Guida rapida al nuovo processo di cognizione
e al nuovo processo esecutivo immobiliare
dopo le leggi 80 e 263/2005

Bruno Giulio







 Sommario:



  1. Introduzione.

  2. Modifiche al processo di cognizione; premessa;


  3. Modifiche al processo esecutivo; procedure pendenti al 1°.3.2006;


  4. L’espropriazione immobiliare; presentazione della documentazione e nomina dell’esperto;



1 – Introduzione.


Con il D.L. n. 35 del 14.2.2005, convertito in l. n. 80 del 14.5.2005, e con la successiva l. n. 263 del 28.12.2005, sono state profondamente modificate molte disposizioni del codice di procedura civile. Nel quadro di un corpo normativo avente quale finalità dichiarata un migliore funzionamento della struttura organizzativa dello Stato (competitività) – l’eliminazione di disfunzioni del sistema processuale civile è stata originalmente concepita come superamento di ostacolo allo sviluppo economico del paese – e con una tecnica di produzione delle norme che, con specifico riguardo al settore che qui interessa, non è andata esente da critiche – per via dell’oggettiva assenza dei presupposti dell’urgenza e della straordinarietà che costituzionalmente giustificano il ricorso al decreto-legge e per l’introduzione, in sede di conversione, di delega al Governo per riformare il processo in Cassazione, per accentuarne la funzione nomofilattica, e l’istituto dell’arbitrato (delega che ha avuto attuazione con D.Lgs. n. 40/2.2.2006) – sono state emanate, in una prima contorta fase, disposizioni che rimodellano i processi di cognizione, esecutivo e cautelare, il procedimento di separazione e di divorzio, le procedure fallimentari, l’accertamento tecnico preventivo. Con legge n. 263/2005, sono state, poi, apportate correzioni per eliminare talune imprecisioni contenute nella l. 80, sono state modificate altre disposizioni del c.p.c. sulle quali detta legge non era intervenuta e sono state emanate, con riferimento al processo esecutivo, norme più chiare in tema di diritto transitorio.


L’entrata in vigore delle novellate disposizioni, nel corpo normativo risultante dai reiterati interventi legislativi, più volte slittata, risulta ora fissata, in virtù del d. l. 271/2005, al 1°.3.2006. Il testo di detto decreto appare trasfuso nell’art. 39 quater della legge di conversione del d. l. n. 273 – decreto milleproroghe – legge definitivamente approvata il 7.2.2006, ma non ancora pubblicata alla data del presente scritto.


Qui ci occuperemo delle principali innovazioni riguardanti il processo di cognizione e il processo esecutivo immobiliare. Oltre le fonti di legge indicate, appare, peraltro, opportuno tener conto anche di talune disposizioni contenute nel disegno di legge n. 3752 recentemente approvato, ma non ancora pubblicato alla data del presente scritto, riguardante il processo esecutivo mobiliare.



2 Modifiche al processo di cognizione; premessa.


Le novità riguardanti il processo di cognizione afferiscono alla fase preparatoria del processo, alla possibilità per le parti di scegliere il rito societario, alle moderne modalità di comunicazione dei provvedimenti del giudice.




2.1 La fase preparatoria del processo; la prima udienza e la comparsa di risposta.


Con i nuovi artt. 180, 183 e 184 c.p.c., il legislatore della riforma mira ad abbreviare i tempi del processo. L’art. 180 muta rubrica (non più “udienza di prima comparizione e forma della trattazione”, ma “forma di trattazione”) e viene svuotato di contenuto realmente precettivo ed operativo; in esso vengono semplicemente enunciati il principio dell’oralità del processo (principio, peraltro, sostanzialmente tramontato) e l’obbligo del verbale. Buona parte di quello che era il contenuto dell’art. 180 viene trasferito nel nuovo art. 183 (“prima comparizione delle parti e trattazione della causa”), che scandisce le fasi che caratterizzano ora la prima udienza. Il nuovo art. 184, infine, viene completamente riformulato: incorporato il contenuto del precedente 1° comma nel nuovo art. 183 (comma 7), esso si esaurisce in unico comma che prevede l’udienza per l’assunzione dei mezzi di prova; la rubrica del 184 muta da “deduzioni istruttorie” in “udienza di assunzione dei mezzi di prova”.


La prima udienza, dunque, è ora quella disciplinata dall’art. 183, mentre in precedenza esistevano due “prime” udienze, quella di prima comparizione ex art.180 (impropriamente rubricata come tale, in quanto la comparizione non era, in verità, normativamente contemplata) e la prima di trattazione, prevista e disciplinata dall’art. 183. Nell’unica prima udienza, il giudice verifica la regolarità del contraddittorio, della costituzione delle parti e della notificazione della citazione in caso di mancata costituzione del convenuto, nonché l’eventuale nullità della comparsa di risposta. Soltanto ove una di dette verifiche abbia esito negativo (circostanza che si verifica in pochissimi casi), si avrà la fissazione di una nuova udienza.


Il 4° comma dell’art. 183 prevede il potere ufficioso del giudice di richiedere chiarimenti e di indicare le questioni rilevabili d’ufficio delle quali egli ritiene utile la trattazione, potere in precedenza esercitatile nella “seconda prima udienza” (la “prima udienza di trattazione”).


Il 6° comma prevede la facoltà per le parti di richiedere: 1) un ulteriore termine perentorio di trenta giorni per il deposito di memorie volte a precisare o modificare domande, eccezioni e conclusioni già proposte; 2) un termine perentorio di ulteriori trenta giorni per replicare alle domande ed eccezioni nuove o modificate o per proporre eccezioni che siano conseguenza di queste ultime e per l’indicazione dei mezzi di prova e produzioni documentali; 3) un termine perentorio di ulteriori venti giorni per le sole indicazioni di prova contraria. I suddetti termini perentori sono ora previsti in maniera fissa, mentre in precedenza il codice parlava di termini “non superiori a trenta giorni”. Come è stato osservato (1), rispetto al quadro delineato dalla legge 80, è stata sostanzialmente separata la fase di definizione di domande, eccezioni e conclusioni da quella di deduzioni dei mezzi istruttori.


A questo punto, il giudice può valutare se riservarsi, per provvedere – con ordinanza pronunciata fuori udienza – sulle richieste istruttorie, fissando l’udienza ex art.184 per l’assunzione dei mezzi di prova, ovvero se adottare una decisione in udienza (con possibile fissazione, oltre che del termine per il deposito delle memorie, anche di udienza ulteriore – e successiva al deposito predetto – per assumere determinazioni in merito). Resta salva la possibilità, già prevista dall’art. 184, di applicare l’art. 187 e, quindi, ritenuta implicitamente o esplicitamente la causa matura per la decisione, di invitare le parti a precisare le conclusioni.


La disciplina della comparizione personale delle parti è ora integralmente contenuta nell’art. 185, richiamato dal 3° comma dell’art. 183. La comparizione non è più obbligatoria, ma condizionata alla concorde richiesta dei difensori; in presenza di tale richiesta, il giudice fissa l’udienza per la comparizione personale delle parti, per interrogarle liberamente e poterne provocare la conciliazione. A norma del 2° comma dell’art. 185, il giudice può fissare udienza di comparizione personale delle parti ai sensi dell’art. 117 (per interrogarle liberamente sui fatti di causa). Scompare, nel nuovo sistema delineato dalla riforma, la valutabilità ai sensi dell’art. 116 (possibilità di desumere argomenti di prova dalla mancata comparizione senza giustificato motivo (in precedenza previsto dall’art. 183, c. 2).


Strettamente connessa con la nuova strutturazione della prima udienza è il novellato art. 167, che, al comma 2, impone ora al convenuto di proporre, in comparsa di risposta, non solo “le eventuali domande riconvenzionali”, come già prevedeva il vecchio 167, ma anche “le eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d’ufficio”; tali eccezioni, nel sistema previgente, dovevano essere proposte, a norma del 2° comma del vecchio 180, anteriormente alla prima udienza di trattazione ex 183, entro il termine fissato dal giudice.


Va segnalato, infine, che la l. 263 ha modificato il termine per comparire previsto dall’art. 163 bis, portandolo da 60 a 90 giorni ((da 120 a 150 se il luogo della notificazione si trova all’estero) ed ha introdotto due commi (5 e 6) all’art. 155; il comma 5 prevede che la proroga al primo giorno non festivo si applica anche agli atti processuali svolti fuori udienza che scadono nella giornata del sabato; il comma 6 chiarisce che resta fermo il regolare svolgimento delle udienze e di ogni altra attività giudiziaria, anche svolta dal personale amministrativo, nella giornata del sabato.


Le modifiche degli articoli richiamati nel presente paragrafo non si applicano ai giudizi civili pendenti all’entrata in vigore delle modiche stesse, fissata al 1°.3.2006.


E’ stato osservato (2) che, malgrado la riaffermazione del principio di oralità, il processo civile si avvia a diventare sempre più un processo scritto e che il legislatore tradisce chiaramente la volontà di limitare al minimo indispensabile il contatto diretto tra giudice e parti, nonché quello tra giudice e difensori. La soppressione dell’obbligatorietà dell’interrogatorio libero finalizzato alla realizzazione di risolutive conciliazioni – la comparizione personale delle parti è ora facoltativa – appare in piena sintonia con tale intento. E non casualmente si manifestano assonanze con il rito societario: il quale, infatti, può, ai sensi del novellato art. 70 disp. att., essere prescelto, come meglio si vedrà innanzi, sulla base della concorde volontà delle parti.


Il sensibile ridimensionamento della funzione dell’interrogatorio libero mostra la sfiducia del legislatore verso soluzioni conciliative endo-processuali e si presenta dissonante rispetto al sistema delineato dalla riforma Acone-Lipari del 1990, alla quale pur si ispira, in buona parte, il legislatore della riforma del 2005. Il sistema del 1990 prevedeva, infatti, una effettiva prima udienza di trattazione che consentiva, attraverso una rapida sequenza di attività, un avvio rapido del processo dinanzi ad un giudice adeguatamente al corrente dei fatti di causa. La controriforma attuata con i decreti del 1995 aveva smantellato la rigida maglia di preclusioni fissate dal legislatore del 1990, neutralizzando il rischio di decadenze attraverso un innaturale e dispendioso sdoppiamento della prima udienza. La riforma del 2005 ha ricostruito la unicità della prima udienza, la cui nuova strutturazione, sfrondato il processo da meccanismi farraginosi e da attività rivelatesi inutili nella quasi totalità delle controversie, può effettivamente permettere una riduzione dei tempi della giustizia civile, a condizione, peraltro, che questa possa fruire di risorse adeguate.




2.2 – La possibilità di optare per il rito societario; cenni a tale rito.


Forte potenzialità innovativa ha il nuovo art.70 ter disp.att. c.p.c., in virtù del quale l’attore ha la possibilità di proporre al convenuto o ai convenuti di adottare il rito societario di cui al d.lgs. n.5/2003; il convenuto, se intende accogliere tale proposta, deve notificare la comparsa di risposta ai sensi dell’art.4 del predetto decreto, entro un termine non inferiore a sessanta giorni dalla notificazione della citazione, ma inferiore di almeno dieci giorni al termine indicato ai sensi del primo comma dell’art.163-bis c.p.c.. Se tutti i convenuti accettano di notificare la comparsa di risposta come previsto dal 1° comma dell’art. 70 ter, “il processo prosegue nelle forme e secondo le modalità previste dal decreto lgs. 5/2003”. Se, invece, uno soltanto dei convenuti si costituisce in cancelleria secondo le modalità previste dal codice di procedura, il processo prosegue secondo il rito ordinario disciplinato dal codice stesso. Restano valide le costituzioni di altri convenuti che abbiano notificato la propria comparsa secondo il rito societario: essi dovranno, però, integrare la propria costituzione con il deposito del fascicolo in cancelleria anteriormente all’”unica” prima udienza.


Serie difficoltà applicative e interpretative possono sorgere nel caso che sia pretermessa una delle parti necessarie del processo: sembra doversi ritenere che a detta parte non possa essere disconosciuto il potere di incidere, pur successivamente, sulla scelta del rito da seguire: la sua volontà di aderire al rito societario prescelto consentirà di ritenere definitivamente radicata l’adozione di detto rito; viceversa, l’eventuale opzione per il rito ordinario renderà necessaria la trasformazione del rito da societario in ordinario.


Il rito societario, che mutua dal processo del lavoro il principio di completezza della trattazione, si caratterizza per il fatto che l’udienza perde la propria centralità nella sequenza di atti che portano la causa a divenire matura per la trattazione. Sarà la parte che per prima ritiene raggiunta tale stadio – dopo lo scambio ripetuto di repliche – a chiedere la fissazione dell’udienza, depositando in cancelleria istanza contenente le conclusioni di rito e di merito. Il cancelliere, ai sensi dell’art.12, decorsi dieci giorni dal deposito di detta istanza, presenta “senza indugio” al presidente il fascicolo contenente tutti gli atti e documenti depositati dalle parti.


Il ruolo svolto dal giudice nel rito societario è stato da alcuni visto come svilito da una gestione iniziale del processo affidata preminentemente ai difensori, da altri come valorizzato e potenziato in considerazione del fatto che la fissazione dell’udienza da lui decretata presuppone che la conoscenza della causa sia piena e che da essa egli possa trarre le proprie conclusioni, potendo indicare le questioni rilevabili d’ufficio o ritenere senz’altro matura la causa per la decisione (3).


Il legislatore del d.lgs. n. 5/2003 ha previsto, accanto al rito societario ordinario, riti sommari. Per quanto manchi nell’art. 70 ter espresso richiamo a detti riti, tuttavia il fatto che il 2° comma preveda il proseguimento del processo “nelle forme e secondo le modalità previste dal d. lgs. 5/2003” conduce a ritenere applicabili i riti in questione, con esclusione, però, del processo sommario di cognizione e del procedimento in camera di consiglio, perché specificatamente preordinati alla definizione di particolari controversie societarie.


La previsione di riti societari speciali consente a chi agisce in giudizio di valutare il grado di tutela che intende conseguire, esercitando l’opzione tra il rito societario ordinario, che consente il raggiungimento di esiti esaurientemente satisfattivi dell’interesse di cui viene invocata la protezione, ed uno dei riti sommari espressamente disciplinati, che consentono di realizzare in tempi più rapidi forme differenziate di tutela non piena, modulate secondo le esigenze che connotano l’interesse stesso in relazione alla eventuale concreta tutelabilità attraverso decisioni cautelarmene orientate (art. 23, c.1 D. Lgs. n. 5/2003), alla saldezza della propria linea difensiva a fronte della precarietà delle argomentazioni di controparte (art. 19), alla non necessarietà di completezza della cognizione (art. 24), alla situazione di contumacia della controparte (art. 13). L’articolato strumentario in cui si diluisce il complesso sistema processuale “rito societario” è stato visto da alcuni quale indice del carattere elitario delle controversie alle quali è destinato il rito societario ordinario, da altri quale positivo segnale della elasticità e ricchezza del nuovo processo delineato dal legislatore.


La possibilità ora offerta dal legislatore di estendere il rito societario ad ogni tipo di causa comporta, peraltro, il rischio che il senso di tale ultimo positivo giudizio receda dinanzi alla rilevanza che assume la realizzata configurazione di due riti ordinari alternativi a cognizione piena previsti per la tutela dello stesso genere di diritti; duplicità (o “duplicazione”, ove si accogliesse il giudizio di radicale svalorizzazione dei pregi del rito in questione) che, d’altro canto, potrebbe non avere un apprezzabile futuro riscontro nella realtà, considerato che il rito societario non è stato accolto con favore dalla classe forense e che, quindi, l’opzione di cui all’art. 70 ter potrebbe non essere frequentemente esercitata.


Il rito societario è rito tipicamente, ma non esclusivamente, collegiale (v. art.1, c.3). Il codice di procedura, all’art. 50 bis, stabilisce quali sono le cause nelle quali il Tribunale giudica in composizione collegiale; l’art.50 ter fissa il criterio della residualità (rispetto al “collegiale”) per l’individuazione delle cause da trattarsi in composizione monocratica. Considerato, dunque, che il rito societario non è ontologicamente refrattario alla trattazione in composizione monocratica (la disciplina del procedimento relativo si esaurisce, peraltro, nel richiamo alle regole compatibili, col monocratico, del procedimento in collegiale (v. art.18, c.1)) non dovrebbero esservi dubbi sulla sopravvivenza degli artt. 50 bis e 50 ter del c.p.c. rispetto alla scelta delle parti di adottare il rito societario, con conseguente trattazione della causa con il rito societario e secondo le regole del procedimento in monocratico nelle ipotesi non contemplate dal 50 bis, ai sensi del 50 ter.




2.3 – Le nuove modalità di comunicazione dei provvedimenti del giudice.


Sulla scia di quanto già previsto dal D.Lgs. 5/2005 per il rito societario, la legge 80/2005, per semplificare e snellire le procedure, ha previsto che le comunicazioni della cancelleria possano essere effettuate anche a mezzo telefax o a mezzo posta elettronica. In particolare, i nuovi articoli 133 (“pubblicazione e comunicazione della sentenza”, in vigore dal 17.3.2005), 134 (“forma , contenuto e comunicazione dell’ordinanza”, anch’esso in vigore dal 17.3.2005), 176, 2° comma (in vigore dal 17.3.2006), per le ordinanze pronunciate fuori udienza dal giudice istruttore, 183, 10° comma, per le ordinanze pronunciate fuori udienza sull’ammissibilità dei mezzi di prova, prevedono che il difensore indichi “nel primo scritto difensivo utile” (l’art. 183, c. 10 contiene, per l’uso del telefax, riferimento generico agli “atti difensivi”) il numero di fax o l’indirizzo di posta elettronica presso cui dichiara di volere ricevere la comunicazione”. Tali modalità, a prescindere dalle concrete possibilità applicative di cui si dirà, costituiscono una semplice facoltà per le cancellerie; l’indicazione del difensore appare, invece, obbligatoria, per quanto la relativa omissione non sia in alcun modo sanzionata e pur tenendo conto che l’indicazione stessa possa essere effettuata anche in atto successivo alla fase introduttiva del giudizio. La legge 263 ha previsto dette forme di trasmissione anche: 1) per le comunicazioni, a mezzo biglietto di cancelleria, del cancelliere previste dall’art. 136, aggiungendo a detto articolo il comma 3; 2) per lo scambio di comparse e memorie tra le parti nel corso del procedimento, previa autorizzazione del giudice per singoli atti (nuovo comma 4 dell’art.170, che ha previsto che si dia comunicazione alla cancelleria del giudice che ha emesso la sentenza impugnata, ove la modalità speciale di trasmissione riguardi atto di impugnazione).


Le novellate disposizioni di cui agli artt. 136, 170, 183 non si applicano ai giudizi civili pendenti alla data del 1°.3.2006, data di entrata in vigore delle medesime.


Tutte le suddette norme dispongono che le comunicazioni a mezzo telefax e posta elettronica devono essere fatte nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione (il 183, c. 10 non fa riferimento anche alla ricezione) dei documenti informatici e teletrasmessi.


Per quanto riguarda il telefax, in assenza di specifiche norme che ne disciplinino l’uso nel processo civile, sembra doversi ritenere che la comunicazione possa essere validamente effettuata con tale mezzo a condizione che il rapporto di trasmissione rilasciato indichi l’avvenuta ricezione da parte del destinatario (e ciò sarà possibile soltanto se il telefax del destinatario sia adeguatamente settato), oppure che quest’ultimo ritrasmetta il documento recante la propria firma in segno di avvenuta ricezione.


Per quanto riguarda, in generale, l’informatizzazione del processo civile, importanza fondamentale ha il D.P.R. 123/13.2.2001, che ha dato vita al fascicolo informatico, i cui atti vengono redatti in forma informatica e siglati con la firma digitale (4). Il decreto stesso, che consente di effettuare le notificazioni e le comunicazioni alle parti via e-mail, stabilisce espressamente che tutte le attività di trasmissione, comunicazione o notificazione dei documenti informatici è effettuata per via telematica attraverso il Sistema Informatico Civile (S.I.C.), definito “sottosistema delle risorse del dominio giustizia mediante il quale l’Amministrazione della giustizia tratta il processo civile” (la premessa legislativa da cui prende le mosse il progetto del processo telematico risale al 1992 con l’emanazione delle norme sul “completamento del processo di informatizzazione delle amministrazioni pubbliche”). Va precisato che l’automazione del processo informatico non consiste in una modifica delle regole procedurali, ma nel radicale cambiamento dei mezzi di trasmissione e notificazione degli atti (5). Occorre, poi, citare il D.P.R. 28.12.2000, n. 445 (T.U. sulla documentazione amministrativa), il D.M. 14 .10.2004, che ha dettato le regole tecnico-operative per l’uso di detti strumenti informatici e telematici, il D.P.R. 11.2.2005, n. 68, con il quale è stato emanato il Regolamento recante disposizioni per l’utilizzo della posta elettronica certificata, e il D.Lgs. 7.3.2005, n. 82, con il quale è stato emanato il codice dell’Amministrazione digitale.


Evidenziato che il D.M. 14.10.2004 ha dettato le regole tecniche che presiedono all’avvio del processo telematico, che il D.P.R. 68/2005 prevede l’uso della posta elettronica certificata attraverso l’ausilio di gestori qualificati ed iscritti, a domanda, in pubblici elenchi e che, in base al codice dell’Amministrazione digitale D. Lgs 82/05), il documento informatico sottoscritto con firma digitale ha valore probatorio di scrittura privata (art. 2702 c.c.), va preso atto che i novellati artt. 133, 134, 136, 170, 176 e 183 sono stati pensati in funzione del processo telematico e che la loro concreta applicabilità, in relazione all’uso della posta elettronica, è subordinata ad un complessa opera di ammodernamento delle apparecchiature informatiche degli uffici, sia con riguardo al software che con riguardo all’hardware.


Strettamente collegato alle innovazioni contenute negli articoli sopra commentati, è il novellato art. 250 (in vigore dal 17.3.2005), che mirando a semplificare le citazioni dei testimoni, consente al difensore di procedere direttamente alla intimazione degli stessi, inviando raccomandata R.R.. Sarà onere del difensore depositare, successivamente, in cancelleria copia dell’atto inviato, con l’attestazione di conformità al documento spedito al testimone, e la ricevuta di ritorno. Anche per il difensore è prevista la possibilità di avvalersi del telefax o della posta elettronica. Con riguardo all’utilizzo di tale ultimo mezzo di trasmissione, va precisato che, essendo i destinatari della trasmissione soggetti estranei all’Amministrazione, non sarà possibile avvalersi del SIC, ma sarà necessario servirsi della posta elettronica certificata ex D.P.R. 11.2.2005, n. 68.




2.4 Ulteriori modifiche apportate dalla legge 263.


Tra le ulteriori modifiche apportate dalla legge 263, riteniamo opportuno segnalare:1) l’obbligo di esplicitare “gli altri giusti motivi” (rispetto alla soccombenza reciproca) nella motivazione della compensazione delle spese (art. 92, c. 2); 2) la semplificazione delle modalità attraverso le quali l’ordinanza ex art. 186 – quater (ordinanza successiva alla chiusura dell’istruzione) acquista l’efficacia della sentenza: in precedenza, era previsto che la parte potesse rinunciare alla sentenza con atto notificato e depositato, mentre ora l’efficacia della sentenza impugnabile discende dalla semplice inerzia della parte, cioè dalla mancata manifestazione, entro trenta giorni, della volontà che sia pronunciata sentenza; 3) l’abrogazione della previsione di cui alla arte finale dell’art. 256, in base alla quale il giudice poteva ordinare l’arresto del testimone che rifiutasse di deporre o dichiarasse il falso.



3Modifiche al processo esecutivo; procedure pendenti al 1°.3.2006.


Il legislatore ha incisivamente modificato le procedure esecutive, rimodellando una disciplina ormai divenuta obsoleta alla luce dei profondi cambiamenti verificatisi negli ultimi decenni, soprattutto nel mondo economico.


Una premessa va fatta che per quanto riguarda il diritto transitorio: la legge 263 ne ha razionalizzato la disciplina; al riguardo, infatti, le previsioni della legge 80 avevano destato non poche perplessità. L’entrata in vigore delle nuove disposizioni, fissata ora al 1°.3.2006, va riferita anche alle procedure pendenti a tale data. Nel caso in cui sia stata già ordinata la vendita, questa si svolge con l’osservanza delle vecchie norme; l’intervento dei creditori non muniti di titolo esecutivo conserva efficacia se avvenuto prima del 1°.3.2006. La legge 263 ha anche eliminato la precedente discrasia, esistente nella legge 80, tra la suddetta regola generale di applicabilità delle nuove norme del c.p.c. alle procedure in corso e la non applicabilità a queste ultime delle disposizioni di attuazione: anche queste, ora, si applicano alle procedure in corso al 1°.3.2006.




3.1 Il titolo esecutivo.


Il legislatore della riforma, riformulando l’art. 474 c.p.c., ha ampliato il novero degli atti aventi efficacia esecutiva.


Per quanto riguarda gli atti giudiziali, accanto alle sentenze e ai provvedimenti, al comma 2 n. 1, sono indicati anche gli “altri atti”; il nuovo n. 1 è, pertanto, il seguente: “le sentenze, i provvedimenti e gli altri atti ai quali la legge attribuisce espressamente efficacia esecutiva”. Fra detti “altri atti” vanno particolarmente segnalati i verbali di conciliazione.


Nell’ambito degli atti stragiudiziali, l’art. 474, c. 2 aggiunge all’elenco dei titoli esecutivi le scritture private autenticate. Si tratta di atti per i quali il notaio si limita ad attestare che la sottoscrizione è stata apposta in sua presenza, senza operare alcun controllo di conformità del contenuto degli stessi ai principi dell’ordinamento giuridico.


Le scritture private autenticate, salva diversa volontà delle parti, vengono restituite alle parti stesse. Di qui il pericolo della concreta impossibilità di utilizzare tali scritture come titoli esecutivi, atteso che per apposizione della formula esecutiva è necessario che l’atto sia custodito dal pubblico ufficiale.


L’attribuzione dell’efficacia di titolo esecutivo alle scritture private autenticate sembra rafforzare la tesi, per la verità minoritaria, per la quale il notaio sarebbe tenuto ad estendere il proprio controllo al contenuto dell’atto.


E’ stato osservato (6) che l’aver annoverato le scritture private autenticate tra i titoli esecutivi comporterà, per un verso, un effetto deflattivo con riguardo alle procedure giudiziarie volte ad ottenere un titolo esecutivo, per altro verso, un aumento del numero delle opposizioni esecutive, con conseguente valorizzazione del ruolo del giudice delle opposizioni stesse, che eserciterà un più rilevante controllo nel merito. Giudice al quale viene ora riconosciuta (art. 615, c. 1) il potere di sospendere, su istanza di parte, ove ricorrano gravi motivi, l’efficacia esecutiva del titolo. Può, dunque, ragionevolmente sostenersi che il nuovo sistema agevoli il “formarsi” del titolo esecutivo, posticipando il controllo giudiziario sulla effettiva sussistenza del diritto di credito.


La legge 263 ha integrato il terzo comma dell’art. 474 con la previsione che l’atto di precetto deve contenere, ai sensi dell’art. 480, c. 2, la trascrizione integrale delle scritture private autenticate che contemplino obbligazioni di somme di denaro.


Il novellato art. 476 prevede che, in caso di rilascio di ulteriore copia in forma esecutiva, senza autorizzazione del capo dell’ufficio – in caso di provvedimento – e del Presidente del Tribunale negli altri casi, la sanzione pecuniaria (comminata con decreto del capo dell’ufficio o del Presidente del Tribunale) varia da un minimo di 1000 euro ad un massimo di 5000 euro (in precedenza, era prevista una pena pecuniaria non superiore a 5 euro).




3.2 – Pubblicità degli avvisi.


In tema di pubblicità degli avvisi, resta invariato il 1° comma dell’art. 490, che prevede l’affissione per tre giorni continui nell’albo dell’ufficio giudiziario. Del tutto nuovo è il 2°comma, il quale prevede che: 1) per l’espropriazione di beni immobili e di beni mobili registrati di valore superiore a euro 25.000, l’inserimento dell’avviso anche in appositi siti internet; 2) la fissazione – per l’inserzione in siti internet – di un termine di almeno 45 giorni prima del termine per la presentazione delle offerte o della data dell’incanto; 3) la pubblicazione, insieme all’avviso e a copia dell’ordinanza del giudice, su siti internet anche della relazione di stima, il cui contento è ora indicato dall’art. 173 – bis disp. att. introdotto dal legislatore della riforma. Attraverso la pubblicità che andrà data alla relazione di stima, sarà finalmente consentito agli interessati acquisire ogni utile notizia riguardante l’immobile, prima di presentare proposte di acquisto.




3.3 – Il pignoramento.


Con riguardo all’art. 492 (“forma del pignoramento”) sono intervenute modifiche anche ad opera del disegno di legge 3752; di esse si terrà conto nel commento che segue.


Con la modifica apportata al 2° comma dell’art. 492, il legislatore ha inteso evitare che il debitore, come spesso è avvenuto sinora, riesca ad ostacolare la procedura esecutiva, dilatandone sensibilmente i tempi. Il debitore è parte della procedura esecutiva e, in quanto tale, ha diritto ad essere informato delle attività che segnano lo svolgimento della procedura stessa. Egli, peraltro, subisce l’iniziativa del creditore procedente e, normalmente, non ha interesse alla rapida conclusione del processo.


Tenendo conto di tutto ciò, il legislatore ha disposto che il pignoramento contenga anche l’invito rivolto al debitore ad effettuare, presso la cancelleria, la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio in uno dei Comuni ove ha sede il giudice dell’esecuzione, con l’avvertimento che, in mancanza di dichiarazione ovvero di irreperibilità presso il domicilio eletto o la residenza dichiarata, le notifiche e le comunicazioni a lui dirette saranno effettuate presso la cancelleria dello stesso giudice.


Anche il pignoramento immobiliare, che normalmente è predisposto dall’avvocato del creditore anche con riguardo all’ingiunzione, dovrà contenere detto invito, che resta comunque atto dell’ufficiale giudiziario.


Il mancato invito, lungi dall’avere implicazioni negative sulla validità dell’atto di pignoramento, impedirà semplicemente il sorgere dell’onere di dichiarare la residenza o di eleggere il domicilio; conseguentemente, le successive notificazioni e comunicazioni non potranno essere effettuate in cancelleria. Dal momento dell’effettuazione dell’invito formale e sino alla eventuale dichiarazione o elezione, le notificazioni e le comunicazioni saranno effettuate, invece, in cancelleria.


La legge 263 ha previsto un terzo comma in virtù del quale il pignoramento deve contenere anche l’avvertimento che il debitore, ai sensi dell’art. 495 (“conversione del pignoramento”), può chiedere di sostituire alle cose o ai crediti pignorati una somma di denaro.


Con gli ultimi commi aggiunti all’art. 492, il legislatore ha ampliato le competenze dell’ufficiale giudiziario in materia di pignoramento.


Di scarsa utilità pratica, attesa l’assenza di interesse del debitore a prestare la collaborazione richiestagli, si rilevano, peraltro, le disposizioni contenute nei commi 4 e 6 in base alle quali l’ufficiale giudiziario, di propria iniziativa (comma 4) o su richiesta del creditore procedente ove vi sia stato intervento di altri creditori (comma 6) , invita il debitore ad indicare i beni utilmente pignorabili e i luoghi in cui si trovino, nel caso in cui i beni assoggettati a pignoramento si rilevino insufficienti a soddisfare il creditore procedente ovvero per gli stessi appaia manifesta la lunga durata della liquidazione (comma 4) e nel caso in cui in cui il compendio pignorato sia divenuto insufficiente a seguito dell’intervento degli altri creditori (comma 6).


E’ controverso, se nell’ipotesi di cui al 6° comma, l’eventuale indicazione di ulteriori beni da parte del debitore produca automaticamente – con la verbalizzazione di cui al 5° comma – l’estensione del pignoramento. La tesi favorevole a detto automatismo fa leva sull’argomento letterale offerto dal comma 6, che prevede che l’ufficiale giudiziario proceda “ai sensi dei precedenti commi” (e quindi provveda anche a redigere verbale produttivo dell’estensione del pignoramento, ex comma 5).


Maggiore rigore sistematico appare, però, caratterizzare la tesi che vede nell’invito ex comma 6 il mero strumento procedurale volto a consentire la successiva iniziativa del creditore procedente – prevista dall’art. 499, c. 4 e richiamata dallo stesso comma 6 – consistente nell’invito ai creditori intervenuti ad estendere il pignoramento ai beni oggetto di indicazione da parte del debitore. L’invito dell’ufficiale giudiziario e la successiva indicazione eventuale da parte del debitore consentono, dunque, al creditore procedente di conoscere i beni ulteriormente pignorabili e di poter indicare questi ultimi agli intervenuti; l’estensione del pignoramento avviene ad iniziativa (eventuale) di questi ultimi.


Importante novità è quella prevista dal comma 7 dell’art.492. L’ufficiale giudiziario , in ogni caso, quindi anche prima del pignoramento (7), può, su richiesta del creditore (il dis.l. 3752 elimina il presupposto della previa autorizzazione del giudice), ampliare la ricerca rivolgendosi ai soggetti gestori dell’anagrafe tributaria e di altre banche dati pubbliche. In tal modo è possibile svolgere accertamenti sull’intero patrimonio del debitore risultante all’anagrafe tributaria. Disposizioni particolari sono introdotte dal dis.l. 3752 con riguardo all’ipotesi in cui il debitore sia un imprenditore commerciale (c. 8).


In ordine alla conversione del pignoramento, il novellato art.495 introduce due importanti novità.


La prima consiste nella precisazione dell’ultimo momento utile per la presentazione dell’istanza di conversione (comma 1). La disciplina precedente prevedeva che tale istanza potesse essere presentata “in qualsiasi momento anteriore alla vendita”; nella giurisprudenza si era andato affermando l’orientamento che individuava l’ultimo momento utile nella aggiudicazione definitiva del bene. Interpretazione, questa, poco pensosa della posizione degli aggiudicatari (di regola, invero, oggetto di minore considerazione rispetto a creditori e debitori), che si palesava particolarmente precaria in quanto esposta al rischio della sospensione della emissione del provvedimento di trasferimento del bene sino al decorso del termine per le offerte in aumento di sesto o, in caso di presentazione di offerte in aumento, sino alla conclusione della successiva gara.


La nuova norma esclude questi rischi e chiarisce che il momento oltre il quale non è più possibile la presentazione dell’istanza di conversione è dato dalla emissione dell’ordinanza di vendita o di assegnazione (“prima che sia disposta la vendita o l’assegnazione…, il debitore può chiedere…”).


La seconda novità di rilievo consiste nell’aumento dei precedenti nove mesi negli attuali diciotto mesi quale periodo massimo per la rateizzazione del pagamento delle somme dovute ai creditori (comma 4). Considerato che la conversione consente il pieno soddisfacimento di tutti i creditori (“il debitore può chiedere di sostituire…una somma di denaro pari, oltre alle spese di esecuzione, all’importo dovuto al creditore pignorante e ai creditori intervenuti, comprensivo del capitale, degli interessi e delle spese”), non può che vedersi con favore l’ampliamento delle possibilità di concreta applicazione dell’istituto in questione.


Per quanto riguarda l’intervento dei creditori, il legislatore della riforma, col nuovo art. 499, guardando con disfavore a quei soggetti che, invece di affrontare i costi giudiziari necessari per procurarsi un titolo esecutivo, preferivano intervenire nella procedura instaurata da altri creditori nei confronti dello stesso debitore, ha stabilito, con una disciplina valida per ciascun tipo di espropriazione (sono abrogate disposizioni riguardanti specificatamente l’esecuzione mobiliare e l’esecuzione immobiliare), che, di regola, per poter intervenire nella procedura esecutiva il creditore deve vantare nei confronti del debitore un credito fondato su un titolo esecutivo.


Le eccezioni sono previste in favore dei creditori che al momento del pignoramento, avevano eseguito un sequestro sui beni pignorati, ovvero avevano un diritto di prelazione (creditori che, per effetto della purgazione del bene, sono esposti al rischio di perdere la garanzia); ulteriore eccezione è stata introdotta dalla l. 263 in favore dei titolari di un credito di somma di danaro risultante dalle scritture contabili di cui all’art. 2214 c.c.


In base alla l. 80, il soddisfacimento di tali creditori era subordinato al conseguimento del titolo esecutivo. La l. 263 prevede che detti creditori partecipino alla distribuzione della somma ricavata per l’intero ovvero per la parte di credito riconosciuta. In caso di disconoscimento, i creditori hanno invece diritto, previa istanza e purchè dimostrino di avere proposto azione per munirsi di titolo esecutivo, all’accantonamento delle somme che ad essi spetterebbero (art. 499, c. 6, che richiama l’art. 510, c. 3).


La stessa l. 283 ha, inoltre, previsto che il ricorso per intervento debba essere depositato prima che sia tenuta l’udienza in cui è disposta la vendita o l’assegnazione a norma degli artt. 530, 552 e 569 (art. 499, c. 2); che, in caso di intervento fondato sulle scritture contabili di cui all’art. 2214 c.c., al ricorso sia allegato l’estratto autentico notarile delle medesime scritture (ancora c. 2); che, con l’ordinanza con cui è disposta la vendita o l’assegnazione ai sensi degli artt. 530, 552 e 569, il giudice fissa altresì udienza di comparizione del debitore e dei creditori intervenuti privi di titolo esecutivo (c. 5); che, in caso di mancata comparizione del debitore, si intendono riconosciuti i crediti degli intervenuti privi di titolo esecutivo e che il riconoscimento, in ogni caso, rileva ai soli effetti dell’esecuzione (c. 6).


Con il novellato art. 499 (c. 4), il legislatore ha attribuito carattere di generalità all’istituto dell’estensione del pignoramento, in precedenza previsto soltanto per la espropriazione mobiliare: il creditore ha facoltà di indicare ai creditori chirografari muniti di titolo esecutivo l’esistenza di altri beni utilmente pignorabili e di invitarli ad estendere il pignoramento; con riguardo ai creditori chirografari non muniti di titolo esecutivo, il predetto articolo prevede che il creditore provveda direttamente all’estensione del pignoramento, ma l’intervenuto deve anticipare le spese necessarie per l’estensione.



4 – L’espropriazione immobiliare; presentazione della documentazione e nomina dell’esperto.


Il legislatore ha apportato importanti innovazioni in materia di liquidazione forzata, ispirate al raggiungimento di una maggiore diffusione delle notizie concernenti la vendita, alla abbreviazione dei tempi di durata delle procedure, al potenziamento dell’istituto della delega delle operazioni di vendita. Le nuove norme dovrebbero condurre a procedure più brevi e alla realizzazione di ricavati più consistenti.


La riforma è stata particolarmente incisiva, determinando una trasformazione radicale del sistema delle esecuzioni immobiliari.


Particolare importanza assume la scelta di abbandonare il meccanismo della libera scelta, da parte del giudice dell’esecuzione, tra vendita senza incanto e vendita con incanto; quest’ultima – eventualmente delegata ai notai – aveva finito col prevalere nettamente nelle prassi degli uffici giudiziari. Con la riforma, la vendita senza incanto –sistema che consente di porre un freno alle operazioni speculative e alle turbative d’asta – diventa fase necessaria (art. 569, c. 3), alla quale segue, in caso di esito negativo, la vendita con incanto, configurata, quindi, come fase successiva ed eventuale. Il procedimento, nella sua interezza, può, poi, essere delegato a notaio o ad alcuno dei professionisti indicati nel nuovo art. 591 bis (in precedenza la delega era possibile solo in favore dei notai).


Altra importante ed opportuna innovazione è costituita dalla possibilità che il termine (che viene raddoppiato: da 60 a 120 giorni dal deposito del ricorso), entro il quale la documentazione prescritta deve essere depositata in cancelleria, possa essere prorogato una sola volta, per giusti motivi e per una durata non superiore ad ulteriori 120 giorni (567, c. 3), su istanza dei creditori o dell’esecutato. Spesso, infatti, la mancata produzione della documentazione dipendeva da ritardi delle Amministrazioni tenute al rilascio di certificati ed estratti. Il riferimento generico ai “creditori” dovrebbe consentire di ritenere che legittimati a chiedere la proroga siano anche i creditori sforniti di titolo esecutivo (8). Scomparsa, poi, nel nuovo art. 567, la previsione che la documentazione possa essere presentata “anche a cura di un creditore intervenuto munito di titolo esecutivo”, dovrebbe ritenersi che qualsiasi creditore concorrente possa depositare la documentazione prescritta.


La l. 263 è ulteriormente intervenuta in favore dei creditori, prevedendo che il giudice possa assegnare un termine di 120 giorni quando egli ritiene che la documentazione presentata debba essere completata (comma 3).


Ulteriore importante novità introdotta col nuovo art. 567 è costituita dalla sostituzione della sanzione dell’estinzione del processo (precedente 4° comma) – nel caso di mancato deposito della documentazione nei termini prescritti – con la sanzione dell’inefficacia del pignoramento, dichiarata con ordinanza, relativamente a quei beni per i quali non è stata depositata detta documentazione – in caso di mancata istanza di proroga, di mancata concessione della stessa o di mancata integrazione della documentazione entro il termine assegnato . In caso di pluralità di immobili, quindi, la procedura potrà continuare con riguardo a quei beni per i quali è stato adempiuto l’onere del deposito della documentazione.


Col nuovo art. 569, il legislatore ha poi provveduto a disporre una ulteriore misura acceleratoria consistente nella previsione che l’esperto sia nominato con l’ordinanza con cui, entro trenta giorni dal deposito della documentazione, il giudice fissa l’udienza per la comparizione delle parti. Il giuramento dell’esperto avviene fuori udienza (“convocandolo dinanzi a sé per prestare giuramento”), senza previa instaurazione del contraddittorio delle parti (l’esperto, secondo prevalente giurisprudenza, non è un consulente tecnico di ufficio). Viene, in tal modo, evitato lo svolgimento di due distinte udienze, destinate – la prima – alla audizione delle parti e alla nomina dell’esperto (secondo la prassi determinatasi in molti uffici giudiziari) e – la seconda – alla prestazione del giuramento.


Altra misura acceleratoria è costituita dalla previsione, di cui all’art. 569, c.3, che l’ordinanza che dispone la vendita indichi le modalità di svolgimento non solo della fase necessaria della vendita senza incanto, ma anche della fase eventuale della vendita con incanto, restando così eliminato l’ulteriore eventuale momento processuale dedicato alla determinazione delle modalità di tale seconda fase.


Tornando alla nomina dell’esperto, la riforma ha previsto, ad ogni modo, con l’art. 173 bis disp.att., c. 4, un contraddittorio posticipato, imperniato sul contenuto della redazione di stima: le parti che abbiano inviato, almeno quindici giorni prima, note all’esperto possono depositare in udienza le note stesse. In tal modo, la relazione di stima diventa, anche grazie al potenziato sistema di pubblicità, la fonte essenziale di notizie riguardanti l’immobile, sia per i soggetti della procedura esecutiva, sia per coloro che siano interessati all’acquisto dei beni.




4.1 La vendita senza incanto e la vendita con incanto; le offerte dopo l’incanto.


Per quanto riguarda la disciplina della vendita senza incanto, giova premettere che la l. 263 ha novellato l’art. 570 (avviso della vendita), stabilendo che il pubblico avviso dell’ordine di vendita ad opera del cancelliere deve contenere anche l’indicazione del sito internet sul quale è pubblicata la relazione di stima, nonché del nome e del recapito telefonico del custode nominato in sostituzione del debitore. Va, poi, precisato che è stato espressamente previsto (art. 571, c. 4) che l’offerta deve essere presentata in busta chiusa; all’esterno di quest’ultima, il cancelliere deve annotare il nome, previa identificazione, della persona che provvede materialmente al deposito, il nome del giudice dell’esecuzione o del professionista delegato ex art. 591 bis e la data dell’udienza fissata per l’esame delle offerte. Quindi, può ritenersi che, anche in caso di delega la professionista delle operazioni di vendita, le offerte debbano essere presentate in cancelleria.


La l. 263 ha sancito, col nuovo 3° comma dell’art. 571, l’irrevocabilità dell’offerta, precisando le relative eccezioni.


Lo svolgimento della fase della vendita con incanto è previsto, dall’art.569, c. 3, in caso di mancanza di offerte di acquisto entro il termine stabilito, di inefficacia delle offerte per i motivi di cui all’art. 571, c. 2 (offerte fuori termine, offerte inferiori al prezzo fissato, mancata prestazione della cauzione nella misura prevista), di ricorrenza di una delle ipotesi di cui all’art. 572, c. 3 (offerta inferiore al valore dell’immobile aumentato di un quinto con relativo dissenso del creditore procedente, offerta inferiore e ritenuta opportunità, da parte del giudice, di procedere all’incanto), di mancato svolgimento della vendita senza incanto “per qualsiasi altra ragione”.


Con riguardo a tale fase, il legislatore, allo scopo di favorire la partecipazione alla gara di un cospicuo numero di offerenti, ha stabilito precisa limitazione all’ammontare della cauzione – che non deve superare il decimo del prezzo base d’asta, art. 576 – e ha eliminato l’obbligo del deposito dell’ammontare approssimativo delle spese di vendita, in precedenza previsto dall’art. 580, c. 1 quale condizione per offrire all’incanto (permane la condizione di aver prestato cauzione).


Se l’offerente non diviene aggiudicatario, la cauzione viene restituita immediatamente dopo la chiusura dell’incanto (art. 580, c. 2); ma, nel caso di mancata partecipazione all’incanto senza documentato e giustificato motivo, un decimo della cauzione “è trattenuto come somma riveniente a tutti gli effetti dall’esecuzione”.


Scarsamente efficace appare, peraltro, la sanzione in discorso, che difficilmente potrà arginare il fenomeno delle intimidazioni delle organizzazioni criminali volte a far disertare le aste (9). Deve, poi, osservarsi che detta sanzione appare inapplicabile in caso di partecipazione all’asta senza formulazione di offerta, allorché l’asta stessa si concluda con l’aggiudicazione ad altro partecipante.


In ordine alle offerte dopo l’incanto, importanti innovazioni sono costituite dall’ammontare dell’offerta in aumento, che deve ora essere superiore almeno di un quinto rispetto al prezzo di aggiudicazione provvisoria (art. 584, c. 1) – in precedenza, doveva essere inferiore di almeno un sesto – e dalla misura della cauzione, che deve essere pari al doppio della cauzione fissata per la partecipazione all’incanto (art. 584, c. 2) – in precedenza, doveva essere non inferiore ad un decimo del prezzo offerto.


Per effetto del richiamo all’art. 571 operato dal 2° comma dell’art. 584, anche le offerte in aumento devono essere presentate in cancelleria in busta chiusa. Per quanto riguarda la legittimazione a partecipare alla gara in aumento – in ordine alla quale nulla disponeva il codice e varie erano le soluzioni prospettate dalla giurisprudenza – il legislatore della riforma ha espressamente stabilito che essa spetti agli offerenti in aumento, all’aggiudicatario e agli offerenti al precedente incanto che integrino la cauzione entro il termine fissato dal giudice.




4.2 – La nuova disciplina della custodia.


Con il novellato art., 559, sono stati ampliati i casi di sostituzione del custode, figura che, quasi sempre coincideva, in precedenza, con lo stesso debitore. Confermata l’ipotesi di sostituzione su istanza del creditore pignorante o di un creditore intervenuto – ipotesi in cui il giudice valuta la sussistenza di eventuali motivi di opportunità della sostituzione – sono ora previsti ulteriori due casi di sostituzione: 1) immobile non occupato dal debitore; 2) inosservanza, da parte del custode, degli obblighi su di lui incombenti. In entrambi i casi, il giudice non effettua alcuna valutazione di opportunità, ma si limita a verificare la sussistenza di uno dei due presupposti indicati dalla legge. La sostituzione è prevista come regola generale per la fase successiva alla emissione dell’ordinanza di vendita. Al momento della emissione dell’ordinanza di vendita, infatti, ove custode sia il debitore, il giudice provvede alla sua sostituzione, “salvo che per la particolare natura dei beni pignorati ritenga che la sostituzione non abbia utilità”. I provvedimenti in discorso sono pronunciati con ordinanza non impugnabile (comma 6).




4.3 L’aggiudicazione in caso di diserzione della gara in aumento.


Particolarmente innovativa è la disciplina concernente la diserzione dalla gara. Sul presupposto che l’offerta in aumento fosse irrevocabile, in assenza di espressa regolamentazione, in precedenza si riteneva che divenisse aggiudicatario definitivo chi avesse presentato la maggiore offerta in aumento di sesto. In base alla legge n. 80/2005, “nel caso di diserzione della gara”, l’aggiudicazione provvisoria diviene definitiva e si determina l’applicazione della sanzione della perdita della cauzione a carico degli offerenti. Dette innovazioni hanno destato giuste perplessità (10), sia perché non consentono di realizzare il miglior risultato economico , in quanto l’aggiudicazione definitiva viene pronunciata per un prezzo inevitabilmente inferiore a quello dell’offerente in aumento, sia perché la disposizione sulla perdita dell’intera cauzione presenta(va) profili di incostituzionalità, in quanto detta sanzione, secondo la previsione della l. 80, veniva inflitta senza che fosse consentita la possibilità di far valere gli eventuali giusti motivi che, in ipotesi, avessero impedito la partecipazione alla gara. La legge n. 263/2005 ha sostituito alle parole “nel caso di diserzione della gara” l’espressione “se nessuno degli offerenti in aumento partecipa alla gara” (ipotesi che sostanzia ora la c.d. diserzione), conferendo, quindi, ulteriore protezione all’aggiudicatario provvisorio, in quanto appare evidente che soltanto la partecipazione di almeno uno degli offerenti in aumento legittima i primi offerenti (che pure hanno integrato la cauzione a norma del 4° comma) a presentare nuove offerte, altrimenti determinandosi definitivamente l’aggiudicazione in favore dell’aggiudicatario provvisorio. La stessa legge 263 ha poi previsto l’esclusione della perdita della cauzione in presenza di “documentato e giusto motivo”, spazzando via le ombre di incostituzionalità che, al riguardo, incombevano, come si è visto, sulla precedente citata disposizione della l. 80.


Per il caso di esito negativo del procedimento di vendita, il nuovo art. 591, confermando che l’attuale struttura del procedimento di vendita è imperniata sul tentativo di vendita senza incanto, prevede che soltanto se il giudice ritiene di non modificare le condizioni già stabilite viene eliminata la fase della vendita senza incanto e viene fissata senz’altro nuova vendita con incanto. Se le condizioni di vendita vengono modificate, si svolge, invece, un nuovo integrale procedimento di vendita , con riduzione dei termini per ciò che riguarda le offerte presentate nella fase della vendita senza incanto.




4.4 La distribuzione delle somme ricavate e l’estinzione del processo.


Con riguardo alla fase di distribuzione delle somme ricavate, una prima significativa novità riguarda la possibilità che la stessa non si esaurisca in un unico momento, ma si articoli in più stadi. Infatti, il nuovo art. 510 prevede una distribuzione parziale in presenza di creditori non muniti di titolo esecutivo, in favore dei quali il giudice, come si è già visto, dispone l’accantonamento delle somme che ad essi spetterebbero, relativamente ai crediti che non siano stati riconosciuti dal debitore. Sarà evidentemente onere di detti creditori munirsi di titolo esecutivo e rimuovere l’accantonamento. La legge 80 non aveva previsto le modalità e i tempi secondo i quali pervenire all’esaurimento della fase di distribuzione, che pertanto poteva prolungare sensibilmente la durata della procedura. La legge 263 ha ulteriormente modificato l’art. 510, sancendo (comma 3) che il giudice dispone l’accantonamento per il tempo ritenuto necessario perché i creditori possano munirsi di titolo esecutivo. Decorso tale termine, il giudice fissa la comparizione del debitore, del creditore procedente e dei creditori ancora insoddisfatti e procede alla distribuzione della somma accantonata.


Ulteriore novità, introdotta dal nuovo art. 512, è la previsione che consente al giudice dell’esecuzione di risolvere direttamente con ordinanza i contrasti eventualmente insorti tra le parti, sulla base di sommari accertamenti. Al soppresso incidente cognitivo subentra, quindi, decisione del giudice impugnabile, a norma dell’art. 617, con opposizione agli atti esecutivi.


Con riguardo all’estinzione del processo, l’art. 187 bis, introdotto dalla l. 80, individua nel provvedimento di aggiudicazione provvisoria del bene ovvero in quello di assegnazione dello stesso il momento ultimo oltre il quale, anche in caso di estinzione della procedura, il debitore perde comunque la proprietà del bene. Il nuovo comma 3 dell’art. 630, infine, individua i soggetti legittimati al reclamo avverso l’ordinanza che dichiara l’estinzione ovvero che rigetta l’eccezione relativa e stabilisce che il reclamo stesso è proponibile entro il termine perentorio di 20 giorni (in precedenza: 10) dall’udienza o dalla comunicazione dell’ordinanza.




4.5) Le opposizioni e la nuova disciplina della sospensione della procedura esecutiva.


In ordine alle opposizioni esecutive, l’unica novità registrabile è l’aumento da 5 a 20 giorni del termine per la proposizione dell’opposizione agli atti esecutivi (art. 617).


Importanti innovazioni toccano, invece, la disciplina della sospensione della procedura esecutiva. Ad esigenze di semplificazione, innanzitutto, è ispirata la trasformazione della sospensione di cui all’art. 512, c. 2 (risoluzione delle controversie in sede di distribuzione) da obbligatoria in facoltativa, che consente di neutralizzare il possibile differimento della definizione della distribuzione a causa di contestazioni chiaramente infondate. Particolarmente innovativa è, poi, la modifica dell’art. 615, che anticipa la possibilità di ottenere provvedimento di sospensione. Infatti, dopo l’impugnazione dell’atto di precetto, il giudice potrà valutare, in presenza di “gravi motivi” e su istanza di parte, se sospendere l’efficacia esecutiva del titolo e bloccare l’avvio dell’esecuzione.


La vecchia normativa non prevedeva come fossero impugnabili i provvedimenti di sospensione della procedura esecutiva. La giurisprudenza aveva ritenuto (11) che i provvedimenti in discorso fossero impugnabili con la opposizione agli atti esecutivi.


Il nuovo comma 2 dell’art. 624 stabilisce espressamente, invece, che l’ordinanza che decide sull’istanza di sospensione è reclamabile dinanzi al collegio, restando esclusa, così, a norma dell’art. 669 terdecies richiamato dal 624, una rivalutazione ad opera dello stesso giudice dell’esecuzione.


Il disegno di legge 3752 recentemente approvato (riforma dell’esecuzione mobiliare) aggiunge un terzo e un quarto comma all’art. 624; il 3° comma, in particolare, prevede che, “nei casi di sospensione del processo disposta ai sensi del primo comma e non reclamata, nonchè disposta o confermata in sede di reclamo, il giudice che ha disposto la sospensione dichiara con ordinanza non impugnabile l’estinzione del pignoramento, previa eventuale imposizione di cauzione e con salvezza degli atti compiuti, su istanza dell’opponente alternativa all’instaurazione del giudizio di merito sull’opposizione, fermo restando in tal caso il suo possibile promovimento da parte di ogni altro interessato”.


L’introduzione dell’art. 624 bis ha codificato una nuova ipotesi di sospensione della procedura esecutiva concordata tra tutti i creditori muniti di titolo esecutivo. Su istanza dei predetti creditori, il giudice “può”sospendere il processo sino a 24 mesi. La l. 263 ha, infine, integrato l’art. 624 bis, stabilendo i termini entro i quali proporre detta istanza e la pubblicazione dell’eventuale provvedimento di accoglimento sul sito internet sul quale è pubblicata la relazione di stima.




 Dott. Bruno  Giulio
Dirigente Amministrativo Tribunale Trani



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Note



  1. A. Pasqualin, “la novella della novella e la novella bis”, in www.oua.it,

  2. A. Ciavola, “Il processo di cognizione dopo la L. 80/2005 e dopo la proroga disposta con D.L. n. 115/2005”, in www.altalex.com;

  3. nel secondo senso: B. Sassani, “sulla riforma del diritto societario”, in www.judicium.it;

  4. vedi l’interessante articolo di D. Rossi, “il processo civile (diventerà?) “telematico””, in www.diritto.net;

  5. approfondito esame del “processo telematico” può leggersi nel periodico “in Rete” della Pres. Cons. Min., pubblicato dal sito www.cnipa.gov.it ;

  6. A. Bucci-A.M. Soldi, “la riforma del processo civile” , Cedam, 111;

  7. in tal senso (“sempre”), E. Sacchettini, “più competenze agli ufficiali giudiziari”, in “Guida al diritto”, n. 22, giugno 2005; per la tesi che il presupposto sia l’infruttuosità di entrambi gli interpelli previsti nei precedenti commi, A. Bucci – A. M. Soldi, cit, 126;

  8. riconoscono, invece, la legittimazione a richiedere la proroga ai soli creditori muniti di titolo esecutivo, i quali soltanto possono dare impulso alla procedura: A. Bucci – A. M. Soldi, cit.,146;

  9. in tal senso anche G. Finocchiaro, “la vendita senza incanto diventa preliminare”, in “Guida al diritto” , cit., 57;

  10. G. Finocchiaro, cit., 59;

  11. A. Bucci – A. Soldi, cit. 238