R e p u b b l i c a I t a l i a n a
TRIBUNALE DI TRANI


In nome del Popolo italiano


Il Tribunale in composizione collegiale composto dai seguenti Magistrati:
Dott. Vito Savino Presidente;
Dott. Salvatore Grillo Giudice;
Dott. Gaetano Labianca Giudice rel.


Ha emesso la seguente:


SENTENZA


nella causa civile di primo grado, iscritta al n. 968/06 R.G.A.C., posta in deliberazione all’udienza del giorno 29.5.2007 e vertente tra le seguenti parti:
ATTRICE ****; Rappresentata e difesa in forza di mandato a margine della comparsa ex art. 6 D.lvo n. 5/03 depositata in data 26.6.2006 dall’Avv. D.R. del foro di Bari ed elettivamente domiciliata presso il suo studio;
CONVENUTA BANCA **** In persona del Direttore filiale di bari e legale rappresentante **** rappresentata e difesa in forza di procura in calce alla copia notificata dell’atto di citazione dagli Avvocati R.S. e C. C., elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv. A. P.d.B. del Foro di Trani;


OGGETTO: Nullità di contratti d’acquisto di obbligazioni Argentina, risarcimento danni.


CONCLUSIONI DELLE PARTI: come da verbale di udienza del 29 maggio 2007


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione ritualmente notificato, ****, premesso:




  • – di aver acquistato, negli anni 1999 – 2000, delle obbligazioni Argentina (cod. 53220 rep Argentina 2009 Euro 29.574,43; cod. 8036270 argentina 99/06 euro 30.556,32; cod. 8038150 argentina 99/09 euro 10.000,91; cod. 8056500 argentina 00/05 euro 11.000,00);


  • – di essersi determinata all’acquisto esclusivamente a seguito di sollecitazione o attività di proposizione da parte dell’istituto proponente, che, per il tramite dei propri funzionari, aveva valorizzato nel prefato titolo la più valida e remunerativa alternativa agli altri titoli obbligazionari;


  • – che l’investimento in parola era stato prefigurato come privo di rischio, a capitale garantito, e senza il minimo accenno al fatto che si trattava invece di uno strumento finanziario privo di “rating” o di prospetto informativo;


  • – che, a mezzo delle comunicazioni dei mass-media, aveva appreso del “default” dei titoli in parola;


  • – che nel concreto era sussistente la responsabilità dell’istituto di credito per inesatte informazioni circa la natura dell’investimento realizzato, con l’abuso del basso livello di specifica competenza negli strumenti finanziari acquistati;


  • – che non erano stati ottemperati dalla banca gli obblighi inerenti la previa raccolta di informazioni da parte dell’investitore, al fine di poter valutare la “adeguatezza” dell’operazione conclusa, per “dimensione, oggetto, tipologia e frequenza”, ai sensi dell’articolo 29 del regolamento Consob citato;


  • – che risultava violato l’obbligo di correttezza e trasparenza sancito dall’articolo 21, comma 1, lettera A) del testo unico della finanza, posto che lo strumento finanziario era stato presentato come un prodotto dal rendimento elevato, senza alcun rischio correlato, ben adatto ai risparmiatori prudenti ed avvezzi ai titoli di Stato;


  • – che risultavano violati i doveri informativi previsti dall’articolo 21, comma 1, lettera B) del testo unico della finanza, stanti le inesatte informazioni in ordine al prodotto venduto;


  • – che risultava violato l’obbligo di diligenza (gravante sul professionista qualificato dalla professionalità finanziaria), dal momento che la Banca **** non aveva operato al fine di ottenere dal servizio “il miglior risultato possibile” (c.d. best execution) come invece imponeva il Regolamento Consob, all’articolo 26, comma 1, lett. F), nè l’operazione era stata eseguita alle migliori condizioni possibili, con riferimento al momento, alla natura e alle dimensioni delle operazioni stesse (Reg. Consob art. 32, comma terzo);


  • – che lo strumento finanziario acquistato risultava, infine, privo di rating o di prospetto informativo (e ciò in violazione degli obblighi di indicazione completa, puntuale e costante dei contenuti del contratto e delle modalità di svolgimento del servizio) e collocato in violazione della “Circolar Offering”, che imponeva la collocazione esclusivamente ad investitori istituzionali;


  • – che, inoltre, era evidente nel concreto la violazione, da parte dell’istituto preponente, del principio della buona fede nell’esecuzione del contratto, posto che il dipendente dell’istituto di credito avrebbe dovuto dare una informativa completa circa la natura, le caratteristiche, i rischi specifici del prodotto, la sussistenza di una situazione di conflitto di interessi;


  • – che l’analisi delle società specializzate evidenziava il declassamento del titolo dello stato sudamericano già dai primi mesi del 2000, con la collocazione in una categoria inferiore a quella nella quale era stata posta in precedenza;


  • – che sussisteva palese conflitto di interessi, trattandosi di titoli che erano già in possesso della banca e di cui non era stata fatta menzione nell’ordine di acquisto;

tutto ciò premesso, conveniva dinanzi all’intestato tribunale la Banca ****, onde sentire dichiarare:




  1. in via principale, la nullità dei contratti di acquisto delle obbligazioni “Argentina”, per la violazione delle norme imperative di cui al testo unico della finanza con restituzione del capitale (€ 81.131,66) con interessi e rivalutazione monetaria;


  2. in via concorrente, sentir dichiarare annullato il contratto per la violazione delle norme relative agli artt. 1175 e 1176, 2043, 2049 c.c.;


  3. dichiarare la retrocessione di ogni somma conferita per l’operazione in parola, oltre interessi e rivalutazione dal giorno dell’acquisto;


  4. condannare la banca convenuta al risarcimento del danno riveniente dalla evidenziata colpa nell’esecuzione del contratto, da quantificarsi nella misura da ritenersi di giustizia, con vittoria delle spese di lite.

Si costituiva la Banca ****, la quale deduceva l’assoluta infondatezza delle avverse argomentazioni, osservando:




  • a) che l’attrice aveva sottoscritto in data 27.1.1992 un contratto relativo alla negoziazione, sottoscrizione, collocamento e raccolta di ordini concernenti valori mobiliari;


  • b) che nelle ‘premesse al contratto, aveva ritenuto di non fornire informazioni sulla sua situazione finanziaria e sui suoi obiettivi di investimento;


  • c) che successivamente aveva sottoscritto accordo quadro relativo alla disciplina dei contratti su strumenti finanziari derivati collegati a valori mobiliari tassi in interessi e valute o indici su tali valori non quotati su mercati regolamentati;


  • d) che aveva altresì sottoscritto contratto relativo a depositi di titoli a custodia ed amministrazione e che aveva ricevuto documento sui rischi generali degli investimenti;


  • e) che nella scheda profilo di rischio aveva dichiarato di avere esperienza finanziaria approfondita;


  • f) che il suo obiettivo di investimento era costituito dalla volontà di realizzare più elevati rendimenti rispetto ai titoli di Stato;


  • g) che fu chiaramente avvertita dei rischi connessi ai prestiti obbligazionari in generale, e a quelli relativi ai titoli prescelti in particolare;


  • h) che, invero, la stessa attrice decise, in tutta autonomia, addirittura di implementare l’investimento, evidentemente ritenuto pienamente soddisfacente;


  • i) che essa convenuta si premurò di indagare le finalità di investimento e la propensione al rischio degli attori, come documentato dalle allegate schede per l’individuazione del profilo cliente;


  • j) che le obbligazioni in parola furono acquistate esclusivamente sulla base della relativa quotazione, al prezzo di mercato;


  • k) che, in ordine alla circostanza del collocamento delle obbligazioni citate presso investitori professionali o istituzionali, andava rimarcato che la circolare di offerta (Circular offering) dell’emittente, riservando il collocamento iniziale delle obbligazioni ad investitori istituzionali e vincolando esclusivamente il comportamento del primo sottoscrittore – collocatore, non vietava assolutamente ed in alcun modo l’ulteriore circolazione dei titoli a trattativa o negoziazione privata;


  • l) che, quanto alla asserita nullità dei contratti per mancanza di prospetto informativo o di rating, occorreva evidenziare che, nel caso di specie, non si era in presenza di un mercato regolamentato, per il quale era prevista la necessità di prospetto informativo o di rating;


  • m) che, in ordine alla presunta violazione degli obblighi di informazione, correttezza, trasparenza e diligenza, andava evidenziato che, sino al pubblicato default dello Stato argentino, la stampa specializzata aveva escluso la possibilità dell’insolvenza, e nessun allarme fu sollevato dalle autorità di vigilanza (Consob e Banca d’Italia) a ciò preposte;


  • n) che non erano, sino a quel momento, mai emersi indici di anomalia nell’andamento dei prezzi delle obbligazioni Argentina;


  • o) che vi era dunque l’impossibilità di prevedere il default all’epoca della sottoscrizione dei citati titoli obbligazionari;


  • p) che, quanto alla inadeguatezza dell’investimento, era sufficiente sottolineare che l’ordine di acquisto venne impartito per iscritto, che il dipendente della Banca informò esaustivamente la cliente dei rischi dell’operazione valutando i profili di adeguatezza, che la sua propensione al rischio era elevata, come il loro obiettivo di investimento;


  • q) che il declassamento di rating dei titoli in questione non poteva certo essere considerato indice in equivoco di radicake inaffidabilità o addirittura di insolvenza potenziale dell’emittente;


  • r) che il giudizio di adeguatezza non poteva certo essere effettuato ex post, sulla base del default dei titoli in parola, ma ex ante, cioè attraverso una valutazione parametrata al momento in cui fu conclusa l’operazione;


  • s) che non sussisteva neppure l’ipotesi del conflitto di interessi;

tanto premesso, richiedeva il rigetto della domanda di parte attrice.
In via gradata, nel caso di accoglimento della domanda di nullità o di annullabilità, chiedeva che le venissero restituiti i titoli in questione consegnati a controparte.
Con istanza di fissazione di udienza proposta dall’attore in data 3 agosto 2006, ex articolo 8 del Dlgs n. 5 del 2003, veniva richiesta al Giudice relatore designato la fissazione dell’udienza collegiale per la discussione della causa.
Con decreto confermato all’udienza collegiale del 28 novembre 2006, la causa veniva istruita con una prova per interpello formale ed una prova per testi.

Espletata la prova, depositate le memorie conclusionali, all’udienza del 29 maggio 2007, il Collegio si è riservato per la decisione, con termine per il deposito entro trenta giorni ai sensi dell’art. 16 del Dlgs. n. 5/03.


MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Sulla sollecitazione al pubblico risparmio o negoziazione su base individuale.
Occorre anzitutto accertare se, nel caso di specie, si sia trattato di una sollecitazione al pubblico risparmio o di una negoziazione su base individuale; tale chiarificazione è fondamentale per il prosieguo della causa, poiché, dalla riconducibilità della negoziazione dei titoli in questione all’ipotesi della sollecitazione al pubblico risparmio ovvero a quella della trattativa su base individuale, ne deriva l’applicabilità della disciplina prevista dagli art. 94 e ss. del Testo Unico della Finanza.
Va premesso che la sollecitazione all’investimento è stata individuata dall’articolo 94 del testo unico della finanza come “ogni offerta, invito ad offrire, o messaggio promozionale, in qualsiasi forma rivolti al pubblico, finalizzati alla vendita o alla sottoscrizione di prodotti finanziari”.
Rientrano, dunque, nella nozione di sollecitazione all’investimento, le attività volte a promuovere l’investimento in prodotti finanziari, ad incoraggiare cioè l’acquisto o la sottoscrizione di tali prodotti da parte del pubblico.
La disciplina della sollecitazione all’investimento, così come contenuta nella regolamentazione di attuazione degli artt. 94 e ss. del t.u. della finanza emanata dalla Consob (provvedimento n. 11971/1999), prevede, a carico dell’emittente, dell’offerente e dei responsabili del collocamento, una serie di obblighi informativi che presiedono alla esigenza di una maggiore tutela per il “sollecitato”, rendendo garante di tale protezione la Consob ed attribuendo alla stessa un potere regolamentare molto penetrante: invero, secondo l’articolo 94, comma 1, della legge predetta, “coloro che intendono effettuare una sollecitazione investimento, ne danno preventiva comunicazione alla Consob, allegando il prospetto destinato alla pubblicazione.”
La suddetta comunicazione deve contenere la sintetica descrizione dell’offerta e le indicazioni dei soggetti che la promuovono, attestare i presupposti necessari per l’offerta, essere corredata dalle informazioni richieste dall’allegato 1/A, e sottoscritta da coloro che intendono effettuare la sollecitazione; il comma 2 dell’articolo 94, poi, dispone che il prospetto contiene delle informazioni che – a seconda delle caratteristiche dei prodotti finanziari e degli emittenti – sono necessarie affinché gli investitori possano pervenire ad un fondato giudizio sulla situazione patrimoniale, economica finanziaria e sull’evoluzione dell’attività dell’emittente nonché sui prodotti finanziari e sui relativi diritti.
Si procede quindi alla pubblicazione del prospetto informativo (disciplinata dall’articolo 8 Reg. Consob), che avviene con modalità tali da consentire alla Consob forti poteri di controllo, sia sul prospetto che sui soggetti.
È evidente, allora, che la ratio di tale normativa è deputata a tutelare una molteplicità di soggetti, i quali potrebbero essere tratti in inganno da forme di pubblicità in prodotti finanziari di dubbia solidità, e pertanto si prevede un previo controllo di un ente pubblico (Consob) sulla veridicità delle informazioni diffuse; analoga tutela non è prevista, e reputata necessaria, nel caso di un singolo cliente che intende investire su un particolare prodotto o strumento finanziario.
Nel caso delle obbligazioni Argentina, acquistate dagli odierni attori, non è superfluo rammentare che esse sono state inizialmente assunte “a fermo” da alcune Banche, le quali le hanno, successivamente, vendute ad investitori istituzionali e a soggetti privati, analogamente a quanto avvenuto per le principali emissioni internazionali effettuate da gruppi italiani.
Sul punto, va detto che la Banca d’Italia, nel bollettino economico n. 41/03 ha chiarito che “l’assenza del prospetto informativo previsto per le offerte pubbliche impedisce alle Banche, sia a quelle che sottoscrivono inizialmente i titoli sia a quelle che li acquistano dalle banche collocatrici di sollecitare il pubblico a comprare i valori mobiliari.
Le Banche possono tuttavia vendere i titoli del proprio portafoglio ai clienti che ne facciano richiesta, nell’ambito di un’attività di negoziazione per conto proprio”.
La sequenza “assunzione a fermo – negoziazione sul mercato secondario” è perfettamente lecita e non implica in alcun modo violazione dell’obbligo di prospetto; la Banca d’Italia, nel bollettino predetto, non ha messo infatti in discussione nè la liceità della vendita dei titoli suddetti sul mercato (neppure nella fase c.d. di grey market), né la presenza di attività in qualche modo propositive da parte degli intermediari (1).
In particolare, deve rilevarsi come, in relazione alla vendita delle obbligazioni Argentina, nulla impediva alla banca di poter vendere i titoli agli investitori privati che ne facevano richiesta, e ciò nell’ambito di un’attività di negoziazione individuale; non è stata, invero, in qualche modo dimostrata, da parte attrice, un’attività di proposizione o di effettiva promozione da parte dei funzionari della Banca ***: non vi sono, pertanto, gli estremi per poter ritenere che, nel concreto, la vendita delle obbligazioni Argentina possa essersi configurata in termini di sollecitazione al pubblico risparmio, con la conseguente applicazione della disciplina prevista dalle regole del T.U. della finanza sulla sollecitazione all’investimento. Quand’anche, poi, volesse accedersi alla tesi in base alla quale gli strumenti finanziari in questione furono “consigliati” dai funzionari, e ciò sulla base di un’attività di consulenza da parte della Banca, deve rilevarsi che comunque l’attività di consulenza si caratterizza per la sostanziale “neutralità” dell’intermediario rispetto alla conclusione delle operazioni eventualmente conseguenti all’esercizio della consulenza; è evidente, infatti, che, nel caso della consulenza (a differenza dell’attività di gestione, che comporta l’obbligo di effettuare valutazioni discrezionali circa l’opportunità di investimenti e l’obbligo di predisporre la possibilità che dette valutazioni si traducano in operazioni )(2), la scelta di tradurre in operatività i consigli rimane sempre in capo al cliente, e così è avvenuto nella specie (v. doc. all. e in particolare ordine di acquisto).
Né, sul punto, parte attrice ha dimostrato la sussistenza di un precedente accordo o convenzione, tra l’emittente e la Banca, in base al quale la seconda si impegnava a sollecitare la sottoscrizione dei contratti di obbligazioni Cirio nei confronti della clientela; dalle risultanze probatorie, è emerso, piuttosto, che l’attività si è concretizzata in una vera e propria negoziazione individuale di titoli effettuata su richiesta del cliente e nell’ambito di una attività di consulenza, che tuttavia non implicava (e di ciò non è stata fornita alcuna prova) alcuna attività promozionale e/o di gestione.
Esclusa allora la sussistenza di una sollecitazione al pubblico risparmio, non possono essere condivise le argomentazioni di parte attrice, relative alla impossibilità di collocare tali prodotti ad investitori non istituzionali ed alla assenza di rating e/o di prospetto informativo sui titoli per cui è causa.
E’ del tutto evidente, invece, che nella specie debba trovare applicazione la diversa disciplina della c.d. negoziazione su base individuale, prevista dall’art. 32 del Reg. Consob.


2. Sull’attività di negoziazione individuale in contropartita diretta.
Nello specifico, la Banca ha operato nello svolgimento del servizio di negoziazione c.d. “in contropartita diretta”, vendendo dal proprio portafoglio g.


Risulta a questo punto opportuno evidenziare che, in generale, nell’ipotesi di acquisto dei titoli dagli investitori istituzionali destinatari dei private placement, i risparmiatori non restano comunque privi di forme di tutela, ma quest’ultima si rinviene nelle norme riguardanti gli obblighi di comportamento gravanti sugli intermediari nella prestazione dei servizi di investimento, costituite dagli artt. 21 e ss. del T.U. della finanza e la disciplina contenuta nel Regolamento Consob n. 11522/98. La fonte comunitaria di tali disposizioni è la Direttiva n. 93/22/CEE (in particolare, l’art. 11).
Si tratta pertanto di verificare se, nel caso di specie, siano state rispettate le regole di comportamento degli intermediari.
Invero, come per il collocamento, anche per la negoziazione di titoli occorre che:




  1. i clienti siano adeguatamente informati sulle operazioni poste in essere;


  2. venga assicurata al cliente la necessaria trasparenza, riducendo al minimo le situazioni di conflitto di interessi;


  3. vengano sconsigliate operazioni non adeguate all’investitore;

gli strumenti finanziari negoziati siano coerenti con le esigenze finanziarie, la disponibilità economica, la propensione al rischio dei singoli investitori.

3. Sui doveri di cui all’art. 21, 22, 23, 26 e 29 T.u.f.
Di tali disposizioni vanno precisati e ricostruiti i confini di applicazione.
A tal fine, si può sottolineare come la norma di cui all’art. 21 (e in parte di cui agli artt. 22 e 23) t.u.f. ponga a carico degli intermediari il dovere di comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza nell’interesse dei clienti e per la integrità dei mercati.
Tali clausole generali costituiscono gli standard basilari per garantire la chiusura e la necessaria elasticità del sistema, individuando i beni di carattere generale (interesse dei clienti; integrità dei mercati) sottesi alla disciplina.
La diligenza richiesta all’intermediario è quella specifica, esigibile dagli intermediari professionali del settore (art. 1176, secondo comma, del cod. civ.).
Sul punto, va rimarcato che la Banca ha documentato di aver consegnato ai clienti la documentazione necessaria a renderli edotti della natura, delle caratteristiche e dei rischi dell’investimento; in particolare, lo stesso contratto sottoscritto dal cliente costituisce, nella specie, veicolo di informazioni sul piano dei contenuti dell’investimento.
Risulta, poi, dai documenti prodotti, che fu consegnato agli attori:




  • – il documento sui rischi generali dell’investimento;


  • – una copia dell’ordine di negoziazione degli strumenti finanziari, con il visto dell’operatore per l’adeguatezza dell’operazione;


  • – la scheda per l’individuazione del profilo cliente, da cui risulta: la precedente esperienza in strumenti finanziari strutturati e derivati; un obiettivo a lungo termine;

l’obiettivo di rendere fruttifero il risparmio; una disponibilità finanziaria di oltre 200 milioni; la volontà di investire il 50% in titoli azionari; un rendimento atteso medio alto con oscillazioni medie.
Orbene, alla luce della documentazione consegnata, deve ritenersi che sia stato rispettato il requisito della forma scritta ad substantiam, sancito dall’art. 23, primo comma, d.leg. 58/98 (che stabilisce che “i contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento e accessori sono redatti per iscritto e l’inosservanza della forma scritta è sanzionata con la nullità”).


6. Sul giudizio di adeguatezza ex art. 29 Reg. Consob n. 11522/98 dell’operazione conclusa.
L’istituto bancario ha asserito di aver rispettato il principio della adeguatezza, soggettiva ed oggettiva, conformemente all’art. 11, della direttiva 93/22/Cee, che richiede all’intermediario finanziario di “… informarsi sulla situazione finanziaria dei clienti, sulla loro esperienza in materia di investimenti e sui loro obiettivi per quanto concerne i servizi richiesti”.
In proposito non è superfluo rammentare che la regola di condotta della c.d. adeguatezza, o “suitability”, riassunta nella nota espressione anglossassone “Know your customer rule”, impone all’intermediario di esprimere un giudizio sulla operazione, avuto riguardo ai criteri della “tipologia, oggetto, dimensione e frequenza”.
L’obiettivo perseguito nella disposizione di legge in esame – vale a dire “la possibilità di valutare se l’operazione dal cliente proposta o allo stesso suggerita sia compatibile con le sue capacità economiche” (v. Cass. n. 11279/97) – consiste nel garantire ai clienti le informazioni adeguate sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni della specifica operazione, la cui conoscenza è necessaria al cliente per effettuare scelte consapevoli.
E’ quindi su tali principi che, trasfusi nel contratto di acquisto, dev’essere valutato il comportamento della banca, tenendo presente altresì che l’onere della prova, a norma dell’art. 23, comma sesto, del Dlgs. n. 58/1998, è invertito, incombendo sulla banca la prova di aver adempiuto con la specifica diligenza professionale richiesta ad un soggetto che opera nella qualità professionale di intermediario.
Ciò posto, a parere del Collegio, si deve escludere che la banca abbia agito, in relazione all’operazione in questione, in ossequio al combinato disposto degli artt. 28 e 29 del Reg. Consob n. 11522/98.
Risulta, invero, dal contratto di acquisto dei titoli in parola, un visto del funzionario di banca “anche per l’adeguatezza dell’operazione”; tale giudizio risulta, però, successivamente contraddetto dallo stesso istituto di credito nel fissato bollato inviato agli investitori, in cui spicca la dicitura “operazione inadeguata per dimensione”.
Ora, è indubitabile che tale documento – nel quale è contenuto, sulla base delle informazioni inserite nell’elaboratore della banca, il giudizio di inadeguatezza dell’operazione – costituisca una vera e propria confessione stragiudiziale sulla inadeguatezza (oggettiva) dell’operazione, quanto meno sotto il profilo della “dimensione”; a nulla vale, sul punto, sostenere che il fissato bollato era datato e che teneva conto di informazioni acquisite all’atto dell’apertura del contratto di conto corrente e del dossier titoli, dunque diverso tempo prima dell’ordine di acquisto dei titoli per cui è giudizio: è evidente che tale affermazione, oltre ad essere rimasta assolutamente indimostrata da parte della banca, individua comunque una ulteriore negligenza della banca, posto che, in quest’ultima ipotesi, l’istituto di credito avrebbe dovuto aggiornare le informazioni acquisite, onde poter esprimere valutazioni attuali e congrue sull’adeguatezza degli investimenti operati dai loro clienti, e ciò in considerazione dell’eventualmente mutato profilo di rischio); invero, la regola della c.d. “suitability” impone all’intermediario di “controllare le informazioni rilasciate dai clienti attraverso un processo dinamico, che non si esaurisce nell’apertura del rapporto, ma che richiede necessari aggiornamenti” (v. Com. Consob DI/98087230 del 6 novembre 1998).
Pertanto, l’obiettivo perseguito nella disposizione di legge in esame (vale a dire “la possibilità di valutare se l’operazione dal cliente proposta (o allo stesso suggerita) sia compatibile con le sue capacità economiche” (v. Cass. n. 11279/97), non risulta puntualmente adempiuto dalla banca, laddove si consideri, da un lato, che il fissato bollato reca chiara indicazione di inadeguatezza dell’operazione per dimensione e, dall’altro – anche a voler ammettere, per ipotesi, la tesi della acquisizione di informazioni “datate” – che vi sarebbe comunque un profilo di negligenza della banca per non aver aggiornato le notizie ed informazioni sui clienti per cui è causa.
Quanto ai documenti in fotocopia (espressamente e formalmente disconosciuti da parte attrice), contenenti il profilo di rischio degli attori – pur volendo considerare le copie conformi agli originali – occorre però rimarcare che in essi è del tutto carente la data di sottoscrizione, sicchè non v’è neppure la prova che la banca – su cui incombeva il relativo onere – abbia fatto sottoscrivere le schede di individuazione del profilo cliente all’atto dell’ordine di acquisto delle obbligazioni Cirio.
Per completezza, l’intestato Tribunale ha disposto consulenza, avente lo scopo di appurare – sulla scorta delle acquisizioni documentali, delle disponibilità degli investitori e delle loro competenze e informazioni in materia – l’adeguatezza dell’operazione di acquisto dei titoli in parola; secondo quanto risulta dall’indagine affidata al CTU, l’operazione è risultata inadeguata sotto tutti e quattro i profili:




  • – per tipologia ed oggetto, in quanto si è trattato della prima operazione “corporate” sottoscritta dagli attori (per giunta avente un profilo estremamente elevato di rischio, accentuato dall’assenza di rating e di prospetto informativo) e considerato il livello di bassa scolarizzazione degli attori (casalinga la ****, con licenza elementare e operaio metalmeccanico il ****, anch’egli con la sola licenza elementare);


  • – per dimensione, in quanto è stato investito nella singola operazione circa il 60% delle disponibilità liquide degli attori, con un portafoglio titoli che, anziché essere diversificato, comprendeva per il 73% le sole obbligazioni Cirio H.;


  • – per frequenza, in quanto nel periodo antecedente al 6.2.2001 gli attori avevano effettuato solo altre tre operazioni in strumenti finanziari.

Alla stregua di tali considerazioni, deve ritenersi che l’operazione sia stata eseguita in palese violazione dell’obbligo di adeguatezza contenuto nel Reg. Consob agli artt. 28 e 29; non è superfluo poi rammentare che tali norme hanno contenuto precettivo ed imperativo in ragione degli interessi tutelati (integrità del mercato e tutela del risparmio), come del resto ha sottolineato la stessa Suprema Corte, nella nota sentenza n. 3272/2001.
Gli ordini impartiti devono pertanto ritenersi nulli, con obbligo di retrocessione agli attori degli importi ricevuti dalla banca per l’operazione in questione, pari ad un controvalore di € 76.000,00, maggiorati degli interessi legali a far data dal versamento e sino al soddisfo.
Non sussistono i presupposti per il maggior danno, trattandosi di debito di valuta per il quale è necessaria la prova da parte del creditore di aver subito un maggior danno (quale, ad esempio, quello derivante da uno specifico investimento programmato e non attuato) rispetto a quello individuato dagli interessi legali.
L’accoglimento della domanda principale assorbe gli altri profili di invalidità evidenziati da parte attrice, con l’esonero di motivazione sul punto da parte del Collegio.
In ordine al risarcimento del danno biologico, deve ritenersi che la domanda sia rimasta indimostrata, non essendo stato provato il nesso di causalità tra la sindrome ansioso depressiva dell’attore e l’investimento in questione, ben potendo la stessa preesistere all’investimento in parola ovvero derivare da altre cause, non correlate con il default dei titoli acquistati.
In ordine alle spese di lite, sussistono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese di lite, data la novità delle questione, tranne quelle di CTU, che devono essere poste, nella misura liquidata, a carico di parte convenuta.


P.Q.M.


Il Tribunale di Trani, prima sezione civile, in composizione collegiale definitivamente pronunziando nel contraddittorio tra le parti sulla causa n. 1811/04 promossa da **** e **** nei confronti di Banca ****, così statuisce:




  1. accoglie la domanda proposte da parte attrice e, per l’effetto, dichiara la nullità dei contratti di acquisto delle obbligazioni Cirio Holding Luxemburg S.A. 01.04, acquistate in data per un controvalore di € 76.000 in data 6.2.2001;


  2. condanna la convenuta a corrispondere agli attori la somma di € 76.000,00 oltre gli interessi legali dalla data del pagamento al saldo;


  3. rigetta ogni altra domanda;


  4. dichiara integralmente compensate tra le parti le spese di lite, tranne quelle di CTU, come liquidate dal Tribunale, che devono essere poste a carico di parte convenuta.

Così deciso in Trani, il 29 maggio 2007.


Il Presidente
Dott. Vito Savino


Il Giudice estensore
Dott. Gaetano Labianca


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Note