Documento sulla Riforma delle Professioni


  Proposta di riforma
dell’ordinamento della professione di avvocato


(approvata dall’Assemblea Oua in Catania il 17 dicembre 2005)
Stralcio inerente la formazione e l’accesso –  in grassetto sono evidenziati i punti relativi ai principi affermati dall’Avvocatura in occasione del Convegno del 20 febbraio 2006 promosso dall’Unione delle Camere Civili, svoltosi sul tema, nella città di Parma.


TITOLO III
FORMAZIONE E ACCESSO ALLA PROFESSIONE
CAPO I
RAPPORTI CON L’UNIVERSITÀ


Articolo 24
(Corsi di laurea specialistici)


1. Le facoltà di giurisprudenza delle Università pubbliche e private assicurano il carattere professionalizzante degli insegnamenti propri del quadriennio del corso di laurea magistrale in giurisprudenza.
2. Ferma restando l’autonomia didattica degli atenei e la libertà di insegnamento dei docenti, le facoltà di giurisprudenza promuovono altresì l’orientamento pratico e casistico dei metodi didattici utilizzati nelle facoltà.


Articolo 25
(Integrazione dei Consigli di facoltà di giurisprudenza)


1. Ai fini di cui all’articolo precedente, il Consiglio di facoltà di giurisprudenza è integrato dal Presidente del Consiglio dell’ordine degli avvocati nel cui territorio ha sede l’Università, o da Avvocato da questi delegato, che partecipa alle sedute.
2. Previo parere positivo del Consiglio nazionale forense e della Conferenza dei Presidi della facoltà di giurisprudenza, i Presidenti dei Consigli dell’ordine degli avvocati nel cui territorio non esistono facoltà di giurisprudenza possono partecipare alle sedute del Consiglio di facoltà di giurisprudenza delle Università viciniori.


Articolo 26
(Accordi tra Università e ordini forensi)


1. Le Università e i Consigli dell’ordine degli avvocati possono stipulare convenzioni-quadro per la disciplina dei rapporti reciproci, anche di carattere finanziario.
2. Il Consiglio nazionale forense e la Conferenza dei Presidi delle facoltà di giurisprudenza promuovono, anche mediante la stipula di apposita convenzione e l’istituzione di un osservatorio permanente congiunto, la piena collaborazione tra le facoltà di giurisprudenza e gli ordini forensi, per il perseguimento dei fini di cui al presente capo ed a quello seguente.


CAPO II
CORSI DI FORMAZIONE PER L’ACCESSO ALLA PROFESSIONE FORENSE


Articolo 27
(Abilitazione alla professione)


1.L’abilitazione all’esercizio della professione di avvocato si consegue superando l’esame di Stato, al termine di un periodo di formazione costituito dallo svolgimento del tirocinio e dalla contemporanea frequenza di un corso di formazione biennale presso le scuole forensi.
2.Il primo anno di frequenza puo’ essere svolto anche presso le scuole di specializzazione per le professioni legali istituite presso le facolta’ di giurisprudenza ai sensi dell’art. 17, commi 113 e 114, della legge 15 maggio 1997, n. 127, ove queste ultime siano strutturate su percorsi omogenei per contenuti e scelte didattiche. In ogni caso il secondo anno del biennio deve essere svolto presso le scuole forensi.


Articolo 28
(Norme comuni alle Scuole di specializzazione per le professioni legali e alle Scuole forensi)


1.Le scuole forensi istituite presso i consigli dell’ordine degli avvocati e le scuole di specializzazione per le professioni legali presso le facoltà di giurisprudenza istituite ai sensi dell’articolo 17, commi 113 e 114, della legge 15 maggio 1997, n. 127, ai sensi e per gli effetti della presente legge tengono i corsi di formazione per l’accesso alla professione di avvocato, nei termini di cui al precedente articolo 27.
2. Quanto al primo anno, le scuole forensi e le scuole di specializzazione per le professioni legali di cui al precedente comma, debitamente accreditate presso il Ministero dell’Istruzione,Università e Ricerca, predispongono corsi di formazione aventi programmi e carico didattico equivalente, di 250 ore annue, in modo da consentire al praticante il contemporaneo svolgimento del tirocinio pratico. I diplomi rilasciati a seguito della proficua frequenza dei detti corsi hanno il medesimo valore legale ai fini del punteggio utile per l’esame di abilitazione.
3. Sempre con riferimento al primo anno di corso per il conseguimento del diploma,  il consiglio nazionale forense, di concerto con il ministero dell’istruzione, dell’universita’ e della ricerca e con l’organismo di rappresentanza politica dell’avvocatura, stabilisce gli indirizzi  didattici e i programmi delle scuole, indicando i principi generali e gli standard qualitativi minimi che ne legittimino l’accreditamento. Tali indirizzi vengono trasmessi al ministro di giustizia, che, d’intesa con il ministro dell’istruzione, provvede con decreto.
4. Il decreto che dispone l’accreditamento di cui al comma precedente deve prevedere:
a) metodologie didattiche specificamente finalizzate alla formazione dell’avvocato, che valorizzino lo studio del dato casistico, l’affinamento delle tecniche di redazione degli atti e di svolgimento delle attività qualificanti l’esercizio della professione forense, con particolare riferimento alla argomentazione giuridica e alle tecniche di comunicazione e di persuasione;
b) l’affidamento delle docenze a professori universitari di materie giuridiche, avvocati, notai, magistrati, ed esperti di riconosciuta competenza;
c) l’accesso alla scuola forense o di specializzazione sulla base di una graduatoria formata all’esito di prova preselettiva come disposto dal successivo articolo 30;
d) verifiche periodiche delle capacità a metà del primo anno di corso, sia nelle scuole forensi che nelle scuole di specializzazione per le professioni legali, e a metà del secondo anno nelle scuole Forensi; il superamento di esse consente di passare al semestre successivo;
e) un esame al termine del primo anno, per il conseguimento del diploma, identico a livello nazionale, da svolgersi presso la sede della Scuola frequentata, e consistente in una prova scritta avente ad oggetto, a scelta del candidato, la redazione di atti giudiziari o la stesura di pareri concernenti il diritto civile e commerciale e la procedura civile, il diritto e la procedura penale, il diritto e la giustizia amministrativa; in caso di mancato superamento, l’esame finale può essere ripetuto una sola volta; in caso di ulteriore mancato superamento, il candidato è tenuto a frequentare nuovamente il primo anno di corso di formazione; ai fini della valutazione per il conseguimento del diploma, dovrà altresì tenersi conto del superamento con esito positivo nel corso di studi per la laurea magistrale, di esami relativi agli aspetti istituzionali ed organizzativi degli ordinamenti giudiziari, alla deontologia professionale, alla logica ed argomentazione giuridica e forense, alla sociologia, dell’informatica giuridica, nonché al linguaggio giuridico di almeno una lingua straniera;
f) previsione di una Commissione esaminatrice nominata, per le Scuole forensi, dagli organi direttivi della Scuola e composta di tre membri: un avvocato, che la presiede, un magistrato e un professore universitario;
g) previsione di idonei sostegni economici a beneficio dei laureati privi di mezzi e meritevoli sotto il profilo del curriculum di studi;
h) agevolazioni fiscali per incentivare l’erogazione di provvidenze e liberalità in favore delle scuole, da parte di privati e di enti pubblici.


Articolo 29
(Le Scuole forensi)


1. I Corsi di formazione per l’accesso all’esame di avvocato sono tenuti dalle Scuole forensi istituite presso i Consigli degli ordini circondariali o distrettuali degli avvocati.
2. Le Scuole forensi sono organizzate e gestite dai Consigli dell’ordine, distrettuali o circondariali, che ne sostengono l’onere, con facoltà di istituire una tassa di iscrizione e di frequenza, e di accedere ai fondi pubblici stanziati a tale effetto nonché a finanziamenti privati.
3. I Consigli dell’ordine degli avvocati limitrofi possono istituire Scuole forensi comuni.
4. I Consigli degli ordini possono stabilire convenzioni con enti pubblici e privati per l’organizzazione e la gestione dei corsi, o affidarne la gestione ad apposita fondazione di diritto privato, fatti salvi in ogni caso i poteri di controllo e vigilanza sugli obiettivi formativi, sulle metodologie e i contenuti dei corsi stessi.
5. I corsi hanno durata biennale. Il primo anno di scuola forense può essere sostituito da un anno di frequenza presso le scuole di specializzazione per le professioni legali istituite presso le facoltà di giurisprudenza, come previsto all’art. 27, comma 2; il secondo anno di corso è organizzato liberamente dalle scuole forensi sulla base delle linee guida generali, degli obiettivi formativi e dei contenuti minimi qualificanti, generali e specifici dei corsi stessi, definiti dal Consiglio Nazionale Forense, con regolamento emanato ai sensi dell’art. 1,comma 2, recepiti con decreto del Ministro della giustizia di concerto con il Ministro dell’istruzione, università e ricerca scientifica.


Articolo 30
(Accesso alle Scuole forensi)


1. L’ammissione al corso di formazione presso una Scuola forense, così come, per il primo anno, presso una scuola di specializzazione per le professioni legali ai sensi dell’art.___________ (disciplina correlativa da emanarsi), è subordinata all’iscrizione nel registro della pratica tenuto dal Consiglio dell’ordine degli avvocati ed al superamento di una preselezione di accesso sulle seguenti materie: diritto e procedura civile, diritto e procedura penale, diritto e giustizia amministrativa.
2. Alla preselezione sono ammessi i laureati in giurisprudenza che abbiano conseguito il diploma di laurea magistrale.
3. L’esito positivo della preselezione consente l’ammissione ai corsi di formazione limitatamente al triennio successivo.
4. La commissione per la valutazione è composta da due avvocati, uno dei quali la presiede, designati dai presidenti dei Consigli dell’Ordine tra gli iscritti all’albo da almeno quindici anni; e da un magistrato dello stesso distretto con qualifica non inferiore a magistrato di corte di appello, designato dal presidente della corte di appello.
5. Le prove preselettive si possono svolgere presso la sede del Consiglio dell’ordine nel cui territorio risiede il candidato, e sono predisposte e valutate con criteri uniformi a livello nazionale.


Articolo 31
(Organizzazione dei corsi)


1. Il Consiglio nazionale forense sostiene l’organizzazione dei corsi di formazione delle Scuole forensi da parte dei Consigli dell’ordine predisponendo linee operative e sviluppando servizi e forme di assistenza, con particolare riguardo:
a) alla predisposizione di statuti e di modelli organizzativi per la gestione delle Scuole forensi;
b) alla adozione di protocolli didattici omogenei, quanto alle materie insegnate e alle tecniche di insegnamento;
c) alla formazione di un corpo qualificato di avvocati-docenti da impiegare nelle Scuole forensi.
2. Il Consiglio nazionale forense vigila sul corretto percorso formativo delle Scuole forensi, può richiedere informazioni ai Consigli dell’ordine, effettuare ispezioni e richiedere misure integrative e correttive.
3. Nei casi più gravi di cattivo funzionamento della Scuola, il Consiglio nazionale forense può proporre al Ministro la revoca dell’accreditamento di cui al precedente articolo 28.
4. Per il compimento delle attività di cui al presente articolo, il Consiglio nazionale forense si avvale dei propri organi ed uffici, e può operare anche in collaborazione con gli organismi istituzionali e politici dell’avvocatura e le associazioni forensi.
5. Il Consiglio nazionale forense può affidare la gestione operativa totale o parziale delle attività di cui al comma 1 del presente articolo alla Fondazione dell’Avvocatura italiana, ovvero ad altro organismo, fermo restando l’obbligo di controllo e vigilanza sull’operato di quest’ultimo..


CAPO III
IL TIROCINIO PRATICO


Articolo 32
(Il tirocinio)


1. Il tirocinio è svolto in forma continuativa per ventiquattro mesi.
2. Il tirocinio si svolge secondo le modalità prescritte da appositi regolamenti adottati dal Consiglio nazionale forense, ai sensi dell’art. 1,comma 2, e dai Consigli dell’Ordine territoriale, ed è comunque incompatibile con il rapporto di impiego, pubblico o privato, con lo svolgimento di altri tirocini e con l’esercizio di attività di impresa.
3. Con i medesimi regolamenti, di cui al precedente comma 2, sono prescritte peculiari modalità di svolgimento della pratica per i praticanti iscritti ai corsi di formazione di cui al capo precedente, garantendo a questi ultimi la possibilità di frequentare i corsi contemporaneamente allo svolgimento del tirocinio pratico.
4. Il praticante, limitatamente a un semestre, può svolgere il tirocinio anche in altro paese dell’Unione europea presso professionisti legali, con titolo equivalente, abilitati all’esercizio della professione forense.
5. Il tirocinio può essere svolto anche presso l’Avvocatura dello Stato e presso gli uffici legali degli enti pubblici.
6. Al tirocinante deve essere riconosciuto un equo compenso, di natura indennitaria, determinato sulla base della qualità e della quantità dell’attività effettivamente svolta .


Articolo 33
(Abilitazione al patrocinio)


1. Trascorso il primo anno di tirocinio e conseguito il diploma, previo impegno solenne di osservare i doveri professionali assunto davanti al Presidente del Consiglio dell’ordine a o un Consigliere delegato, il praticante avvocato, per un periodo non superiore a quattro anni può compiere atti di patrocinio o comunque inerenti la professione, soltanto su delega, controllo e responsabilità dell’avvocato presso il quale svolge il tirocinio.


Articolo 34
(Doveri dell’avvocato)



1. Gli avvocati sono tenuti ad assicurare che la pratica si svolga in modo proficuo e dignitoso, ad istruire i praticanti, a dar loro la consapevolezza del ruolo del difensore nel processo e nella società; debbono rilasciare al termine del periodo l’attestazione del compiuto tirocinio.
2. É possibile svolgere la pratica forense esclusivamente sotto la vigilanza di un avvocato esercente la professione da almeno sei anni.
3. Ciascun avvocato può assumere sotto la propria vigilanza un numero di praticanti non superiore a due.
4. Dietro specifica e motivata richiesta dell’avvocato, il Consiglio dell’ordine degli avvocati può deliberare di concedere una deroga al disposto di cui al comma precedente, tenuto conto delle modalità di svolgimento dell’attività professionale, dell’organizzazione dello studio legale, della quantità e qualità delle questioni trattate, e comunque nel pieno rispetto dei doveri di cui al precedente comma 1.
5. La violazione da parte dell’avvocato delle norme di cui al presente articolo costituisce illecito disciplinare


CAPO IV
L’ESAME DI ABILITAZIONE


Articolo 35
(Esame di abilitazione)


1.L’esame può essere sostenuto soltanto da coloro che hanno effettuato il tirocinio pratico e conseguito il diploma rilasciato dalle scuole al termine del primo anno di corso.
2. L’esame consiste nella risoluzione di due casi giuridici pratici, in materia civile e/o commerciale, comunitaria e/o internazionale, penale, ovvero amministrativa, con la redazione degli atti ritenuti dal candidato necessari e conseguenti ed utilizzando gli usuali strumenti di documentazione giuridica
3. I risultati verranno poi discussi con la commissione esaminatrice, che valuterà l’idoneità del candidato, al quale è richiesto di illustrare e motivare le proprie scelte difensive.
4. le prove di esame sono valutate tenendo conto dei seguenti criteri:
a) chiarezza, logicità e rigore metodologico dell’esposizione;
b) dimostrazione della concreta capacità di soluzione di specifici problemi giuridici;
c) dimostrazione della conoscenza dei fondamenti teorici degli istituti giuridici trattati;
d) dimostrazione della capacità di cogliere eventuali profili di interdisciplinarietà;
e) dimostrazione della conoscenza delle tecniche di persuasione e argomentazione.


Articolo 36
(Sede di esame)



1.L’esame di abilitazione all’esercizio della professione di avvocato è indetto presso le scuole forensi con decreto del Ministro della giustizia entro il mese di ottobre di ogni anno.
2. Nel decreto è stabilito il termine per la presentazione delle domande di ammissione all’esame.
3. Il certificato di compiuta pratica viene rilasciato dal Consiglio dell’ordine che ha vigilato sul corretto esercizio del tirocinio ed ha validità temporale limitata a quattro anni dalla data di rilascio. Deve contenere le attestazioni relative al superamento della prova preselettiva di cui al precedente art. 30, nonchè al conseguimento del diploma al termine del primo anno e del superamento della verifica semestrale successiva, di cui al precedente art. 28.
4.Il Consiglio dell’ordine può consentire al praticante di trasferire la propria iscrizione presso l’apposito registro tenuto da altro Consiglio dell’ordine, per documentate ragioni.
Il Consiglio dell’ordine delibera sulla richiesta.
Contro il rigetto della istanza di trasferimento è ammesso ricorso al Consiglio nazionale forense.
5. In caso di trasferimento del praticante il Consiglio dell’ordine di provenienza certifica l’avvenuto accertamento sui precedenti semestri e, ove il prescritto periodo di pratica risulti completato, rilascia il certificato di compiuta pratica.
6. In caso di trasferimento la sede di esame è determinata in base al luogo ove il praticante ha svolto il maggior numero di semestri di pratica.
7. Allorquando il tirocinio sia stato svolto per uguali periodi sotto la vigilanza di più Consigli dell’ordine, l’indicazione di cui al comma precedente è determinata in base al luogo di svolgimento del primo semestre di pratica


Articolo 37
(La,commissione esaminatrice)


1. La commissione esaminatrice nominata dal Ministro della giustizia su proposta del Consiglio nazionale forense, è composta da cinque membri effettivi e cinque supplenti, dei quali tre effettivi e tre supplenti sono avvocati designati dal Consiglio Nazionale forense tra gli iscritti all’albo speciale per il patrocinio avanti alle giurisdizioni superiori, uno dei quali la presiede; un effettivo e un supplente è magistrato con qualifica non inferiore a quella di magistrato di corte d’appello, un effettivo e un supplente è indicato tra i docenti della scuola forense presso cui si tiene l’esame.
2. Con il medesimo decreto, presso ogni sede di scuola forense, è nominata una sottocommissione avente composizione identica alla commissione di cui al comma che precede.
3. Non possono essere designati avvocati che siano membri dei Consigli dell’ordine o rappresentanti della Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense e del Consiglio nazionale forense, o delegati all’organismo di rappresentanza politica.
4. Gli avvocati componenti della Commissione non possono candidarsi ai rispettivi consigli dell’ordine , alla carica di rappresentanti della Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense e del Consiglio nazionale forense, nonché a delegati dell’organismo di rappresentanza politica, alle elezioni immediatamente successive all’incarico ricoperto.
5. Presso ogni scuola forense, ove il numero dei candidati lo richieda, possono essere formate con lo stesso criterio ulteriori sottocommissioni per gruppi sino a trecento candidati.
6. Esercitano le funzioni di segretario alle dirette dipendenze del Presidente, uno o più funzionari distaccati dal Ministero della giustizia.


CAPO V
DISPOSIZIONI TRANSITORIE


Articolo 38
(Periodo transitorio)


1.Fino al quinto anno successivo all’entrata in vigore della presente legge, l’abilitazione all’esercizio della professione di avvocato può essere conseguita anche superando l’esame di cui al successivo articolo, al termine di un periodo di tirocinio pratico di due anni, condotto secondo le modalità sopraindicate, senza avere frequentato un corso di formazione presso le scuole forensi o di specializzazione istituite ai sensi della legge 15 maggio 1997 n. 127. Il termine di cui al comma precedente può essere prorogato una volta sola, per altri due anni.


2.Alla proroga si provvede con decreto del Ministro della giustizia, previo parere del Consiglio nazionale forense.


Articolo 39
(Esame per i praticanti non diplomati presso le Scuole)


1. L’esame di abilitazione all’esercizio della professione di avvocato è indetto nelle sedi di Corte d’appello con il medesimo decreto.
2. Nel decreto sono stabiliti i giorni nei quali hanno luogo le prove scritte.
3. La sede di esame si individua ai sensi e per gli effetti delle disposizioni precedenti.
4. L’esame ha luogo contemporaneamente in tutte le sedi, e consiste:
a) in tre prove scritte su temi aventi ad oggetto la redazione di atti giudiziari o pareri concernenti il diritto e la procedura civile, il diritto e la procedura penale, il diritto e la giustizia amministrativa;
b) in una prova orale consistente nella illustrazione delle prove scritte e in una breve discussione sulla conoscenza dell’ordinamento e della deontologia forense, e su questioni pratiche relative ad almeno cinque delle seguenti materie, a scelta del candidato: diritto civile, procedura civile, diritto penale, procedura penale, diritto amministrativo, diritto processuale amministrativo, diritto costituzionale, diritto tributario, diritto internazionale e diritto comunitario.
5. I temi sono sorteggiati in una rosa formulata dal Ministro della giustizia.
6. I temi sono formulati in modo che il candidato possa dimostrare, oltre alla conoscenza dei principi, anche la sua attitudine alla trattazione di questioni attinenti a fattispecie concrete, e sono valutati dalla Commissione e dalle sottocommissioni secondo i criteri indicati.
7. Il superamento delle prove scritte costituisce titolo per l’ammissione alle prove orali.