Le recenti censure del Consiglio di Stato sul Codice dell’Amministrazione Digitale
Roberto Manno


Con il parere del 13.02.2006 il Consiglio di Stato ha ancora una volta (dopo il precedente parere del 07.02.2005) esaminato le disposizioni del d. lgs. 7 marzo 205 n.82 , noto come il “CAD” – Codice dell’Amministrazione Digitale.


A sua volta, il CAD costituisce l’ultimo intervento legislativo con in quale si cerca di dare attuazione, nel nostro paese, alle disposizioni della direttiva del 1999/93/CE sulle firme elettroniche e più in generale di adeguare il funzionamento della pubblica amministrazione alle nuove potenzialità delle tecnologie di comunicazione.


Le disposizioni del CAD costituiranno, infatti, la disciplina sostanziale applicabile al documento informatico, relativamente alla sua nozione; rilevanza formale ed efficacia probatoria (costituendo la relazione tra forma ed efficacia probatoria degli atti un pilastro ineludibile del nostro ordinamento giuridico).


Nel frattempo, dal 1999 ad oggi la tecnologia di firma elettronica, in particolar modo digitale, viene sempre più utilizzata: si pensi alle comunicazioni con la CCIAA da parte dei dottori commercialisti; all’edificio in costruzione afferente il processo telematico, e per quanto riguarda l’uso in generale delle tecnologie di comunicazione informatica non può essere trascurato il nuovo regime delle comunicazioni e notifiche a mezzo fax e posta elettronica del nuovo rito civile e societario.


Ebbene, poiché la maggior parte di tali innovazioni giuridiche coinvolgeva aspetti relativi al documento informatico e alla firma elettronica, nei rispettivi testi si operava un rinvio alle leggi che di volta in volta si sono succedute nel tempo, tra discordi prese di posizione in dottrina e, mano a mano che le applicazioni di cui sopra raggiungevano le aule di giustizia, anche in giurisprudenza.


E’ quest’ultimo il caso della rilevanza della notificazione effettuata a mezzo posta elettronica, non solo soggetta a due diverse discipline, una per il processo societario e una per quello ordinario (ciò è stato definito da un Autore come un esempio di “degenerazione delle tecniche legislative”), ma anche a pronunce diametralmente opposte quanto all’ammissibilità delle notificazioni a mezzo posta elettronica (vedi Tribunale di Roma, sez. II – Pres. R. Misiti, Rel. G. Buonuomo – 23 maggio 2005; e Tribunale di Bari, sez.IV, ord. – Rel. F. Cassano 3 giugno 2005).


L’interpretazione della normativa di riferimento, che all’epoca dei citati provvedimenti era costituita dal d.P.R. n.445/2000 testo unico sulla documentazione amministrativa (TUDA), era palesemente influenzata da una profonda incertezza sugli aspetti fondamentali delle firme elettroniche e della loro efficacia probatoria.


Il recente intervento del Consiglio di Stato sulle disposizioni del CAD (evoluzione del TUDA), criticando proprio le norme in materia di documento informatico ed efficacia probatoria dello stesso, se da un lato conforta gli sforzi di chi aveva segnalato fin dai primi momenti alcune anomalie, dall’altro confermano come sia ancora lontana la conclusione dell’iter legislativo di recepimento nel nostro ordinamento della direttiva comunitaria.


Ed infatti, è proprio partendo dall’esame dell’articolato della direttiva, oggetto di numerosi studi in ambito nazionale ed internazionale, dove sono emersi anche i forti limiti della stessa, che il Consiglio di Stato ha formulato le critiche alle disposizioni attuali.


Riportiamo alcuni passaggi:
La direttiva non prevede, dunque, che le firme elettroniche possano conferire al documento informatico una efficacia probatoria maggiore di quella che assume, nel processo, una scrittura privata munita di sottoscrizione autografa.
Il testo risultante dalle modifiche introdotte dal decreto integrativo – invece – rafforza, particolarmente sotto il profilo probatorio, il valore legale del documento informatico sottoscritto con firma digitale a scapito del documento formato sul tradizionale supporto cartaceo.
Le norme del decreto legislativo (che sono soprattutto norme di recepimento, nella specifica materia, delle disposizioni comunitarie) non sembrano recepire correttamente il diritto comunitario nel diritto interno e, soprattutto, sembrano alterare il sistema delle prove nel processo civile.


Qui sta dunque la critica all’efficacia probatoria del documento informatico sottoscritto con firma digitale, che è equiparato all’atto pubblico valido e rilevante fino a querela di falso. Ciò è valso alla nostra firma digitale la definizione di “supersignature” da parte di alcuni commentatori stranieri. Molto più della semplice equivalenza tra scritto ed elettronico richiesto dall’art. 5 della direttiva.


In relazione alla definizione di firma elettronica (non digitale: è questa la categoria nella quale rientrerebbero i messaggi inviati a mezzo posta elettronica, la cui importanza è a tutti nota), il Consiglio di Stato così chiarisce:
. l’Amministrazione ha inteso chiarire la portata definitoria dell’espressione “firma elettronica”, espungendo il riferimento all’autenticazione, così come definita alla lettera b), che, nel testo originario, finiva per collegare la nozione di sottoscrizione elettronica all’operazione di riconoscimento di un soggetto nella rete o in un sistema informativo.
Pur convenendo sull’opportunità di tale scissione semantica, e confermando che non vi può essere alcun rapporto tra la sottoscrizione di un documento e l’accesso ad un sistema informatico con relativa identificazione (in senso tecnico-informatico) dell’utente del medesimo sistema, si rileva che, così come è formulata, la definizione non individua alcun metodo di sottoscrizione elettronica in senso stretto, dato che descrive unicamente una mera operazione di associazione di dati ad altri dati (allegazione ovvero connessione).


Già il 30 aprile 2004, presso il Castello Svevo di Barletta (http://www.interlex.it/segnal/barletta.htm) venivano presentate e illustrate le varie problematiche di cui, a distanza di anni dalla direttiva comunitaria, il Consiglio di Stato deve ancora occuparsi.


Poiché molto probabilmente le norme del CAD dovranno essere nuovamente riscritte, torneremo presto ad occuparci di questa materia.




Avv. Roberto Manno


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