TRIBUNALE DI TRANI
Sezione Promiscua
Il Tribunale di Trani – Sezione Promiscua – composto dai signori magistrati :
– dr. Luciano Guaglione    Presidente
– dr. Alberto Binetti    Giudice relatore
– dr. Riccardo Leonetti    Giudice


a scioglimento della riserva formulata all’udienza del 10 ottobre 2006 ha emesso la seguente


ORDINANZA


Nella causa civile iscritta sul ruolo generale Reclami al n. 1458/2006


TRA


E. F., rappresentata e difesa, in virtù di mandato in calce all’atto di reclamo, dall’Avv. C. S. ed elettivamente domiciliata in B. alla Via F. D., ., presso il suo studio;-RECLAMANTE-


E


P. R.;- RECLAMATO –


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Oggetto della presente procedura è la concessione della sospensione del precetto notificato al reclamato in data 21 aprile 2006.


In particolare, l’odierno reclamante aveva intimato un atto di precetto  nei confronti di P. R. per la somma di Euro 2.244,35, notificando unitamente il titolo esecutivo rappresentato dalla sentenza n. 71/06 del 31 gennaio 2006 del Giudice di Barletta.
Ha assunto il P. che con la medesima sentenza anche la E. era stata condannata al pagamento in suo favore della somma di Euro 650,00 a titolo di canoni di locazione dal maggio 2004 al settembre 2004.
Ha, quindi, allegato l’odierno reclamato che era pendente tra le stesse parti altra controversia, già rinviata per la decisione, nella quale la E. sarebbe stata condannata al pagamento in suo favore degli ulteriori canoni di locazione relativi ai mesi successivi.
Ha, pertanto, concluso l’opponente, rilevando la necessità di sospendere la prospettata azione esecutiva sulla base della sentenza n. 71/06, in attesa della emissione della sentenza che avrebbe sancito un diritto di credito in suo favore da porre in compensazione con il primo.


Depositato il ricorso in opposizione in data 2 maggio 2006, il giudice designato, il 3 maggio 2006, ha emesso un decreto con il quale ha fissato la comparizione delle parti dinanzi a sé per l’udienza del 26 giugno 2006 ed ha “sospeso l’atto di precetto”.


All’udienza del 30 giugno 2006 (cui la causa era stata rinviata d’ufficio) sentite le parti, il giudice si è riservato sulle richieste; sciolta la riserva, con provvedimento del 28 luglio 2006, il giudice ha ritenuto l’ammissibilità della domanda con ricorso (così rigettando una eccezione dell’opposta nel frattempo costituitasi) e, ritenuta la stessa matura per la decisione, ha rimesso le parti per l’udienza del 20 novembre 2006 per la discussione e la decisione.


Nelle more, tuttavia, con atto del 26 maggio 2006, la E. ha proposto reclamo avverso il provvedimento del 3 maggio 2006 con cui il giudice di Barletta aveva disposto la sospensione dell’atto di precetto, evidenziando, in primo luogo come il giudice adito fosse incompetente per valore, come lo stesso avesse erroneamente sospeso il precetto e non eventualmente il processo esecutivo o l’efficacia esecutiva del titolo e come, nel merito, non fosse possibile offrire in compensazione un credito non ancora venuto ad esistenza in quanto non vi era stata ancora la pronuncia giudiziale relativa.
Disposta la comparizione delle parti dinanzi al collegio, nessuno si è costituito per il reclamato, mentre la E. ha insistito per l’accoglimento del reclamo.


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Il reclamo è inammissibile.


Infatti, lo schema legislativo previsto dall’ultimissima riforma del processo esecutivo, e riferito agli artt. 615 e ss. c.p.c., è costruito nel senso di consentire al debitore che intenda contestare il diritto ad agire in via esecutiva del creditore e, quindi, proporre una opposizione all’esecuzione, di farlo già con un atto di citazione ancor prima che l’esecuzione abbia avuto inizio (opponendosi quindi al solo precetto) – il che poteva avvenire già in passato – ma, soprattutto, di chiedere (e questa è la novità) al giudice adito la sospensione non dell’esecuzione  (non ancora iniziata) bensì dell’efficacia esecutiva del titolo.


Tale innovazione ha posto rimedio ad una lacuna che, in passato, era stata colmata in via giurisprudenziale a mezzo dell’ammissibilità della tutela cautelare innominata ex art. 700 c.p.c.


Orbene, è evidente che nel caso di opposizione a precetto, il giudice adito non sia quello dell’esecuzione ma quello ordinario da individuarsi secondo i criteri territoriali e di valore previsti dal codice di rito, di modo che nell’ipotesi di istanza di sospensione formulata con l’opposizione a precetto non potrà applicarsi l’art. 618 c.p.c. che è disegnato espressamente per il giudice dell’esecuzione, ma troverà evidente applicazione l’art. 624 c.p.c. che, al primo comma, richiama testualmente l’intero art. 615 c.p.c. e non solo il secondo comma (che riguarda le opposizioni all’esecuzioni dinanzi al G.Es.).
D’altro canto, lo stesso reclamante ha fruito, nella sede odierna, dello strumento previsto dall’art. 669 terdecies c.p.c. in virtù della previsione espressa del citato art. 624 c.p.c.
Se questo è vero, allora, il modello processuale per l’assunzione del provvedimento di sospensione (ormai pacificamente di natura cautelare) è quello tipico del procedimento cautelare  uniforme, il quale prevede in linea generale la comparizione delle parti e l’emissione del provvedimento di accoglimento, di rigetto o di inammissibilità della cautela a seguito della comparizione, ovvero, in situazioni di particolare urgenza, la concessione della cautela con decreto inaudita altera parte con la necessaria ed indefettibile fissazione della comparizione delle parti per la conferma, modifica o revoca della cautela già concessa d’urgenza.
Che questo sia lo schema è confermato sia da ragioni logiche che da motivi formali. In primo luogo, va considerata la natura cautelare della sospensione che ne occupa, ricavabile dalla sua concedibilità anche prima che sia iniziata l’azione esecutiva – il che la rende sovrapponibile alla cautela ex art. 700 c.p.c. ritenuta ammissibile prima della riforma -; va, inoltre, evidenziata la reclamabilità del provvedimento che concede o che nega la sospensione; tali elementi inducono a ritenere del tutto compatibile con la richiesta di sospensione lo schema disegnato dall’art. 669 sexies c.p.c.
Sotto diverso profilo, è proprio l’art. 625 c.p.c. a prevedere che “sull’istanza per la sospensione del processo di cui all’articolo precedente, il giudice dell’esecuzione provvede con ordinanza, sentite le parti. Nei casi urgenti, il giudice può disporre la sospensione con decreto, nel quale fissa l’udienza di comparizione delle parti. All’udienza provvede con ordinanza”.
Non vi possono essere dubbi sul fatto che il richiamo “all’articolo precedente”, contenuto nel citato art. 625 c.p.c.,  non si riferisca al solo art. 624 bis c.p.c. – introdotto dalla riforma e riferito alla sospensione richiesta dalle parti congiuntamente – perché non se ne spiegherebbe la ragione, bensì all’art. 624 c.p.c., che prevede una sospensione non “concordata” ma “conflittuale”.
Ciò significa che nei casi previsti dall’art. 624 c.p.c. e, quindi, come già detto, in entrambe le ipotesi dell’art. 615 c.p.c. (opposizione a precetto e opposizione all’esecuzione ad esecuzione iniziata), il giudice può assumere, in ragione dell’urgenza, dei provvedimenti cautelari (rectius di sospensione) con decreto inaudita altera parte, ma ciò deve essere necessariamente seguito dalla fissazione di una comparizione delle parti e da un provvedimento, nella forma dell’ordinanza, che tenga conto delle posizioni che entrambe le parti hanno espresso o, comunque, hanno avuto la possibilità di esprimere.
Nel caso presente, il giudice di Barletta, non è chiaro quanto consapevolmente, ha ritenuto di “sospendere l’atto di precetto” – con formula invero poco felice, poiché in effetti avrebbe potuto solo sospendere l’efficacia esecutiva del titolo e non certo il precetto che è atto di parte – con un decreto inaudita altera parte ed in particolare con il decreto con il quale ha pure fissato l’udienza per la comparizione delle parti, fissazione che era, altresì, necessaria in ragione del rito introdotto dall’opponente con ricorso, trattandosi di controversia in materia di locazione.
Quale che sia stato l’intento del giudice di Barletta, in ogni caso, egli ha provocato il contraddittorio, a seguito del quale avrebbe dovuto provvedere innanzitutto sulla conferma o revoca della sospensione già disposta con decreto. Pur non avendo espressamente speso neppure una parola sul punto, la formale mancanza di revoca non può che avere l’effetto di mantenere fermo il provvedimento di sospensione già concesso. In ogni caso, l’opposta avrebbe avuto la possibilità (unica possibilità) di reclamare l’ordinanza del 26 luglio 2006 con la quale, evidentemente, in modo implicito, la sospensione è stata confermata.
Gli è, però, che l’odierno reclamo è stato proposto avverso il decreto del 3 maggio 2006, con atto depositato il 26 maggio 2006, quando non solo l’ordinanza del 26 luglio 2006 non era stata emessa ma non era stata neppure celebrata l’udienza di comparizione delle parti del 30 giugno 2006.
La questione in diritto che ne consegue è se sia ammissibile il reclamo avverso un decreto inaudita altera parte che conceda la cautela.


La risposta non può che essere negativa.


A prescindere da considerazioni di carattere sostanziale che, facendo leva sulla assoluta provvisorietà del decreto concessivo della cautela, conducono alla irreclamabilità dello stesso, può essere valorizzato, tra i tanti, l’argomento formale per cui l’art. 669 terdecies c.p.c., nella attuale formulazione, prevede il reclamo solo contro “l’ordinanza con la quale è stato concesso o negato il provvedimento cautelare”; ed è a tutti noto che l’ordinanza emessa a seguito della comparizione delle parti (a conferma, revoca o modifica di precedente decreto reso inaudita altera parte ovvero senza il precedente decreto poco importa),  è ben diversa dal decreto di cui al comma secondo dell’art. 669 sexies o del comma secondo dell’art. 625 c.p.c.
Sotto diverso profilo, uno degli argomenti utilizzati da coloro (e sono la maggioranza) che escludono l’ammissibilità di una prassi presente in alcuni tribunali di rigettare le richieste cautelari con decreto inaudita altera parte, è proprio il fatto che avverso tale rigetto non sarebbe ammissibile alcun reclamo.


La conseguenza è allora l’inammissibilità dell’odierno reclamo in quanto proposto avverso non l’ordinanza che ha sostanzialmente confermato la sospensione (e che è stata emessa in epoca successiva alla proposizione del reclamo medesimo), bensì avverso il decreto inaudita altera parte con il quale la sospensione era stata provvisoriamente concessa.
Quanto alla regolamentazione delle spese processuali, la pendenza del giudizio di opposizione, comporta che le stesse siano rimesse all’esito di quest’ultimo.


P.Q.M.


1) Dichiara inammissibile il reclamo proposto con atto depositato il 26 maggio 2006;


Così deciso nella camera di consiglio del Tribunale di Trani – Sezione Promiscua, il 30 ottobre 2006.











Il Giudice Estensore
Dott. A. Binetti


Il Presidente
Dott. L. Guaglione