REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


Il Tribunale di Trani – Sezione Promiscua, in composizione monocratica nella persona del dott. Alberto Binetti ha emesso la seguente


S E N T E N Z A


nella controversia, iscritta al n. 1954/99 del R.G.A.C., avente ad oggetto la responsabilità e il risarcimento dei danni


T R A


F. J. A., rappresentata e difesa giusta mandato a margine dell’atto citazione, dall’Avv. A. M. ed elettivamente domiciliata in Trani alla Via B.,    presso il suo studio;- ATTRICE –


E


D. C. A., quale erede di R. G., rappresentata e difesa giusta mandato a margine della comparsa di costituzione del 18 febbraio 2002 dall’Avv. V. G., ed elettivamente domiciliata in Trani alla P.zza     ,     (c/o Avv. C. G.);- CONVENUTA –


N O N C H E’


R. I., quale erede di R. G., rappresentata e difesa giusta mandato a margine della comparsa di costituzione del 18 febbraio 2002 dall’Avv. F. D., ed elettivamente domiciliata in Trani al Lungomare C. C.,    , presso il suo studio;- CONVENUTA –


Conclusioni delle parti :
per l’attrice :
si riporta alle conclusioni di cui all’atto di citazione nonché a tutte le modifiche, eccezioni, deduzioni e difese, per le quali tutte specificatamente insiste e chiede che, previo rigetto di ogni avversa domanda, vengano accolte le richieste dell’attrice con vittoria di spese ed onorari del giudizio.
per la convenuta D. C. A.:
precisa le conclusioni riportandosi a quelle in atti, insistendo per il rigetto della domanda attorea con rivalsa di spese e diritti ed onorari;
per la convenuta R. I. :
precisa le conclusioni riportandosi a quelle già rassegnate nel precedente scritto difensivo, chiedendone l’integrale accoglimento, con vittoria di spese ed onorari.


Svolgimento del processo
con atto di citazione notificato l’11 maggio 1999, J. A. F. conveniva in giudizio dinanzi a questo Tribunale R. G., assumendo:
– che in data 26 ottobre 1994 essa attrice ed il convenuto avevano sottoscritto una convenzione, con la quale, avendo convissuto “more uxorio” per un certo periodo di tempo, avevano stabilito le condizioni della separazione;
– che, in particolare, essi avevano stabilito che essa attrice sarebbe partita per Roma, onde reperire un appartamento ove trasferirsi, mentre i suoi beni e oggetti personali sarebbero rimasti temporaneamente in deposito presso il R., nella sua villa sita in Trani alla Via A. M. di F.;
– che il giorno 8 dicembre 1994 era rientrata a Trani, prelevata dal R., e con lo stesso si era recata presso il suddetto immobile, dove aveva verificato come i suoi beni erano stati in parte gravemente danneggiati ed in parte asportati;
– che il successivo 16 dicembre 1994 il R. aveva sporto denuncia indicando quali probabili artefici del gesto le sorelle R. I. e R. A.;
– che il successivo processo penale a carico delle stesse si era concluso in data 19 ottobre 1998 con una pronuncia di assoluzione;
– che sussisteva, in ogni caso, la responsabilità del R. G., quale depositario degli oggetti, per non avere usato nella custodia dei beni la diligenza del buon padre di famiglia ex art. 1768 cod. civ., cui era tenuto;
– che il danno subito dall’attrice ammontava a £. 82.595.000.
Concludeva, pertanto, chiedendo dichiararsi la responsabilità del convenuto per quanto avvenuto e condannarsi il medesimo al pagamento della somma di £. 82.595.000, ovvero quella somma maggiore o minore ritenuta di giustizia, oltre interessi, a titolo di risarcimento danni; il tutto oltre alle spese e competenze del giudizio.
Si costituiva alla prima udienza il R. G., assumendo che non vi era alcuna responsabilità a suo carico, dal momento che il furto era avvenuto ad opera di ignoti che si erano introdotto nella sua villa “chiusa a chiave e protetta da un antifurto elettronico”.
Concludeva, pertanto, chiedendo rigettarsi la domanda attorea, siccome infondata; con vittoria di spese e competenze di giudizio.
Espletati gli adempimenti di cui agli artt. 180, 183 (con la c.d. appendice scritta di cui all’ultimo comma della stessa norma) e 184 c.p.c. (con la concessione ad entrambe le parti del termine per l’articolazione di nuovi mezzi di prova e documenti ed ulteriore termine per prova contraria), con ordinanza fuori udienza del 26 marzo 2001 ed in riscontro a nota congiunta delle parti del 20 marzo 2001, il G.I. dichiarava l’interruzione del giudizio per il decesso di R. G..
Riassunta la causa nei confronti delle eredi di R. G., si costituivano in tale veste con due distinti procuratori, ma sostanzialmente riproducendo le medesime difese del loro dante causa, D. C. A. e R. I..
Con ordinanza del 30 ottobre 2002, il G.I. ammetteva le prove orali richieste dalle parti, nella specie dell’ interrogatorio formale deferiti (reso da F. J. A. all’udienza del 28 maggio 2003) e della prova per testi (esperita, quanto ai testi F. M. e D. A., all’udienza del 28 maggio 2003, quanto al teste B. A., all’udienza del 3 maggio 2004, e quanto al teste M. R., all’udienza del 30 maggio 2005).
Inoltre, veniva disposta ed eseguita l’acquisizione degli atti del procedimento penale a carico delle sorelle di R. G..
In assenza di ulteriori mezzi istruttori, il G.I. invitava le parti a precisare le proprie conclusioni.
All’udienza del 20 marzo 2006, sulle conclusioni precisate nei sensi di cui in epigrafe, la causa veniva riservata per la decisione, con la concessione dei termini ex art. 190 c.p.c. per il deposito di comparse conclusioni e memorie di repliche.


Motivi della decisione
In via preliminare va detto che la domanda proposta dall’attrice F. J. A. nei confronti di R. G. prima e, dopo il decesso di costui, nei confronti delle due eredi R. I. e D. C. A., si fonda sulla responsabilità contrattuale ex artt. 1768 e 1780 cod. civ.
Infatti, secondo la prospettazione attorea in data 26 ottobre 1994 sarebbe intercorso tra le parti un accordo in virtù del quale la F. J. A., partita per Roma alla ricerca di una nuova sistemazione, dopo un periodo di convivenza con il R. presso la sua Villa di Trani alla Via A.M.,   , avrebbe lasciato temporaneamente in deposito presso la detta villa oggetti e mobili personali.
All’obbligazione di restituzione dei mobili ed oggetti depositati, il R. sarebbe stato inadempiente, atteso che gli stessi, nelle more, erano stati in parte sottratti ed in parte gravemente danneggiati; sicché quest’ultimo sarebbe stato tenuto al relativo risarcimento danni.
A fondamento della responsabilità del convenuto vi sarebbe, dunque, un accordo per la custodia dei beni mobili in questione; per la verità, nella c.d. convenzione datata 26 ottobre 1994 e sottoscritta tra le parti non si prevede affatto un obbligo di custodia, seppure temporaneo, a carico del R.; si premette esclusivamente che le parti hanno trascorso un periodo di convivenza presso la villa di Trani alla Via A. M. del R., ove la F. J. A. aveva trasferito i mobili di sua proprietà da Roma e si conviene che la sig.ra F. sarebbe tornata a Roma ed il R. le avrebbe corrisposto la somma complessiva di £. 10.000.000 a tacitazione di qualsivoglia richiesta di danni o prestazioni di qualsiasi genere, in alcune tranches.
In ogni caso, anche a voler leggere tra le righe della convenzione e nei comportamenti tenuti dalle parti una sorta di tacito accordo (anche sulla scorta della mancata contestazione sul punto) perché i mobili di arredamento e gli oggetti della attrice, sino ad un loro prelievo da parte della proprietaria, fossero conservati presso l’abitazione del R. e, quindi, una sorta di deposito gratuito dei beni medesimi, non si ravvisano gli estremi della responsabilità del R..
Infatti, recita l’art. 1780 cod. civ. : “se la detenzione della cosa è tolta al depositario in conseguenza di un fatto a lui non imputabile, egli è liberato dall’obbligazione di restituire la cosa, ma deve, sotto pena di risarcimento del danno, denunziare immediatamente al depositante il fatti per cui ha perduto la detenzione”. Ciò significa che il depositario (sia esso a titolo oneroso che gratuito o di cortesia), nel caso in cui non possa restituire la cosa depositata, in quanto gli è stata sottratta, va esente dall’obbligazione di risarcire il danno soltanto laddove fornisca la prova liberatoria che il fatto da cui è dipesa la perdita della cosa non sia a lui imputabile.
Nello specifico, ha ritenuto la giurisprudenza che “nel caso di perdita della cosa data in deposito, il depositario, per liberarsi dall’obbligo di risarcimento del danno, deve provare che l’evento era imprevedibile o inevitabile ed estraneo al comportamento da lui tenuto nell’esecuzione del contratto; atteso che il primo presupposto per la liberazione del contraente inadempiente della colpa presunta è la non imputabilità allo stesso della causa dell’inadempimento e solo dopo che il debitore abbia dimostrato la causa concreta dell’inadempimento si può passare alla valutazione della diligenza da lui prestata. Ne consegue che ove il depositario non abbia fornito che la prova che la perdita della cosa si è verificata in conseguenza di un fatto a lui non imputabile, resta superflua la valutazione della diligenza prestata da lui, non essendo essa sola sufficiente per la liberazione del depositario dall’obbligo del risarcimento del danno” (Cass. Civ., 4 giugno 1993, n. 6242).
Nel caso presente, evidentemente, il convenuto R., depositario, ha fornito la prova del fatto generatore dell’inadempimento e cioè il furto denunciato alla P.S. che ha dato origine anche ad un procedimento penale conclusosi con una pronuncia di assoluzione per non aver commesso il fatto, oltre alla prova di avere immediatamente denunciato il fatto al depositante (anzi l’evento è stato scoperto dai due – depositario e depositante – contestualmente).
Rimaneva al R. l’onere di dimostrare di avere prestato la diligenza a lui richiesta in considerazione delle particolari circostanze del caso.
In proposito, le dichiarazioni testimoniali assunte nel presente giudizio depongono per l’esistenza di un sistema di allarme elettronico funzionante e di una recinzione alta più di due metri, astrattamente idonea a prevenire il rischio di furti da parte di terzi.
Il sistema di difesa apprestato dal R. appare allo scrivente idoneo e sufficiente ad integrare gli estremi della diligenza allo stesso richiesto, tanto più che, a norma dell’art. 1768 cod. civ. “se il deposito è gratuito, la responsabilità per colpa è valutata con minor rigore”.
Non possono, al contrario, essere poste a base della presente pronuncia le dichiarazioni rese da R. G. nell’ambito del giudizio penale a carico delle sorelle dello stesso per il fatto di furto di cui è causa.
Infatti, sebbene in generale possano essere utilizzate le prove raccolte in altro procedimento, anche penale, nel caso presente non è senza rilievo la circostanza che il R., mentre nel giudizio penale, ha reso dichiarazioni quale mero testimone, nella causa che ne occupa riveste la posizione di parte, sicché le dichiarazioni dallo stesso rese in altra sede avrebbero dovuto essere sorrette dalla volontà di rendere una confessione, che, evidentemente nelle parole pronunciate in occasione diversa e a tutt’altri fini, non si può rinvenire.
Tanto rende superflua l’indagine in ordine alla prova dell’esistenza dei beni mobili di cui si è denunciata la sottrazione e soprattutto della proprietà degli stessi in capo all’attrice, indagine che, pure, sulla base delle prove assunte in giudizio, appare particolarmente problematica.
Quanto alle spese del presente giudizio, la complessità delle questioni giuridiche involte ne consiglia l’integrale compensazione tra le parti.


P.Q.M.


Il Tribunale di Trani, definitivamente pronunciando sulla domanda proposte da F. J. A. con atto di citazione notificato l’11 maggio1999 nei confronti di R. G. e con ricorso in riassunzione notificato il 24 – 25 ottobre 2001 nei confronti delle eredi di R. G., R. I. e D. C. A., così provvede :




  1.  Rigetta la domanda dell’attrice;


  2. Compensa integralmente tra le parti le spese del presente giudizio.

Trani, 6 dicembre 2006       


Il Giudice
dott. A. Binetti