Leggi la nota a firma di Nicola Ulisse


Corte di Appello di Bari
Sentenza n. 1055/2007


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


La Corte di Appello di Bari – Terza Sezione Civile – composta dai seguenti Magistrati:
1) Dott. Michele Cristiano Presidente
2) Dott.ssa Emma Mininni Consigliere Rel.
3) Dott.ssa Carmela Noviello Consigliere


Ha emesso la seguente


SENTENZA


nella causa civile in grado di appello per “Risarcimento danni da allagamento”, iscritta nel Ruolo Generale degli Affari contenziosi civili, sotto il numero d’ordine (omissis) dell’anno (omissis)


TRA


(omissis) nata il (omissis) elettivamente domiciliata in Bari presso lo studio dell’avv. (omissis) elettivamente domiciliata in Bari a Via (omissis), rappresentata e difesa come da mandato a margine dell’atto di appello. APPELLANTE


E


COMUNE DI (omissis), in persona del legale rappresentante pro-tempore, domiciliato, per ragioni della carica, in omissis presso il Palazzo di Città, ed elettivamente domiciliato in Bari presso lo studio dell’Avv. (omissis) (Via n. ), rappresentato e difeso dagli Aw.ti, come da mandato in calce al presente atto, in forza della deliberazione della Giunta Comunale n. del dichiarata immediatamente esecutiva ai sensi di legge. APPELLATO ed Appellante incidentale


Assegnata la causa in decisione all’udienza collegiale del 30.05.2007 sulle seguenti conclusioni dei procuratori delle parti:


I Procuratori delle parti, con verbale di udienza del 18.06.2004 concludono:
– E’ presente l’Avv. (omissis) per I’appellante il quale precisa le proprie conclusioni insistendo nello integrale accoglimento dell’atto di appello con rigetto di quello incidentale proposto dal Comune di (omissis)
– E’ presente, altresì, l’Aw. per il Comune di (omissis), il quale precisa riportandosi all’atto di appello incidentale e alla memoria di costituzione, nonché a tutti gli scritti difensivi, chiedendo, altresì, il rigetto dell’appello con condanna a spese, competenze e onorari di causa.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 15.02.1991, (omissis) proprietaria della casa sita in in Via (omissis) angolo (omissis) confinante con casa di proprietà (omissis), premesso che il marciapiede antistante invece di essere ubicato su un unico piano presenta un abnorme scatto di rialzo tipo scalino; che in coincidenza con il periodo delle piogge, per la mancanza di idonea sistemazione, le acque precipitano e si rovesciano in modo irregolare sul marciapiede con infiltrazioni continue tra i setti ed il rialzo, irrompendo nell’immobile dell’istante ove si diffonde notevole umidità con danni al fabbricato e ai mobili oltre a ripercussionsi sulla salute degli abitanti; tutto ciò premesso, conveniva in giudizio davanti al Tribunale di (omissis), il Comune di (omissis) per ivi sentire dichiarare la sua responsabilità per difetto di manutenzione stradale e disfunzione delle caditoie. con condanna del Comune stesso a rivalere l’istante di tutte le spese occorrenti per eliminare i danni e le cause dei danni nella somma da determinare, risultante da stima a farsi dopo il completamento dei lavori da parte del consulente tecnico di ufficio al quale il Tribunale avrebbe affidato la direzione dei lavori e al cui ordinativo sarebbero state fatte le anticipazioni dal Comune; chiedeva altresì di condannare il convenuto al risarcimento di ogni ulteriore danno derivante dalla mancata esecuzione delle opere necessarie ad eliminare I’infiltrazione delle acque nel fabbricato, con vittoria di spese.
Si costituiva il Comune di (omissis) in persona del Sindaco pro-tempore e deduceva che la causa delle infiltrazioni era da individuare nello stato di fatto relativo alle quote dei fabbricati prospicienti Via (omissis), creato dagli stessi proprietari degli immobili, i quali non avevano rispettato le prescrizioni contenute nelle concessioni edilizie; chiedeva pertanto il rigetto della domanda e in estremo subordine di liquidare ogni eventuale danno, valutando la corresponsabilità dell’attrice, per non aver evitato il loro verificarsi usando gli opportuni accorgimenti, il tutto con vittoria di spese.
Espletata l’istruttoria, la causa veniva decisa con sentenza del 21.08/11.09.2001 che condannava il Comune di (omissis) a rifondere all’attrice la somma di lire 2.200.000 oltre gli interessi legali dalla domanda e compensava le spese di lite nella misura della metà, facendo carico al convenuto della residua metà.
Awerso detta sentenza proponeva impugnazione la (omissis), con atto di citazione notificato il 12.02.2002, nei confronti del Comune di (omissis), con cui esposti i motivi che saranno più avanti esaminati, chiedeva all’adita Corte: di riformare la decisione, dichiarando l’appellato Comune unico responsabile dei danni denunciati. con condanna dello stesso al risarcimento dei danni nell’intera misura accertata dal C.T.U., oltre interessi ed accessori e raccomandazione di adottare i rimedi indicati nella relazionedi consulenza tecnica, vinte le spese di entrambi i gradi ivi comprese, quelle della consulenza tecnica.
Si costituiva il Comune di (omissis) e contestava le awerse deduzioni, chiedendo il rigetto dell’appello, nonché l’accoglimento di quello incidentale spiegato per sentire dichiarare la responsabilità della (omissis), nella causazione dell’evento dannoso ed assoluzione conseguente di esso Comune da ogni addebito, con vittoria delle spese del doppio grado.
La causa, all’udienza collegiale del 30.05.2007,veniva riservata per la decisione, sulle conclusioni delle parti come in epigrafe riportate.


MOTIVI DELLA DECISIONE
Con motivo di gravame unico, ma articolato sotto diversi profili, I’appellante censura la sentenza perché viziata da illogicità, contraddittorietà e carenza di motivazione.
In particolareI’appellante critica il ragionamento del giudice di primo grado, perchè svolto al di fuori di ogni logica giuridica, ignorando le risultanze istruttorie che avrebbero dovuto costituire elementi essenziali per la decisione.
Le ragioni di doglianza sono fondate.
Si legge nella relazione di consulenza: “Da un esame attento dell’incrocio stradale ho appurato che non vi è presenza di caditoie per la raccolta di acque piovane lungo la strada (omissis). E’ invero notorio che la citta di (omissis) sia ancora priva per lunghi tratti di fogna cittadina. Mancando la fogna bianca il Comune non ha pensato di munire le strade di altri presidi, come invece è accaduto in altri Comuni del barese. Non vi è traccia di alcun accorgimento tecnico atto a proteggere i cittadini e i loro beni immobili dagli allagamenti più o meno dannosi, causati da precipitazionai atmosferiche”.
Le osservazioni del C.T.U. (attinenti peraltro ad inoppugnabili dati di fatto da lui rilevati) consentono di imputare gli eventi lamentati a responsabilità del Comune per omessa vigilanza e manutenzione delle strade urbane di sua pertinenza. La causa dei danni è stata individuata dal C.T.U. sull’effetto precipitoso delle acque piovane, che, non regolate per la conformazione della strada e per le pendenze esistenti, si riversano nell’abitaziondee della (omissis).
ln tale contesto non può dubitarsi della responsabilità del Comune ex art. 2051 c.c. (ma anche ai sensi dell’art. 2043 c.c.), tanto più che – come rilevato dal C.T.U. – il dislivello tra il p.t. dell’edificio adiacente e il piano terra dell’attico risale al lontano 1966.
E’appena il caso di ricordare come: ” la responsabilità ex art.2051 c.c. per danni cagionati da cose in custodia anche nell’ipotesi dei beni demaniali in effettiva custodia della P. A. ha carattere oggettivo e, perché tale responsabilità possa configurarsi in concreto, è sufficiente che sussista il nesso causale tra la cosa in custodia ed il danno arrecato, senza che rilevi al riguardo la condotta del custode e l’osservanza o meno di un obbligo di vigilanza, per cui tale tipo di responsabilità è esclusa solo nel caso fortuito, fattore che attiene non già ad un comportamento del responsabile bensì al profilo causale dell’evento riconducibile non alla cosa (che ne è fonte immediata), ma ad un elemento esterno, recante i caratteri dell’oggettiva imprevedibilità ed inevitabilità e che può essere costituito anche dal fatto del terzo o dello stesso danneggiato (cfr. Cass. 2006/15383; Cass. 2006/15779, ecc.). In relazione ai danni causati da beni demaniali, tanto nel caso in cui risulti configurabile una responsabilità della P.A. ai sensi dell’art. 2051 c.c. quanto in quello in cui risulti invece configurabile una responsabilità ai sensi dell’art. 2043 c.c., l’esistenza di un comportamento colposo dell’utente danneggiato esclude la responsabilità della P.A. qualora si tratti di un comportamento idoneo ad interrompere il nesso eziologico tra la causa del danno e il danno stesso, mentre in caso contrario esso integra un concorso di colpa ai sensi dell’art. 1227 1° comma c.c. con conseguente diminuzione della responsabilità del danneggiante (PA) in proporzione all’incidenza causale del comportamento stesso (cfr. Cass. 2006/15383).
Nella specie può tranquillamente escludersi che vi sia stato un comportamento colposo del soggetto danneggiato idoneo ad interrompere il nesso causale suddetto o a spiegare una qualche incidenza concorsuale sulla produzione dell’evento ai sensi dell’art. 1227 1° comma.
Infatti la palazzina in esame è stata edificata nel lontano 1966 in base a regolare licenza edilizia; vero è che nel verbale in data 11.02.1966 l’U.T.C. assegnava al progettista e direttore dei lavori i punti fissi e le quote di allineamento dello stabile a realizzarsi; è però anche vero – come ha osservato il C.T.U. – che stante il rifacimento del marciapiede non è più possibile individuare “la livelletta” alla quale essi si dovevano uniformare e che – secondo quanto ha dichiarato il teste geom. (progettista e direttore dei lavori) – I’edificio fu eseguito nel rispetto delle prescrizioni avute dall’U.T.E., pur se costui ha poi aggiunto che le quote di allineamento avule dall’U.T.E. si sono dimostrate non corrispondenti allo sviluppo della strada.
In proposito il C.T.U. ha avanzato delle ipotesi affermando che I’errore di posizionamento della quota di calpestio nell’edificio della (omissis) potrebbe essere ascrivibile alla incomprensione ed erroneità dei dati forniti dall’U.T.C.: ciò non implica comunque un comportamento colposo della (omissis), e non toglie valore al dato di fatto incontrovertibile che la conformazione della strada su cui sorge I’immobile dell’attrice ha perso nel tempo le sue originarie caratteristiche anche per via degli interventi fatti dalla P.A. (bitumazione stratificata), senza che il Comune prowedesse ad un’adeguata manutenzione nè, considerata I’epoca remota in cui la palazzina fu realizzata, a predisporre gli accorgimenti tecnici necessari ad evitare gli allagamenti da precipitazioni atmosferiche, in un quartiere privo di fogna bianca come quello in oggetto.
Le considerazioni esposte consentono di accogliere l’appello principale e di rigettare quello incidentale, sorretto peraltro da generiche censure intese ad affermare I’esclusiva responsabilità della (omissis).
Pertanto, in parziale riforma della impugnata sentenza, il Comune di (omissis), va condannato al pagamento in favore dell’attrice dell’intera somma stimata dal C.T.U. necessaria per il ripristino dell’immobile e dei beni mobili danneggiati; sulla quantificazione operata dal C.T.U. in lire 4.400.000 (previa decurtazione del 20% in ragione della vetustà dell’edificio) non sono state avanzate censure.
Nessun provvedimento deve essere adottatto riguardo alla esecuzione delle opere da effettuare per eliminare gli inconvenienti, sia perché sul punto non è stato proposto alcun motivo di gravame sia perché nelle richieste conclusive dell’atto di appello, l’appellante non ha invocato la condanna del Comune all’esecuzione di dette opere, ma si è limitato a sollecitare una “raccomandazione.”
La riforma della sentenza comporta una diversa regolamentazione delle spese di primo grado prescindendosi dalla proposizione di uno specifico motivo di gravame (che comunque vi è stato); considerato l’esito finale della lite, in applicazione dell’art. 91 c.p.c. vanno poste a totale carico del Comune di (omissis) le spese di giudizio di entrambi i gradi, ( ivi comprese quelle di C.T.U.) non sussistendo valide ragioni per derogare alla regola generale della soccombenza; la liquidazione va effettuata come da dispositivo, in base alle tariffe forensi vigenti e al valore della controversia.


P. Q. M.


La Corte di Appello di Bari Terza Sezione Civile, definitivamente pronunziando sull’appello proposto da (omissis) avverso la sentenza del Tribunale di Trani del 21.08/11.09.2001 co n atto di citazione notificato il 12.02.2002 nei confronti di Comune di (omissis) in persona del Sindaco pro-tempore, nonchè sull’appello incidentale spiegato da quest’ultimo, così provvede, ogni altra istanza disattesa:




  1. accoglie I’ appello principale rigetta I’appello incidentale;


  2. per I’effetto, in parziale riforma dell’impugnata sentenza, condanna il Comune di (omissis) in persona del Sindaco pro-tempore al pagamento in favore di (omissis) della somma di € 2.271.47 oltre interessi iegali dalla domanda, nonché alla rifusione delle spese di giudizio di entrambi i gradi, spese che liquida, per il primo grado in € 1.538,00 ( € 178,00 per borsuali, € 560,00 per diritti., € 800,00 per onorari) e, per il secondo in. € 1.781,00 (€ 81,00 per borsuali, € 1.700,00 per diritti, € 1.000,00 per onorario) oltre accessori come per legge;


  3. pone definitivamente a carico del Comune di (omissis) le spese di C.T.U, come in atti liquidate.

Così deciso in Bari, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione Civile della Corte di Appello il 11.01.2007.


IL CONSIGLIERE ESTENS.
IL PRESIDENTE