Tribunale di Trani
Sezione distaccata di Barletta


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


nella persona del Giudice Unico, dott.ssa Maria Grazia Caserta, ha pronunciato la seguente


SENTENZA


nella causa civile iscritta nel registro generale affari contenziosi sotto il numero d’ordine 13504 dell’anno 2008


TRA


(OMISSIS), elettivamente domiciliate in Bisceglie, presso lo suo studio dell’avv. (OMISSIS) dal quale sono rappresentate e difese per mandato in margine all’atto di citazione -Attrici-


contro


ANAS S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. (OMISSIS), giusta mandato in calce alla copia notificata dell’atto di citazione Convenuta-


All’udienza del 12.02.2008, la causa veniva riservata per la decisione sulle conclusioni così precisate dalle parte costituite.


CONCLUSIONI


per le attrici: <<(…) chiede rigettarsi la eccezione sollevata di difetto di giurisdizione trattandosi di acquisizione usurpativa realizzatasi in assenza del decreto di esproprio>>;


per la convenuta: <<(…) precisa le conclusioni risportandosi integralmente a quelle dei propri atti e verbali di causa. (…) insiste pertanto per l’accoglimento della sollevata eccezione pregiudizale di rito>>.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 06.09.2005, le attrici convenivano in giudizio l’Anas S.p.A. esponendo:




  • di essere, rispettivamente, proprietaria ed usufruttuaria del terreno sito in agro di (OMISSIS);


  • che il terreno veniva occupato dalla convenuta per eseguire i lavori di completamento dell’allargamento della S.S. 170 (OMISSIS);


  • che l’occupazione è perdurata oltre il termine di cinque anni divenendo così illegittima;


  • che non è mai stato emanato un decreto di esproprio ma si è realizzata un’occupazione acquisitiva e che il comportamento dell’espropriante è divenuto antigiuridico ex art. 2043 c.c.;


  • che la convenuta provvedeva alla determinazione della sola indennità provvisoria di esproprio ed occupazione del terreno e che la somma veniva accettata in via provvisoria dalle attrici e svincolata in data 30.04.2004 con provvedimento della sede centrale di questo Tribunale;


  • che, realizzata l’opera di allargamento della sede stradale, il fondo delle attrici ha subito una irreversibile trasformazione e che, richiesta l’indennità definitiva di occupazione, la convenuta riscontrava la richiesta in data 24.5.2005 ma la Commissione provinciale non si pronunciava.

Tanto premesso chiedevano di:


1) accertare e dichiarare l’illiceità e la illegittimità del comportamento tenuto dall’Anas spa nella procedura espropriativa e di occupazione del terreno sito in (OMISSIS);
2) conseguentemente e per l’effetto accogliere la domanda e condannare la convenuta al risarcimento dei danni per equivalente, in favore delle attrici, per la perdita del bene occupato illegittimamente in assenza di decreto di esproprio da determinarsi in ragione del valore venale del bene, e per le opere eliminate ed abbattute a seguito della medesima occupazione, nonché al pagamento della indennità di occupazione legittima ed illegittima, da determinarsi secondo i criteri di legge, oltre agli interessi dal dì della occupazione ed ai danni da svalutazione monetaria;
3)con vittoria di spese e competenze di causa.


Con comparsa depositata il 29.11.2005 si costituiva la convenuta e, previa integrale contestazione dell’avversaria pretesa chiedeva di:




  1. accertare e dichiarare il difetto di competenza del Tribunale di Trani Sezione distaccata di Barletta in favore della Corte d’Appello di Bari;


  2. accertare e dichiarare il difetto di legittimazione passiva di ANAS S.p.A. autorizzando l’intervento in causa ex art. 107 c.p.c. (OMISSIS);


  3. accertare e dichiarare prescritte le richieste vantate dalle attrici;


  4. in ogni caso rigettare ogni avversa richiesta in quanto infondata in fatto ed in diritto oltre che non provata, con condanna di spese, diritti ed onorari di giudizio.

Nel corso della trattazione, la convenuta sollevava il difetto di giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria in favore di quella amministrativa sicché, apprezzata l’idoneità dell’eccezione sollevata a definire il processo, la causa veniva rimessa in decisione sulla questione pregiudiziale di rito e all’odierna udienza, poiché essa si presenta priva di aspetti di complessità, in quanto di pronta definizione, ne è stata ordinata, ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c., l’immediata discussione orale, seguita dalla lettura del dispositivo e dei motivi della decisione.


MOTIVI DELLA DECISIONE


L’eccezione pregiudiziale di rito sollevata dalla convenuta è fondata e va accolta e la giurisdizione va, conseguentemente, declinata.


Le attrici agiscono affinché, accertata l’illegittima occupazione del proprio fondo -occupato preliminarmente all’espropriazione, onde realizzare alcune opere di sistemazione stradale dichiarate indifferibili ed urgenti- protrattasi oltre il termine stabilito per l’emissione del decreto di esproprio, venga loro risarcito il danno per equivalente patito per effetto della predetta procedura. Lamentano, in estrema sintesi, un danno da occupazione appropriativa.


L’istituto dell’occupazione appropriativa, di creazione giurisprudenziale, è un modo di acquisto della proprietà da parte della pubblica amministrazione che si verifica quando, occupato sine titulo un fondo –per difetto dell’originario provvedimento di occupazione ovvero per scadenza dello stesso in seguito alla decorrenza del quinquennio–per la realizzazione di un’opera pubblica, si verifichi una irreversibile trasformazione del fondo medesimo che determina l’acquisto a titolo originario della proprietà secondo i principi dell’accessione. Si tratterebbe (cfr. Cass. 26.02.1983, n. 1464) di una regola inversa a quella per cui quidquid solo inaedificatur solo cedit giacché prevarrebbe l’interesse economicamente più rilevante: quello pubblico perseguito dall’amministrazione procedente con la realizzazione dell’opera rispetto al diritto dominicale sul fondo.


 La prevalenza dell’interesse amministrativo troverebbe la sua giustificazione nella dichiarazione di pubblica utilità. In tal caso, verificatasi l’apprensione e la materiale trasformazione del fondo, al privato -impedita l’azione possessoria- è dato solo il diritto al risarcimento del danno. La riconosciuta rilevanza della dichiarazione di pubblica utilità comporta che, in mancanza, il privato potrà ben conseguire la restituzione del bene ovvero, abdicando al proprio diritto di proprietà, potrà decidere di conseguire il risarcimento per equivalente con sensibile differenza in ordine al termine di decorrenza della prescrizione della relativa azione. In quest’ultimo caso, trattandosi di occupazione “usurpativa”, vale a dire di <<manipolazione del fondo di proprietà privata in assenza di dichiarazione di pubblica utilità, sia che ne venga invocata la tutela restitutoria (eventualmente azionata con ricorso per la reintegrazione del possesso), sia che, attraverso un’abdicazione implicita al diritto dominicale, si opti per il risarcimento del danno>> (cfr. Cass., sez. un., 13-02-2007, n. 3043), la giurisdizione spetta al giudice ordinario.


Occorre chiarire, invece, anche alla stregua degli ultimi pronunciamenti quale sia l’orientamento prevalente in ordine al riparto di giurisdizione in materia di occupazione appropriativa.


È condivisibile il principio secondo cui in ipotesi, l’acquisizione della proprietà alla mano pubblica – che opera per effetto della trasformazione irreversibile del fondo ad opera pubblica o ad uso pubblico – postulando una dichiarazione di pubblica utilità formale o connessa ad un atto amministrativo che, per legge, produca tale effetto, comporta la devoluzione del rapporto che ne consegue alla giurisdizione del giudice amministrativo non potendosi qualificare la condotta che sta a monte dell’occupazione appropriativa come mero comportamento non riconducibile all’esplicazione “neppure mediata” di un pubblico potere.


Ed infatti, alla stregua degli ultimi arresti giurisprudenziali, è ragionevole ritenere che, nelle ipotesi in cui i “comportamenti” causativi di danno ingiusto – e cioè, nella specie, la realizzazione dell’opera e la mancata adozione del decreto di esproprio entro il termine di legge- costituiscono esecuzione di atti o provvedimenti amministrativi (dichiarazione di pubblica utilità e/o di indifferibilità e urgenza) e sono quindi riconducibili all’esercizio del pubblico potere, sussistendo comportamenti funzionalmente collegati all’esercizio di potestà pubbliche, la giurisdizione spetta al giudice amministrativo.


Già con la sentenza n. 204 del 2004, la Corte Costituzionale aveva ritenuto conforme a Costituzione la devoluzione alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo delle controversie relative a “comportamenti” (di impossessamento del bene altrui) collegati all’esercizio, pur se illegittimo, di un pubblico potere; devolvendo, viceversa, alla giurisdizione ordinaria la cognizione sui “comportamenti” posti in essere in carenza di potere ovvero in via di mero fatto.


L’attribuzione alla giurisdizione del giudice amministrativo della tutela risarcitoria – non a caso con la medesima ampiezza, e cioè sia per equivalente sia in forma specifica, che davanti al giudice ordinario, e con la previsione di mezzi istruttori, in primis la consulenza tecnica, schiettamente “civilistici” (art. 35, comma 3, D. lgs. 80/98) – si fonda sull’esigenza, coerente con i principi costituzionali di cui agli artt. 24 e 111 Cost., di concentrare davanti ad un unico giudice l’intera tutela del cittadino avverso le modalità di esercizio della funzione pubblica (così Corte di cassazione, sez. un., 22 luglio 1999, n. 500 ), ma non si giustifica quando la pubblica amministrazione non abbia in concreto esercitato, nemmeno mediatamente, il potere che la legge le attribuisce per la cura dell’interesse pubblico.


In siffatto contesto culturale si inserisce la Corte Costituzionale che, con la sentenza 11 maggio 2006 n. 191, che, muovendo dalle considerazioni svolte dalla propria decisione n. 204 del 2004, ha ritenuto illegittimo anche il D.P.R. 8 giugno 2001, n. 357, art. 53, comma 1, per la parte in cui, “riproducendo il contenuto del D.Lgs n. 80 del 1998, art. 34, come modificato dalla L. n. 205 del 2000, art. 7” attribuisce alla cognizione esclusiva dei Giudici amministrativi le controversie relative ai procedimenti espropriativi di cui a detto decreto, senza escludere dalle stesse “i comportamenti non riconducibili, nemmeno mediatamente, all’esercizio di un pubblico potere”.


Nel caso di specie, è stato prospettato un comportamento dell’autorità amministrativa consistente nell’impossessamento del fondo delle attrici con esercizio illegittimo dei poteri ablativi, pur essendovi stata una valida dichiarazione di pubblica utilità dell’opera, costruita durante un’occupazione autorizzata e legittimamente eseguita, il cui termine finale è scaduto prima della emissione del provvedimento ablativo.


In tal modo sono state incise le posizioni soggettive delle attrici, il cui fondo era già assoggettato al vincolo preordinato all’esproprio imposto con la dichiarazione di indifferibilità ed urgenza. La posizione soggettiva –sorta per effetto della dichiarazione di indifferibilità ed urgenza– era di interesse legittimo ancorché la domanda odierna abbia per oggetto il risarcimento dei danni per un illecito posto in essere con l’esecuzione di un opera, avvenuta per una causa di pubblica utilità legittimamente dichiarata e quindi per un comportamento della amministrazione convenuta che, nel momento in cui è stato posto in essere, era legittimo ed è divenuto illecito con la fine della durata dell’occupazione. La condotta dell’ amministrazione, secondo la prospettazione delle attrici, costituisce comportamento causativo di un danno ingiusto e illecito istantaneo consumatosi all’esito dell’ocuupazione legittima, ma riconducibile, almeno mediatamente, all’esercizio del pubblico potere, sicché non può che dichiararsi la giurisdizione del giudice amministrativo.


In tema, deve darsi conto di un recente arresto della Suprema Corte (Sez.UU., Ordinanza n. 14794 del 2007) secondo cui <<riguardo al risarcimento da occupazione appropriativa (…) va affermata la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
L’occupazione usurpativa>> invece <<sfugge alla giurisdizione del Giudice amministrativo, essendo incostituzionale averne fatto oggetto, con il D.Lgs. 80 del 1998, art. 34, e con il D.P.R. 327 del 2001, art. 53, di giurisdizione esclusiva. Nell’occupazione appropriativa è ugualmente leso il diritto di proprietà, e quindi vi è lesione di un diritto soggettivo, ma il collegamento, indiretto, all’esercizio del potere espropriativo ne giustifica l’attribuzione alla giurisdizione esclusiva.
Il collegamento dell’agire amministrativo, anche riguardo ai comportamenti, all’esercizio delle funzioni autoritative, è operato dalla Corte costituzionale al fine di verificare la tenuta costituzionale di un sistema sempre più incline a disegnare ipotesi di giurisdizione esclusiva. Ma non può diventare esso stesso un criterio di riparto della giurisdizione, al prezzo di attribuire al Giudice delle leggi la prerogativa del giudice della giurisdizione, che non gli compete, sostituendo l’unico, fondamentale, criterio costituzionalizzato, fondato sulla bipolarità diritti-interessi. Non è la dichiarazione di pubblica utilità, che sia emessa nel rispetto della legge, ad affievolire il diritto del proprietario, quanto la trasformazione del fondo privato (Tacere in alienum) in assenza della titolarità del bene. La vigenza dell’atto introduttivo del procedimento ablatorio vale a ricondurre la condotta dell’amministrazione nell’ambito del potere ablatorio, e a giustificare la creazione della giurisdizione esclusiva nella materia espropriativa.
Questo soltanto è il passaggio che consente di mantenere la coerenza del sistema al principio di legalità, e non certo una pretesa attinenza a interessi legittimi del comportamento in cui si estrinseca la manipolazione del fondo, pur in presenza di dichiarazione di pubblica utilità. A fronte di comportamenti è sempre ravvisabile la lesione di un diritto soggettivo, che a seconda della tipicità del procedimento in cui esso s’innesta, può corrispondere al diritto di proprietà. Ove manchi, o non sia più efficace>> e non vi sia stata una irreversibile trasformazione del fondo << la dichiarazione di pubblica utilità (…) la previsione della giurisdizione esclusiva non è conforme alla Costituzione, e la controversia restiutoria (o risarcitoria) compete comunque al Giudice ordinario.
È il caso di tracciare allora, riguardo alla giurisdizione in tema di azioni di risarcimento del danno da occupazione appropriativa, il seguente quadro riassuntivo:
a) le controversie in materia di occupazione appropriativa iniziate in periodo ancora antecedente al 1 luglio 1998, rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario, secondo l’antico criterio di riparto diritti soggettivi-interessi legittimi (Cass. 17 novembre 2005, n. 23241);
b) le stesse controversie, se iniziate dal 1 luglio 1998, al 10 agosto 2000, data di entrata in vigore della L. n. 205 del 2000, restano attribuite al giudice ordinario, per effetto della sentenza n. 281 del 2004, della Corte Costituzionale, che ravvisando nel D.Lgs. 80 del 1998, art. 34, anteriormente alla riscrittura con la L. 205, art. 7, un eccesso di delega, dichiara l’incostituzionalità delle nuove ipotesi di giurisdizione esclusiva (Cass. 20 aprile 2005, n. 8204; 21 aprile 2006, n. 9343; 9 giugno 2006, n. 13432);
c) le stesse controversie sono attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, se iniziate a partire dal 10 agosto 2000, data di entrata in vigore del D.Lgs. 80 del 1998, art. 34, come riformulato dalla L. 205 del 2000, art. 7, mentre la stessa giurisdizione sarà giustificata dall’art. 53 T.U. cit., se la dichiarazione di pubblica utilità sia intervenuta a partire dal 1 luglio 2003, data di entrata in vigore del T.U. espropriazioni. È appena il caso di notare, per completezza, che rientrano comunque nella giurisdizione del giudice amministrativo, le domande davanti a questo proposte per l’annullamento del decreto di esproprio o del decreto di occupazione, cui segua, contestualmente o meno, la domanda risarcitoria (la domanda risarcitoria nei confronti della P.A. va rivolta al Giudice amministrativo, in quanto la condotta causativa di danno si riconnetta direttamente all’esercizio di attività provvedimentale, anche se il provvedimento sia stato annullato dallo stesso Giudice in sede di giurisdizione di legittimità o a seguito di ricorso straordinario: Cass. 15 giugno 2006, n. 13911).


La peculiarità e delicatezza della questione giuridica trattata, giustifica la compensazione integrale delle spese di lite.


La presente sentenza, che costituisce parte integrante del verbale dell’udienza odierna in cui viene pronunciata, si ha per pubblicata con la sottoscrizione, seguita dall’immediato deposito in cancelleria, la quale provvederà agli adempimenti di cui all’art. 35 disp. att. c.p.c. .


P.Q.M.


Il Tribunale di Trani, sezione distaccata di Barletta, nella persona del Giudice Unico, dott.ssa Maria Grazia Caserta, disattesa ogni diversa istanza, eccezione o deduzione, definitivamente decidendo sulla domanda proposta da (OMISSIS) contro ANAS S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t., così provvede:




  1. in accoglimento della sollevata eccezione pregiudiziale, declina la propria giurisdizione in favore del Giudice Amministrativo;


  2. spese compensate.

Così deciso in Barletta il 12.02.2008


Il Giudice
Dott.ssa Maria Grazia Caserta