Corte di Cassazione – Sezione lavoro –


Sentenza del 17 dicembre 2008, n. 29481


Svolgimento del processo


1. Con ricorso depositato in data 23.3.2001, F. L. conveniva l’INPS dinanzi al Tribunale di Cagliari ed esponeva di avere prestato il proprio lavoro quale guardia notturna fino al 1.3.1999, data sotto la quale aveva rassegnato le dimissioni per motivi di salute. Trattandosi di disoccupazione involontaria, chiedeva il riconoscimento dell’indennità di disoccupazione, che erroneamente gli era stata negata. Previa costituzione ed opposizione dell’INPS, il Tribunale accoglieva la domanda attrice. Proponeva appello l’INPS e la Corte di Appello di Cagliari confermava la sentenza di primo grado. Questa, in sintesi, la motivazione della sentenza di appello: – vanno disattese le eccezioni preliminari di decadenza e prescrizione; – le dimissioni non sono frutto di una libera scelta del lavoratore, ma, come riconosciuto anche da apposita consulenza tecnica di ufficio, sono state necessitate da un grave impedimento personale del lavoratore, ovvero una sorta di dimissioni forzate, come da sentenza della Corte Costituzionale 24.6.2002 n. 269; – non si richiede a tale proposito la sussistenza di un fatto del terzo o del datore di lavoro; – in definitiva, l’ingravescenza delle malattie delle quali è portatore il F. giustificano le dimissioni, siccome fatto non imputabile e quindi sussiste il diritto all’indennità di disoccupazione.


Ha proposto ricorso per Cassazione l’INPS, deducendo un motivo. L’attore F. è rimasto intimato.


Motivi della decisione


2. Con l’unico motivo del ricorso, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione, a sensi dell’art. 360 n. 3 CPC., degli artt. 2119 Codice Civile, 34 della Legge n. 448.1998, 45 del RDL. n. 1827, nonché insufficiente e contraddittoria motivazione circa punti decisivi della controversia, ex art. 360 n. 5 Codice di Procedura Civile. La giusta causa di dimissioni va individuata unicamente nel comportamento del datore di lavoro e la sentenza della Corte Costituzionale n. 269.2002 non è applicabile nel caso di specie, perché l’interpretazione ivi proposta attiene all’involontarietà delle dimissioni in quanto dovute a comportamenti altrui, tali da non consentire la prosecuzione del rapporto di lavoro. 3. Peraltro, il presupposto dell’indennità di disoccupazione è la mancanza di lavoro e pertanto una disoccupazione avvenuta per causa di malattia potrà essere indennizzata mediante altre forme di previdenza.


4. Il ricorso è fondato e va accolto. A sensi dell’art. 34 comma 5 della Legge n. 448.1998, la cessazione del rapporto di lavoro per dimissioni avvenuta con decorrenza successiva al 31.12.1998 non dà titolo alla concessione dell’indennità di disoccupazione. Nella specie, risulta che le dimissioni vennero rassegnate il 1.3.1999. 5. Con sentenza n. 269.2002, la Corte Costituzionale, occupandosi della questione di legittimità costituzionale della predetta norma, ha stabilito che la questione stessa non è fondata nei sensi di cui in motivazione. La motivazione afferma che la disoccupazione è involontaria quando è dovuta a dimissioni rassegnate per il comportamento di un altro soggetto , ovvero riconducibili ad una causa insita in un difetto del rapporto di lavoro, così grave da impedirne la provvisoria esecuzione. La Corte Costituzionale fa riferimento, con evidenza, al fatto del datore di lavoro o al fatto del terzo, non già alla situazione soggettiva del lavoratore, la cui scelta, ancorché dettata da motivi di salute, rimane tuttavia volontaria. La Corte di Appello ha esteso la sentenza interpretativa di rigetto della Corte Costituzionale ad un caso diverso e non contemplato dalla medesima, vale a dire alle dimissioni per motivi di salute che non sono coperte dalla sentenza in parola. 6. La sentenza impugnata deve pertanto essere cassata. La causa, non risultando necessari ulteriori accertamenti in fatto, può essere decisa nel merito col rigetto della domanda introduttiva. Stante la natura previdenziale della controversia, le spese del processo non sono ripetibili.


P.Q.M.


La Corte Suprema di Cassazione accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda introduttiva.


Nulla per le spese dell’intero processo.