidente dell’Organismo unitario dell’avvocatura italiana, a conclusione della cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario, tenutasi oggi a Roma, ha dichiarato «Ho molto apprezzato la relazione del presidente Carbone, il cui lavoro ha fornito alla Corte di Cassazione una spinta organizzativa senza eguali. Ribadisco, tuttavia, la ferma contrarietà a tutte le ipotesi di filtro per i giudizi presso la suprema Corte, così come stanno emergendo in Parlamento, poiché lederebbero i diritti dei cittadini in palese contrasto con la Costituzione».
Il presidente de Tilla ha anche apprezzato i richiami effettuati in molti interventi alla necessità di realizzare riforme condivise: «La giustizia deve smettere di essere il campo di battaglia di un perenne scontro tra magistratura e politica. I contrasti finiscono per accentuare i mali di un sistema già afflitto dalla lentezza dei processi, dalla disorganizzazione degli uffici, dall’ineffettività della pena, dal mancato rispetto delle regole del giusto processo, dall’emarginazione della difesa, etc… In sintesi: una situazione di illegalità che fa scendere il nostro paese agli ultimi posti nel panorama internazionale».
«Si riparta dal confronto con tutti gli operatori della settore – ha concluso – e si riconosca l’avvocatura come soggetto costituzionale, si rafforzi l’autonomia della giurisdizione, che ha due facce della medaglia da tutelare in egual misura: l’indipendenza dei magistrati e quella degli avvocati»



L’OUA LANCIA QUATTRO CAMPAGNE POLITICHE PER UNA GIUSTIZIA GIUSTA ED EFFICIENTE. PER UNA ITALIA COMPETITIVA ED EUROPEA


“SÌ AL LODO FINI” E RICONOSCIMENTO DEL VALORE COSTITUZIONALE DELL’AVVOCATURA


Per l’Organismo unitario dell’avvocatura (Oua) l’indipendenza della magistratura e l’indipendenza dell’avvocatura sono due facce della stessa medaglia: la giurisdizione.
L’avvocatura è un soggetto costituzionale la cui indipendenza e libertà è un principio inderoga-bile e tende a garantire la tutela dei diritti e la dignità della persona. Per il ruolo che finisce per assumere nel contesto della giurisdizione l’Avvocatura è tenuta a concorrere, con propri rappre-sentanti, all’Amministrazione della giustizia.
Pari dignità e responsabilità comune di avvocati e giudici sono elementi sinergici di una giuri-sdizione che soffre e che va riequilibrata.
Bisogna leggere in chiave enigmatica lo scontro tra politica e magistratura e tra gli stessi uffici giudiziari. La invadenza della magistratura nella gestione della politica ha oramai radici moltepli-ci: la volontà di alcuni giudici di condizionare il sistema politico e determinarne la prosecuzione o il cambiamento; la determinazione di altri giudici di incidere doverosamente sulla etica dei comportamenti dei pubblici amministratori; la confusione tra ruoli istituzionali che non do-vrebbe esistere in una giurisdizione che abbia come finalità la tutela del bene pubblico e dei va-lori della società. In altri termini si assiste a ripetute deviazioni delle finalità della giustizia alla quale l’avvocatura assiste impotente.
Per le terapie ci sentiamo di condividere i sei punti della proposta del Presidente della Camera (riforme condivise, efficienza del sistema giudiziario – maggiori risorse, più managerialità, interventi sul processo civile -priorità individuate dal Parlamento per l’esercizio dell’azione penale, riforma del Csm, la separazione delle carriere dei magistrati, garantendone l’autonomia, evitare gli abusi nelle intercettazioni), il quale con l’autorevolezza e l’obiettività della sua funzione tenta di individuare i rimedi per eliminare le principali cause della crisi della Giustizia. Occorrono interventi incisivi ed immediati. C’è un crescente sentimento di sfiducia nei confronti della giustizia che mina fortemente di nuovo le fondamenta della nostra democrazia. La stella polare di una riforma per il cittadino deve essere quella di restituire efficienza al sistema giustizia.


L’URGENZA DI UNA RIFORMA DEL PROCESSO CIVILE
È positivo un intervento sul processo civile che riduca il numero dei riti, che ponga termini pe-rentori anche ai giudici, che semplifichi gli atti e le sentenze, che elimini tutte le possibilità defa-tigatorie. Non è, infine, da trascurare che la riforma del processo civile va accompagnata dalla razionalizzazione delle risorse esistenti (finanziarie, personali, organizzative e tecnologiche) che sono “sotto o male utilizzate”, nonchè da un incremento delle stesse. Ma anche un maggiore impegno dei singoli operatori (avvocati, magistrati, dirigenti e personale amministrativo), non-ché dei capi degli Uffici giudiziari e del Ministero della giustizia (con maggiore presenza di av-vocati esperti), affinchè si eliminino le sacche di burocratizzazione e di autoreferenzialità. L’organizzazione puntuale (e aziendale) del lavoro giudiziario, va in parallelo con la messa a re-gime del processo telematico e con la riforma della magistratura laica (da inquadrare in un rap-porto di lavoro e nella previdenza) su presupposti di selezione e preparazione adeguata e di te-nuta deontologica. A ciò si aggiungano vie autonome, quali gli istituti della mediazione e della conciliazione, affidati esclusivamente alle istituzioni forensi e agli avvocati


NO A PERICOLOSE SEMPLIFICAZIONI, NO AL FILTRO IN CASSAZIONE
L’emendamento approvato in Senato, che sanziona con l’inammissibilità il ricorso per cassazione nei confronti della sentenza di appello confermativa di quella di primo grado, lascerà gravemente pregiudicato il diritto di difesa di chi risultasse soccombente anche in appello. Si intende riformare il processo civile, vanificando una norma costituzionale (l’art. 111, secondo comma) che prevede che contro le sentenze pronunciate dagli organi giurisdizionali ordinari o speciali è sempre ammesso ricorso in cassazione per violazione di legge. La proposta di limitazione del ricorso per cassazione trae fondamento dal numero enorme dei ricorsi che si sostiene sia ali-mentato anche dal numero spropositato di avvocati cassazionisti. Il rimedio proposto è, però, peggiore del male. Per evitare il lamentato inconveniente si dovrebbe, da un canto, escludere (con norma costituzionale) dal giudizio per cassazione le vertenze di esiguo valore, e dall’altro ridurre il numero dei cassazionisti con criteri di effettività e formazione permanente. Invece che intervenire incisivamente sui due evidenziati aspetti, si vuole – nei fatti – eliminare la ammissibi-lità di gran parte dei giudizi per cassazione. Selezionare i ricorsi va bene, ma non certamente con norme contrarie alla Costituzione. La inammissibilità preliminare (che è poi infondatezza) chi poi la decide? E con quali garanzie per la difesa? Con quale contraddittorio?


PER MODERNIZZARE LA PROFESSIONE, ABROGARE LA LEGGE BERSANI
La legge Bersani ha violato la Costituzione e la normativa europea. Il Parlamento europeo e la Corte di giustizia europea hanno più volte riconosciuto l’alta funzione sociale, l’indipendenza, il segreto e la confidenzialità quali valori fondamentali della professione di avvocato, consideran-doli di pubblico interesse, e hanno, inoltre, sottolineato la necessità di regole finalizzate alla pro-tezione di questi valori. Bersani ha, invece, ignorato questi principi sancendo norme ispirate ad un criterio di concorrenza dei prezzi, inapplicabili al mondo professionale, che finisce per ridur-re la qualità del servizio a scapito dei consumatori. L’abolizione delle tariffe e dei minimi degli onorari è un intollerabile intervento legislativo che va subito rimosso, anche perchè in contrasto con i più recenti indirizzi del Parlamento europeo, in quanto non risulta imposto da un’esigenza di adeguamento al diritto comunitario. La legge Bersani va immediatamente abrogata anche per un’altra ragione: fissa la nullità delle norme deontologiche in contrasto con la stessa legge, con ciò ignorando che i codici deontologici hanno un fondamento costituzionale. Tutto ciò è la precondizione per l’approvazione della nuova legge professionale forense. Nello specifico, nel testo che l’avvocatura sta predisponendo è previsto tra l’altro che si vietino le società con soci di solo capitale e che si ristabilisca il divieto del patto di quota lite.

Roma, 30 gennaio 2009