N. 1150 INSERZ. ANNO 2003


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


Il Tribunale di Trani Sezione Civile
in persona del Giudice Unico, dott. Gaetano Catalani


ha emesso la seguente


sentenza


nella causa civile iscritta sul ruolo generale affari del cont. al n. 2343/1998 R.G. ed avente per oggetto: azione revocatoria


T R A


Fallimento (omissis) s.r.l., in persona del curatore avv. (omissis), elettivamente domiciliato in Trani al (omissis) presso lo studio dell’avv. (omissisi), rappresentato e difeso dall’avv. (omissis), in virtù di mandato a margine dell’atto di citazione e giusta autorizzazione del G.D. del 10-4-1998;=ATTORE=


E


Banca (omissis) S.p.A., in persona dell’amministratore delegato (omissis), elettivamente domiciliata in Trani al (omissis), presso lo studio dell’avv. (omissis), rappresentata e difesa dall’avv. (omissis), giusto mandato a margine della comparsa di costituzione; =CONVENUTA=


All’udienza del (omissis), la causa è stata assegnata a sentenza sulle seguenti conclusioni dei procuratori delle parti:”l’avv. (omissis) per l’attore si riporta a tutte le richieste istruttorie e di merito articolate nei propri scritti difensivi; l’avv. (omissis), in sostituzione dell’avv. (omissis) per la convenuta, chiede il rigetto dell’avversa domanda in quanto infondata in fatto ed in diritto, atteso che la banca ha fornito la prova dell’inscientia decotionis con vittoria di spese ed onorari”.


Svolgimento del processo
Con atto di citazione notificato il 26-7-1998 la curatela fallimentare della (omissis)  conveniva in giudizio la (omissis), come rappresentata, esponendo che in data omissis, ossia nei due anni antecedenti la dichiarazione di fallimento, avvenuta il (omissis), la società fallita aveva ceduto alla suddetta banca un credito IVA di £ 204.445.307, incassato il (omissis). L’attore evidenziava che la cessione era avvenuta quando la (omissis) era ormai in stato di decozione, ben noto alla cessionaria e che la stessa aveva natura solutoria, di talché, ai sensi dell’art. 67 L.F., ne chiedeva la revoca e l’inefficacia con condanna della omissis  al pagamento della relativa somma, oltre rivalutazione monetaria ed interessi moratori, nonché alla rifusione delle spese giudiziali.
Si costituiva in giudizio la Banca (omissis) , quale società incorporante l’istituto di credito convenuto, giusto atto del (omissis) per notaio (omissis) di Milano rep. , contestando l’avversa pretesa, dal momento che la cessione del credito IVA non aveva natura solutoria, essendo stata effettuata non per estinguere un precedente debito, ma a garanzia di un affidamento contestuale. All’uopo la convenuta sosteneva che la (omissis) aveva acceso un c/c il (omissis) presso la filiale di Bisceglie della (omissis) con un affidamento di £ 40.000.000 e, successivamente, in data , aveva chiesto la concessione di ulteriore fido di £ 200.000.000, sotto forma di anticipazione in lire/valuta, accordata il  attraverso la suddetta operazione. In ogni caso la (omissis) contestava che la cessione di credito IVA fosse mezzo anomalo di pagamento, atteso che il contribuente che avesse versato la relativa imposta in misura superiore avrebbe un diritto soggettivo perfetto al rimborso dall’amministrazione finanziaria, assolutamente cedibile, di talché chiedeva il rigetto della domanda con vittoria di spese processuali.
Acquisiti i documenti prodotti e ritenuta la controversia istruita allo stato degli atti, la causa all’udienza del omissis è stata riservata per la decisione sulle conclusioni trascritte in epigrafe.


Motivi della decisione
La domanda è fondata e merita accoglimento.
E’incontroverso tra le parti che la cessione del credito IVA in favore della (omissis) è avvenuta l’(omissis), ovvero entro il biennio anteriore alla dichiarazione di fallimento, avvenuta il (omissis).
Sostiene la convenuta che tale modalità di estinzione dell’obbligazione, attese le dinamiche dei rapporti commerciali, non possa essere ritenuto contrario alla prassi e perciò anormale.
In proposito, concordemente ad un consolidato orientamento giurisprudenziale, si reputa viceversa che la cessione di credito, effettuata in funzione solutoria, si caratterizzi come anomala rispetto al pagamento effettuato in danaro o con titoli di credito considerati equivalenti al danaro e sia, pertanto, soggetta a revocatoria fallimentare a norma dell’art. 67, comma 1, n. 2 l. fall., sottraendosene soltanto quando sia stata prevista come mezzo di estinzione contestualmente al sorgere del debito con essa estinto (cfr. Cass. civ. Sez.I 23/04/2002 n.5917,  05/07/1997 n.6047, Trib. Genova, 21/06/1999 Soc. Morfeo C. Soc. Marinelli, Dir. Fall. 2000, II, 1262, Trib. Verona 14/01/1998 Foro Padano, 1999, I, 272).
In particolare, la cessione di credito effettuata dalla società poi fallita in favore della banca è un mezzo satisfattorio diverso dal danaro ed estraneo alle comuni relazioni commerciali; deve pertanto essere considerata alla stregua di un mezzo anomalo di pagamento e perciò revocata ai sensi dell’art. 67 l. fall. (cfr. Trib. Roma, 07/08/2001 Fall. soc. Ten C. Banco Sicilia, Dir. e prat. soc. 2002, 12, 83).
Nella fattispecie, la Banca (omissis) ha negato altresì che la suddetta cessione avesse funzione solutoria, assumendo che sarebbe stata effettuata a garanzia di un contestuale affidamento di £ 200.000.000 accordato dalla (omissis) il (omissis).
La tesi è palesemente smentita dalle risultanze documentali: infatti, nel contratto registrato il (omissis) le parti davano atto, con premessa avente valore ricognitivo che, rispetto al credito di £ 284.173.000, “la (omissis) è creditrice di maggior somma verso la società (omissis) e che “la cessione di credito, irrevocabile, è fatta pro-solvendo, a garanzia del soddisfacimento di crediti bancari della (omissis) verso la (omissis) e, pertanto, le somme che la (omissis) andrà a riscuotere in conseguenza della cessione in oggetto saranno trattenute per il soddisfacimento di quanto dovutole dalla predetta società per capitale, interessi, spese e accessori”.
Inoltre, l’esistenza di precedenti ragioni creditorie della cessionaria è stata ampiamente comprovata dall’attore con la produzione degli estratti conto n. (omissis) intrattenuto dalla (omissis) con la filiale di Bisceglie della (omissis), dai quali risulta il notevole saldo passivo nel periodo immediatamente antecedente la cessione, con importi in taluni periodi superiori rispetto a quelli per i quali la correntista sarebbe stata affidata. Infine, la circostanza della natura solutoria della cessione (e non di mera garanzia dell’affidamento) trova ulteriore conferma nella missiva trasmessa il (omissis) dall’amministratore della società poi fallita all’istituto di credito in cui si chiede che, all’esito dell’incasso delle somme, “previo azzeramento dell’esposizione debitoria”, sia messo a disposizione della cedente “il residuo importo”.
Va quindi escluso che la cessione sia stata coeva al sorgere del credito con esclusiva funzione di garanzia dello stesso, dovendosi viceversa ritenere che la stessa abbia costituito modalità anomala di estinzione di precedente obbligazione contratta dalla (omissis) con la (omissis) conseguente al saldo passivo di c/c privo di affidamento.
Quanto alla scientia decotionis, va evidenziato che trattandosi di azione revocatoria promossa ai sensi dell’art. 67 comma I n.2 L.F., v’è presunzione relativa della conoscenza dello stato d’insolvenza della società fallita nel biennio successivo, con relativo onere probatorio gravante sulla convenuta (cfr. Cass. civ. Sez.I, 23/04/2002 n.5917).
Nella fattispecie la (omissis) ha dedotto che a carico della omissis non sarebbero stati elevati protesti cambiari e che la suddetta società avrebbe avuto un bilancio in attivo al (omissis): tali elementi appaiono palesemente insufficienti a superare la suddetta presunzione e, soprattutto, sono contraddetti dagli estratti conto relativi ai primi trimestri 1995 del c/c n. (omissis), da cui emerge implicitamente come numerosi assegni della correntista siano stati trasmessi al notaio per l’elevazione del relativo protesto e, quindi, non siano stati immediatamente pagati per carenza di provvista, a cui la (omissis) ha posto argine, provvedendo di volta in volta al pagamento con conseguente richiamo dei titoli.
Tale circostanza, in uno con il notevole sconfinamento del c/c, sino ad un saldo passivo di oltre £ 100.000.000, è di per sé molto indicativa di una situazione di dissesto finanziario e di illiquidità della società alla data dell’(omissis), specie ove si abbia riguardo alla qualità professionale del creditore. All’uopo di reputa che la qualità soggettiva di colui che entra in contatto con l’insolvente, ed in particolare “la qualità di banchiere rileva in quanto consente di fondare una presunzione sulla base di un sillogismo la cui premessa generale consiste nell’affermazione che i modelli di comportamento di una categoria professionale fanno acquisire la conoscenza dei sintomi dell’insolvenza, manifestatasi in concreto” (Cass. civ. Sez.I 07/02/2001 n.1719).
Ne consegue che la cessione di credito in oggetto deve essere revocata e dichiarata inefficace nei confronti della curatela fallimentare con condanna della convenuta al pagamento in favore dell’attore della complessiva somma di € 105.587,19 (equivalente a £ 204.445.307), oltre interessi legali di natura moratoria dal giorno della domanda (cfr. Cass. civ. Sez.I 20/04/2001 n.5843, Sez.unite 15/06/2000 n.437) sino al soddisfo, non essendo stata offerta dalla curatela prova alcuna del maggior danno per la perdita del potere di acquisto della moneta nel tempo, perdita peraltro piuttosto contenuta negli ultimi anni.      
Le spese processuali seguono la soccombenza della convenuta e si liquidano nella misura indicata nel dispositivo.


=P.Q.M.=


Il Tribunale, in persona del Giudice Unico dott. Gaetano Catalani, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta dalla curatela fallimentare della (omissis) con atto di citazione notificato il 26-7-1998 alla (omissis), incorporata nella (omissis), così provvede nel contraddittorio delle parti:




  1. revoca e dichiara inefficace nei confronti della curatela fallimentare della (omissis) la cessione di credito stipulata l’(omissis) tra la società fallita e la (omissis) e condanna la (omissis) al pagamento in favore dell’attore della somma di € 105.587,19, oltre interessi legali dalla domanda sino al soddisfo;


  2. condanna la convenuta alla rifusione in favore della curatela fallimentare della (omissis) delle spese del presente giudizio che si liquidano in complessive € 5.757,99, di cui € 257,99 per esborsi, € 2.000,00 per diritti ed € 3.500,00 per onorari di avvocato, oltre rimborso spese generali, IVA e CAP come per legge.

Così deciso in Trani, addì


IL GIUDICE UNICO
dott. Gaetano Catalani