REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


Tribunale di Trani
Sezione distaccata di Barletta


nella persona del Giudice Unico, dott.ssa Maria Grazia Caserta, ha pronunciato la seguente


SENTENZA


nella causa civile iscritta nel registro generale affari contenziosi sotto il numero d’ordine 13024 dell’anno 2006


TRA


T. S.r.L., in persona del suo legale rappresetnatne p.t., elettivamente domiciliata in Bari, presso lo suo studio degli avv. O. S. e A. C. dai quali è rappresentata e difesa per mandato in margine all’atto di citazione -Attrice-


contro


B. Soc. coop. a r.l., in persona dei legali rappresentanti, ( omissis), rappresentata e difesa degli avv.ti G. D. N. del Foro di Milano e R. T., ed elettivamente domiciliata presso lo studio del secondo in Barletta, per delega a margine del presente atto -Convenuta-


All’udienza del 20.11.2007, la causa veniva riservata per la decisione sulle conclusioni così precisate dalle parte costituite.


CONCLUSIONI
<<I procuratori delle parti si riportano alle conclusioni rassegnate nello scorso verbale e ne chiedono l’integrale accoglimento>>.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato a mezzo del servizio postale l’attrice conveniva la B Soc. coop. a r.l., esponendo di aver intrattenuto con quest’ultima due rapporti contrattuali di conto corrente (identificati con i nn. omissis), stipulati presso la Filiale di Barletta, agenzia n. (omissis), e denunciando, con riferimento ai medesimi, l’applicazione di interessi capitalizzati trimestralmente ed altri oneri e spese indebiti.
Tanto premesso chiedeva di:
<<1) dichiarare l’invalidità e/o illegittimità dell’applicazione degli interessi ultralegali, dell’anatocismo trimestrale, delle commissioni di massimo scoperto, dei costi, delle competenze, e remunerazioni oggetto del rapporto tra le parti, a qualsivoglia titolo pretese e, conseguentemente, determinare l’esatto dare-avere tra le parti in base ai risultati del ricalcolo da effettuarsi a mezzo di C.T.U. e sulla base della documentazione prodotta e di quella eventualmente necessaria, ad acquisirsi da parte del C.T.U;
2) condannare la convenuta alla restituzione di tutte le somme, nessuna esclusa, indebitamente versate e/o riscosse, oltre interessi legali e svalutazione monetaria (attesa la pacifica natura risarcitoria), da computarsi dal dì dei singoli indebiti pagamenti, sino al soddisfo.
3) in subordine, sempre per le ragioni rassegnate in narrativa, nell’ipotesi di eventuali illegittime sottoscrizioni di qualsivoglia “contratto”, dichiarare la nullità e/o invalidità dello stesso quantomeno in relazione alla applicazione degli interessi ultralegali, dell’anatocismo trimestrale, delle commissioni di massimo scoperto, dei costi, delle competenze e remunerazioni oggetto del rapporto tra le parti, a qualsivoglia titolo pretese e, conseguentemente, determinare l’esatto dare-avere tra le parti in base ai risultati del ricalcolo da effettuarsi a mezzo di C.T.U. e sulla base della documentazione prodotta e di quella eventualmente necessaria, ad acquisirsi da parte del C.T.U., con condanna della convenuta alla restituzione di tutte le somme, nessuna esclusa, indebitamente versate e/o riscosse, oltre interessi legali e svalutazione monetaria (attesa la pacifica natura risarcitoria), da computarsi dal dì dei singoli indebiti pagamenti, sino al soddisfo.
Con vittoria di spese, diritti e onorari di causa, da liquidarsi in favore dei sottoscritti procuratori anticipatari ex art. 93 c.p.c.
>>.


Con comparsa depositata il 24.02.2006 si costituiva la convenuta e, previa integrale contestazione dell’avversaria pretesa, eccepiva la nullità della procura ad litem e chiedeva di:
A) In via principale:
dichiarare inammissibili e comunque integralmente respingere le avversarie domande e istanze;
B) In via subordinata:
operata la conversione della capitalizzazione trimestrale in capitalizzazione semestrale e rilevata l’intervenuta estinzione per prescrizione delle pretese restitutorie dell’attrice per il periodo anteriore ai cinque anni precedenti alla notificazione dell’avversario atto di citazione, limitare la condanna della Banca convenuta alla restituzione per il solo periodo dei cinque anni precedenti alla notificazione dell’atto di citazione della sola differenza tra gli interessi computati in base alla capitalizzazione trimestrale e quelli che sarebbero stati computati e dovuti in base ad una capitalizzazione semestrale, senza interessi legali precedenti alla data della notificazione dell’avversario atto di citazione; con vittoria di spese, competenze ed onorari di giudizio.


All’udienza di prima comparizione l’attrice nulla osservava sulla sollevata eccezione di nullità della procura. Integrava l’atto introduttivo solo con le note ex art. 180, II co., c.p.c. precisando che <<la convenuta pur avendo dedotto nella narrativa del proprio atto la nullità della procura ad litem, successivamente non ha formulato alcuna specifica conclusione sul punto; sicché, a prescindere comunque dall’assoluta infondatezza della stessa, non v’è dubbio che detta eccezione debba ritenersi non formulata e/o abbandonata e/o c rinunciata da controparte, vieppiù attesa la palese ed inequivocabile accettazione del contraddittorio. Ciò premesso (…), senza alcuna accettazione del contraddittorio sulla sollevata eccezione di nullità (…) che quand’anche nell’atto di citazione sia stato omesso o risulti incerto il “nome della persona fisica” che ha conferito la procura ad litem, per pacifica giurisprudenza di merito e di legittimità la firma del conferente la procura alla lite, apposta in calce od a margine dell’atto con il quale sta in giudizio una società esattamente indicata con la sua denominazione, è irrilevante, non solo quando il nome del sottoscrittore risulti dal testo della procura stessa o dalla certificazione d’autografia resa dal difensore, ovvero dal testo di quell’atto, ma anche quando detto nome sia con certezza desumibile dall’indicazione di una specifica funzione o carica, che ne renda identificabile il titolare per il tramite dei documenti di causa o delle risultanze del registro delle imprese. In assenza di tali condizioni, ed inoltre nei casi in cui non si menzioni alcuna funzione o carica specifica, allegandosi genericamente la qualità di legale rappresentante, si determina nullità relativa, che la controparte può opporre con la prima difesa, a norma dell’art. 157 c.p.c., facendo così carico alla parte istante d’integrare con la prima replica la lacunosità dell’atto iniziale. Ove difetti, sia inadeguata o sia tardiva detta integrazione, si verifica l’invalidità della procura e l’inammissibilità dell’atto cui accede (Cass. civ., sez. unite, 07/03/2005, n.4814; conforme Cass. civ., sez. unite, 07/03/2005, n.4810)>> (testualmente dalla memoria ex art. 180 c.p.c.).
Concludeva, rammentando che << la predetta integrazione può avvenire mediante produzione di un foglio separato contenente la precisazione della persona qualificatasi come legale rappresentante e per il resto una procura “ad litem” analoga alla precedente (Trib. Roma, 04/02/2000)>> e riportando l’orientamento di taluna giurisprudenza di merito secondo cui << Qualora nella procura alle liti la firma del legale rappresentante di una società non sia leggibile e non sia possibile risalire alla sua identità dal contesto dell’atto, il giudice invita la parte incorsa nella irregolarità a completare e a mettere in regola gli atti e i documenti difettosi ex art. 182 comma 1 c.p.c.>> (cfr. testualmente dalla memoria ex art. 180, II co., c.p.c., in atti).
Svolta la trattazione, la causa veniva rimessa in decisione sulla questione preli-minare e all’odierna udienza, poiché essa si presenta priva di aspetti di complessità, in quanto di pronta definizione, ne è stata ordinata, ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c., l’immediata discussione orale, seguita dalla lettura del dispositivo e dei motivi della decisione.


MOTIVI DELLA DECISIONE
L’eccezione preliminare sollevata dalla convenuta è fondata e va accolta.
Quando un ente dichiara di agire “in persona del suo legale rappresentante pro-tempore”, senza indicare il nome della persona fisica che ha conferito la procura ad litem e senza che tale nome emerga aliunde dall’atto di citazione (perché, come nel caso di specie, la firma apposta in calce alla procura è illeggibile e non è possibile individuare dal corpo dell’atto o dai documenti allegati il nome del soggetto che ha conferito il mandato), si verifica un’obiettiva incertezza sull’identità della persona fisica che – in qualità di rappresentante legale dell’ente – ha conferito la procura al difensore  (1).
Siffatta circostanza pregiudica l’avversario, precludendogli il controllo sulla sussistenza del potere rappresentativo del soggetto che sta in giudizio in nome e per conto della società.
Sull’argomento –con una pronuncia richiamata da entrambe le parti nei rispettivi scritti difensivi – sono intervenute di recente le Sezioni Unite della Suprema Corte osservando che, laddove vi sia difetto di procura per illegibilità della firma e non sia diversamente evincibile il nome di colui che ha sottoscritto il mandato, l’invalidità che affligge la procura ad litem è ascrivibile al novero delle nullità relative. Ed infatti, non sussistendo un << difetto di requisiti formali indispensabili per il raggiungimento dello scopo, e mancando inoltre un’espressa previsione di legge che contempli>> la predetta nullità <<come nullità rilevabile d’ufficio>> essa <<va ricondotta fra le nullità cosiddette relative, che, ai sensi dell’art. 157 c.p.c., sono opponibili soltanto dall’interessato, e>> nella specie, dal convenuto in qualità di destinatario dell’atto, a tutela del suo diritto <<di avere precisa notizia sul nome del sottoscrittore della procura per controllare (e se del caso confutare) la titolarità del potere di rappresentare la società>>.
Ovviamente, trattandosi di nullità relativa, essa dev’esser denunciata con la prima istanza o difesa successiva all’atto nullo (in tal caso con la comparsa di risposta) sicché, eccepita l’<<illeggibilità della firma e del connesso dubbio sull’identificazione del suo autore>> grava sull’<<altra parte, secondo i comuni criteri che regolano la prova e la dialettica processuale, l’onere di superare quel dubbio, ponendo rimedio alla genericità od incompletezza dell’atto. A questo fine deve ritenersi sufficiente la precisazione ad opera del difensore del nome del sottoscrittore della procura, mentre la produzione di documentazione idonea a provare il potere di rappresentanza del soggetto ormai identificato, è necessaria (…) solo in un momento ulteriore ed eventuale, se la controparte, conosciuto quel nome, metta in discussione la sua posizione di rappresentante della società>>. Soggiunge la Corte che la <<precisazione, in applicazione analogica e speculare della norma>> che stabilisce i modi e i tempi <<per opporre la nullità (art. 157 secondo comma cod. proc. civ.), e del resto in sintonia con i principi di lealtà, correttezza e celerità del processo (art. 111 della Costituzione)>> deve essere formulata con la prima risposta difensiva in replica alla deduzione della nullità. In buona sostanza, il difensore deve replicare all’eccezione di nullità tempestivamente, con precisazione chiara e univoca. Se rispetto all’eccezione del convenuto, la replica è tardiva (perché non è fatta nella prima difesa successiva) ovvero è inadeguata o equivoca, l’invalidità della procura si consolida definitivamente con conseguente inammissibilità della domanda sottesa all’atto redatto in forza del mandato invalido. La non identificabilità del sottoscrittore si traduce in carenza di requisito soggettivo che rende impossibile stabilire la paternità della dichiarazione di conferimento dello ius postulandi.
Né può condividersi la pur suggestiva tesi attorea secondo cui la predetta conclusione può essere superata con l’esercizio dei poteri officiosi di cui all’art. 182 c.p.c. Siffatto assunto, infatti, non trova conforto nell’orientamento del Supremo Collegio che nella sentenza richiamata espressamente afferma che alla carenza dello jus postulandi <<non può supplire il giudice, nell’esercizio dei poteri conferiti dall’art. 182 c.p.c. (o 421 cod. proc. civ. nel rito del lavoro)>> .(2)
Nella specie, il difetto di procura ad litem che affligge l’atto di citazione non è stato emendato mediante l’integrazione contenuta nella memoria ex art. 180, II co., c.p.c. di parte attrice, perché essa è tardiva rispetto all’eccezione formulata. Ed infatti, onde elidere l’eccezione di nullità sollevata con la comparsa di risposta ed in ossequio al principio generale sancito dall’art. 111 Cost. (il processo si svolge in condizioni di parità), l’attrice avrebbe dovuto introdurre i fatti integrativi tempestivamente, nella prima difesa successiva all’eccezione medesima, vale a dire nella prima udienza di comparizione e non già con la memoria successiva.
All’accoglimento della spiegata eccezione preliminare consegue la declaratoria di nullità della procura ad litem e di tutti gli atti processuali da essa dipendenti, ai sensi dell’art. 159 c.p.c., con conseguente inammissibilità della domanda relativa all’atto cui essa accede.
La peculiarità della questione giuridica trattate giustifica la compensazione integrale delle spese di lite.


P.Q.M.


Il Tribunale di Trani, sezione distaccata di Barletta, nella persona del Giudice Unico, dott.ssa Maria Grazia Caserta, disattesa ogni diversa istanza, eccezione o deduzione, definitivamente decidendo sulla domanda proposta da T. S.R.L., in persona del legale rappresentante p.t., contro B., in persona dei legali rappresentanti, così provvede:




  1. accertata la nullità della procura conferita al difensore dell’attrice, dichiara inammissibile la domanda;


  2. apese compensate

Così deciso in Barletta il 20.11.2007


Il Giudice
Dott.ssa Maria Grazia Caserta


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Note




  1. In proposito giova rammentare l’orientamento delle Sezioni Unite della Suprema Corte secondo cui «ai fini della validità della procura deve potersi stabilire (anche perché il giudice possa verificare, anche d’ufficio, che il difensore è fornito dello ius postulandi …) chi abbia conferito la procura e conoscerne l’identità» sicché che «quando né nell’intestazione del ricorso per cassazione proposto da una società o da altro ente collettivo, né nella procura risulti il nome della persona fisica che l’ha conferita (perché non vi è nominativamente indicata e la firma è illeggibile), l’incertezza sulla persona del conferente, preclusiva della successiva indagine sull’esistenza in capo a lui dei necessari poteri rappresentativi, rende invalida la procura ed inammissibile il ricorso» (così, Cass. S.U. 5 febbraio 1994, n. 1167, in Giur. it., 1994, I, 1, 1280 ss.).


  2. Cfr. Cass. Sezioni Unite, 07/03/2005, n. 4810 che, a definizione del contrasto giurisprudenziale ha affermato il principio secondo cui <<l’illeggibilità della firma del conferente la procura alla lite, apposta in calce od a margine dell’atto con il quale sta in giudizio una società esattamente indicata con la sua denominazione, è irrilevante, non solo quando il nome del sottoscrittore risulti dal testo della procura stessa o della certificazione d’autografia resa dal difensore, ovvero dal testo di quell’atto, ma anche quando detto nome sia con certezza desumibile dall’indicazione di una specifica funzione o carica, che ne renda identificabile il titolare per il tramite dei documenti di causa o delle risultanze del registro delle imprese. In assenza di tali condizioni, ed inoltre nei casi in cui non si menzioni alcuna funzione o carica specifica, allegandosi genericamente la qualità di legale rappresentante, si determina nullità relativa, che la controparte può opporre con la prima difesa, a norma dell’art. 157 c.p.c., facendo così carico alla parte istante d’integrare con la prima replica la lacunosità dell’atto iniziale, mediante chiara e non più rettificabile notizia del nome dell’autore della firma illeggibile; ove difetti, sia inadeguata o sia tardiva detta integrazione, si verifica invalidità della procura ed inammissibilità dell’atto cui accede>> (testualmente).