Schema di decreto legislativo recante
“Disposizioni integrative e correttive del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, recante
e della liquidazione coatta amministrativa,
(approvato nella seduta del Consiglio dei Ministri n. 55 del 15 giugno 2007)
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 76 e 87, quinto comma, della Costituzione;
Visto il regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, recante la disciplina del fallimento, del concordato preventivo e della liquidazione coatta amministrativa;
Visto il decreto legislativo 9 gennaio 2006, n. 5, recante riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali, ai sensi dell’articolo 1, commi 5 e 6, della legge 14 maggio 2005, n. 80, recante delega al Governo per la riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali;
Visto, in particolare, l’articolo 1, comma 5-bis, della legge 14 maggio 2005, n. 80, che prevede la possibilità di emanare disposizioni correttive ed integrative del medesimo decreto legislativo n. 5 del 2006 e del medesimo regio decreto entro il 16 luglio 2007;
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del ;
Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni della Camera dei deputati, espressi in data e del Senato della Repubblica espressi in data ;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del ….;
Sulla proposta del Ministro della giustizia e del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico;
EMANA
Il seguente decreto legislativo
Art. 1
(Modifiche al Titolo I, del regio decreto16 marzo 1942, n. 267)
- L’articolo 1, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, è sostituito dal seguente:
<< 1. Imprese soggette al fallimento e al concordato preventivo.
Sono soggetti alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo gli imprenditori che esercitano una attività commerciale, esclusi gli enti pubblici.
Non sono soggetti alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo gli imprenditori di cui al primo comma, i quali dimostrino il possesso congiunto dei seguenti requisiti:
a) aver avuto, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito della istanza di fallimento o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore, un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore ad euro trecentomila;
b) aver realizzato, in qualunque modo risulti, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell’istanza di fallimento o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore, ricavi lordi per un ammontare complessivo annuo non superiore ad euro duecentomila;
c) avere un ammontare di debiti anche non scaduti non superiore ad euro cinquecentomila.
I limiti di cui alle lettere a) b e c) del secondo comma possono essere aggiornati ogni tre anni con decreto del Ministro della Giustizia, sulla base della media delle variazioni degli indici ISTAT del prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati intervenute nel periodo di riferimento.>>. - L’articolo 3 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 è sostituito dal seguente:
<< 3 Liquidazione coatta amministrativa e concordato preventivo.
Se la legge non dispone diversamente, le imprese soggette a liquidazione coatta amministrativa possono essere ammesse alla procedura di concordato preventivo, osservate per le imprese escluse dal fallimento le norme del settimo comma dell’articolo 195 .>>.
Art. 2
(Modifiche al Titolo II, Capo I, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267)
- All’articolo 9-bis, primo comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 le parole <<La sentenza che dichiara l’incompetenza è trasmessa>> sono sostituite dalle seguenti: <<Il provvedimento che dichiara l’incompetenza è trasmesso>>;
- All’articolo 10 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, al secondo comma, dopo le parole <<salva la facoltà>>, sono aggiunte le seguenti: <<per il creditore o per il pubblico ministero>>;
- All’articolo 14, primo comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n, 276, le parole <<tre anni>> sono sostituite dalle seguenti: <<tre esercizi>>;
- L’articolo 15, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, è sostituito dal seguente:
<< 15. Procedimento per la dichiarazione di fallimento.
Il procedimento per la dichiarazione di fallimento si svolge dinanzi al tribunale in composizione collegiale con le modalità dei procedimenti in camera di consiglio.
Il tribunale convoca, con decreto apposto in calce al ricorso, il debitore ed i creditori istanti per il fallimento; nel procedimento interviene il pubblico ministero che ha assunto l’iniziativa per la dichiarazione di fallimento.
Il decreto di convocazione è sottoscritto dal presidente del tribunale o dal giudice relatore se vi è delega alla trattazione del procedimento ai sensi del sesto comma. Tra la data della notificazione, a cura di parte, del decreto di convocazione e del ricorso e quella dell’udienza deve intercorrere un termine non inferiore a quindici giorni.
Il decreto contiene l’indicazione che il procedimento è volto all’accertamento dei presupposti per la dichiarazione di fallimento e fissa un termine non inferiore a sette giorni prima dell’udienza per la presentazione di memorie e il deposito di documenti e relazioni tecniche. In ogni caso, il tribunale dispone che l’imprenditore depositi i bilanci relativi agli ultimi tre esercizi, nonché una situazione patrimoniale, economica e finanziaria aggiornata; può richiedere eventuali informazioni urgenti.
I termini di cui al terzo e quarto comma possono essere abbreviati dal presidente del tribunale, con decreto motivato, se ricorrono particolari ragioni di urgenza. In tali casi, il presidente del tribunale può disporre che il ricorso e il decreto di fissazione dell’udienza siano portati a conoscenza delle parti con ogni mezzo idoneo, omessa ogni formalità non indispensabile alla conoscibilità degli stessi.
Il tribunale può delegare al giudice relatore l’audizione delle parti. In tal caso, il giudice delegato provvede all’ammissione ed all’espletamento dei mezzi istruttori richiesti dalle parti o disposti d’ufficio.
Le parti possono nominare consulenti tecnici.
Il tribunale, ad istanza di parte, può emettere i provvedimenti cautelari o conservativi a tutela del patrimonio o dell’impresa oggetto del provvedimento, che hanno efficacia limitata alla durata del procedimento e vengono confermati o revocati dalla sentenza che dichiara il fallimento, ovvero revocati con il decreto che rigetta l’istanza.
Non si fa luogo alla dichiarazione di fallimento se l’ammontare dei debiti scaduti e non pagati risultanti dagli atti dell’istruttoria prefallimentare è complessivamente inferiore a euro trentamila. Tale importo è periodicamente aggiornato con le modalità di cui al terzo comma dell’articolo 1 >>. - L’articolo 16, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, è sostituito dal seguente:
<< 16. Sentenza dichiarativa di fallimento.
Il tribunale dichiara il fallimento con sentenza, con la quale:
1) nomina il giudice delegato per la procedura;
2) nomina il curatore;
3) ordina al fallito il deposito dei bilanci e delle scritture contabili e fiscali obbligatorie, nonché dell’elenco dei creditori, entro tre giorni, se non è stato ancora eseguito a norma dell’articolo 14;
4) stabilisce il luogo, il giorno e l’ora dell’adunanza in cui si procederà all’esame dello stato passivo, entro il termine perentorio di non oltre centoventi giorni dal deposito della sentenza, ovvero centottanta giorni in caso di particolare complessità della procedura;
5) assegna ai creditori e ai terzi, che vantano diritti reali o personali su cose in possesso del fallito, il termine perentorio di trenta giorni prima dell’adunanza di cui al numero 4 per la presentazione in cancelleria delle domande di insinuazione.
La sentenza produce i suoi effetti dalla data della pubblicazione ai sensi dell’articolo 133, primo comma, del codice di procedura civile. Gli effetti nei riguardi dei terzi si producono dalla data di iscrizione della sentenza nel registro delle imprese ai sensi dell’articolo 17, secondo comma >>. - L’articolo 18, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, è sostituito dal seguente:
<<Art. 18. Reclamo.
Contro la sentenza che dichiara il fallimento può essere proposto reclamo dal debitore e da qualunque interessato con ricorso da depositarsi nella cancelleria della corte d’appello nel termine perentorio di trenta giorni.
Il ricorso deve contenere:
1) l’indicazione della corte d’appello competente;
2) le generalità dell’impugnante e l’elezione del domicilio nel comune in cui ha sede la corte d’appello;
3) l’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto su cui si basa l’impugnazione, con le relative conclusioni;
4) l’indicazione dei mezzi di prova di cui il ricorrente intende avvalersi e dei documenti prodotti.
Il reclamo non sospende gli effetti della sentenza impugnata, salvo quanto previsto dall’articolo 19, primo comma.
Il termine per il reclamo decorre per il debitore dalla data della notificazione della sentenza a norma dell’articolo 17 e per tutti gli altri interessati dalla data della iscrizione nel registro delle imprese ai sensi del medesimo articolo. In ogni caso, si applica la disposizione di cui all’articolo 327, primo comma, del codice di procedura civile.
Il presidente, nei cinque giorni successivi al deposito del ricorso, designa il relatore, e fissa con decreto l’udienza di comparizione entro sessanta giorni dal deposito del ricorso.
Il ricorso, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, deve essere notificato, a cura del reclamante, al curatore e alle altre parti entro dieci giorni dalla comunicazione del decreto.
Tra la data della notificazione e quella dell’udienza deve intercorrere un termine non minore di trenta giorni.
Le parti resistenti devono costituirsi almeno dieci giorni prima della udienza, eleggendo il domicilio nel comune in cui ha sede la corte d’appello.
La costituzione si effettua mediante il deposito in cancelleria di una memoria contenente l’esposizione delle difese in fatto e in diritto, nonché l’indicazione dei mezzi di prova e dei documenti prodotti.
L’intervento di qualunque interessato non può avere luogo oltre il termine stabilito per la costituzione delle parti resistenti con le modalità per queste previste.
All’udienza, il collegio, sentite le parti, assume, anche d’ufficio, nel rispetto del contraddittorio,tutti i mezzi di prova che ritiene necessari, eventualmente delegando un suo componente.
La corte provvede sul ricorso con sentenza.
La sentenza che revoca il fallimento è notificata, a cura della cancelleria, al curatore, al creditore che ha chiesto il fallimento e al debitore, se non reclamante, e deve essere pubblicata a norma dell’articolo 17.
La sentenza che rigetta il reclamo è notificata al reclamante a cura della cancelleria.
Il termine per proporre il ricorso per cassazione è di trenta giorni dalla notificazione.
Se il fallimento è revocato, restano salvi gli effetti degli atti legalmente compiuti dagli organi della procedura.
Le spese della procedura ed il compenso al curatore sono liquidati dal tribunale, su relazione del giudice delegato, con decreto reclamabile ai sensi dell’articolo 26>>. - All’articolo 19, primo comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, le parole <<il collegio>> sono sostituite dalle parole <<la corte d’appello>>; nello stesso articolo il comma secondo è soppresso.
- L’articolo 20 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 è abrogato.
- All’articolo 22 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) nei commi secondo, terzo, quarto e quinto, le parole <<Corte di appello>> e <<Corte d’appello>> sono sostituite dalle seguenti: <<corte d’appello>>.
b) nel secondo comma, le parole <<quindici giorni>> sono sostituite dalle seguenti:<< trenta giorni>>.
Art. 3
(Modifiche al Titolo II, Capo II, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267)
- All’articolo 24 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, il secondo comma è soppresso;
- All’articolo 25, primo comma, n. 6), del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, le parole: <<agli avvocati >> sono sostituite dalla seguente: <<ai difensori>>.
- L’articolo 26, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, è sostituito dal seguente:
<<. 26. Reclamo contro i decreti del giudice delegato e del tribunale.
Salvo che sia diversamente disposto, contro i decreti del giudice delegato e del tribunale, può essere proposto reclamo al tribunale o alla corte di appello, che provvedono in camera di consiglio.
Il reclamo è proposto dal curatore, dal fallito, dal comitato dei creditori e da chiunque vi abbia interesse.
Il reclamo è proposto nel termine perentorio di dieci giorni, decorrente dalla comunicazione o dalla notificazione del provvedimento per il curatore, per il fallito, per il comitato dei creditori e per chi ha chiesto o nei cui confronti è stato chiesto il provvedimento; per gli altri interessati, il termine decorre dall’esecuzione delle formalità pubblicitarie disposte dal giudice delegato o dal tribunale, se quest’ultimo ha emesso il provvedimento. La comunicazione integrale del provvedimento fatta dal curatore mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, telefax o posta elettronica con garanzia dell’avvenuta ricezione in base al testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, equivale a notificazione.
Indipendentemente dalla previsione di cui al terzo comma, il reclamo non può più proporsi decorso il termine perentorio di novanta giorni dal deposito del provvedimento in cancelleria.
Il reclamo non sospende l’esecuzione del provvedimento.
Il reclamo si propone con ricorso che deve contenere:
1) l’indicazione del tribunale o della corte di appello competente, del giudice delegato e della procedura fallimentare;
2) le generalità del ricorrente e l’elezione del domicilio nel comune in cui ha sede il giudice adito;
3) l’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto su cui si basa il reclamo, con le relative conclusioni;
4) l’indicazione dei mezzi di prova di cui il ricorrente intende avvalersi e dei documenti prodotti.
Il presidente, nei cinque giorni successivi al deposito del ricorso, designa il relatore, e fissa con decreto l’udienza di comparizione entro quaranta giorni dal deposito del ricorso.
Il ricorso, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, deve essere notificato, a cura del reclamante, al curatore ed ai controinteressati entro cinque giorni dalla comunicazione del decreto.
Tra la data della notificazione e quella dell’udienza deve intercorrere un termine non minore di quindici giorni.
Il resistente deve costituirsi almeno cinque giorni prima dell’udienza, eleggendo il domicilio nel comune in cui ha sede il tribunale o la corte d’appello, e depositando una memoria contenente l’esposizione delle difese in fatto e in diritto, nonché l’indicazione dei mezzi di prova e dei documenti prodotti.
L’intervento di qualunque interessato non può avere luogo oltre il termine stabilito per la costituzione della parte resistente, con le modalità per questa previste.
All’udienza il collegio, sentite le parti, assume anche d’ufficio i mezzi di prova, eventualmente delegando un suo componente.
Entro trenta giorni dall’udienza di comparizione delle parti, il collegio provvede con decreto motivato, con il quale conferma, modifica o revoca il provvedimento reclamato>>. - All’articolo 28 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, il secondo comma è soppresso.
- All’articolo 32, primo comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, le parole <<giudice delegato>> sono sostituite dalle seguenti: <<comitato dei creditori, con esclusione degli adempimenti di cui agli artt. 89, 92, 95, 97 e 104 ter.>>.
- All’articolo 33, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) nella rubrica dopo le parole: <<Relazione al giudice>> sono aggiunte: <<e rapporti riepilogativi.>>
b) nel primo comma le parole <<dell’istruttoria penale>> sono sostituite con <<delle indagini preliminari in sede penale. >> - All’articolo 34 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, sono apportate le seguenti modificazioni:
nel primo comma, dopo le parole <<scelti dal curatore.>> è aggiunta la seguente frase: <<Su proposta del curatore il comitato dei creditori può autorizzare che le somme riscosse vengano in tutto o in parte investite con strumenti diversi dal deposito in conto corrente, purché sia garantita l’integrità del capitale>>. - All’articolo 35 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) dopo il primo comma è inserito il seguente: << Nel richiedere l’autorizzazione del comitato dei creditori, il curatore formula le proprie conclusioni anche sulla convenienza della proposta.>>;
b) al secondo comma, le parole <<approvati dal medesimo ai sensi dell’articolo 104-ter >> sono sostituite dalla seguente: <<autorizzati dal medesimo ai sensi dell’articolo 104-ter comma ottavo>>. - All’articolo 37-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il primo comma, è sostituito dal seguente: << Conclusa l’adunanza per l’esame dello stato passivo e prima della dichiarazione di esecutività dello stesso, i creditori presenti, personalmente o per delega, che rappresentano la maggioranza dei crediti ammessi, possono effettuare nuove designazioni in ordine ai componenti del comitato dei creditori nel rispetto dei criteri di cui all’articolo 40, nonché chiedere la sostituzione del curatore indicando al tribunale le ragioni della richiesta e un nuovo nominativo. Il tribunale, valutate le ragioni della richiesta di sostituzione del curatore, provvede alla nomina dei soggetti designati dai creditori salvo che non siano rispettati i criteri di cui agli articoli 28 e 40>>;
b) nel terzo comma, le parole: <<allo stato>> sono soppresse. - All’articolo 41 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al quarto comma, dopo le parole <<In caso di inerzia, di impossibilità>> sono inserite le seguenti: <<di costituzione per insufficienza di numero o indisponibilità dei creditori, o>>;
b) il settimo comma è sostituito dai seguenti:
<<Ai componenti del comitato dei creditori si applica, in quanto compatibile, l’articolo 2407, primo e terzo comma, del codice civile.
L’azione di responsabilità può essere proposta dal curatore durante lo svolgimento della procedura. Con il decreto di autorizzazione il giudice delegato sostituisce i componenti del comitato dei creditori nei confronti dei quali ha autorizzato l’azione>>.
Art. 4
(Modifiche al Titolo II, Capo III, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267)
- All’articolo 48 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) nel primo comma, le parole da <<L’imprenditore>> a <<sono tenuti>> sono sostituite dalle seguenti: <<Il fallito persona fisica è tenuto>>;
b) dopo il primo comma è aggiunto il seguente:
<<La corrispondenza diretta al fallito che non sia persona fisica è consegnata al curatore.>>. - All’articolo 52 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, dopo il secondo comma è inserito il seguente:
<<Le disposizioni del secondo comma si applicano anche ai crediti esentati dal divieto di cui all’articolo 51.>>. - All’articolo 53, secondo comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, le parole da <<disponendo>> fino a <<relative>>, sono sostituite dalle seguenti: << determinandone le modalità a norma dell’articolo 107>>.
- All’articolo 67, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) la lettera c) del terzo comma è sostituita dalla seguente:
<< c) le vendite ed i preliminari di vendita trascritti ai sensi dell’articolo 2645 bis del codice civile, i cui effetti non siano cessati ai sensi del comma terzo della suddetta disposizione, conclusi a giusto prezzo ed aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo, destinati a costituire l’abitazione principale dell’acquirente o di suoi parenti e affini entro il terzo grado; >>;
b) alla lettera d) del terzo comma dopo le parole <<un piano>>, sono aggiunte le seguenti: <<redatto da un professionista che abbia i requisiti previsti dall’articolo 28, lettere a) e b) >>. - All’articolo 70, terzo comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, dopo le parole <<atti estintivi di>>, sono aggiunte le seguenti: << rapporti di conto corrente bancario o comunque>>.
- All’articolo 72 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al primo comma sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: <<, salvo che, nei contratti ad effetti reali, sia già avvenuto il trasferimento del diritto>>;
b) al quarto comma, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole:<<, senza che gli sia dovuto risarcimento del danno>>;
c) il settimo comma è sostituito dai seguenti:
<< In caso di contratto preliminare di vendita immobiliare trascritto ai sensi dell’articolo 2645-bis del codice civile, sciolto il contratto l’acquirente ha diritto di far valere il proprio credito nel passivo, senza che gli sia dovuto il risarcimento del danno e gode del privilegio di cui all’articolo 2775-bis del codice civile a condizione che gli effetti della trascrizione del contratto preliminare non siano cessati anteriormente alla data della dichiarazione di fallimento.
Le disposizioni di cui al primo comma non si applicano al contratto preliminare di vendita trascritto ai sensi dell’articolo 2645 bis del codice civile avente ad oggetto un immobile ad uso abitativo destinato a costituire l’abitazione principale dell’acquirente o di suoi parenti ed affini entro il terzo grado>>. - L’articolo 72-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, è sostituito dal seguente:
<< 72-bis. Contratti relativi ad immobili da costruire
I contratti di cui all’articolo 5 del decreto legislativo 20 giugno 2005, n. 122 si sciolgono se, prima che il curatore comunichi la scelta tra esecuzione o scioglimento, l’acquirente abbia escusso la fideiussione a garanzia della restituzione di quanto versato al costruttore, dandone altresì comunicazione al curatore. In ogni caso, la fideiussione non può essere escussa dopo che il curatore ha comunicato di voler dare esecuzione al contratto >>. - All’articolo 72-quater, secondo comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, dopo le parole << del bene stesso>> sono inserite le seguenti: <<avvenute a valori di mercato>>.
- L’articolo 73 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, è sostituito dal seguente:
<< 73. Vendita con riserva di proprietà.
Nella vendita con riserva di proprietà, in caso di fallimento del compratore, se il prezzo deve essere pagato a termine o a rate, il curatore può subentrare nel contratto con l’autorizzazione del comitato dei creditori; il venditore può chiedere cauzione a meno che il curatore paghi immediatamente il prezzo con lo sconto dell’interesse legale Qualora il curatore si sciolga dal contratto, il venditore deve restituire le rate di prezzo già riscosse, salvo il diritto ad un equo compenso per l’uso della cosa.
Il fallimento del venditore non è causa di scioglimento del contratto.>> - L’articolo 74 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, è sostituito dal seguente:
<< 74. Contratti ad esecuzione continuata o periodica
Se il curatore subentra in un contratto ad esecuzione continuata o periodica deve pagare integralmente il prezzo anche delle consegne già avvenute o dei servizi già erogati. >> - L’articolo 79 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, è sostituito dal seguente:
<< 79. Contratto di affitto d’azienda.
Il fallimento non è causa di scioglimento del contratto di affitto d’azienda, ma entrambe le parti possono recedere entro sessanta giorni, corrispondendo alla controparte un equo indennizzo, che, nel dissenso tra le parti, è determinato dal giudice delegato, sentiti gli interessati. L’indennizzo dovuto dalla curatela è regolato dall’articolo 111, n. 1. >> - L’articolo 80 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, è sostituito dal seguente:
<< 80. Contratto di locazione di immobili.
Il fallimento del locatore non scioglie il contratto di locazione d’immobili e il curatore subentra nel contratto.
Qualora la durata del contratto sia complessivamente superiore a quattro anni dalla dichiarazione di fallimento, il curatore ha, entro un anno dalla dichiarazione di fallimento, la facoltà di recedere dal contratto corrispondendo al conduttore un equo indennizzo per l’anticipato recesso, che nel dissenso fra le parti, è determinato dal giudice delegato, sentiti gli interessati. Il recesso ha effetto decorsi quattro anni dalla dichiarazione di fallimento.
In caso di fallimento del conduttore, il curatore può in qualunque tempo recedere dal contratto, corrispondendo al locatore un equo indennizzo per l’anticipato recesso, che nel dissenso fra le parti, è determinato dal giudice delegato, sentiti gli interessati.
Il credito per l’indennizzo è soddisfatto in prededuzione ai sensi dell’articolo 111, n. 1 con il privilegio dell’articolo 2764 del codice civile. >> - L’articolo 80-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, è abrogato.
Art. 5
(Modifiche al Titolo II, Capo IV, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267)
- All’articolo 88, secondo comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, la parola <<annotato>> è sostituita dalla seguente: <<trascritto>>.
- All’articolo 89, primo comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, le parole: <<e delle>> sono sostituite dalle seguenti: <<e alle>>.
Art. 6
(Modifiche al Titolo II, Capo V, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267)
- All’articolo 93, terzo comma, n. 4), del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al terzo comma, n. 4), le parole <<anche in relazione alla graduazione del credito,>> sono soppresse;
b) il settimo comma è abrogato. - L’articolo 95, secondo comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 è sostituito dal seguente:
<<Il curatore deposita il progetto di stato passivo nella cancelleria del tribunale almeno quindici giorni prima dell’udienza fissata per l’esame dello stato passivo. I creditori, i titolari di diritti sui beni ed il fallito possono esaminare il progetto e presentare osservazioni scritte e documenti integrativi fino all’udienza>>. - All’articolo 96 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al primo comma:
1) dopo le parole <<con decreto>>, sono aggiunte le seguenti:<<succintamente motivato>>;
2) il secondo periodo è soppresso;
b) il secondo comma è soppresso. - L’articolo 99 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, è sostituito dal seguente:
<< 99. Procedimento.
Le impugnazioni di cui all’articolo precedente si propongono con ricorso depositato presso la cancelleria del tribunale entro trenta giorni dalla comunicazione di cui all’articolo 97 ovvero in caso di revocazione dalla scoperta del fatto o del documento.
Il ricorso deve contenere:
1) l’indicazione del tribunale, del giudice delegato e del fallimento;
2) le generalità dell’impugnante e l’elezione del domicilio nel comune ove ha sede il tribunale che ha dichiarato il fallimento;
3) l’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto su cui si basa l’impugnazione e le relative conclusioni;
4) a pena di decadenza, le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d’ufficio, nonché l’indicazione specifica dei mezzi di prova di cui il ricorrente intende avvalersi e dei documenti prodotti.
Il presidente, nei cinque giorni successivi al deposito del ricorso, designa il relatore, e fissa con decreto l’udienza di comparizione entro sessanta giorni dal deposito del ricorso.
Il ricorso, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, deve essere notificato, a cura del ricorrente, al curatore, al fallito e all’eventuale controinteressato entro dieci giorni dalla comunicazione del decreto.
Tra la data della notificazione e quella dell’udienza deve intercorrere un termine non minore di trenta giorni.
Le parti resistenti devono costituirsi almeno dieci giorni prima dell’udienza, eleggendo il domicilio nel comune in cui ha sede il tribunale.
La costituzione si effettua mediante il deposito in cancelleria di una memoria difensiva contenente, a pena di decadenza, le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d’ufficio, nonché l’indicazione specifica dei mezzi di prova e dei documenti prodotti.
L’intervento di qualunque interessato non può avere luogo oltre il termine stabilito per la costituzione delle parti resistenti con le modalità per queste previste.
Il giudice delegato non può far parte del collegio.
All’udienza il tribunale, sentite le parti, assume anche d’ufficio i mezzi di prova, eventualmente delegando un suo componente.
Entro sessanta giorni dall’udienza di comparizione delle parti, il collegio provvede in via definitiva sull’opposizione, impugnazione o revocazione con decreto motivato. Il decreto è comunicato dalla cancelleria alle parti che, nei successivi trenta giorni, possono proporre ricorso per cassazione.
Qualora il tribunale pronunci in via provvisoria, provvede con decreto motivato non reclamabile entro trenta giorni dall’udienza>>. - All’articolo 101, secondo comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, dopo il primo periodo è inserito il seguente:
<< Il giudice delegato fissa per l’esame delle domande tardive un’udienza ogni quattro mesi, salvo che sussistano motivi d’urgenza.>>. - All’articolo 102, primo comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, le parole <<e sentiti il comitato dei creditori ed il fallito>> sono sostituite dalle seguenti << e dal parere del comitato dei creditori, sentito il fallito >>
- Articolo 103 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, dopo il primo comma è aggiunto il seguente: << Sono salve le disposizioni dell’articolo 1706 del codice civile>>.
Art. 7
(Modifiche al Titolo II, Capo VI, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267)
- All’articolo 104-ter, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) i commi primo e secondo sono sostituiti dai seguenti:
<<Entro sessanta giorni dalla redazione dell’inventario, il curatore predispone un programma di liquidazione da sottoporre all’approvazione del comitato dei creditori.
Il programma costituisce l’atto di pianificazione e di indirizzo in ordine alle modalità e ai termini previsti per la realizzazione dell’attivo, e deve specificare:
a) l’opportunità di disporre l’esercizio provvisorio dell’impresa, o di singoli rami di azienda, ai sensi dell’articolo 104, ovvero l’opportunità di autorizzare l’affitto dell’azienda, o di rami, a terzi ai sensi dell’articolo 104 bis;
b) la sussistenza di proposte di concordato ed il loro contenuto;
c) le azioni risarcitorie, recuperatorie o revocatorie da esercitare ed il loro possibile esito;
d) le possibilità di cessione unitaria dell’azienda, di singoli rami, di beni o di rapporti giuridici individuabili in blocco;
e) le condizioni della vendita dei singoli cespiti>>.
b) al quarto comma, il secondo periodo è soppresso;
c) dopo il settimo comma è inserito il seguente:
<<Il programma approvato è comunicato al giudice delegato che autorizza l’esecuzione degli atti a esso conformi >> - Prima dell’articolo 105 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, sono inserite le seguenti parole: <<Sezione II DELLA VENDITA DEI BENI>>.
- Prima dell’articolo 106 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, le parole: <<Sezione II DELLA VENDITA DEI BENI MOBILI>> sono soppresse.
- All’articolo 106 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, nella rubrica, la parola <<Vendita>>, è sostituita dalla seguente: <<Cessione>>.
- Prima dell’articolo 107 del regiodecreto 16 marzo 1942, n. 267, le parole: <<Sezione III DELLA VENDITA DEI BENI IMMOBILI>> sono soppresse.
- All’articolo 107 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il primo comma è sostituito dal seguente:
<< Le vendite e gli altri atti di liquidazione posti in essere in esecuzione del programma di liquidazione sono effettuati dal curatore tramite procedure competitive anche avvalendosi di soggetti specializzati, sulla base di stime effettuate, salvo il caso di beni di modesto valore, da parte di operatori esperti, assicurando, con adeguate forme di pubblicità, la massima informazione e partecipazione degli interessati.>>;
b) dopo il primo comma è inserito il seguente:
<<Il curatore può prevedere nel programma di liquidazione che le vendite dei beni mobili, immobili e mobili registrati vengano effettuate dal giudice delegato secondo le disposizioni del codice di procedura civile in quanto compatibili >>;
c) al secondo comma, dopo le parole << Per i beni immobili >> sono inserite le seguenti: <<e gli altri beni iscritti nei pubblici registri>>. - All’articolo 108 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, al secondo comma le parole << Per i veicoli iscritti nel pubblico registro automobilistico e per i beni immobili>> sono sostituite dalle seguenti: <<Per i beni immobili e gli altri beni iscritti in pubblici registri, >>.
- L’articolo 108-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, è abrogato.
Art. 8
(Modifiche al Titolo II, Capo VII, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267)
- All’articolo 110 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al primo comma, dopo il primo periodo è aggiunto il seguente:
<< Nel progetto sono collocati anche i crediti per i quali non si applica il divieto di azioni esecutive e cautelari di cui all’articolo 51.>>;
b) al secondo comma, le parole <<sentito il comitato dei creditori>> sono soppresse;
c) nel terzo comma, dopo la parola: <<reclamo>> sono aggiunte le seguenti:<<al giudice delegato>> e le parole << nelle forme di cui all’articolo 26. >> sono sostituite dalle seguenti:<<ai sensi dell’articolo 36 >>. - All’articolo 111, secondo comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, la parola: <<debiti>> è sostituita dalla seguente: <<crediti>>.
- All’articolo 111-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il secondo comma è soppresso;
b) nel terzo comma, le parole:<<secondo un criterio proporzionale>> sono sostituite dalle seguenti:<<tenuto conto delle rispettive cause di prelazione>>;
c) al quarto comma, le parole da <<se l’importo>> fino a <<costo della vita>>, sono soppresse. - All’articolo 115, secondo comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, dopo le parole << formale dello stato passivo.>> sono aggiunte le seguenti: <<Le stesse disposizioni si applicano in caso di surrogazione del creditore>>.
Art. 9
(Modifiche al Titolo II, Capo VIII, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267)
- All’articolo 118, secondo comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) le parole <<Ove si tratti di fallimento di società il curatore ne chiede la cancellazione dal registro delle imprese.>> sono sostituite dalle seguenti: <<Nei casi di chiusura di cui ai numeri 3 e 4), ove si tratti di fallimento di società il curatore ne chiede la cancellazione dal registro delle imprese>>;
b) dopo le parole << della società>> sono inserite le seguenti: <<nei casi di cui ai numeri 1) e 2)>>. - All’articolo 119 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) nel terzo comma, dopo il primo periodo è aggiunto il seguente:
<< Contro il decreto della corte d’appello il ricorso per cassazione è proposto nel termine perentorio di trenta giorni, decorrente dalla notificazione o comunicazione del provvedimento per il curatore, per il fallito, per il comitato dei creditori e per chi ha proposto il reclamo o è intervenuto nel procedimento; dal compimento della pubblicità di cui all’articolo 17 per ogni altro interessato.>>;
b) dopo il terzo comma è inserito il seguente:
<< Il decreto di chiusura acquista efficacia quando è decorso il termine per il reclamo, senza che questo sia stato proposto, ovvero quando il reclamo è definitivamente rigettato.>>; - L’articolo 120, primo comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, è sostituito dal seguente:
<<Con la chiusura cessano gli effetti del fallimento sul patrimonio del fallito e le conseguenti incapacità personali e decadono gli organi preposti al fallimento.>>. - All’articolo 121, terzo comma, regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, la parola: <<appellata>> è sostituita dalla seguente: <<reclamata>>;
- All’articolo 124 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il primo comma è sostituito dal seguente:
<<La proposta di concordato può essere presentata dal fallito, da uno o più creditori o da un terzo, anche prima del decreto che rende esecutivo lo stato passivo, purché sia stata tenuta la contabilità ed i dati risultanti da essa e le altre notizie disponibili consentano al curatore di predisporre un elenco provvisorio dei creditori del fallito da sottoporre all’approvazione del giudice delegato>>;
b) al terzo comma la parola <<esperto>> è sostituita dalle seguenti: << professionista che abbia i requisiti previsti dall’articolo 28, lettere a) e b) >>;
c) al quarto comma:
1) dopo le parole: << La proposta presentata >> sono inserite le seguenti: <<da uno o più creditori o>>;
2) nel secondo periodo le parole << Il terzo>> vengono sostituite dalle seguenti: <<Il proponente >> - All’articolo 125, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) Al primo comma le parole <<comitato dei creditori e >> sono soppresse e dopo le parole << della liquidazione>> sono aggiunte le seguenti: <<ed alle garanzie offerte >>;
b) i commi secondo e terzo sono sostituiti dai seguenti:
<<Una volta espletato tale adempimento preliminare, il giudice delegato, acquisito il parere favorevole del comitato dei creditori, valutata la ritualità della proposta, ordina che la stessa, unitamente al parere del curatore e del comitato dei creditori venga comunicata ai creditori, specificando dove possono essere reperiti i dati per la sua valutazione ed informandoli che la mancata risposta sarà considerata come voto favorevole. Nel medesimo provvedimento il giudice delegato fissa un termine non inferiore a venti giorni né superiore a trenta, entro il quale i creditori devono far pervenire nella cancelleria del tribunale eventuali dichiarazioni di dissenso.
Qualora la proposta contenga condizioni differenziate per singole classi di creditori essa, prima di essere comunicata ai creditori, deve essere sottoposta, con i pareri di cui al primo e secondo comma, al giudizio del tribunale che verifica il corretto utilizzo dei criteri di cui all’articolo 124, secondo comma, lettere a) e b) tenendo conto della relazione resa ai sensi dell’articolo 124, terzo comma >>; - All’articolo 128 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma secondo è sostituito dal seguente: << Ove siano previste diverse classi di creditori, il concordato è approvato se, nel maggior numero delle classi, la proposta riporta il voto favorevole dei creditori che rappresentano, in ciascuna di esse, la maggioranza dei crediti ammessi al voto>>;
b) nel quarto comma le parole: <<una sentenza emessa>> sono sostituite dalle seguenti: <<un provvedimento emesso>>; - L’articolo 129, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, è sostituito dal seguente:
<< 129. Giudizio di omologazione.
Decorso il termine stabilito per le votazioni, il curatore presenta al giudice delegato una relazione sul loro esito.
Se la proposta è stata approvata, il giudice delegato dispone che il curatore ne dia immediata comunicazione al proponente, affinché richieda l’omologazione del concordato, al fallito e ai creditori dissenzienti e, con decreto da pubblicarsi a norma dell’articolo 17, fissa un termine non inferiore a quindici giorni e non superiore a trenta giorni per la proposizione di eventuali opposizioni, anche da parte di qualsiasi altro interessato, e per il deposito da parte del comitato dei creditori di una relazione motivata col suo parere definitivo; se il comitato non provvede nel termine, la relazione è redatta e depositata dal curatore nei sette giorni successivi.
L’opposizione e la richiesta di omologazione si propongono con ricorso a norma dell’articolo 26.
Se nel termine fissato non vengono proposte opposizioni, il tribunale, verificata la regolarità della procedura e l’esito della votazione, omologa il concordato con decreto motivato non soggetto a gravame.
Se sono state proposte opposizioni, il Tribunale assume i mezzi istruttori richiesti dalle parti o disposti di ufficio, anche delegando uno dei componenti del collegio. Nell’ipotesi di cui al secondo comma dell’articolo 128, se un creditore appartenente ad una classe dissenziente contesta la convenienza della proposta, il tribunale può omologare il concordato qualora ritenga che il credito possa risultare soddisfatto dal concordato in misura non inferiore rispetto alle alternative concretamente praticabili.
Il tribunale provvede con decreto motivato pubblicato a norma dell’articolo 17.>>. - L’articolo 131 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, è sostituito dal seguente:
<< 131. Reclamo.
Il decreto del tribunale è reclamabile dinanzi alla corte di appello che pronuncia in camera di consiglio.
Il reclamo è proposto con ricorso da depositarsi nella cancelleria della corte d’appello nel termine perentorio di trenta giorni dalla notificazione del decreto fatta dalla cancelleria del tribunale.
Esso deve contenere i requisiti prescritti dall’articolo 18, secondo comma, numeri 1), 2), 3) e 4).
Il presidente, nei cinque giorni successivi al deposito del ricorso, designa il relatore, e fissa con decreto l’udienza di comparizione entro sessanta giorni dal deposito del ricorso.
Il ricorso, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, deve essere notificato, a cura del reclamante, entro dieci giorni dalla comunicazione del decreto, al curatore e alle altre parti, che si identificano, se non sono reclamanti, nel fallito, nel proponente e negli opponenti.
Tra la data della notificazione e quella dell’udienza deve intercorrere un termine non minore di trenta giorni.
Le parti resistenti devono costituirsi almeno dieci giorni prima della udienza, eleggendo il domicilio nel comune in cui ha sede la corte d’appello.
La costituzione si effettua mediante il deposito in cancelleria di una memoria contenente l’esposizione delle difese in fatto e in diritto, nonché l’indicazione dei mezzi di prova e dei documenti prodotti.
L’intervento di qualunque interessato non può aver luogo oltre il termine stabilito per la costituzione delle parti resistenti, con le modalità per queste previste.
All’udienza, il collegio, sentite le parti, assume, anche d’ufficio, i mezzi di prova, eventualmente delegando un suo componente.
La corte provvede con decreto motivato.
Il decreto è pubblicato a norma dell’articolo 17 e notificato alle parti, a cura della cancelleria, ed è impugnabile con ricorso per cassazione entro trenta giorni dalla notificazione>>. - L’articolo 137 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, è sostituito dal seguente:
<< 137. Risoluzione del concordato.
Se le garanzie promesse non vengono costituite o se il proponente non adempie regolarmente gli obblighi derivanti dal concordato, ciascun creditore può chiederne la risoluzione.
Si applicano le disposizioni dell’articolo 15 in quanto compatibili.
Al procedimento è chiamato a partecipare anche l’eventuale garante.
La sentenza che risolve il concordato riapre la procedura di fallimento ed è provvisoriamente esecutiva.
La sentenza è reclamabile ai sensi dell’articolo 18.
Il ricorso per la risoluzione deve proporsi entro un anno dalla scadenza del termine fissato per l’ultimo adempimento previsto nel concordato.
Le disposizioni di questo articolo non si applicano quando gli obblighi derivanti dal concordato sono stati assunti dal proponente o da uno o più creditori con liberazione immediata del debitore.
Non possono proporre istanza di risoluzione i creditori del fallito verso cui il terzo, ai sensi dell’articolo 124, non abbia assunto responsabilità per effetto del concordato>>. - L’articolo 138 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, è sostituito dal seguente:
<< 138. Annullamento del concordato.
Il concordato omologato può essere annullato dal tribunale, su istanza del curatore o di qualunque creditore, in contraddittorio con il debitore, quando si scopre che è stato dolosamente esagerato il passivo, ovvero sottratta o dissimulata una parte rilevante dell’attivo. Non è ammessa alcuna altra azione di nullità. Si procede a norma dell’articolo 137.
La sentenza che annulla il concordato riapre la procedura di fallimento ed è provvisoriamente esecutiva. Essa è reclamabile ai sensi dell’articolo 18.
Il ricorso per l’annullamento deve proporsi nel termine di sei mesi dalla scoperta del dolo e, in ogni caso, non oltre due anni dalla scadenza del termine fissato per l’ultimo adempimento previsto nel concordato>>.
Art. 10
(Modifiche al Titolo II, Capo IX, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267)
- L’articolo 142, terzo comma, lettera a), del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, le parole: <<non compresi nel fallimento ai sensi dell’articolo 46>> sono sostituite dalle seguenti: <<estranei all’esercizio dell’impresa>>.
- L’articolo 143, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, è sostituito dal seguente:
<< 143. Procedimento di esdebitazione
Il tribunale, con il decreto di chiusura del fallimento o su ricorso del debitore presentato entro l’anno successivo, verificate le condizioni di cui all’articolo 142 e tenuto altresì conto dei comportamenti collaborativi del medesimo, sentito il curatore ed il comitato dei creditori, dichiara inesigibili nei confronti del debitore già dichiarato fallito i debiti concorsuali non soddisfatti integralmente.
Contro il decreto che provvede sul ricorso, il debitore, i creditori non integralmente soddisfatti, il pubblico ministero e qualunque interessato possono proporre reclamo a norma dell’articolo 26.>>. - All’articolo 144, primo comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, le parole: << rispetto a quanto i creditori avrebbero avuto diritto di percepire nel concorso.>> sono sostituite dalle seguenti: <<alla percentuale attribuita nel concorso ai creditori di pari grado>>.
Art. 11
(Modifiche al Titolo II, Capo X, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267)
- All’articolo 147, sesto comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, la parola: <<appello>> è sostituita dalla seguente: <<reclamo>>;
Art. 12
(Modifiche al Titolo III, Capo I, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267)
- All’articolo 160 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, dopo il primo comma è inserito il seguente:
<< La proposta può prevedere che i creditori muniti di diritto di prelazione non vengano soddisfatti integralmente, purché il piano ne preveda la soddisfazione in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di vendita, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile al cespite o al reddito oggetto della garanzia indicato nella relazione giurata di un esperto o di un revisore contabile o di una società di revisione designati dal tribunale. Il trattamento stabilito per ciascuna classe non può avere l’effetto di alterare l’ordine delle cause legittime di prelazione >>. - All’articolo 161, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il terzo comma è sostituito dal seguente:
<< Il piano e la documentazione di cui ai commi precedenti devono essere accompagnati dalla relazione di un professionista che abbia i requisiti previsti nel precedente articolo 28, lettere a) e b) che attesti la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano medesimo>>;
b) dopo il quarto comma è aggiunto il comma seguente:
<< La domanda di concordato è comunicata al pubblico ministero>>. - L’articolo 162 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, è sostituito dal seguente:
<< 162. Inammissibilità della proposta.
Il Tribunale può concedere al debitore un termine non superiore a quindici giorni per apportare integrazioni al piano e produrre nuovi documenti.
Il Tribunale, se all’esito del procedimento verifica che non ricorrono le condizioni di cui al primo ed al secondo comma dell’articolo 160, sentito il debitore in camera di consiglio, con decreto non soggetto a reclamo dichiara inammissibile la proposta di concordato. In tali casi il tribunale, su istanza del creditore o su richiesta del pubblico ministero, accertati i presupposti di cui agli articoli 1 e 5 dichiara il fallimento del debitore.
Contro la sentenza è proponibile reclamo a norma dell’articolo 18. Con il reclamo possono farsi valere anche motivi attinenti all’ammissibilità della proposta di concordato >> - All’articolo 163, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, sono apportare le seguenti modificazioni:
a) al primo comma le parole <<verificata la completezza e la regolarità della documentazione >> sono sostituite dalle seguenti: <<ove non abbia provveduto a norma dell’articolo 162, commi primo e secondo, >>;
b) al secondo comma, n: 4), le parole: << che si presume necessaria per l’intera procedura>> sono sostituite dalle seguenti: <<pari al 50 per cento delle spese che si presumono necessarie per l’intera procedura, ovvero la diversa minor somma, non inferiore al 20 per cento di tali spese, che sia determinata dal giudice. Su proposta del commissario giudiziale, il giudice delegato può disporre che le somme riscosse vengano investite secondo quanto previsto dall’articolo 34, primo comma >>.
c) al terzo comma, le parole << quarto comma>>, sono sostituite dalle seguenti: <<primo comma>>. - All’articolo 166, primo comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, il primo periodo è sostituito dal seguente: <<Il decreto è pubblicato, a cura del cancelliere, a norma dell’articolo 17>>.
Art. 13
(Modifiche al Titolo III, Capo II, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267)
- All’articolo 168, primo comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, le parole <<fino al passaggio in giudicato della sentenza di omologazione del concordato>> sono sostituite dalle seguenti: <<fino al momento in cui il decreto di omologazione del concordato preventivo diventa definitivo>>.
Art. 14
(Modifiche al Titolo III, Capo III, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267)
- L’articolo 173, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, è sostituito dal seguente:
<< 173. Revoca dell’ammissione al concordato e dichiarazione del fallimento nel corso della procedura.
Il commissario giudiziale, se accerta che il debitore ha occultato o dissimulato parte dell’attivo, dolosamente omesso di denunciare uno o più crediti, esposto passività insussistenti o commesso altri atti di frode, deve riferirne immediatamente al tribunale, il quale apre d’ufficio il procedimento per la revoca dell’ammissione al concordato, dandone comunicazione al pubblico ministero e ai creditori.
All’esito del procedimento, che si svolge nelle forme di cui all’articolo 15, il tribunale provvede con decreto e, su istanza del creditore o su richiesta del pubblico ministero, accertati i presupposti di cui agli articoli 1 e 5, dichiara il fallimento del debitore con contestuale sentenza, reclamabile a norma dell’articolo 18.
Le disposizioni di cui al secondo comma si applicano anche se il debitore durante la procedura di concordato compie atti non autorizzati a norma dell’articolo 167 o comunque diretti a frodare le ragioni dei creditori, o se in qualunque momento risulta che mancano le condizioni prescritte per l’ammissibilità del concordato>>. - All’articolo 175, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, dopo il primo comma è aggiunto il seguente: <<La proposta di concordato non può più essere modificata dopo l’inizio delle operazioni di voto>>.
Art. 15
(Modifiche al Titolo III, Capo IV, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267)
- L’articolo 177 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, è sostituito dal seguente:
<<177. Maggioranza per l’approvazione del concordato.
Il concordato è approvato se riporta il voto favorevole dei creditori che rappresentano la maggioranza dei crediti ammessi al voto.
Ove siano previste diverse classi di creditori, il concordato è approvato se, nel maggior numero delle classi, la proposta riporta il voto favorevole dei creditori che rappresentano, in ciascuna di esse, la maggioranza dei crediti ammessi al voto.
I creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, ancorché la garanzia sia contestata, dei quali la proposta di concordato prevede l’integrale pagamento, non hanno diritto al voto se non rinunciano in tutto od in parte al diritto di prelazione. Qualora i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca rinuncino in tutto o in parte alla prelazione, per la parte del credito non coperta dalla garanzia sono equiparati ai creditori chirografari; la rinuncia ha effetto ai soli fini del concordato.
I creditori muniti di diritto di prelazione di cui la proposta di concordato prevede, ai sensi dell’articolo 160, la soddisfazione non integrale, sono equiparati ai chirografari per la parte residua del credito.
Sono esclusi dal voto e dal computo delle maggioranze il coniuge del debitore, i suoi parenti e affini fino al quarto grado, i cessionari o aggiudicatari dei loro crediti da meno di un anno prima della proposta di concordato>>. - All’articolo 178 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, il quarto comma è sostituito dal seguente:
<< Le adesioni, pervenute per telegramma o per lettera o per telefax o per posta elettronica nei venti giorni successivi alla chiusura del verbale, sono annotate dal cancelliere in calce al medesimo e sono considerate ai fini del computo della maggioranza dei crediti >>
Art. 16
(Modifiche al Titolo III, Capo V, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267)
- All’articolo 179, primo comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, le parole <<raggiungono le maggioranze richieste negli articoli 177 e 178>> sono sostituite dalle seguenti: <<raggiungono le maggioranze richieste dal primo e dal secondo comma dell’articolo 177>>.
- L’articolo 180 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, è sostituito dal seguente:
<< 180. Giudizio di omologazione.
Se il concordato è stato approvato a norma del primo e del secondo comma dell’articolo 177, il giudice delegato riferisce al tribunale il quale fissa un’udienza in camera di consiglio per la comparizione delle parti e del commissario giudiziale, disponendo che il provvedimento venga pubblicato a norma dell’articolo 17 e notificato, a cura del debitore, al commissario giudiziale e agli eventuali creditori dissenzienti.
Il debitore, il commissario giudiziale, gli eventuali creditori dissenzienti e qualsiasi interessato devono costituirsi almeno dieci giorni prima dell’udienza fissata. Nel medesimo termine il commissario giudiziale deve depositare il proprio motivato parere.
Se non sono proposte opposizioni, il tribunale, verificata la regolarità della procedura e l’esito della votazione, omologa il concordato con decreto motivato non soggetto a gravame.
Se sono state proposte opposizioni, il Tribunale assume i mezzi istruttori richiesti dalle parti o disposti di ufficio, anche delegando uno dei componenti del collegio. Nell’ipotesi di cui al secondo comma dell’articolo 177 se un creditore appartenente ad una classe dissenziente contesta la convenienza della proposta, il tribunale può omologare il concordato qualora ritenga che il credito possa risultare soddisfatto dal concordato in misura non inferiore rispetto alle alternative concretamente praticabili.
Il tribunale provvede con decreto motivato comunicato al debitore e al commissario giudiziale, che provvede a darne notizia ai creditori. Il decreto è pubblicato a norma dell’articolo 17 ed è provvisoriamente esecutivo.
Le somme spettanti ai creditori contestati, condizionali o irreperibili sono depositate nei modi stabiliti dal tribunale, che fissa altresì le condizioni e le modalità per lo svincolo.
Il tribunale, se respinge il concordato, su istanza del creditore o su richiesta del pubblico ministero, accertati i presupposti di cui gli articoli 1 e 5, dichiara il fallimento del debitore, con separata sentenza, emessa contestualmente al decreto.>>. - All’articolo 182 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) le parole <<nella sentenza >> vengono sostituite dalle seguenti: <<nel decreto >>;
b) dopo il primo comma sono aggiunti i seguenti:
<< Si applicano ai liquidatori gli articoli 28, 29, 37, 38, 39 e 116 in quanto compatibili.
Si applicano al comitato dei creditori gli articoli 40 e 41 in quanto compatibili. Alla sostituzione dei membri del comitato provvede in ogni caso il tribunale.
Le vendite di aziende e rami di aziende, beni immobili e altri beni iscritti in pubblici registri, nonché le cessioni di attività e passività dell’azienda e di beni o rapporti giuridici individuali in blocco devono essere autorizzate dal comitato dei creditori.
Si applicano gli articoli da 105 a 108-ter in quanto compatibili.>>. - All’articolo 182-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il primo comma è sostituito dal seguente:
<< L’imprenditore in stato di crisi può domandare, depositando la documentazione di cui all’articolo 161, l’omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti stipulato con i creditori rappresentanti almeno il sessanta per cento dei crediti, unitamente ad una relazione redatta da un professionista che abbia i requisiti previsti nell’articolo 28, lettere a) e b) sull’attuabilità dell’accordo stesso, con particolare riferimento alla sua idoneità ad assicurare il regolare pagamento dei creditori estranei >>;
b) dopo il primo comma è aggiunto il seguente:
<<Con il ricorso, l’imprenditore può chiedere la protezione del proprio patrimonio da iniziative cautelari e azioni esecutive di terzi estranei all’accordo. Il tribunale, se ritiene che l’istanza sia funzionale alla attuazione dell’accordo e in particolare alla sua idoneità ad assicurare il regolare pagamento dei creditori estranei, può stabilire, per un tempo non superiore a sessanta giorni dalla data di deposito di provvedimento, la sospensione delle azioni esecutive o cautelari già intraprese, nonché l’inibizione di azioni esecutive o cautelari da intraprendere. Il periodo della sospensione ordinata dal tribunale non può essere computato ai fini di eventuali decadenze. Nel periodo fissato dal tribunale nei procedimenti cautelari e in quello di cui all’articolo 15 possono tuttavia essere compiute attività istruttorie.>>;
c) il terzo comma, è sostituito dal seguente:
<< Il tribunale con decreto motivato omologa, ovvero respinge o dichiara inammissibile la domanda.>>. - L’articolo 183 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, è sostituito dal seguente:
<< 183. Reclamo.
Contro il decreto del tribunale può essere proposto reclamo alla corte di appello, la quale pronuncia in camera di consiglio.
Con lo stesso reclamo è impugnabile la sentenza dichiarativa di fallimento, contestualmente emessa a norma dell’articolo 180, settimo comma>>.
Art. 17
(Modifiche al Titolo III, Capo VI, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267)
- L’articolo 186, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, è sostituito dal seguente:
<< 186. Risoluzione e annullamento del concordato.
Ciascuno dei creditori può richiedere la risoluzione del concordato per inadempimento.
Il concordato non si può risolvere se l’inadempimento ha scarsa importanza.
Il ricorso per la risoluzione deve proporsi entro un anno dalla scadenza del termine fissato per l’ultimo adempimento previsto dal concordato.
Le disposizioni che precedono non si applicano quando gli obblighi derivanti dal concordato sono stati assunti da un terzo con liberazione immediata del debitore.
Si applicano le disposizioni degli articoli 137 e 138, in quanto compatibili, intendendosi sostituito al curatore il commissario giudiziale>>.
Art. 18
(Modifiche al Titolo V, Capo VI, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267)
- All’articolo 195, quinto comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, la parola <<appello>> è sostituita dalla seguente: <<reclamo>>.
- L’articolo 209, commi secondo e terzo, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 sono sostituiti dal seguente:
<< Le impugnazioni, le domande tardive di crediti e le domande di rivendica e di restituzione sono disciplinate dagli articoli 98, 99, 101 e 103, sostituiti al giudice delegato il giudice istruttore ed al curatore il commissario liquidatore.>> - L’art, 211 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 è abrogato.
- L’articolo 213, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, è sostituito dal seguente:
<< 213. Chiusura della liquidazione.
Prima dell’ultimo riparto ai creditori, il bilancio finale della liquidazione con il conto della gestione e il piano di riparto tra i creditori, accompagnati da una relazione del comitato di sorveglianza, devono essere sottoposti all’autorità, che vigila sulla liquidazione, la quale ne autorizza il deposito presso la cancelleria del tribunale e liquida il compenso al commissario. Dell’avvenuto deposito, a cura del commissario liquidatore, è data comunicazione ai creditori ammessi al passivo ed ai creditori prededucibili nelle forme previste dall’articolo 26, terzo comma, ed è data notizia mediante inserzione nella Gazzetta Ufficiale e nei giornali designati dall’autorità che vigila sulla liquidazione.
Gli interessati possono proporre le loro contestazioni con ricorso al tribunale nel termine perentorio di venti giorni, decorrente dalla comunicazione fatta dal commissario a norma del primo comma per i creditori e dalla inserzione nella Gazzetta Ufficiale per ogni altro interessato. Le contestazioni sono comunicate, a cura del cancelliere, all’autorità che vigila sulla liquidazione, al commissario liquidatore e al comitato di sorveglianza, che nel termine di venti giorni possono presentare nella cancelleria del tribunale le loro osservazioni. Il tribunale provvede con decreto in camera di consiglio. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell’articolo 26.
Decorso il termine senza che siano proposte contestazioni, il bilancio, il conto di gestione e il piano di riparto si intendono approvati, e il commissario provvede alle ripartizioni finali tra i creditori. Si applicano le norme dell’articolo 117, e se del caso degli articoli 2495 e 2496 del codice civile. >>; - L’articolo 214, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, è sostituito dal seguente:
<< 214. Concordato.
L’autorità che vigila sulla liquidazione, su parere del commissario liquidatore, sentito il comitato di sorveglianza, può autorizzare l’impresa in liquidazione, uno o più creditori o un terzo a proporre al tribunale un concordato, a norma dell’articolo 124, osservate le disposizioni dell’articolo 152, se si tratta di società.
La proposta di concordato è depositata nella cancelleria del tribunale col parere del commissario liquidatore e del comitato di sorveglianza, comunicata dal commissario a tutti i creditori ammessi al passivo nelle forme previste dall’articolo 26, terzo comma, e pubblicata mediante inserzione nella Gazzetta Ufficiale e deposito presso l’ufficio del registro delle imprese.
I creditori e gli altri interessati possono presentare nella cancelleria le loro opposizioni nel termine perentorio di trenta giorni, decorrente dalla comunicazione fatta dal commissario per i creditori e dall’esecuzione delle formalità pubblicitarie di cui al secondo comma per ogni altro interessato.
Il tribunale, sentito il parere dell’autorità che vigila sulla liquidazione, decide sulle opposizioni e sulla proposta di concordato con decreto in camera di consiglio. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni degli articoli 129, 130 e 131.
Gli effetti del concordato sono regolati dall’articolo 135.
Il commissario liquidatore con l’assistenza del comitato di sorveglianza sorveglia l’esecuzione del concordato >>; - L’articolo 215, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, è sostituito dal seguente
<< 215. Risoluzione e annullamento del concordato.
Se il concordato non è eseguito, il tribunale, su ricorso del commissario liquidatore o di uno o più creditori, pronuncia, con sentenza in camera di consiglio, la risoluzione del concordato. Si applicano le disposizioni dei commi dal secondo al sesto dell’articolo 137.
Su richiesta del commissario o dei creditori il concordato può essere annullato a norma dell’articolo 138.
Risolto o annullato il concordato, si riapre la liquidazione amministrativa e l’autorità che vigila sulla liquidazione adotta i provvedimenti che ritiene necessari>>.
Art. 19
(Interpretazione autentica dell’articolo 150 del decreto legislativo 9 gennaio 2006, n. 5)
- L’articolo 150 del decreto legislativo 9 gennaio 2006, n. 5, va interpretato nel senso che i procedimenti per dichiarazione di fallimento pendenti in ogni stato e grado alla data del 15 luglio 2006, nonché le procedure fallimentari in corso alla medesima data sono definiti secondo la legge anteriore. Ai fallimenti dichiarati o riaperti con sentenza successiva al 15 luglio 2006 ed alle domande di concordato fallimentare presentate a partire dalla data del 16 luglio 2006 si applicano le norme del decreto legislativo 9 gennaio 2006, n. 5.
Art. 20
(Disciplina transitoria in materia di esdebitazione)
- Le disposizioni di cui al Capo IX “della esdebitazione” del Titolo II del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 e successive modificazioni, si applicano anche alle procedure di fallimento pendenti alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 9 gennaio 2006, n. 5.
- Qualora le procedure fallimentari di cui al comma 1 risultino chiuse alla data di entrata in vigore del presente decreto, la domanda di esdebitazione può essere presentata nel termine di un anno dalla medesima data.
Art. 21
(Modifica all’articolo 5 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114,)
- All’articolo 5, comma 2, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, la lettera a) è soppressa.
Art. 22
(Entrata in vigore e disciplina transitoria.
- Il presente decreto entra in vigore il 1° settembre 2007.
- Le disposizioni del presente decreto, ad eccezione degli articoli 19, 20 e 21, si applicano ai procedimenti per dichiarazione di fallimento ed alle procedure fallimentari iniziati o aperte successivamente alla sua entrata in vigore.
L’articolo 1, comma 5, della legge 14 maggio 2005, n. 80, di conversione del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, ha delegato al Governo l’attuazione della riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali di cui al regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (d’ora in poi, legge fallimentare o, semplicemente, r.d.).
La delega è stata attuata nel termine di legge con l’emanazione del decreto legislativo 9 gennaio 2006, n. 5.
Il comma 5-bis della legge n. 80 del 2005, aggiunto dall’articolo 1, comma 3, della legge 12 luglio 2006, n. 5, dispone, inoltre, che il Governo, entro un anno dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo emanato in attuazione della delega di cui al precedente comma 5, e nel rispetto dei principi e criteri direttivi di cui al successivo comma 6 <<può adottare disposizioni correttive e integrative”.
Conseguentemente, poiché il decreto legislativo n. 5 del 2005 è entrato in vigore il giorno 16 luglio 2006, il termine per attuare la nuova delega scade il 16 luglio 2006.
Nei primi mesi di applicazione del decreto legislativo n. 5 del 2006, sono emerse diverse criticità e problematicità della riforma, che possono essere superate attraverso gli interventi correttivi ed integrativi previsti dal presente decreto.
Al fine di pervenire ad una <<riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali>> (come recita l’art. 1, comma 5, legge n. 80 del 2005) e di chiarire i punti più controversi dell’attuale normativa concorsuale, le correzioni e le integrazioni non possono riguardare soltanto le disposizioni della legge fallimentare modificate dal citato decreto legislativo, ma devono interessare anche altre norme della legge fallimentare, comprese quelle già modificate o introdotte dal decreto-legge n. 35 del 2005, convertito, con modificazioni, nella legge n. 80 del 2005.
Articolo 1.
L’articolo 1 del presente decreto legislativo, reca disposizioni correttive del Titolo I della legge fallimentare.
Il primo comma sostituisce l’articolo 1 della legge fallimentare al fine di meglio definire l’area della fallibilità, attraverso la previsione di sostanziali novità in materia di presupposto soggettivo del fallimento.
Le modifiche tengono conto del fatto che, l’eccessiva riduzione dell’area della fallibilità venutasi a determinare a seguito della novella del 2006, spesso ha impedito di assoggettare alla procedura fallimentare ed alle conseguenti sanzioni penali imprenditori di rilevanti dimensioni in grado di raggiungere elevati livelli di indebitamento, con conseguente danno, sia per i numerosi creditori insoddisfatti, che per l’economia in generale.
La necessità, quindi, di eliminare, pur nel rispetto della delega iniziale, gli eccessi della riduzione dell’area della fallibilità, ha consigliato l’introduzione del nuovo criterio riguardante il presupposto soggettivo dell’indebitamento complessivo.
Più in dettaglio, va evidenziato il fatto che per delimitare l’area dei soggetti esonerati dal fallimento, non venga più utilizzata la nozione di piccolo imprenditore commerciale, ma vengano indicati una serie di requisiti dimensionali massimi che gli imprenditori commerciali (resta quindi ferma l’esonero dalle procedure concorsuali di tutti gli imprenditori agricoli, piccoli e medio grandi) devono possedere congiuntamente per non essere assoggettati alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo.
In questo modo, si superano i contrasti interpretativi sorti riguardo all’individuazione dei criteri di qualificazione delle nozioni di piccolo imprenditore (art. 2083 del cod. civ.), da una parte, e di imprenditore non piccolo (art. 1. L.F.), dall’altra: concetti entrambi contemplati dall’articolo 1 della legge fallimentare, come modificato dal decreto legislativo n. 5 del 2006.
La non fallibilità dell’imprenditore commerciale viene condizionata, oltre che alla sussistenza congiunta dei due requisiti attualmente previsti (che comunque vengono meglio precisati), anche alla sussistenza del nuovo parametro della esposizione debitoria complessiva – comprensiva, sia dei debiti scaduti, che di quelli non scaduti – non superiore a cinquecentomila euro.
Il parametro dell’ammontare degli <<investimenti>>, alquanto vago e di incerta definizione, viene sostituito con quello dell’<<attivo patrimoniale>>, il quale consente di far riferimento alla precisa elencazione contenuta nell’art. 2424 c.c.
Riguardo a tale parametro, si precisa che l’attivo patrimoniale complessivo annuo (non superiore ad euro trecentomila) da prendere in considerazione è solamente quello relativo agli ultimi tre esercizi antecedenti la data di deposito dell’istanza di fallimento.
L’indicazione degli ultimi tre esercizi anteriori alla presentazione del ricorso o della richiesta di fallimento serve a delimitare nel tempo il campo di indagine del tribunale evitando difformità di prassi applicative, in coerenza con la disposizione dell’articolo 14, che fa obbligo al debitore, che chiede il proprio fallimento, di depositare presso la cancelleria <<le scritture contabili e fiscali obbligatorie concernenti i tre esercizi precedenti>>.
Anche il criterio dei ricavi lordi viene meglio precisato e reso più rigido, in quanto, eliminato il concetto di media dei ricavi degli ultimi tre esercizi, si richiede che, in nessuno dei tre esercizi precedenti la data di deposito dell’istanza di fallimento, l’imprenditore abbia realizzato ricavi lordi annui superiore ad euro duecentomila.
Di notevole importanza, poiché supera i problemi interpretativi emersi in materia di distribuzione dell’onere della prova circa il presupposto soggettivo del fallimento, è poi la disposizione che precisa il fatto che grava sul debitore l’onere di fornire la prova dei requisiti di non fallibilità, intesi come fatti impeditivi della dichiarazione di fallimento. E’ quindi onere dell’imprenditore fallendo dimostrare di non aver superato (nel periodo di riferimento) alcuno dei tre parametri dimensionali previsti dalla norma in commento. Si evita, così, di “premiare” con la non fallibilità quegli imprenditori che scelgono di non difendersi in sede di istruttoria prefallimentare o che non deposito la documentazione contabile dalla quale sarebbe possibile rilevare i dati necessari per verificare la sussistenza dei parametri dimensionali.
In tal modo, qualora gli elementi probatorio dedotti dalle parti o quelli acquisiti d’ufficio non siano sufficienti a fornire la prova della sussistenza dei requisiti di non fallibilità, permanendo l’incertezza sulla sussistenza o meno dei requisiti soggettivi di esenzione dal fallimento, l’imprenditore resta assoggettato alla procedura fallimentare.
Il secondo comma riformula l’articolo 3 del regio decreto per adeguare il testo all’intervenuta abolizione dell’amministrazione controllata da parte del decreto legislativo n. 5 del 2006.
Articolo 2.
L’articolo 2 del decreto legislativo reca modifiche al Titolo II, Capo I della legge fallimentare.
Il comma 1, apporta una modifica di carattere formale all’articolo 9-bis della legge fallimentare, al fine di ricomprendere nel campo di applicazione della norma anche i provvedimenti, formalmente diversi dalla sentenza, che pronunciano su questioni relative alla competenza.
Il comma 2 reca modifiche all’articolo 10 legge fallimentare. La modifica apportata al secondo comma dell’articolo 10 della legge fallimentare risponde all’esigenza di restringere, a favore dei soli creditori o del pubblico ministero, la possibilità di dimostrare che l’effettiva cessazione dell’attività economica, momento da cui decorre il termine annuale per la dichiarazione di fallimento, non corrisponde alla data dell’avvenuta cancellazione della società dal registro delle imprese, essendo proseguita l’attività commerciale anche dopo la formale cancellazione. Tale possibilità resta, invece, preclusa sia all’imprenditore individuale, che all’imprenditore collettivo cancellato d’ufficio dal registro delle imprese. In entrambi i casi, non è apparso corretto consentire all’imprenditore che, pur avendo cessato di fatto l’attività d’impresa, non abbia curato (tempestivamente) la cancellazione dal registro delle imprese, di superare con la prova contraria le risultanze del registro medesimo, eludendo così il legittimo affidamento che i creditori hanno tratto dalla pubblicità dei fatti iscritti nel registro delle imprese.
Con il comma 5 si sostituiscono, nell’articolo 14 della legge fallimentare, le parole <<tre anni>> con le parole <<tre esercizi>>. La modifica, che chiarisce a quale periodo devono riferirsi i dati relativi ai ricavi lordi da indicare a corredo della domanda di fallimento in proprio, serve a rendere coerente tale disposizione con quella contenuta nel primo periodo dello stesso articolo ed a quanto previsto, sia dall’articolo 1, secondo comma, che dall’articolo 15, undicesimo comma.
Il comma 4, riformula ex novo l’art. 15, per emendarlo di alcune improprietà
Il nuovo quarto comma, ferma la possibilità di poter richiedere eventuali informazioni urgenti, prevede che in ogni caso “il tribunale dispone che l’imprenditore depositi i bilanci relativi agli ultimi tre esercizi, nonché una situazione patrimoniale, economica e finanziaria aggiornata”.
Il quinto comma prevede la possibilità che tutti i termini siano abbreviati dal presidente del tribunale per far fronte a situazioni di particolare urgenza, che è ben ipotizzabile possano verificarsi in materia. Per tali casi eccezionali si è previsto che lo stesso presidente possa disporre forme diverse di comunicazione del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza, sempre salvaguardando il diritto di difesa: si è così recepita un’indicazione della prassi, razionalizzandola e circoscrivendola ai soli casi in cui il rispetto dell’iter normale potrebbe vanificare la tutela concorsuale dei creditori.
Al nono comma, la soglia sotto la quale non si fa luogo alla dichiarazione di fallimento è stata elevata da venticinquemila a trentamila euro.
Il comma 5 riformula l’art. 16 del r.d., apportando al testo precedente solo due variazioni.
Il nuovo primo comma accorpa i precedenti commi primo e secondo: non è più necessario precisare che la sentenza dichiarativa di fallimento è pronunciata in camera di consiglio, perché ciò risulta già dal nuovo art. 15.
Nel n. 4 si è aggiunto l’inciso finale <<ovvero centottanta giorni in caso di particolare complessità della procedura>>, per consentire un più lungo termine per la fissazione dell’adunanza per l’esame dello stato passivo nei casi di procedure particolarmente complesse, e quindi con numerosi creditori, in considerazione delle esigenze organizzative dei curatori e dei giudici delegati.
Il comma 6 sostituisce l’art. 18 del r.d.
La sostituzione dell’<<appello>> con il <<reclamo>> è coerente con il rito camerale, adottato non solo per la decisione di primo grado, ma anche per la fase di gravame: il reclamo è, infatti, il mezzo tipico di impugnazione dei provvedimenti pronunciati in camera di consiglio, quale che ne sia la forma. La modifica vale ad escludere l’applicabilità della disciplina dell’appello dettata dal codice di rito e ad assicurare l’effetto pienamente devolutivo dell’impugnazione, com’è necessario attesi il carattere indisponibile della materia controversa e gli effetti della sentenza di fallimento, che incide su tutto il patrimonio e sullo status del fallito.
Dando seguito ai criteri – già sopra enunciati – di omologazione dei procedimenti camerali secondo uno schema uniforme, i commi secondo, quinto, sesto settimo, ottavo, nono e decimo disciplinano la fase introduttiva del procedimento in conformità al procedimento di primo grado, sulla falsariga della disciplina del rito del lavoro.
Il comma terzo mantiene ferma la regola della non sospendibilità degli effetti della sentenza dichiarativa di fallimento.
Il comma quarto riproduce il corrispondente comma terzo del testo precedente.
Il comma undicesimo disciplina l’istruttoria in maniera non diversa dal primo grado.
Il comma dodicesimo si limita a disciplinare la forma del provvedimento conclusivo, mantenendo ferma quella della sentenza, ed elimina il richiamo all’art. 281-sexies del codice di procedura civile, incongruo rispetto alla struttura camerale del procedimento.
I commi tredicesimo e quattordicesimo riproducono senza variazioni sostanziali i corrispondenti commi sesto e settimo del testo precedente.
Il comma quindicesimo, per ovvie ragioni di celerità, abbrevia a trenta giorni il termine per il ricorso per cassazione.
Il comma sedicesimo riproduce il comma ottavo del testo precedente.
Il comma diciassettesimo prevede la reclamabilità del decreto che liquida le spese della procedura e il compenso del curatore in caso di revoca del fallimento, venendo così ad eliminare una disarmonia con il sistema dei reclami di cui all’art. 26
Il comma 7 modifica il primo comma dell’articolo 19 legge fallimentare e chiarisce che competente a disporre la sospensione della liquidazione dell’attivo in pendenza del reclamo è la stessa corte d’appello davanti alla quale è stata proposta l’impugnazione, e non già il tribunale fallimentare.
Il comma 8 abroga l’articolo 20 del r.d. che disciplina alcuni aspetti del giudizio di opposizione, non più previsto dalla normativa vigente.
Il comma 9 reca modifiche all’articolo 22 legge fallimentare. Oltre a correzioni di carattere puramente formale (<<corte d’appello>>, anziché <<Corte di appello >> o <<Corte d’appello>>), al secondo comma viene elevato a trenta giorni il termine per proporre reclamo avverso il decreto di rigetto della domanda di fallimento, parificando così tale termine a quello per impugnare la sentenza dichiarativa di fallimento.
Articolo 3.
L’articolo 3 del presente decreto legislativo, reca disposizioni correttive Titolo II, Capo II, della legge fallimentare.
Il comma 1 sopprime il secondo comma dell’articolo 24 della legge fallimentare, il quale prevede che alle controversie di competenza del tribunale fallimentare si applicano gli articoli da 737 a 742 del codice di procedura civile, ossia le disposizioni comuni ai procedimenti in camera di consiglio. La modifica viene a correggere una grave disarmonia, non giustificabile con particolari esigenze della procedura. Le predette controversie, infatti, sono cause aventi ad oggetto diritti soggettivi, che si svolgono al di fuori della procedura, nei confronti di terzi estranei al fallimento, i quali verrebbero privati delle garanzie dei due gradi di cognizione piena, di cui possono di regola usufruire tutti i soggetti dell’ordinamento. La soppressione è imposta, dunque, dal rispetto dei principi di cui agli artt. 3 e 24 Cost., al fine di garantire la parità di trattamento ed il diritto di difesa.
Il comma 2 modifica l’art. 25, primo comma, n. 6). La modifica è finalizzata a ricomprendere nell’ambito di applicazione della disposizione non solo agli avvocati, ma a tutti i difensori del fallimento. Essa si giustifica in quanto, nei giudizi dinanzi alle commissioni tributarie, possono assumere la veste di difensori anche professionisti diversi dagli avvocati.
Il comma 3 sostituisce l’art. 26 della legge fallimentare, rimodellando il procedimento di reclamo contro i decreti del giudice delegato e del tribunale fallimentare secondo uno schema uniforme di rito camerale.
I commi primo, secondo, quarto e quinto del nuovo art. 26 riproducono i corrispondenti commi primo, secondo, quarto e quinto del testo precedente.
Il comma terzo modifica il testo precedente solo prevedendo che sia lo stesso tribunale che emette il provvedimento a disporne le formalità pubblicitarie, onde evitare un successivo intervento del giudice delegato.
I commi dal sesto all’undicesimo disciplinano la fase introduttiva del procedimento, ancora una volta sulla falsariga del rito del lavoro. I termini sono tuttavia abbreviati per ragioni di speditezza della procedura fallimentare, trattandosi di controversie interne ad essa.
Il comma dodicesimo disciplina l’assunzione dei mezzi di prova, affidandola al potere officioso del collegio, con facoltà per lo stesso di delegarla a un suo componente.
Il comma tredicesimo riproduce nella sostanza il comma decimo del testo precedente.
Il comma 4 reca la soppressione del secondo comma dell’articolo 28 del r.d. allo scopo di evitare un appesantimento inutile della motivazione del provvedimento di nomina del curatore. I requisiti per la nomina a curatore sono già specificati dal primo comma e il tribunale non potrebbe nominare persona che non li avesse.
Il comma 5, tenuto conto del mutato assetto del ruolo degli organi della procedura, modifica il primo comma dell’articolo 32 del r.d. attribuendo al comitato dei creditori, organo di gestione, anziché al giudice delegato il potere di autorizzare il curatore a delegare a terzi specifiche operazioni, salvo gli adempimenti di cui agli artt. 89, 92, 95, 97 e 104 ter. In questo modo, la disciplina del primo comma dell’articolo 32 del r.d. viene riallineata a quella del secondo comma dello stesso articolo.
Il comma 6 interviene sull’articolo 33 del r.d. apportando modifiche che rispondono a mere esigenze di precisione del contenuto della norma e di correttezza terminologica.
Il comma 7 modifica il primo comma dell’articolo 34 del r.d., inserendo la disposizione secondo la quale “Su proposta del curatore il comitato dei creditori può autorizzare che le somme riscosse vengano in tutto o in parte investite con strumenti diversi dal deposito in conto corrente, purché sia garantita l’integrità del capitale.
Il comma 8 introduce un nuovo secondo comma nell’articolo 35, al fine di rendere più trasparente l’attività di gestione del curatore e di fornire una concreta base di valutazione per la decisione del comitato dei creditori. Si prevede, difatti, che il curatore, quando chiede al comitato dei creditori l’autorizzazione a compiere un atto previsto dalla medesima norma, sia tenuto a formulare le proprie valutazioni conclusive in ordine alla convenienza dell’atto da compiere.
Le modifiche recate – dal comma 9 – all’articolo 37-bis r.d., introducono la previsione secondo cui la richiesta di sostituzione del curatore e le designazioni di nuovi membri del comitato dei creditori possono essere effettuate dalla maggioranza di tutti i creditori ammessi soltanto al termine dell’adunanza di verifica, prima della pronuncia del decreto che rende esecutivo lo stato passivo. Ciò al fine di evitare che una maggioranza occasionale di creditori presenti in adunanza (quelli <<allo stato ammessi>>), anziché la maggioranza di tutti i creditori ammessi, possa provocare la sostituzione di un curatore sgradito solo ad alcuni.
Assume rilievo anche le precisazione secondo cui il tribunale non e’ piu’ tenuto a disporre in ogni caso la sostituzione del curatore, ma solo dopo aver verificato la sussistenza di giusti motivi, in coerenza con i poteri conferiti al tribunale dal precedente art. 37 per quanto riguarda la revoca del curatore.
Le modifiche apportate, dal comma 10, all’articolo 41 r.d., intendono rimuovere alcuni dei maggiori ostacoli che finora hanno impedito il pieno funzionamento del (potenziato) comitato dei creditori: organo che ha assunto un ruolo centrale in materia di controllo dell’attività di gestione del curatore.
L’eccessivo rigore del parametro utilizzato dall’attuale disposizione che richiama, in quanto compatibile, l’articolo 2407 cod. civ. in materia di responsabilità dei sindaci, compresa quindi la responsabilità per la c.d. culpa in vigilando – fattore questo che ha fatto registrare una certa riluttanza nell’accettare la nomina a membro del comitato dei creditori – ha consigliato di richiamare soltanto il primo e terzo comma del citato articolo del codice civile.
Al quarto comma, si chiarisce che il potere di sostituzione da parte del giudice delegato, si esplica anche in caso di impossibilità di costituzione del comitato medesimo, a dispetto dell’interpretazione secondo cui in tali casi sarebbe stato possibile una nomina coattiva dei membri del comitato medesimo.
Quanto all’azione di responsabilità nei confronti dei componenti del comitato dei creditori, viene precisato che la legittimazione a proporla durante lo svolgimento della procedura fallimentare spetta soltanto al curatore, previamente autorizzato dal giudice delegato.
Articolo 4.
L’articolo 4 del decreto legislativo, reca disposizioni correttive del Titolo II, Capo III della legge fallimentare.
La modifica dell’articolo 48 del r.d., da parte del comma 1, si giustifica per il fatto che, solo nei riguardi del fallito che sia persona fisica ha senso salvaguardare il diritto alla riservatezza nella corrispondenza. La corrispondenza diretta ad una persona fisica in qualità di legale rappresentante di una società non può avere, per definizione, carattere personale e non ha quindi senso adottare misure idonee a salvaguardare la riservatezza della corrispondenza.
L’aggiunta, da parte del comma 2, di un terzo comma all’articolo 52 del r.d. serve a chiarire che, anche i crediti per i quali non vige il divieto di azioni esecutive e cautelari ex art. 51 sono soggetti al “concorso formale”: devono essere accertati, come tutti gli altri crediti, dagli organi fallimentari per essere, eventualmente, ammessi al passivo.
In tal modo, vine ad acquistare valore normativo il principio secondo cui tali crediti possono trovare soddisfazione solo nell’ambito della procedura concorsuale.
Di mero coordinamento con le nuove norme in materia di liquidazione dell’attivo è la modifica apportata, dal comma 3, al secondo comma dell’articolo 53 r.d., il quale richiama direttamente il novellato articolo 107.
Il comma 4 reca modifiche all’articolo 67 del rl.d.
All’articolo 67, terzo comma, lett. c) vengono aggiunti, tra gli atti esentati dall’azione revocatoria fallimentare, oltre ed alle stesse condizioni delle vendite, anche i preliminari di vendita trascritti ai sensi dell’articolo 2645-bis del cod. civ., i cui effetti non siano cessati ai sensi del terzo comma della predetta disposizione.
La modifica all’articolo 67, terzo comma, lett. d) ha la funzione di ribadire, in coerenza con le previsioni di cui al novellati articoli 161, terzo comma e 182-bis primo comma, che il professionista abilitato a redigere il piano attestato di risanamento previsto dalla disposizione in esame deve avere i requisiti previsti dall’articolo 24, lettere a) e b) del r.d.
Al terzo comma dell’articolo 70 del r.d., in materia di effetti della revocazione avente ad oggetto atti estintivi di rapporti continuativi o reiterati, si precisa, da parte del comma 5, che tra tali rapporti vanno innanzitutto ricompresi quelli di conto corrente bancario.
Il comma 6 reca modifiche all’articolo 72 del r.d., mentre il comma 8 sostituisce l’articolo 72-bis del r.d.
Gli articoli 72 e 72 bis sono stati interessati in primo luogo da interventi di coordinamento necessari per sopprimere commi ripetuti in entrambi.
Nell’articolo 72 al primo comma si è specificato che il contratto traslativo si considera ineseguito sino a quando non si è realizzato l’effetto reale. Su tale assunto, sono pacifiche da oltre ottanta anni dottrina e giurisprudenza.
Al quarto comma, è stato aggiunto che non è comunque dovuto al contraente in bonis il risarcimento del danno per l’intervenuto scioglimento del contratto. Si tratta di assunto egualmente pacifico nel diritto vivente, già contenuto nella originaria formulazione dell’art. 72, ma soppresso in sede di redazione del decreto legislativo n. 5 del 2006.
E’ stata aggiunta, infine, all’ottavo comma, la regola secondo cui le disposizioni dell’articolo 72 non si applicano al contratto preliminare immobiliare trascritto ai sensi dell’art. 2645 c.c. e che abbia ad oggetto una casa di abitazione. In tal modo, è stata accresciuta, ai sensi dell’art. 47 Cost., la tutela del promissario acquirente di immobile destinato a casa di abitazione.
L’art. 72 bis è stato riformulato sopprimendo la norma sul fallimento del venditore resa superflua dalla regola generale per la quale il contratto traslativo si intende eseguito quando si è verificato l’effetto reale, ed inoltre eliminando la norma sul privilegio del promissorio acquirente in quanto ripetizione della medesima regola già contenuta nell’articolo precedente.
Infine, sono stati eliminati i richiami al concetto di crisi di impresa (come tale comprendente situazioni eterogenee, dal pignoramento immobiliare all’amministrazione straordinaria) in quanto estraneo alla materia dei rapporti pendenti nel fallimento.
All’articolo 72 quater, comma 2, del r.d. – come modificato dal comma 9 – è stato precisato che, in caso di scioglimento del contratto, l’impresa di leasing può far valere i suoi diritti nel fallimento purché abbia disposto del bene recuperato secondo valori di mercato.
L’articolo 73 del r.d. è stato completamente riscritto – dal comma 10 – alla luce della giurisprudenza consolidata della Corte di Cassazione, in quanto l’originaria formulazione, estesa a tutte le fattispecie di vendita a termine o a rate, non era sistematicamente compatibile con la disciplina dei rapporti pendenti. Infatti, la tutela del venditore non fallito in tali contratti (tutela esplicantesi nell’obbligo del curatore che subentra nel contratto di versare il prezzo per l’intero) si giustifica soltanto nella ipotesi in cui non sia avvenuto il passaggio della proprietà, il che richiede l’apposizione della clausola sul riservato dominio. Qualora la proprietà fosse stata trasferita prima del fallimento il contratto sarebbe da considerarsi eseguito; nel patrimonio del venditore residuerebbe un mero credito da far valere nei confronti del fallimento secondo le regole del concorso.
L’articolo 74 del r.d. – interamente sostituito dal comma 11 – era tradizionalmente dedicato alla vendita a consegna ripartita ed alla somministrazione. La norma aveva dato luogo a rilevanti problemi applicativi in quanto disciplinante sia un contratto ad esecuzione istantanea, sia pure a consegna differita, che un contratto ad esecuzione continuata o periodica (la somministrazione). Già nella riforma del 2006 la norma era stata implementata con l’aggiunta della somministrazione di servizi. Il chiaro intento del legislatore era quello di dettare una norma più efficace con riguardo ai contratti di durata. La formulazione rimaneva tuttavia problematica in quanto limitata a due figure contrattuali specifiche.
Per questa ragione è stato ritenuto preferibile scrivere una norma generalmente riferita a tutti i contratti ad esecuzione continuata o periodica.
L’articolo 79 del r.d. è stato sostituito dal comma 12: al suo interno è stato il contenuto del precedente articolo 80-bis in materia di contratto di affitto di azienda. Ciò in quanto in buona parte dell’attuale articolo 79 risulta già riprodotto nel testo dell’art. 103, collocato nella sede propria della verifica del passivo.
All’articolo 80 – sostituito dal comma 13 – è stato aggiunto un secondo comma con il quale si è voluto limitare la durata dei contratti di locazione di immobili stipulati prima del fallimento, e ciò al fine di contemperare le esigenze dei terzi di tutela della stabilità dei rapporti giuridici contratti con l’impresa poi fallita con l’interesse del fallimento di evitare che l’esistenza di un vincolo locatizio di lunga durata possa deprimere eccessivamente il valore del bene al momento della vendita.
L’abrogazione dell’art. 80-bis – ad opera del comma 14 – è consequenziale allo spostamento della norma in materia di affitto di azienda all’interno dell’articolo 79.
Articolo 5.
L’articolo 5 del decreto legislativo, reca disposizioni correttive del Titolo II, Capo IV della legge fallimentare.
Il comma 1, modifica l’articolo 88, secondo comma, del r.d. apportando una modifica (la parola <<annotato>> viene sostituita con quella <<trascritto>>) che corregge quello che e’ stato sempre considerato un difetto della previgente disposizione.
Il comma 2 reca, all’articolo 89, primo comma, del r.d. una modifica che risponde a una mera esigenza di coordinamento sintattico.
Articolo 6.
L’articolo 6 del decreto legislativo, reca disposizioni correttive del Titolo II, Capo V della legge fallimentare.
La modifica al terzo comma, numero 4) dell’articolo 93 del r.d. – ad opera del comma 1 – elimina l’obbligo, per il creditore concorrente, di indicare oltre che l’eventuale titolo di prelazione che assiste il credito insinuato al passivo e la descrizione del bene sul quale la prelazione speciale si esercita, anche la graduazione del credito; in realtà, l’individuazione del grado del diritto di prelazione non si presta a valutazioni, discendendo direttamente dalla legge e, una volta indicato il tipo di prelazione in sede di verificazione dello stato passivo, la graduazione fa effettuata in sede di riparto. Per le stesse ragioni viene soppresso il secondo comma dell’articolo 96 che imponeva al giudice delegato di indicare, con il provvedimento di accoglimento della domanda, anche il grado dell’eventuale diritto di prelazione.
L’abrogazione del settimo comma dell’articolo 93 elimina, in coerenza con le modifiche apportate all’articolo 95 del r.d., secondo comma, l’obbligo di depositare, a pena di decadenza, la documentazione non presentata con la domanda di ammissione al passivo, almeno quindici giorni prima dell’udienza di verificazione.
Difatti, con la modifica dell’articolo da ultimo citato – ad opera del comma 2 –, è stato profondamente modificato il procedimento di formazione del progetto di stato passivo, in quanto, una volta venuta meno la decadenza di cui si è appena fatto cenno, si è consentito al creditore di depositare, fino al giorno dell’udienza di verificazione dello stato passivo i documenti integrativi, resi necessari a seguito delle conclusioni e delle eccezioni sollevate dal curatore. Si è così superato la fase di stallo che poteva venirsi a creare qualora si impedisse al creditore, oramai decaduto, di superare con una nuova produzione documentale le conclusioni e le eccezioni del curatore, costringendolo, in tal modo, a proporre impugnazione avverso il decreto di esecutività dello stato passivo per ottenere un’ammissione che poteva essergli accordata, con evidente economia processuale, anche in sede di verificazione dello stato passivo. Nel silenzio della norma risulta ugualmente chiaro che il contraddittorio si cristallizzerà soltanto all’udienza e che in quella sede il curatore avrà la possibilità di prendere definitivamente posizione sulla domanda di cui sia stata integrata la documentazione probatoria.
La modifica – con il comma 3 – dell’articolo 96, primo comma, del r.d. serve a chiarire che il giudice delegato deve provvedere con decreto succintamente motivato ogni volta che vi siano contestazioni, da parte del curatore o di altri legittimati, in funzione delle conseguenti impugnative ex art. 98.
Le ragioni della modifica del secondo comma del medesimo art. 96 sono state già illustrate a commento del novellato articolo 93.
Il comma 4 sostituisce l’art. 99 del r.d., omologando il procedimento per le impugnazioni contro il decreto di esecutività dello stato passivo ad uno schema uniforme di rito camerale fallimentare, con gli opportuni adattamenti richiesti dalla specificità delle controversie trattate.
Il comma primo del nuovo art. 99 riproduce il corrispondente comma primo del testo precedente.
I commi dal secondo all’ottavo disciplinano la fase introduttiva del procedimento, ancora una volta sulla falsariga del rito del lavoro. Nel n. 4 del secondo comma si prescrive, però, che nel ricorso introduttivo devono essere contenute <<a pena di decadenza, le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d’ufficio, nonché l’indicazione specifica dei mezzi di prova e dei documenti prodotti>> per la ragione che trattasi di controversie inerenti ai diritti di credito che si fanno valere nel concorso ed occorre stabilire un preciso limite di deducibilità dei fatti controversi e dei mezzi di prova, onde poter pervenire rapidamente alla decisione. Simmetricamente nel comma settimo analoghi oneri sono imposti alla parte resistente in ossequio al principio della “parità delle armi” (art. 111 Cost.).
Il comma nono riproduce il comma quarto del precedente testo.
Il comma decimo disciplina l’assunzione dei mezzi di prova, affidandola al potere officioso del collegio, con facoltà per lo stesso di delegarla a un suo componente.
Il comma undicesimo disciplina la decisione del tribunale in coerenza con i principi generali del processo civile di cui agli artt. 112, 113, 115 e 116 del codice di rito. Lo stesso comma prevede che avverso il provvedimento definitivo del tribunale è esperibile il ricorso per cassazione, essendo in gioco diritti soggettivi. Il termine per il ricorso è tuttavia dimezzato per esigenze di celerità.
Il comma dodicesimo prevede che il tribunale possa pronunciare anche in via provvisoria con decreto non soggetto ad alcuna impugnazione, essendo destinato ad essere assorbito nella pronuncia definitiva.
Il comma 5 inserisce nell’articolo 101, secondo comma, del r.d. un nuovo periodo dopo il primo (<<Il giudice delegato fissa per l’esame delle domande tardive un’udienza ogni quattro mesi, salvo che sussistano motivi d’urgenza>>) allo scopo di meglio disciplinare l’esame delle domande tardive. La cadenza quadrimestrale è in parallelo con quella, pure quadrimestrale, stabilita per i riparti parziali dall’art. 110, primo comma.
Il comma 6, modifica il primo comma dell’articolo 102 del r.d., allo scopo di prevedere l’obbligo di acquisire il previo parere del comitato dei creditori sull’istanza di non farsi luogo al procedimento di accertamento del passivo, presentata dal curatore, in caso di previsione di insufficiente realizzo.
Il comma 7 aggiunge un nuovo secondo comma all’articolo 103 del r.d., al fine di rendere applicabili, anche nei procedimenti di rivendica e restituzione, le disposizioni previste dall’articolo 1706 del cod. civ.
Articolo 7.
L’articolo 7 del decreto legislativo, reca disposizioni correttive del Titolo II, Capo VI della legge fallimentare.
Il comma 1 interviene sull’articolo 104-ter definendo il programma di liquidazione come <<l’atto di pianificazione e di indirizzo in ordine alle modalità ed ai termini previsti per la realizzazione dell’attivo>>.
Si puntualizza il rapporto tra l’approvazione e l’autorizzazione del programma. Viene, infatti, chiarito che il programma deve essere approvato dal comitato dei creditori, mentre il giudice delegato autorizza gli atti di liquidazione conformi al programma medesimo.
I commi 2, 3, 4, e 5 modificano la ripartizione del Capo VI in tre Sezioni e le relative intitolazioni rispecchiano il contenuto delle nuove disposizioni in materia di liquidazione dell’attivo.
Il comma 6 reca modifiche all’articolo 107 del r.d.
Il nuovo secondo comma dell’articolo in commento ha la funzione di permettere al curatore di prevedere, nel programma di liquidazione, che determinate vendite vengano effettuate direttamente dal giudice delegato secondo le disposizioni del codice di rito (vendita con o senza incanto).
La modifica dell’articolo 107, secondo comma (nuovo terzo comma), serve ad estendere, uniformandolo, il regime della vendita dei beni immobili agli autoveicoli, nonché a navi, galleggianti e aeromobili. Una volta introdotta la possibilità di vendita a trattativa privata per gli immobili, non è giustificabile per i beni di cui al codice della navigazione mantenere il diverso regime stabilito da quel codice.
La modifica all’articolo 108, secondo comma, del r.d. – da parte del comma 7 – è conseguente a quella apportata al secondo comma dell’articolo precedente.
L’abrogazione dell’articolo 108-bis della legge fallimentare – recata dal comma 8 – è anch’essa conseguente alla modifica apportata al secondo comma dell’articolo precedente ed al mancato richiamo, nella nuova disciplina, delle disposizioni del codice di procedura civile relative al processo esecutivo.
Articolo 8.
L’articolo 8 del decreto legislativo, reca disposizioni correttive del Titolo II, Capo VII della legge fallimentare.
Il comma 1 reca modifiche all’articolo 110 del r.d.
Nell’articolo 110, primo comma, l’aggiunta di un periodo, dopo il primo (<< Nel progetto sono collocati anche i crediti per i quali non si applica il divieto di azioni esecutive e cautelari di cui all’articolo 51>>), serve a chiarire che i crediti esentati dal divieto di azioni esecutive e cautelari fruiscono di un privilegio puramente processuale (il potere di iniziare o proseguire l’espropriazione pur in pendenza del fallimento del debitore), ma non sono esentati dal “concorso sostanziale”: come tutti gli altri crediti devono essere ammessi al passivo (“concorso formale”) e poi devono essere collocati nei riparti (“concorso sostanziale”), per poter trattenere in via definitiva quanto è stato ricavato dall’espropriazione singolare da loro compiuta. In tal modo, si opera un soddisfacente raccordo fra l’esecuzione singolare e la procedura fallimentare: sui beni oggetto dell’esecuzione singolare, infatti, possono esservi diritti poziori di altri creditori, sicché il conflitto fra tali crediti e i crediti per cui si è proceduto in sede di esecuzione singolare non può trovare altra soluzione che nell’ambito dei riparti fallimentari.
La modifica del secondo comma del medesimo art. 110 (soppressione delle parole <<sentito il comitato dei creditori>>) si spiega perché, limitandosi il giudice delegato a ordinare il deposito del progetto di ripartizione, non vi è un provvedimento per l’emanazione del quale occorra sentire preventivamente il comitato dei creditori, i cui membri, come tutti i creditori, possono prendere visione del progetto di ripartizione in cancelleria e, eventualmente, proporre reclamo.
La modifica del terzo comma del medesimo art. 110, serve a precisare che il reclamo contro il progetto di ripartizione si propone davanti al giudice delegato: il progetto, infatti, è atto del curatore e il giudice delegato si limita, in prima battuta, a ordinarne il deposito in cancelleria. Contro il decreto del giudice delegato che pronuncia sul reclamo sarà poi proponibile reclamo al tribunale ex art. 26 e contro il decreto del tribunale ricorso per cassazione ex art. 111 Cost.
Nell’articolo 111, secondo comma, della legge fallimentare la sostituzione – da parte del comma 2 – della parola <<debiti>> con la parola <<crediti>> risponde ad una mera esigenza di precisione lessicale.
Il comma 3, reca modifiche all’articolo 111-bis del r.d.
Nell’articolo 111-bis del r.d., la soppressione del secondo comma viene ad eliminare una inutile duplicazione rispetto alla disposizione contenuta nel primo comma dello stesso articolo.
La modifica del terzo comma del medesimo art. 111-bis serve a chiarire che anche nell’ambito dei crediti prededucibili deve essere rispettato l’ordine di graduazione delle rispettive cause di prelazione.
La modifica del quarto comma del medesimo articolo rende pienamente alternative l’autorizzazione del comitato dei creditori o del giudice delegato al pagamento di tutti i crediti prededucibili, senza distinzione di valore, per cui viene meno anche la necessità di demandare ad un successivo decreto ministeriale l’aggiornamento dell’importo attualmente previsto.
Il comma 4 reca modifiche all’articolo 115 del r.d.
L’aggiunta all’articolo 115, secondo comma, di un periodo dopo il secondo (<<Le stesse disposizioni si applicano in caso di surrogazione del creditore>>) serve ad estendere la disciplina dettata per il caso di cessione dei crediti ammessi ai casi di surrogazione previsti dal codice civile (artt. 1201 ss.) o da leggi speciali, non essendovi ragioni per una differenza di trattamento.
Articolo 9.
L’articolo 9 del decreto legislativo reca disposizioni correttive del Titolo II, Capo VIII della legge fallimentare.
Il comma 1, lettera a), introduce nell’articolo 118, secondo comma, primo periodo, del r.d. l’inciso <<nei casi di chiusura previsti dai numeri 3) e 4)>>: esso serve limitare la cancellazione della società fallita dal registro delle imprese su richiesta del curatore ai soli casi in cui alla cessazione del fallimento non vi siano più beni nel patrimonio sociale, evitandola nei casi di chiusura di cui ai numeri 1) e 2), nei quali non avrebbe alcuna giustificazione.
Il medesimo comma 1, lettera b), introduce nel secondo comma, secondo periodo, dello stesso art. 118 l’inciso <<nei casi previsti dai numeri 1) e 2)>>: esso serve a limitare l’automatica chiusura del fallimento dei fallimenti dei soci illimitatamente responsabili in conseguenza della chiusura del fallimento della società ai soli casi in cui non vi sono debiti sociali, nel qual caso non si giustifica la prosecuzione dei fallimenti dei soci, aperti allo scopo di attuare secondo le regole del concorso la loro responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali di cui i soci debbono rispondere.
Il comma 2, lettera a), aggiunge all’articolo 119, terzo comma, del r.d. un secondo periodo dopo il primo, allo scopo di dettare regole chiare e rispettose delle garanzie di cui agli artt. 24 e 111 Cost. circa la ricorribilità per cassazione del provvedimento emesso in sede di reclamo avverso il decreto che dichiara la chiusura del fallimento o ne respinge la richiesta.
Lo stesso comma 2, lettera b), inserisce nell’art. 119 un comma dopo il terzo, per stabilire il momento dal quale il decreto di chiusura acquista efficacia, facendo coerente applicazione della regola generale di cui all’art. 741, primo comma, del codice di procedura civile, coordinata con la ricorribilità per cassazione, di cui al comma precedente.
La sostituzione – da parte del comma 3 – del primo comma dell’articolo 120 del r.d. è conseguenza dell’abrogazione dell’art. 50 e della soppressione dell’istituto della riabilitazione: le incapacità speciali che colpiscono il fallito non possono che cessare tutte automaticamente con la chiusura fallimento.
Il nuovo primo comma dell’articolo 120 chiarisce, quindi, che con la chiusura della procedura fallimentare cessano non solo tutti gli effetti del fallimento sul patrimonio del fallito, ma anche tutte le conseguenti incapacità personali del fallito medesimo, qualunque sia la fonte normativa che le preveda.
Nell’articolo 121, terzo comma, della legge fallimentare la sostituzione della parola <<appellata>> con la parola <<reclamata>> è conseguenza della modifica apportata all’art. 18.
Il comma 5 reca modifiche all’art. 124 del r.d.
Il nuovo primo comma dell’articolo 124 presenta due importanti novità. La prima consiste nel fatto che, per poter presentare la proposta di concordato fallimentare, il debitore fallito deve aver tenuto la contabilità e che i dati risultanti dalla stessa e le altre notizie disponibili consentano al curatore di predisporre un elenco provvisorio dei creditori.
La seconda consiste nella eliminazione dell’impedimento temporale di sei mesi dalla dichiarazione di fallimento, per la presentazione della domanda di concordato da parte del debitore fallito. In tal modo si evita di porre il debitore fallito in una posizione più sfavorevole rispetto agli altri legittimati; posizione non giustificabile neppure con un presunto incentivo, della disposizione soppressa, all’utilizzazione della procedura alternativa di concordato preventivo.
Al terzo comma si precisa che la relazione giurata sul valore di mercato attribuibile al cespite o al credito dev’essere redatta da un professionista che abbia i requisiti di cui all’articolo 28, lett. a) e b) del r.d.
Nel quarto comma, primo periodo, del medesimo art. 124, l’aggiunta delle parole <<uno o più creditori o da>> chiarisce che è identica la disciplina del concordato sia che venga proposto da un terzo sia cha venga proposto da uno o più creditori, come previsto dal primo comma, non essendovi ragioni per differenziare la posizione del terzo proponente da quella del creditore proponente. Conseguentemente, nel quarto comma, secondo periodo, la parola <<terzo>> è sostituita dalla parola <<proponente>>.
Il comma 6 reca modifiche all’articolo 125 del r.d.
La soppressione, nel primo comma dell’articolo 125 del riferimento al parere del comitato dei creditori, ha una funzione di mero coordinamento, posto che tale funzione viene recuperata nel nuovo secondo comma del medesimo articolo.
Mentre l’aggiunta delle parole <<ed alle garanzie offerte>> colma una lacuna dell’attuale disposizione che non fa riferimento al concordato fallimentare con garanzia.
Le modifica apportata all’articolo 125, secondo comma, della legge fallimentare serve a precisare che la valutazione di merito della proposta spetta al comitato dei creditori, mentre al giudice delegato spetta una delibazione di mera legittimità sulla ritualità della proposta, in coerenza con il nuovo assetto dei rapporti fra gli organi preposti al fallimento.
Il comma 7 modifica il secondo comma dell’art. 128 del r.d. stabilendo che << Ove siano previste diverse classi di creditori, il concordato è approvato se, nel maggior numero delle classi, la proposta riporta il voto favorevole dei creditori che rappresentano, in ciascuna di esse, la maggioranza dei crediti ammessi al voto>>.
Nell’articolo 128, quarto comma, della legge fallimentare la sostituzione – da parte dello stesso comma – delle parole <<una sentenza emessa>> con le parole <<un provvedimento emesso>> viene anch’essa a correggere un difetto di coordinamento, posto che all’esito dei procedimenti ex artt. 98 e 101 è emesso decreto e non sentenza.
Il comma 8 sostituisce l’art. 129 del r.d..
Il comma primo del nuovo art. 129 riproduce il corrispondente comma primo del testo precedente.
Il comma secondo risulta modificato rispetto al testo attuale laddove prevede che la comunicazione al proponente ha la funzione di far chiedere al medesimo l’omologazione del concordato, nonché laddove prevede che la relazione conclusiva è depositata dal comitato dei creditori, anziché dal curatore: la modifica è logica conseguenza della modifica dell’art. 125, terzo comma, nella parte in cui si prevede che spetta al comitato dei creditori, e non più al curatore, dare il <<parere favorevole>> sulla proposta di concordato. Per l’ipotesi che il comitato non adempia, si prevede che la relazione sia redatta dal curatore, salvo che la proposta sia stata da lui presentata.
I commi terzo e quarto riproducono i corrispondenti commi terzo e quarto del testo attuale.
Il nuovo quinto comma stabilisce che << Se sono state proposte opposizioni, il Tribunale assume i mezzi istruttori richiesti dalle parti o disposti di ufficio, anche delegando uno dei componenti del collegio. Nell’ipotesi di cui al secondo comma dell’articolo 128, se un creditore appartenente ad una classe dissenziente contesta la convenienza della proposta, il tribunale può omologare il concordato qualora ritenga che il credito possa risultare soddisfatto dal concordato in misura non inferiore rispetto alle alternative concretamente praticabili>>.
Il comma 9 sostituisce l’art. 131 del r.d., modellando il procedimento di reclamo avverso il decreto conclusivo del giudizio di omologazione alla stregua di uno schema uniforme di rito camerale fallimentare.
Il comma primo del nuovo art. 131 riproduce il corrispondente comma primo del testo vigente.
Il comma secondo stabilisce che il termine di trenta giorni per la proposizione del reclamo decorre dalla notificazione del decreto da farsi a cura della cancelleria, allo scopo di garantire da un lato il diritto di difesa dei soggetti legittimati al reclamo e dall’altro le esigenze di celerità nella definizione del giudizio.
I commi dal terzo al nono disciplinano la fase introduttiva del procedimento conformemente agli altri procedimenti camerali sul modello del rito del lavoro.
Il comma decimo disciplina l’istruttoria.
Il comma undicesimo stabilisce che la corte provvede con decreto motivato, non diversamente da quanto previsto dal testo attuale.
Il comma dodicesimo riproduce il comma sesto del testo vigente, precisando tuttavia che il termine per il ricorso per cassazione decorre dalla notificazione da farsi a cura della cancelleria, per le ragioni già indicate a proposito del provvedimento di primo grado.
Il comma 10 sostituisce l’art. 137 del r.d.
Il comma primo del nuovo art. 137 riserva ai soli creditori la legittimazione a chiedere al risoluzione del concordato: la modifica è coerente con l’impostazione di fondo della disciplina del concordato accolta dalla riforma e con la scelta di abolire, in linea di principio, l’iniziativa officiosa del tribunale.
Il comma secondo richiama le disposizioni dell’art. 15, in quanto compatibili, onde omologare il procedimento allo schema uniforme del rito camerale.
Il comma terzo prevede, come già il precedente testo, la partecipazione necessaria del garante al procedimento.
Il comma quarto prevede che la pronuncia con cui si risolve il concordato e si riapre il fallimento ha forma di sentenza, analogamente a quanto si prevede per la pronuncia con cui si dichiara il fallimento e per quella con cui lo si riapre a norma dell’art. 121.
I commi quinto, sesto, settimo e ottavo riproducono sostanzialmente i corrispondenti attuali commi terzo, quarto, quinto e sesto, salvo le necessarie variazioni di carattere formale.
Il comma 11 sostituisce l’art. 138 del r.d., ma ne riproduce sostanzialmente il contenuto, sostituendo la sentenza al decreto, quale forma del provvedimento conclusivo del procedimento di annullamento del concordato, in coerenza con l’art. 137, nonché con gli artt. 16 e 121.
Articolo 10.
L’articolo 10 del decreto legislativo reca disposizioni correttive del Titolo II, Capo IX della legge fallimentare.
Il comma 1 modifica l’articolo 142, terzo comma, lettera a), del r.d. allo scopo di individuare più appropriatamente taluni debiti per i quali l’esdebitazione non è ragionevolmente giustificabile: sono quelli derivanti da rapporti <<estranei all’esercizio dell’impresa>>, anziché da rapporti <<non compresi nel fallimento ai sensi dell’articolo 46>>.
Il comma 3 modifica l’articolo 144 del r.d., introducendo una regola più equilibrata e di agevole ed uniforme applicazione circa il trattamento da farsi ai creditori concorsuali non concorrenti.
Articolo 11.
L’articolo 11 del decreto legislativo reca disposizioni correttive del Titolo II, Capo X della legge fallimentare.
Nell’articolo 147, sesto comma, della legge fallimentare la sostituzione della parola <<appello>> con la parola <<reclamo>> è conseguente alla modifica apportata all’art. 18.
Articolo 12.
L’articolo 12 del decreto legislativo reca modifiche al Titolo III, Capo I, della legge fallimentare.
Il comma 1 reca modifiche all’articolo 160 del r.d.
La normativa precedentemente in vigore non consentiva, in sede di concordato preventivo, ed a differenza di quanto poteva invece accadere nell’ambito di un concordato fallimentare, di offrire un pagamento in percentuale dei creditori privilegiati, neppure con riferimento a quella parte del loro credito destinata a rimanere comunque insoddisfatta avuto riguardo al presumibile valore di realizzo dei beni sui quali il privilegio cade.
Si è quindi voluto, al fine di incentivare ulteriormente il ricorso allo strumento del concordato preventivo, e di eliminare una illogica diversità di disciplina rispetto al concordato fallimentare, prevedere che anche la proposta di concordato preventivo possa contemplare il pagamento in percentuale dei creditori privilegiati, semprechè la misura del soddisfacimento proposta non sia inferiore a quella realizzabile sul ricavato in caso di vendita dei beni sui quali il privilegio cade.
Il comma 2 reca modifiche all’articolo 161 del r.d.
La normativa precedentemente in vigore prevedeva criteri difformi in ordine ai requisiti che il professionista incaricato di redigere le attestazioni previste dagli articoli 67, comma terzo, lett. d), dall’art. 161 e dall’art. 182 bis doveva possedere.
Si è deciso, quindi, di uniformare i requisiti previsti dalle citate disposizioni prevedendo, trattandosi di una attività avente un contenuto marcatamente tecnico-contabile, che il professionista incaricato debba possedere le caratteristiche contemplate dall’articolo 28, lettere a) e b) del r.d.
Il comma3 sostituisce l’articolo 162 del r.d.
L’articolo 162 necessitava di una riscrittura al fine di adeguarne il contenuto alle modificazioni che le norme in esso richiamate avevano subito già in occasione dell’intervento operato con la legge 14 maggio 2005, n. 80, di conversione del decreto legge 16 marzo 2005, n. 35.
La nuova norma disciplina l’ipotesi di inammissibilità della proposta concordataria disponendo che il tribunale può concedere al debitore un termine non superiore a quindici giorni per apportare integrazioni al piano e produrre nuovi documenti e che se, all’esito del procedimento verifica che non ricorrono le condizioni di cui al primo ed al secondo comma dell’articolo 160, sentito il debitore in camera di consiglio, con decreto non soggetto a reclamo, il medesimo tribunale, dichiara inammissibile la proposta di concordato.
La norma dispone altresì che in questa ipotesi il tribunale, su istanza di parte o del pubblico ministero, pervenga alla dichiarazione di fallimento all’esito del medesimo procedimento, purché al debitore sia stata previamente contestata l’insolvenza e, dunque, la possibilità che ne fosse dichiarato il fallimento e, ovviamente, purché venga accertata la sussistenza dei presupposti, oggettivo e soggettivo, per la dichiarazione di fallimento.
In tal modo, si rende proponibile avverso la sentenza il reclamo previsto dall’art. 18 anche per far valere motivi attinenti all’ammissibilità della proposta di concordato.
Il comma 4 reca modifiche all’articolo 163 del r.d.
Il primo comma dell’articolo 163 ha subito le modificazioni necessarie a coordinarne il contenuto con il novellato art. 162.
L’attuale secondo comma dell’art. 162 prevede, inoltre, l’obbligo di depositare, in un termine brevissimo (quindici giorni dall’emissione del decreto di ammissione) una somma liquida corrispondente a quanto necessario a coprire le spese dell’intera procedura.
Trattandosi di somme che possono essere, in procedure di valore elevato, anche ingenti, al fine di rimuovere un possibile ostacolo all’accesso alla procedura concordataria l’obbligo di deposito è stato limitato al 50% delle spese, con facoltà per il giudice di ridurlo ulteriormente sino al 20%. Attraverso il richiamo all’articolo 34, primo comma del r.d., si consente che le somme riscosse siano investite in strumenti finanziari.
Il comma 5 reca modifiche all’articolo 166 del r.d.
La sostituzione del primo periodo del primo comma dell’articolo 166 (<<Il decreto è pubblicato, a cura del cancelliere, a norma dell’articolo 17>>), viene a uniformare le modalità di pubblicazione del decreto di apertura della procedura di concordato preventivo a quelle della sentenza di fallimento, atteso che l’affissione alla porta esterna del tribunale è stata abolita dal nuovo art. 17.
Articolo 13.
L’articolo 13 del decreto legislativo reca modifiche al Titolo III, Capo II della legge fallimentare.
La modifica del primo comma dell’articolo 168 del r.d. – ad opera del comma 1 –, ha una funzione di coordinamento di tale disposizione con quanto previsto dall’articolo 180, in materia di omologazione del concordato preventivo.
Articolo 14.
L’art. 14 del decreto legislativo reca modifiche al Titolo III, Capo III, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267.
Il comma 1 sostituisce l’art. 173 del r.d., onde evitare che la dichiarazione di fallimento, nei casi ivi contemplati, possa atteggiarsi come mera sanzione rispetto a comportamenti scorretti del debitore. Si prevede, pertanto, la revoca dell’ammissione al concordato preventivo, ove si accertino i gravi fatti indicati dalla norma o la mancanza delle condizioni di ammissibilità. Si prevede altresì la dichiarazione di fallimento, ma solo su istanza del creditore o su richiesta del pubblico ministero e previo accertamento dei presupposti di cui agli artt. 1 e 5, nel rispetto, comunque, del diritto di difesa del debitore.
Il comma 2 inserisce nell’art. 175 del r.d., dopo il primo comma, un nuovo comma, in quanto, al fine di evitare iniziative del debitore non sempre corrette che comunque appesantiscono i tempi di definizione della procedura, si è ritenuto opportuno inserire la regola secondo la quale la proposta di concordato non può più essere modificata una vota avute inizio le operazioni di voto.
Articolo 15
L’articolo 15 del decreto legislativo reca disposizioni correttive del Titolo III, Capo IV della legge fallimentare.
Il comma 1 sostituisce l’articolo 177 del r.d.
Il secondo comma dell’art. 177 è stato così modificato: <<ove siano previste diverse classi di creditori, il concordato è approvato se, nel maggior numero delle classi, la proposta riporta il voto favorevole dei creditori che rappresentano, in ciascuna di esse, la maggioranza dei crediti ammessi al voto>>.
Le correzioni apportate ai commi quarto e quinto si sono rese necessarie al fine di chiarire quale fosse il meccanismo di voto per i creditori privilegiati nel caso in cui la proposta concordataria prevedesse il pagamento in percentuale del loro credito. Si è, così, previsto, analogamente alla disciplina già in vigore relativamente al concordato fallimentare, che tali crediti vengano considerati chirografari per la parte del credito destinata a non trovare soddisfazione sui beni oggetto del diritto di prelazione.
La norma di cui all’articolo 178, quarto comma, del r.d. ha subito un’integrazione – da parte del comma 2 – al fine di chiarire in modo espresso, in linea con gli orientamenti giurisprudenziali prevalenti, che, ai fini del computo delle maggioranze, si debba tenere conto dei voti pervenuti nei venti giorni successivi alla chiusura del verbale di adunanza dei creditori.
Articolo 16.
L’articolo 16 del decreto legislativo reca disposizioni correttive del Titolo III, Capo V della legge fallimentare.
Il comma 1 reca modifiche all’articolo 179, primo comma del r.d. al fine di eliminare alcuni difetti di coordinamento nei richiami operati dalla norma.
Il comma 2 sostituisce l’art. 180 del r.d., onde dettare una disciplina del giudizio di omologazione analoga a quella dettata per il concordato fallimentare e conformata allo schema uniforme del rito camerale, con le necessarie varianti.
Per l’ipotesi che sia respinto il concordato, si prevede che sia contestualmente dichiarato il fallimento, all’esito del medesimo procedimento, ma solo su istanza di uno dei creditori che vi partecipano o su richiesta del pubblico ministero e previo accertamento dei presupposti di cui agli artt. 1 e 5.
Con l’inserimento – ad opera del comma 3 – di quattro nuovi commi nell’articolo 182, si viene a dettare una più completa e razionale disciplina della liquidazione dei beni ceduti ai creditori col concordato, garantendo che le operazioni liquidatorie si svolgano correttamente ed efficacemente nell’interesse dei creditori. In particolare, l’ampliamento dell’uso degli strumenti negoziali e la maggiore scioltezza che caratterizzano la nuova disciplina della liquidazione dell’attivo nel fallimento inducono ad estendere tale disciplina alla fase liquidatoria del concordato preventivo, la quale allo stato è rimessa alla discrezionalità del liquidatore ed alle “modalità” non meglio individuate che dovrebbero essere stabilite dal tribunale ai sensi del primo comma dell’art. 182. L’ampliamento dei poteri autorizzatori del comitato dei creditori è in sintonia col nuovo regime degli organi del fallimento, a maggior tutela del ceto creditorio.
Il comma 3 reca modifiche all’articolo 182-bis del r.d.
Il primo comma dell’art. 182 bis ha subito correzioni meramente formali, ad eccezione della precisazione dei requisiti che deve possedere l’esperto chiamato a redigere una relazione in ordine alla attuabilità dell’accordo. Si è deciso di uniformare i requisiti previsti dall’art. 182 bis, dall’art. 67, comma terzo, lett. d) e dall’art. 161 prevedendo, in considerazione del fatto che si tratta di una attività avente un contenuto marcatamente tecnico-contabile, che il professionista incaricato debba possedere anche in questo caso le caratteristiche contemplate dall’articolo 28, lett. a) e b) del r.d.
Nulla è stato cambiato quanto alla necessità che i creditori estranei all’accordo vedano il loro credito pagato in modo regolare, ossia per l’intero ed alla scadenza.
Alla norma è stato aggiunto un secondo comma, al fine di prevedere la possibilità che, nelle more del procedimento omologatorio (e comunque per un tempo non superiore a sessanta giorni) gli atti esecutivi di azioni cautelari, esecutive e fallimentari in essere vengano sospesi e venga inibito l’avvio di nuove azioni. La protezione del patrimonio potrà essere accordata nella misura in cui si presenti funzionale all’attuazione dell’accordo e, in particolare, alla sua idoneità ad assicurare il regolare pagamento dei creditori estranei. Si è voluto in questo modo ovviare ad una delle questioni che maggiormente potevano avere reso poco conveniente la presentazione di un accordo di ristrutturazione, al fine di rendere più agevole l’utilizzazione di un istituto che non ha avuto, ad oggi, la diffusione auspicata.
Il comma 5 sostituisce l’art. 183 del r.d.. Con l’inserimento della previsione del reclamo alla corte di appello per l’impugnazione sia del decreto, che dell’eventuale sentenza di fallimento emessi all’esito del giudizio di omologazione, serve a chiarire e razionalizzare il regime di impugnativa dei provvedimenti emessi all’esito del giudizio di omologazione, nel rispetto dei principi del “giusto processo”.
Articolo 17.
L’articolo 17 del decreto legislativo reca modifiche al Titolo III, Capo VI della legge fallimentare.
L’art. 17 reca modifiche al Titolo III, Capo VI, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267.
Il comma 1 sostituisce l’art. 186 del r.d., dettando una disciplina uniforme a quella prevista per il concordato fallimentare.
Di notevole importanza è la disposizione che, in coerenza con l’accentuata natura privatistica del concordato preventivo, condiziona la risoluzione del concordato alla non scarsa importanza dell’inadempimento. Si chiarisce, infatti, in aderenza ai principi generali, che il concordato preventivo non si può risolvere se l’inadempimento risulta essere di scarsa importanza Si recuperano, in questo modo, tutti i principi sull’importanza dell’inadempimento contrattuale elaborati con riferimento alla norma generale di cui all’articolo 1455 del cod. civ.
Articolo 18.
L’articolo 18 del decreto legislativo reca modifiche al Titolo V, Capo VI, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267.
Il comma 1 sostituisce, all’articolo 195, quinto comma, del r.d. la parola “appello” con la parola “reclamo”, quale conseguenza della modifica apportata all’art. 18.
Il comma 2 sostituisce i commi secondo e terzo dell’articolo 209 del rl.d. al fine di richiamare le nuove norme in materia di accertamento dello stato passivo.
Il comma 3 abroga l’articolo 211 del r.d.
Il comma 4 sostituisce l’articolo 213 del r.d., onde recepire le statuizioni della sentenza della Corte costituzionale 14 aprile 2006, n. 154, la quale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 213, comma secondo, «nella parte in cui fa decorrere, nei confronti dei “creditori ammessi”» – fra i quali ha precisato la Corte vanno compresi i “creditori prededucibili” – «il termine perentorio di venti giorni per proporre contestazioni avverso il piano di riparto, totale o parziale, dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della notizia dell’avvenuto deposito del medesimo in cancelleria, anziché dalla comunicazione dell’avvenuto deposito effettuata a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento ovvero con altra modalità prevista dalla legge».
Con la nuova formulazione si adegua, altresì, il procedimento ai principi del “giusto processo”, omologandolo allo schema uniforme del rito camerale attraverso il richiamo alle disposizioni del novellato articolo 26.
Il comma 5 sostituisce l’articolo 214 del r.d., allo scopo di adeguare la disciplina del concordato della liquidazione coatta amministrativa, uniformandola per quanto possibile alla nuova disciplina del concordato fallimentare e rendendola più rispettosa delle garanzie della difesa e del contraddittorio.
Il comma 3 sostituisce l’art. 215 del r.d., per coordinarlo con il novellato art. 137.
Il comma 6 sostituisce l’articolo 215 del r.d. apportando modifiche consequenziali a quelle previste in sede di risoluzione e annullamento del concordato fallimentare.
Articolo 19.
L’articolo 19 del decreto legislativo introduce una norma di interpretazione autentica della disposizione transitoria contenuta nell’articolo 150 del decreto legislativo 9 gennaio 2006, n. 5.
L’intervento serve a chiarire che la nuova disciplina va applicata a tutti i fallimenti dichiarati a partire dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 5 del 2006. Non sembra, infatti, conforme al principio ex art. 3 Cost. che procedure aperte sotto la vigenza della nuova legge ricevano una disciplina diversa a seconda dell’epoca di presentazione del ricorso. Peraltro, l’applicazione delle vecchie norme a procedure aperte dopo il 16 luglio 2006 comporterebbe una ingiustificata ultrattività della legge anteriore. Le medesime considerazioni giustificano l’applicazione della nuova disciplina anche alle procedure fallimentari riaperte ex art. 121 dopo la data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 5 del 2006.
Articolo 20
L’articolo in commento estende retroattivamente l’applicazione del beneficio dell’esdebitazione anche alle procedure fallimentari pendenti al 16 luglio 2006, data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 5 del 2006. In tal modo ili beneficio dell’esdebitazione potrà essere accordato a tutti i falliti, indipendentemente dalla data di apertura della procedura fallimentare. Per le procedure fallimentari innanzi dette, chiuse prima della data di entrata in vigore del presente decreto, la norma prevede che le domande di esdebitazione debbano essere presentate nel termine di un anno dalla medesima data.
Articolo 21
L’articolo 21 sopprime la lettera a) dell’articolo 5, comma 2 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, in tema di disciplina del commercio: disposizione che vietava l’iscrizione nel registro delle imprese dei soggetti dichiarati falliti, fino alla pronuncia della sentenza di riabilitazione.
Con l’abrogazione dell’intera lettera, quindi, non solo verranno superate le problematiche applicative relative alla soppressione del procedimento di riabilitazione, ma sarà possibile iscrivere nel registro delle imprese lo stesso fallito, quale titolare di un’altra impresa commerciale.
Articolo 22
Reca norme in materia di entrata in vigore del decreto legislativo, nonché la disciplina transitoria riguardante l’applicazione delle norme del medesimo decreto.
La scelta compiuta è stata quella di rendere applicabili le disposizioni del presente decreto soltanto ai procedimenti per dichiarazione di fallimento ed alle procedure fallimentari, rispettivamente, iniziati o aperte successivamente alla data di entrata in vigore dello stesso.
Fanno eccezione a tale disciplina gli articoli 19, 20 e 21 che, atteso il loro particolare contenuto, si applicheranno a tutte le procedure in corso.
Dall’attuazione del presente decreto legislativo non derivano nuovi o maggiori oneri a carico dell’Erario.
(Ndr. fonte Il Sole 24 ore)