Delibera Giunta Unione Camere Penali del 14.09.2006


UNIONE DELLE CAMERE PENALI ITALIANE

La Giunta dell’Unione delle Camere Penali Italiane


premesso


che le disposizioni della legge Bersani, e soprattutto i preannunciati ulteriori propositi legislativi riguardanti l’ordinamento della avvocatura, dietro lo strumentale e demagogico richiamo alla liberalizzazione, sono viceversa contraddistinti da una impostazione liquidatoria e punitiva della libertà e della indipendenza della professione forense;
che, contrariamente alla strumentale vulgata spesso acriticamente diffusa sui mezzi di informazione talune delle misure accolte, come la riduzione delle spese di giustizia, colpiscono la generalità dei cittadini impedendo la realizzazione del giusto ed equo processo e non costituiscono soltanto una brutale aggressione ad una categoria professionale ;
che anche le sbandierate innovazioni riguardanti la pubblicità delle attività professionali, in assenza di normative organiche sulla specializzazione, esporranno i destinatari ad informazioni non corrispondenti a standard di qualità in alcun modo verificati;
che, tale situazione, unitamente alla mancanza di seri criteri di accertamento e controllo dell’accesso alla professione forense, non potrà che segnare il degrado delle prestazioni legali a tutto danno degli stessi utenti;
che, a differenza di quanto falsamente propagandato, le soluzioni adottate non riflettono gli indirizzi della normativa europea, nella quale al contrario la specificità e la particolarità della attività difensiva sono state più volte sottolineate;
che, il comportamento tenuto dal Governo nel realizzare tale improvvido disegno s’è fondato sulla chiusura a qualsiasi dialogo con l’avvocatura, fino al punto di rifiutare persino quelle modifiche che erano state condivise ed accolte dalla stessa commissione giustizia del Senato;
che lo sprezzante decisionismo messo in campo nei confronti dell’avvocatura spicca per contrasto rispetto all’atteggiamento ancillare dimostrato, da larga parte della compagine governativa e dal responsabile del dicastero della giustizia, nei confronti della magistratura sul tema della riforma dell’ordinamento giudiziario;


evidenziato


che l’immediata e corale protesta della avvocatura si è espressa talvolta in maniera non consona alla sua nobile tradizione, in forme e modi che hanno offerto il destro alle critiche, comunque ingiuste nel merito oltre che ingenerose, di coloro che hanno utilizzato e continuano ad utilizzare la vicenda a puri fini propagandistici;
che, nonostante gli accordi raggiunti nel corso degli incontri tra le varie componenti dell’avvocatura, sollecitati proprio dalle Camere Penali, alcune manifestazioni sono state oggetto di una strumentalizzazione politica, con il risultato di pregiudicare sia l’immagine di autonomia ed indipendenza del ceto forense, sia la possibilità di instaurare un confronto ed un dialogo, pur duri e serrati, con tutte le componenti del mondo politico ;
che ciò è avvenuto a causa dell’inaccettabile condizione in cui versa l’avvocatura, caratterizzata dalla esistenza di organismi autoproclamatisi rappresentativi della generalità degli avvocati, da leader improvvisati, da uomini di parte e di partito che strumentalizzano la legittima protesta;
che, nonostante il contributo positivo del CNF e della maggioranza degli Ordini, la situazione appena descritta è stata determinata anche da rappresentanti di vertice delle istituzioni forensi;


rilevato


che le richieste e le critiche contenute nelle dichiarazioni e negli stessi documenti inviati dall’UCPI ai responsabili delle associazioni e delle istituzioni forensi sono rimaste fin qui senza risposta;
che, al contrario, alcuni dei temi della protesta contenuti nella delibera di proclamazione della astensione da ultimo approvata, come quelli riguardanti l’introduzione del così detto “indennizzo diretto”, non solo non appartengono alla sensibilità condivisa dell’avvocatura, ma rischiano di accentuare le critiche al presunto carattere corporativo della protesta legittimando in tal modo il tentativo di isolamento dell’avvocatura rispetto alla società;
che il degrado della professione forense, in uno con la perdita del ruolo e della funzione sociale dell’avvocatura, è il frutto delle storiche colpe di una classe politica che da decenni rifiuta di affrontare in maniera organica i temi legati all’assetto della professione, ma anche dei ritardi e delle resistenze di una parte della categoria professionale degli avvocati e delle sue, più o meno legittime, rappresentanze;


considerato


che, pur essendo ormai improcrastinabile la profonda riforma delle forme di rappresentanza dell’avvocatura segnalata da molte associazioni e da numerose prese di posizione come quella degli avvocati di Torino del 12 settembre scorso, tuttavia tale necessità non può, in una situazione così grave, arrestare la protesta universalmente condivisa del mondo forense di fronte al progetto di liquidazione delle caratteristiche fondamentali della attività legale;
che in questo particolare momento è pertanto necessaria la partecipazione dei penalisti non per tutelare in astratto una unità della avvocatura che viene contraddetta nei fatti proprio da coloro che la invocano più spesso, ma per preservare la libertà di una professione che proprio nella difesa delle libertà e dei diritti trova la sua ragion d’essere;
che questo obiettivo non può che essere perseguito denunciando con durezza la smaccata demagogia e l’erroneità delle soluzioni che si stanno adottando ma, al tempo stesso, senza nulla concedere ai riflessi corporativi;
che, infatti, appare non più rinunciabile una radicale riforma dell’ordinamento forense che riconosca le specializzazioni, che tuteli la deontologia degli avvocati, che rinnovi le regole dell’accesso alla professione verificandone costantemente formazione ed aggiornamento, e con l’occasione elimini le storture introdotte con il decreto legge governativo appena convertito;


ritenuto


che lo statuto, la storia, la tradizione, le battaglie della Unione delle Camere Penali Italiane hanno sempre ed esclusivamente avuto ad oggetto i diritti collettivi e gli interessi dei cittadini per l’affermazione dei principi di una giustizia penale equa, moderna e democratica, ma che ciò non impedisce di prendere posizione quando in discussione è la stessa figura dell’avvocato;


invita


gli avvocati penalisti italiani a partecipare alle astensioni dalle udienze già decise dall’assemblea generale dell’avvocatura e da ultimo formalizzate per i giorni dal 18 al 23 settembre facendo valere e sostenendo attivamente i temi proposti nel presente deliberato.


Roma, 14 settembre 2006








il Segretario
avv. Valerio Spigarelli


il Presidente
avv. Ettore Randazzo



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