REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


Il Tribunale di Trani – Sezione Promiscua, in composizione monocratica nella persona del dott. Alberto Binetti, a scioglimento della riserva di cui al verbale dell’udienza del 6 febbraio 2006 tenuta a Trani, ha  emesso la seguente


S E N T E N Z A


nella controversia, iscritta al n. 3284/2000 del R.G.A.C., avente ad oggetto il risarcimento danni da immissioni ex art. 844 cod.civ.


T R A


R. G., assistito e difeso dall’Avv. N. Q. in virtù di mandato a margine dell’atto di citazione ed elettivamente domiciliato in Trani alla via …….., .. presso il suo studio;- ATTORE –


E


B. A., assistito e difeso dagli Avv.ti G. F. e F. F. in virtù di mandato a margine della comparsa di costituzione del 30 novembre 2000 ed elettivamente domiciliato in Trani alla Via ……., … presso il loro studio;- CONVENUTO –


Conclusioni delle parti:
per l’attore :
precisa le conclusioni riportandosi a quelle indicate a pag. 5 e 6 della memoria ex art. 183 V comma c.p.c. del 23 aprile 2001, depositata in atti nell’interesse dell’attore, che qui si abbiano per integralmente riportate e trascritte. Insiste per l’accoglimento delle domande formulate in quanto pienamente ammissibili e fondate, col rigetto di ogni avversa eccezione, domanda e deduzione poiché destituite di ogni fondamento e con vittoria di spese, diritti ed onorari del giudizio;
per il convenuto :
voglia l’On.le Giudice del Tribunale di Trani ritenere : 1) essere intervenuto “il giudicato” del ricorso ex art. 700 c.p.c. introdotto dall’attore in data 24 settembre 1996 con conseguente improcedibilità del presente giudizio e il difetto di interesse ex art. 100 c.p.c.; 2) dichiarare che l’attività di lavoro del panificio P. di B. è iniziata in data antecedente a quella dell’attore e dunque dare atto della priorità dell’attività di B. rispetto a quella del dott. R. ex ultima parte dell’art. 844 c.p.c.; 3) dichiarare la normale tollerabilità del calore proveniente dal panificio nelle ore di lavorazione; 4) dichiarare l’assenza di responsabilità del convenuto B. per le fonti di calore esterne, quali le temperature solari estive etc.; 5) dare atto delle garanzia delle norme ex D.L. n. 626/1994 a tutela dell’aerazione lavoristica; 6) ritenere eccessive le spese della ctu con metodi scientificamente sofisticati sproporzionati alla modestia dei fatti accertabili nella presente causa e di cui il dr. R. intese assumersi la personale responsabilità del pagamento come risulta dal verbale di sopralluogo del ctu e dunque rimangono definitivamente a suo carico. Art. 92 c.p.c.; 7) nel merito rigettare la domanda attrice con ogni sua deduzione, eccezione e richiesta; 8) condannare l’attore alle spese e onorari di giudizio.


Svolgimento del processo
Con atto di citazione, notificato il 24 ottobre 2000, R. G. conveniva in giudizio dinanzi a questo Tribunale B. A., esponendo :
– di essere proprietario dell’appartamento sito in Trani al primo piano di via …………., …, adibito dal medesimo a studio medico-odontoiatrico sin dal 1990;
– che nei locali al piano terra, posti al di sotto ed in corrispondenza del detto studio medico, ai nn. Civici … e … di via …………, aveva sede il Panificio P. di B. A.;
– che sin dal 1991 (data di inizio dell’attività di panificio) dai locali del citato esercizio commerciale, non isolati termicamente, si propagavano nei locali dello studio medico intollerabili immissioni di calore;
– che già in data 3 luglio 1996 l’Ing. M. D., su incarico del R. e del B., aveva effettuato un sopralluogo, rilevando all’interno dello studio medico una temperatura compresa tra i 27 ed i 31 gradi centigradi e suggerendo l’esecuzione di lavori di isolamento termico all’interno del panificio;
– che, nonostante i molti solleciti e le ripetute assicurazioni del B., le immissioni di calore di fatto persistevano;
– che, su istanza dell’attore, era intervenuto in data 21 luglio 1999 il Presidio Multizonale di Prevenzione  – Settore Fisico Ambientale di Bari, che – sulla scorta di accertamenti, per i quali l’attore aveva sostenuto la spesa di £. 614.640 – aveva accertato come “il funzionamento del Panificio P. (causando un significativo aumento della temperatura nei locali dello studio odontoiatrico), peggiora sensibilmente nei messi più caldi dell’anno le condizioni microclimatiche all’interno di detto studio”;
– che, sin dall’agosto del 1991, a causa di tali immissioni, l’attore era stato costretto ad installare nei locali dello studio due condizionatori d’aria del costo di £. 2.856.000, a sostenere le spese di adeguamento dell’impianto elettrico, pari a £. 476.000, quelle di aumento della potenza elettrica impiegata (da 3 a 6 Kwh) pari a £. 481.125 e quelle concernenti l’aumento di consumo di energia elettrica, per circa £. 880.000 annue, sopportando così una spese di complessive £. 12.613.125;
– che, sempre a causa delle immissioni, su una stanza adibita dal R. a studio privato si erano prodotte crepe all’intonaco, per il ripristino del quale era stata preventivata la spesa di £. 1.600.000;
– che a causa delle condizioni microclimatiche inaccettabili esistenti all’interno dello studio medico, lo stesso aveva subito un deprezzamento del 13% pari a £. 27.146.340;
– che ogni tentativo di bonario componimento era risultato vano;
concludeva, pertanto, chiedendo : a) accertarsi l’intollerabilità delle immissioni di calore provocate dal funzionamento del forno del Panificio P. di B. A. in suo danno; b) condannare il convenuto ad isolare termicamente i locali del panificio, il forno con le tubazioni di scarico e ad eseguire tutte le necessarie modifiche strutturali; c) condannare il convenuto al pagamento del risarcimento del danno, determinato in £. 14.827.765 per le causali di cui in premessa; d) condannare il convenuto al risarcimento del danno conseguente al deprezzamento dell’immobile, nella misura di £. 27.146.340; e) condannare il convenuto alla rifusione di spese ed onorari di giudizio.
Si costituiva B. A., assumendo : a) che già con ricorso ex art. 700 c.p.c. del 24 settembre 1996, il R. aveva lamentato la presenza di immissioni intollerabili di calore; b) che nel costituirsi in tale giudizio cautelare esso resistente, pur contestando la fondatezza delle pretese avverse, non solo aveva eseguito nei propri locali le opere e gli accorgimenti suggeriti dall’Ing. Do. ma ciò era avvenuto sotto il controllo del tecnico citato e della ditta specializzata G. M. srl, per una spesa di £. 2.796.000; c) che, a seguito dell’esecuzione dei lavori, il giudice adito in sede cautelare aveva rigettato la domanda per mancanza dei presupposti; d) che, pertanto, la odierna domanda era improcedibile, dacché si era già formato il giudicato sul punto; e) che, per la stessa ragione, la domanda era carente di interesse ad agire ex art. 100 c.p.c.; f) che l’indagine espletata dalla USL BA/4 il 27 luglio 1999 era inutilizzabile in quanto artatamente eseguita in una giornata di temperatura straordinaria; g) che le opere invocate dall’attore sarebbero state contrarie ai limiti minimi prescritti in materia di salubrità sul posto di lavoro a tutela dei lavoratori; h) che operava la priorità di cui all’art. 844 co. 2 cod. civ., atteso che il B. aveva acquistato i locali in data 17 giugno 1991, cinque mesi prima dell’acquisto dell’appartamento da parte del R., avvenuto il 26 novembre 1991; i)  che le immissioni di calore non superavano la normale tollerabilità; l) che le spese di cui si chiedeva il rimborso non erano riconducibili alle immissioni di calore, in quanto l’installazione dei condizionatori e l’aumento di spese per l’energia elettrica vi sarebbero state ugualmente e le crepe nell’intonaco erano dovute alla vetustà dell’immobile; m) che, al contrario, lo studio medico aveva ricevuto il beneficio di una minore spesa per riscaldamento nei freddi mesi invernali; n) che non vi era stato alcun deprezzamento dell’immobile.
Concludeva, pertanto, chiedendo dichiararsi l’improponibilità della domanda e, nel merito, il rigetto della stessa, con vittoria di spese e competenze del giudizio.
Espletati gli adempimenti di cui all’art. 180 c.p.c. (con autorizzazione per l’attore al deposito di memoria ex art. 170 c.p.c.), 183 c.p.c. (con la c.d. appendice scritta di cui all’ultimo comma della stessa norma, a seguito della quale l’attore ha precisato la domanda quantificando l’importo del risarcimento richiesto in £. 15.027.765, anziché 14.827.765, e lasciando immutato il resto) e 184 c.p.c. (con la concessione del doppio termine per la formulazione di nuovi mezzi di prova e documenti e per prova contraria), con ordinanza del 2 gennaio 2002, il G.I. ammetteva le prove orali e disponeva una consulenza tecnica d’ufficio a mezzo dell’Ing. A. B., il quale, prestato giuramento all’udienza del 16 ottobre 2002, depositava la propria relazione scritta il 27 marzo 2003.
Riservatosi di valutare le  osservazioni alla consulenza d’ufficio in sede di  decisione nel merito, il G.I. disponeva l’assunzione della prova orale nella specie dell’interrogatorio formale – reso da R. G. all’udienza del 28 giugno 2004 – e della prova per testi – espletata con  testi S. D. e L. C. all’udienza del 28 giugno  2004, e con i testi P. E., M. L. e De P. L., all’udienza del 16 marzo 2005.
A seguito della rinuncia ai rimanenti testi, accettata da controparte, ed in assenza di ulteriori richieste istruttorie, il G.I. invitava le parti a precisare le proprie conclusioni.
La causa, pertanto, sulle conclusioni precisate nei sensi di cui in epigrafe all’udienza del 6 febbraio 2006, veniva riservata per la decisione con i termini ex art. 190 c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.


Motivi della decisione
La domanda è fondata e va accolta per quanto di ragione.
In via preliminare vanno disattese le eccezioni di carattere processuale sollevate dal convenuto B..
Quanto all’eccezione di violazione del “ne bis in idem” per essersi formato il giudicato in ordine ad una analoga domanda di cessazione delle immissioni intollerabili di calore, va detto che il ricorso cautelare ex art. 700 c.p.c. depositato dinanzi al Pretore di Trani in data 24 settembre 1996 aveva effettivamente lo stesso oggetto della presente controversia, dal momento che veniva richiesto al giudice adito di “adottare i provvedimenti di urgenza idonei alla cessazione immediata delle intollerabili e pregiudizievoli immissioni”.
Tuttavia, a seguito della costituzione del resistente e dell’esecuzione di taluni lavori di isolamento termico dei locali adibiti a panificio, il Pretore aveva sottolineato come “la situazione descritta con il ricorso introduttivo avesse subito una radicale trasformazione nel corso del procedimento in quanto i lavori che si chiedeva venisse ordinato di compiere al panificatore sig. B., erano stati da questi volontariamente eseguiti durante il corso della procedura. Vi era stato pertanto un mutamento della situazione di fatto che aveva costretto il ricorrente… a modificare  termini della domanda giacché egli non lamentava più l’assenza di isolamento termico, bensì la inidoneità dell’isolamento effettuato alla eliminazione degli inconvenienti lamentati”.
Aveva concluso, allora, il giudice della cautela ritenendo che ciò aveva fatto venire meno la attualità di un pregiudizio grave ed irreparabile “imprescindibile presupposto per la emissione dei provvedimenti d’urgenza”.
In altre parole, una volata eseguiti i lavori, non vi erano più le ragioni di urgenza per una tutela cautelare innominata, sicché il Pretore aveva ritenuto di rigettare la richiesta senza, espressamente, entrare nel merito della questione se le opere realizzate avessero eliminato gli inconvenienti lamentati o meno.
Per questa ragione, il c.d. giudicato cautelare formatosi per l’assenza di reclamo non può coprire il merito della domanda di accertamento delle immissioni di calore.
Tanto comporta l’ammissibilità della domanda.
Per la stessa ragione deve essere rigettata l’eccezione riguardante la pretesa mancanza di interesse ex art. 100 c.p.c., dacché l’assenza di qualsivoglia decisione giudiziale sul punto ha reso indispensabile per il ricorrente agire in giudizio per ottenere una pronuncia che obblighi il convenuto ad eseguire i lavori per la cessazione delle immissioni intollerabili di calore.
Passando al merito, va ricordato che l’art. 844 cod. civ., invocato dall’attore, prevede che “il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino se non superano la normale tollerabilità, avuto riguardo alla condizione dei luoghi”.
Per questa via il legislatore del codice ha previsto come soglia di liceità delle immissioni, la cui sussistenza va in ogni caso accertata, la c.d. “normale tollerabilità”, criterio questo cui deve aggiungersi quello, indicato dalla stessa norma, del contemperamento delle ragioni della proprietà con le esigenze della produzione, e quello facoltativo della priorità dell’uso (cfr. Cass. Civ., 20 dicembre 1985, n. 6534).
Appare intuitivo che “mancando nella legge una misura in base alla quale stabilire con criteri automatici, il limite di tollerabilità delle immissioni, tale limite deve essere prudentemente determinato di volta in volta dal giudice con riguardo sia alle condizioni dei luoghi e alle attività normalmente svolte in un determinato contesto produttivo sia al sistema di vita e alle corrette abitudini della popolazione nel presente momento storico” (Cass. Civ., 20 dicembre 1985, n. 6534); e che “in materia di immissioni la valutazione dell’intensità degli scuotimenti, dei rumori e delle vibrazioni (ma anche del calore n.d.r.), nonché il loro grado di tollerabilità per le persone, costituisce accertamento di natura tecnica, che deve essere necessariamente compiuto mediante apposita consulenza e non può formare oggetto di prova testimoniale” (Cass. Civ., 4 marzo 1981, n. 1245).
Per questa ragione correttamente il giudice istruttore ha affidato ad un consulente d’ufficio, l’Ing. A. B., il compito di verificare la attuale sussistenza di immissioni intollerabili di calore provenienti dal forno del convenuto, rispetto all’immobile dell’attore.
Il consulente, dunque, dopo avere dato, in via preliminare, una definizione di microclima ambientale (inteso come “l’insieme dei fattori ambientali (temperatura, umidità relativa, velocità dell’aria ecc.) che determinano le condizioni climatiche di un ambiente chiuso o semi-chiuso”) e di comfort termico (che si realizza allorquando “gli scambi termici con l’ambiente circostante avvengono in condizioni tali che l’organismo riesce a mantenere l’equilibrio termico senza far entrare in funzione il proprio sistema di termoregolazione (ad es. vasodilatazione, sudorazione, ecc. negli ambienti <caldi> oppure vasocostrizione, brividi ecc. negli ambienti <freddi>)”) ha illustrato il criterio elaborato dal danese Fanger per la valutazione del microclima negli ambienti moderati (che sono quelli nei quali vi sono : a) condizioni ambientali omogenee e poco variabili nel tempo; b) assenza di scambi termici tra soggetto ed ambiente che abbiano effetti importanti sul bilancio termico complessivo; c) attività fisica modesta e omogenea per tutti i soggetti; d) uniformità del vestiario indossato; e) temperatura operativa compresa fra 10° e 30°).
Tale criterio introduce il c.d. parametro PMV (Predicted Mean Vote) – che rappresenta il voto medio espresso da un ampio campione di persone, residenti nello stesso ambiente – correlato ad un altro indice noto come PPD (Predicted Percentage of Dissatisfied) – che rappresenta la percentuale di presumibili soggetti insoddisfatti per ogni  valore di PMV.
Secondo il diagramma elaborato dal Fanger allora, a più alti valori di PMV, la percentuale di insoddisfatti è altrettanto alta, ma essa non si riduce mai a zero anche in condizioni ottimali (con PMV = 0) attestandosi almeno al 5%.
Sulla base di tale elaborazione è stato possibile per il consulente individuare una parametro tecnico verificabile scientificamente, denominato norma UNI EN ISO 7730/97, per cui negli ambienti c.d. moderati le condizioni di comfort tecnico si ottengono per valori di PMV compresi fra -0,5 e + 0,5 corrispondenti a valori di PPD inferiori al 10%.
Sulla base di tali premesse ed a seguito delle rilevazioni eseguite dal tecnico con l’ausilio del Dipartimento di Fisica Tecnica del Politecnico di Bari (preventivamente autorizzato dal G.I.) l’Ing. B. ha potuto riferire che “si può confermare la sussistenza di immissioni di calore provenienti dal Panificio P. nei confronti dello studio R.”, le quali determinano effettivamente “un incremento della temperatura interna degli ambienti dello studio R., rispetto agli altri alloggi dello stabile, di circa 2-2,5°”.
A questo punto è pienamente condivisibile quanto afferma il consulente a proposito della difficoltà di stabilire il limite della tollerabilità dal momento che la citata norma UNI EN ISO 7730/97 consente di determinare le condizioni di comfort, “ma ciò non significa che immediatamente al di là dei limiti stabiliti le condizioni microclimatiche siano da considerarsi <intollerabili>”.
Pertanto, aggiunge il consulente, con argomentazione condivisibile e che si fa propria, proprio per l’assenza di parametri alternativi scientificamente riscontrabili, “con il termine <intollerabili> debbano intendersi tutte quelle condizioni che siano apprezzabilmente discostanti dai limiti di comfort indicati dalla UNI EN ISO 7730/97” e che “un apprezzabile discostamento dalle condizioni di benessere sia quello che determina un PDD>50% (cioè se in un dato ambiente più del 50% delle persone presenti si dichiara insoddisfatto delle condizioni microclimatiche, tale ambiente può certamente considerarsi inaccettabile dal punto di vista termico)”.
Sulla scorta di tali premesse, e con argomentazioni esenti da vizi logici, il consulente è giunto alle conclusioni, che si fanno proprie, per cui “le immissioni lamentate dall’attore, provenienti dal Panificio P., sono effettivamente presenti nel suo immobile” e “queste immissioni risultano intollerabili limitatamente al periodo estivo, dalla seconda metà di giugno alla prima metà di settembre, attuandosi nei restanti mesi dell’anno condizioni microclimatiche che si possono considerare tollerabili, quando non addirittura di pieno comfort termico”.
Sul punto, mentre, ovviamente, l’attore non ha osservato alcunché, il convenuto ha formulato contestazioni a mezzo di due relazioni, la prima del consulente di parte Ing. V. C. e la seconda del consulente di parte Ing. V.de C..
Di tali consulenze, tuttavia, la prima deve essere dichiarata del tutto inutilizzabile, dal momento che è vero che “la nomina del consulente, a sensi dell’art. 201 c.p.c., costituisce mera facoltà della parte” sicché “l’omesso esercizio di tale facoltà o la mancata partecipazione del nominato consulente di parte alle operazioni svolte dal consulente dell’ufficio e la successiva mancata compilazione e allegazione di relazione del consulente di parte, non escludono la possibilità del motivato dissenso da parte del difensore rispetto alle valutazioni del ctu, né ostano alla formulazione di eventuali sue contestazioni anche in sede prettamente tecnico-scientifiche” (Cass. Civ. Sez. Lav., 23 febbraio 1984, n. 1911), tuttavia deve ritenersi esclusa la possibilità di depositare una consulenza scritta a confutazione delle operazioni e delle conclusioni del consulente d’ufficio da parte di un tecnico che non sia stato nominato dalla parte nei termini fissati dal giudice istruttore, e ciò sia perché la facoltà di versare in atto osservazioni scritte previste dall’art. 201 c.p.c. ult. co. è legata strettamente alla nomina da effettuarsi prima dell’inizio delle operazioni peritali e sia perché in caso contrario non avrebbe alcun senso la fissazione da parte del G.I. del termine per la nomina del consulente di parte.
Quanto alla relazione dell’Ing. V. d. C., nominato consulente di parte nei termini, essa, utilizzabile quale mera difesa anche se depositata oltre il termine non perentorio fissato dal G.I., punta l’attenzione soprattutto sull’incidenza, in termini di produzione di calore e quindi di maggiore tollerabilità delle immissioni, delle persone che frequentano lo studio medico dentistico del dott. R..
In altri termini, l’apprezzabile superamento della soglia di comfort sarebbe ascrivibile in massima parte al numero delle persone normalmente presenti nello studio medico, mentre le rilevazioni del consulente d’ufficio e le conclusioni dello stesso sarebbero state assunte prescindendo da tale ultimo aspetto.
Ebbene, ritiene lo scrivente che l’osservazione del consulente di parte non è idonea a privare di rilevanza decisiva la consulenza di parte dal momento che l’elemento suggerito (quale la presenza di persone – personale medico e pazienti – nello studio del dott. R.) non appare incidere in maniera rilevante sulla percezione delle immissioni, con particolare riferimento ai mesi più caldi nei quali la soglia di tollerabilità appare ampiamente superata.
Ciò posto, va detto che il convenuto, dopo avere fatto un brevissimo accenno alle esigenze della produzione (quale secondo criterio indicato nell’art. 844 cod. civ.) del tutto superabile atteso che le opere da imporre a carico del B. non comportano alcuna diminuzione né tanto meno cessazione dell’attività produttiva, e non si pongono neppure in contrasto con la normativa posta a tutela delle condizioni dei lavoratori sul luogo di lavoro, ha invocato il criterio facoltativo della priorità, allegando che il panificio aveva iniziato la sua attività prima dello studio dentistico, sicché il dentista dott. R., quando aveva iniziato l’attività ben sapeva che al di sotto dello studio medico vi era un panificio, con ogni conseguenza al riguardo.
Prima di esaminare le eventuali implicazioni del criterio facoltativo della priorità, va verificato se effettivamente l’attività del panificio sia iniziata prima dello studio dentistico o se sia avvenuto il contrario.
In proposito, il teste S. D., odontotecnico per conto del dott. R. con rapporti di collaborazione con lo stesso risalenti sin dal 1989, ha riferito che l’inaugurazione del nuovo studio di via ….. era avvenuta all’inizio del 1990, pur non potendo nulla dire sulla preesistenza del panificio.
La teste L. C., altro teste di parte attrice e dipendente dell’attore sin dal 1990, ha riferito di essere stata assunta dal R. proprio nel marzo del 1990 e che il panificio B. aveva aperto circa un anno dopo.
Analogamente la teste P. E., dapprima cliente del dott. R. e, dal 1998, dipendente dello stesso, ha precisato che le sue prime visite presso lo studio di via ………. risalivano al 1990, senza ricordare, però, se all’epoca delle sue prime visite il panificio vi fosse o meno.
Al contrario, i due testi di parte convenuta hanno riferito, il primo, M. L., cognato di B. A., che il convenuto aveva acquistato i locali per il panificio nel settembre del 1989 con un contratto preliminare, si era immesso nel possesso e, dopo lavori di adeguamento, aveva inaugurato l’attività il 24 dicembre 1989 senza interromperla più, mentre il contratto di compravendita definitivo era stato stipulato in epoca successiva, ed il secondo, De P. L., nipote ex sorore dello stesso B., che l’inaugurazione del panificio era avvenuta a Natale del 1989 per proseguire ininterrottamente e di non ricordare la presenza dello studio medico nell’immobile posto al di sopra del panificio.
Come è agevole notare, emergono dati del tutto contrastanti, anche se i ricordi non sono chiarissimi, nel senso che i testi di parte attrice (peraltro del tutto indifferenti, pur essendo dipendenti del R.) concordano nel senso di una priorità dello studio medico, con inizio attività nel febbraio o comunque, nei primi mesi del 1990, mentre secondo i due testi di parte convenuta (entrambi parenti stretti del B.) l’inaugurazione del panificio sarebbe avvenuta a Natale del 1989, prima dell’inizio dell’attività dello studio medico.
Data la contraddittorietà delle dichiarazioni e non potendo valutare a priori la maggiore o minore attendibilità delle une o delle altre, occorre far riferimento ad altri elementi, quali i dati documentali.
Quanto agli atti di acquisto, essi non forniscono alcun contributo valido, in quanto quello del panificio risale al 17 giugno 1991 e quello dello studio dentistico al 26 novembre 1991; pur tuttavia, entrambi presumibilmente (come dimostrano anche le divergenze per entrambi rispetto alle date riferite dai testi) sono stati preceduti da contratti preliminari – con relativa immissione i possesso – di epoca antecedente, ma non precisata.
Decisamente più interessante è la circostanza che i documenti depositati dal B., attestino di uno svolgimento effettivo di attività solo a partire dalla fine del 1990. Infatti, la fattura per l’acquisto dell’intero impianto di panificazione è stata emessa in data 20 dicembre 1990 ed appare poco plausibile che la ditta fornitrice abbia effettuato la consegna del materiale indispensabile per l’avvio dell’attività di panificazione presso corso ………., … nel dicembre del 1989 (stando alle dichiarazioni dei testi) per poi emettere la fattura addirittura una anno dopo.
Anche la bolla di consegna dello stesso materiale riporta la data dell’ottobre 1990 e della stessa epoca è la fattura relativa all’impastatrice acquistata dalla S. spa, così come è del 18 ottobre 1990 l’autorizzazione al montaggio ed al collaudo del forno consegnato dalla A. Forni.
Nello stesso senso va letta la richiesta del trasferimento della licenza di panificazione n. 28 intestata al B., da Via ………., 99 in Trani alla via ……………, …  sempre a Trani, richiesta datata 7 novembre 1990, epoca questa nella quale, a dire dei testimoni, l’attività sarebbe già iniziata da quasi un anno presso la Via …………….., ….
Al contrario, la documentazione versata in atti dal R., rappresentata dalle bollette dell’energia elettrice, da un verbale di ispezione dell’Ispettorato del Lavoro, datato 27 aprile 1990, dalla denuncia di attività ai fini dell’assicurazione obbligatoria dei medici per l’esposizione ai raggi X, datata 27 marzo 1990, è tutta nel senso che l’attività dentistica doveva essere iniziata al più tardi nel mese di marzo del 1990.
Né rilevano i documenti depositati dal convenuto e relativi al cambio di destinazione d’uso dell’appartamento del Russo, avvenuto nel 1993 ma non legato alla materiale occupazione, bensì all’introduzione di nuova normativa sui cambi di destinazione entrata in vigore in epoca successiva, ovvero all’acquisto dei condizionatori e al conseguente mutamento del contratto per l’erogazione dell’energia elettrica, risalenti al 1991, circostanze queste che, evidentemente potevano essersi manifestate in un momento successivo all’inizio dell’attività.
La mancanza di prova, il cui onere incombeva sul convenuto che aveva sollevato l’eccezione, circa la priorità nell’attività, comporta che non si debba tenere conto del criterio di cui al secondo comma dell’art. 844 cod. civ.
Quanto alle opere necessarie per la cessazione delle immissioni è sufficiente fare riferimento a quanto indicato dal ctu nella sua relazione.
Quanto al risarcimento del danno, il consulente ha verificato, con argomentazioni immuni da vizi e, peraltro, non contestate dalle parti, che le lesioni agli intonaci all’interno dello studio medico sono riconducibili alle immissioni di cui è causa, in dipendenza della “escursione termica, in assenza di idonea coibentazione, producendo dilatazioni e contrazioni cicliche degli elementi della canna fumaria e delle zone di parete a contatto con essa”; il tutto per un danno accertato di Euro 414.10.
Compete, inoltre, il risarcimento per la diminuzione di valore dell’immobile, che è stata individuata correttamente dal ctu nel “costo degli interventi da realizzare per eliminare l’influenza delle immissioni del P. sull’immobile R. e riportarlo alle condizioni ordinaria”. E ciò per il fatto che l’attore non ha dimostrato una maggiore difficoltà di realizzo dell’immobile nel senso dell’alienazione o della locazione, essendo stato lo stesso sempre destinato a studio medico proprio.
Pertanto, tale voce di danno può essere quantificata in Euro 10.650,00.
Quanto, alle ulteriori voci di danno, relative all’incremento del consumo di energia elettrica, è accertato che le immissioni di calore determinino un incremento nella temperatura, che nei mesi estivi diventa intollerabile; pur tuttavia non è possibile indicare come unica causa per l’installazione dei condizionatori (e del conseguente cambio nel contatore da 3 a 6 Kwh  e nell’incremento del consumo di energia elettrica) le immissioni di calore; nel senso che del tutto presumibilmente i condizionatori sarebbero stati collocati anche in assenza delle dette immissioni, tenuto conto delle elevate temperature estive alle nostre latitudini e della opportunità, se non necessità di offrire un ambiente confortevole ai pazienti di uno studio medico ed ai sanitari che vi devono operare.
Per questa ragione, ritenuto che la componente di aumento di consumo riconducibile in modo specifico alle immissioni provenienti dal forno sia limitata, la stessa potrà essere compensata dal maggior beneficio effettivamente riscontrabile (come ha fatto anche il ctu) nei mesi invernali.
In conclusione, il risarcimento complessivo va contenuto nella somma, calcolata all’attualità, di Euro 11.064,10, oltre interessi dalla pronuncia al soddisfo.
Un’ultima annotazione riguarda la liquidazione della consulenza tecnica d’ufficio che il convenuto ha chiesto di porre a carico della controparte ai sensi dell’art. 92 c.p.c.
Orbene, premesso che nel caso presente la statuizione sulle spese del giudizio segue la soccombenza e viene liquidata in dispositivo, l’art. 92 del codice di rito effettivamente prevede la possibilità di escludere la ripetizione di spese sostenute, anche in caso di soccombenza dell’altra parte, qualora le stesse siano ritenute eccessive o superflue; ciò posto, a prescindere dal fatto che la censura del convenuto non riguarda la necessità dell’atto (la consulenza d’ufficio) ma solo la quantificazione della spesa (nel qual caso a rigore avrebbe dovuto attivare l’opposizione al Collegio secondo la legge speciale e nel termine di dieci giorni in essa prevista) ovvero la opportunità di un accertamento all’interno della consulenza, ritenendolo sproporzionato alla materia in contestazione, sotto quest’ultimo punto di vista, ritiene lo scrivente che in una materia come le immissioni di calore, gli accertamento tecnici sia per la natura delle immissioni (facilmente influenzabili dall’ambiente esterno, molto più dei rumori, degli scuotimenti o delle esalazioni o fumi) sia per la indefinibilità del concetto di intollerabilità, debbano essere il più accurati possibile ed avvalersi di tutti i più moderni ritrovati della tecnologia e di tutte le conoscenze del settore, onde ricondurre sotto il rigore delle regole scientifiche quelle che altrimenti non rimarrebbero altro che sensazioni del tutto soggettive.
Pertanto, anche questa istanza va rigettata, con la conseguente soccombenza anche in ordine alle spese della consulenza, solo anticipate, come noto, dall’attore che ne aveva fatto richiesta e liquidate, infatti, a suo carico ma salvo recupero.


P.Q.M.


Definitivamente pronunciando sulle domande proposte da R. G. nei confronti di B. A., quale titolare del Panificio P. di B. A., così provvede :
1) Accoglie per quanto di ragione la domanda dell’attore e, per l’effetto,
a) Accerta l’intollerabilità delle immissioni di calore nei limiti indicati dal consulente Ing. A. B. nella sua relazione del 27 marzo 2003;
b) condanna il convenuto ad eseguire le opere idonee alla cessazione delle immissioni di calore come meglio descritte dal consulente Ing. A. B. nella sua relazione del 27 marzo 2003;
c) condanna il convenuto al risarcimento del danno in favore dell’attore nella misura di Euro 11.064,10 oltre interessi dalla domanda al soddisfo;
2) condanna il convenuto al pagamento delle spese processuali sostenute da R. G., che si quantificano in complessivi Euro 4.550,00 di cui euro 2.500,00 per onorari, Euro 1.800,00 per diritti ed Euro 250,00 per esborsi, oltre IVA e CNA come per legge, oltre a quelle per la consulenza tecnica d’ufficio.


Così deciso in Trani il 7 ottobre 2006.  


Il Giudice
dott. A. Binetti