IL DEBITO DI SICUREZZA NEL RAPPORTO DI LAVORO
Davide de Gennaro

Il tema del presente intervento risente della visione contrattualistica del rapporto di lavoro subordinato, predominante nella dottrina giuslavoristica e nella giurisprudenza del Supremo Collegio, cui si contrappone una ricostruzione del fenomeno giuridico in termini di semplice rapporto, pur complesso e articolato, ricompreso in un quadro normativo vario e prevalentemente orientato alla tutela del soggetto più debole del rapporto.
Per chi è interessato a cogliere le varie articolazioni ricostruttive del rapporto di lavoro su base acontrattuale, segnalo un recente saggio di Renato Scognamiglio pubblicato sulla Rivista Italiana di Diritto del Lavoro [1].
La ricostruzione, in prospettiva contrattuale, del rapporto di lavoro subordinato, meglio si attaglia, a mio parere, alla comprensione del fenomeno del lavoro subordinato nell’impresa e consente l’utilizzo di istituti e categorie giuridiche su cui si è oramai sedimentata copiosa giurisprudenza che, per lo specifico ambito giuslavoristico ha assunto i connotati pieni e concreti di “diritto vivente”, cui sovente facciamo ricorso quando, interpreti della variegata realtà fenomenica, assumiamo le vesti di difensori di una delle parti del contratto di lavoro.
Il contratto di lavoro subordinato, definito come contratto a titolo oneroso e di natura corrispettiva, che si attua mediante lo scambio della prestazione lavorativa con la retribuzione, non è previsto dal codice civile come contratto tipico; infatti l’art. 2094 cod.civ., collocato nel libro V dedicato all’impresa, si limita a porre una definizione del “prestatore di lavoro subordinato[2].
Sulle parti del contratto di lavoro subordinato ricadono però ulteriori obbligazioni di natura accessoria o strumentale rispetto alle obbligazioni principali, per cui si è soliti ritenere il contratto di lavoro subordinato come un rapporto obbligatorio complesso.
A mero titolo esemplificativo basti citare gli obblighi di riservatezza e di non concorrenza, contemplati dall’art. 2105 cod. civ. e posti a carico del lavoratore, mentre a carico del datore di lavoro quelli di informazione, quali l’obbligo di consegna del prospetto paga o del contratto di lavoro contenente le condizioni che lo regolano.
L’obbligo di sicurezza si configura come uno dei più significativi del contratto di lavoro individuale, ed è posto a carico del datore di lavoro dall’art. 2087 cod. civ.. La norma, intitolata alla tutela delle condizioni di lavoro, prevede che “l’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, a seconda della particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale del lavoratore”.
L’imprenditore, in sostanza, in virtù di tale disposizione, assume su di se una serie di obblighi di natura contrattuale che possono avere contenuto generale o determinato, con la correlata posizione del lavoratore quale titolare del relativo diritto di credito.
Il contratto di lavoro individuale risulta così integrato per legge, ai sensi dell’art. 1374 [3] cod. civ,, dall’obbligo di sicurezza.
Il sistema di sicurezza del lavoro delineato dall’art. 2087 cod. civ. è stato poi integrato da ulteriori disposizioni legislative, confluite di recente nel T.U. della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro (D.lgs. 9/4/2008 n.81). In tale provvedimento sono state raccolte la gran parte delle disposizioni previste dall’ordinamento in materia, con contenuto specificativo dell’obbligo di sicurezza, e con l’obiettivo di accentuare l’attività prevenzionale attraverso l’esame e la valutazione del rischio di infortunio o di malattia professionale da parte del datore di lavoro, e lo svolgimento di specifica attività formativa degli addetti.
Tale disposizioni, però, non hanno affatto svuotato di contenuto la citata disposizione codicistica che, quale norma aperta, mantiene integra la sua efficacia precettiva e si presta ad una applicazione flessibile e generalizzata.
L’art. 2087 c.c. impone, infatti, al datore di lavoro di adottare tutte le misure necessarie a tutelare la persona del lavoratore, indipendentemente dal fatto che siano o meno previste da una norma di legge, bensì in dipendenza dalla tecnica, dall’esperienza o dalla particolarità della mansione del lavoratore.
Una previsione di così ampia portata presta il fianco alla critica di indeterminatezza e di eccessiva soggettività, con la conseguenza di rendere estremamente problematica l’indagine, in concreto, circa le misure necessarie che l’imprenditore, volta a volta, avrebbe dovuto adottare al fine di evitare l’evento dannoso.
Infatti, la giurisprudenza del Supremo Collegio, nel ribadire che l’inadempimento del datore di lavoro agli obblighi di sicurezza, e la conseguente responsabilità, non possa configurarsi come responsabilità oggettiva, ha precisato la natura contrattuale della stessa, facendone derivare significative conseguenze sul piano probatorio e del riparto del relativo onere [4].
Nella pratica professionale il momento di ricostruzione della natura della responsabilità del debitore o del responsabile del fatto dannoso e l’analisi dell’eventuale concorso del danneggiato nella causazione dell’evento, assumono rilievo determinante ai fini del buon esito del giudizio, e tanto sia che si assista il lavoratore infortunato sia il datore di lavoro.
Prima di affrontare, però, alcuni aspetti processuali che insorgono in una controversia fondata sulla violazione degli obblighi di sicurezza nel contratto di lavoro e che abbiano procurato un evento lesivo a carico del prestatore di lavoro, è opportuno precisare l’ampiezza della domanda risarcitoria cui l’infortunato può accedere nei confronti del proprio datore di lavoro.
Per definirla si usa l’espressione: domanda per il risarcimento del “danno differenziale”, intendendosi per questa la domanda avente ad oggetto tutte le conseguenze patrimoniali derivanti dall’infortunio o dalla malattia professionale non coperte dall’assicurazione obbligatoria apprestata per legge in favore della generalità dei prestatori di lavoro ed affidata all’inail.
Va ricordato, pertanto, che le prestazioni inail, in favore dei lavoratori e dei loro superstiti, hanno contenuto economico e sanitario (artt.66 e segg. D.P.R. 1124 del 1966). In particolare, e per quanto riguarda le prestazioni a contenuto economico, vanno menzionate le indennità per inabilità temporanea assoluta, per inabilità permanente assoluta o parziale e per morte del lavoratore.
L’azione in sede civile che il lavoratore potrà proporre nei confronti del suo datore di lavoro avrà, quindi, ad oggetto il ristoro di tutti i danni diretti ed indiretti derivanti dall’infortunio, non coperti dalle indennità erogate dall’inail e indennizzabili secondo le comuni regole civilistiche e quindi il danno patrimoniale, per la parte non coperta dall’indennizzo inail, anche da lucro cessante e cioè da diminuzione della capacità professionale e conseguente perdità di ulteriori possibilità occupazionali e di guadagno (c.d. perdita di chances), il danno patrimoniale emergente (spese mediche e sanitarie) non coperte dalle prestazioni inail, il danno biologico anche temporaneo non coperto dall’inail e quindi quello in misura inferiore al 6% o quello differenziale rispetto a quello liquidato dall’ inail, il danno esistenziale, il danno morale.
Le considerazioni sviluppate in precedenza in ordine alla natura della responsabilità del datore di lavoro, qualificata come contrattuale, si traducono sul piano processuale e, quindi, del riparto del relativo onere probatorio, nell’onere per il lavoratore di fornire la prova dell’occasione di lavoro, del danno e del nesso eziologico, e cioè la prova dell’inadempimento delle obbligazioni secondo la disciplina di cui all’art.1218 cod. civ. [5], mentre sul datore di lavoro ricadrà l’onere della prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno, per cui solo il raggiungimento della prova dell’interruzione del nesso di causalità tra infortunio (o malattia) ed il comportamento del datore di lavoro, esclude la responsabilità di quest’ultimo.
E’ noto che in materia di responsabilità contrattuale per escludere la responsabilità, oltre che il difetto del requisito della colpa è sufficiente provare che l’evento sia avvenuto per fatto imprevedibile od inevitabile. In caso di infortunio sul lavoro, però, per interrompere il nesso di causalità è necessario che l’evento, oltre che non prevedibile, sia avvenuto per un comportamento del tutto abnorme posto in essere dal lavoratore e cioè per l’assunzione del c.d. “rischio elettivo”.
Ne consegue che anche il comportamento negligente o colpevole del lavoratore non esonera dalla responsabilità il datore di lavoro, in quanto il sistema prevenzionale impone al datore di lavoro di valutare i rischi e di assumere idonee misure di protezione finalizzate a prevenire l’evento causato anche da negligenza o imperizia del lavoratore.
A tal fine è illuminate il passaggio di una decisione del Supremo Collegio che ha così sintetizzato l’ambito di valutazione del comportamento datoriale: “In tema di infortuni sul lavoro, l’eventuale colpa concorrente del lavoratore non può spiegare alcun effetto esimente per il datore di lavoro che abbia provocato l’infortunio per violazione delle prescrizioni in materia antinfortunistica, giacchè la relativa normativa è appunto diretta a prevenire gli effetti della condotta colposa dei lavoratori per la cui tutela è dettata, potendosi ritenere esonerato da responsabilità il datore di lavoro solo quando il comportamento del dipendente sia abnorme e dovendo definirsi tale il comportamento del lavoratore che sia stato posto in essere da quest’ultimo del tutto autonomamente e in un ambito estraneo alle mansioni affidategli – e pertanto al di fuori di ogni prevedibilità per il datore di lavoro – ovvero, pur rientrando nelle mansioni che gli sono proprie, sia consistito in un qualcosa di radicalmente, ontologicamente, lontano dalle ipotizzabili imprudenti scelte del lavoratore nella esecuzione del lavoro[6].
Ma se i principi affermati dal Supremo Collegio appaiono così stringenti, nel ridurre l’ambito di operatività del principio di esonero da responsabilità del datore di lavoro per imprevedibilità dell’evento, purtuttavia non mancano, soprattutto da parte della giurisprudenza di merito, e qualche volta anche da parte del Supremo Collegio, significative cadute ricostruttive circa la verifica in concreto dell’assolvimento dei rispettivi oneri processuali, cadute che sfociano, in alcune pronunce, addirittura nell’onerare il lavoratore della prova positiva della violazione della specifica norma antinfortunistica da parte del datore di lavoro, in particolare allorché si versi in ipotesi di violazione di misure di sicurezza nominate [7].
E’ questa una conclusione poco convincente, in quanto sposta a carico dell’infortunato, titolare di un diritto di credito pieno ed effettivo alla integrità psicofisica sul luogo di lavoro, l’onere di individuare le specifiche norme antinfortunistiche applicabili alla mansione o alla lavorazione, e la loro violazione in concreto, per cui il datore di lavoro potrà andare esonerato da responsabilità ove il lavoratore non sia stato in grado o non abbia fornito la specifica prova sul punto. E fornire la prova della violazione di una norma antinfortunistica, in concreto, significa approntare una ricostruzione tecnico-giuridica dell’evento, che solo un consulente di parte potrà predisporre in via preventiva rispetto alla stessa proposizione della domanda.
A fronte di questo orientamento è opportuno segnalare, invece, la pubblicazione di una recentissima decisone della Cassazione [8] che, affrontando il caso concreto di un infortunio occorso in ambito edilizio (caduta dall’alto), in cui assumeva rilievo anche il fatto del terzo ed il concorso di colpa del danneggiato, ha formulato il seguente principio di diritto:
La responsabilità del datore di lavoro ex articolo 2087 codice civile è di carattere contrattuale, perché il contenuto del contratto individuale di lavoro risulta integrato per legge (ai sensi dell’articolo 1374 c.c.) dalla disposizione che impone l’obbligo di sicurezza e lo inserisce nel sinallagma contrattuale. Ne consegue che il riparto degli oneri probatori nella domanda di danno da infortunio sul lavoro si pone negli stessi termini che nell’articolo 1218 cod. civ., sull’inadempimento delle obbligazioni; da ciò discende che il lavoratore che agisca per il riconoscimento del danno differenziale da infortunio sul lavoro, deve allegare e provare la esistenza dell’obbligazione lavorativa, del danno, ed il nesso causale di questo con la prestazione, mentre il datore di lavoro deve provare che il danno è dipeso da causa a lui non imputabile, e cioè di avere adempiuto al suo obbligo di sicurezza, apprestando tutte le misure per evitare il danno”.
Ricondotta, pertanto, nei corretti ambiti la questione del riparto dell’onere probatorio nei giudizi di risarcimento del danno da infortunio sul lavoro, non si manca di sottolineare come particolare attenzione vada prestata alle altre regole che governano la materia dell’inadempimento contrattuale e, quindi, anche alla regola di cui all’art. 1227 comma 1 cod. civ. [9] sul concorso di colpa del creditore.
Nel caso di specie il Supremo Collegio, richiamato un precedente specifico, [10] ha attribuito rilevanza al comportamento colposo del lavoratore infortunato (caposquadra) mettendo in rilevo come il Giudice del merito debba tener conto delle qualità professionali dell’infortunato che, se connotate da particolare competenza ed esperienza, pur se non possono condurre ad escludere l’incidenza causale sull’infortunio, nondimeno possono condurre ad una riduzione dell’ammontare del risarcimento, in ragione del concorso di colpa del danneggiato e fermo restando, però, il principio per cui il datore di lavoro, ai sensi dell’art. 2049 cod. civ., [11] risponde dell’operato degli altri dipendenti che abbiano agito al di fuori del controllo e della guida del dipendente infortunato.
Non v’è dubbio, quindi, che la decisione in commento – sia per l’importante principio di diritto affermato, che per le ulteriori affermazioni in ordine alla utilizzabilità di istituti giuridici tipici delle obbligazioni al contratto individuale di lavoro – costituisca un importante precedente.
L’azione di interpretazione che ciascuno di noi è chiamato a svolgere rispetto alla norma, prenderà allora le mosse dalla affermazioni di principi giuridici condivisi, perlomeno su aspetti fondanti del diritto delle obbligazioni e del diritto del lavoro e non è detto che non possa condurre a suggerire al giudice, che poi deve fare concreta applicazione in giudizio di quei principi, una interpretazione innovativa o creativa che, in non poche occasioni, ha dato corso a vere e proprie innovazioni giurisprudenziali.


Avv. Davide de Gennaro


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Note




  1. Renato Scognamiglio, Natura acontrattuale del lavoro subordinato, in RIDL, 2007 pp.379 e ss.


  2. Art.2094 c.c.: “È prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell’impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore.”;


  3. Art. 1374 c.c.: “Il contratto obbliga le parti non solo a quanto è nel medesimo espresso, ma anche a tutte le conseguenze che ne derivano secondo la legge, o, in mancanza, secondo gli usi e l’equità”;


  4. Cass. Civ. 24/02/2006 n.4184.


  5. Art. 1218 cod civ.: “Il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno se non prova che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile.”


  6. Cass. pen, sez. IV 7/07/2005 n.36339;


  7. Cass. civ. 25/05/2006 n. 12445;


  8. Cass. civ. 14/04/2008 n. 9817


  9. Art. 1227 comma 1 cod. civ.: “Se il fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l’entità delle conseguenze che ne sono derivate.”


  10. Cass. civ. 17/04/2004 n. 7328;


  11. Art. 2049 cod. civ.: “I padroni e i committenti sono responsabili per i danni arrecati da fatto illecito dei loro domestici e commessi nell’esercizio delle incombenze cui sono adibiti.”