Rilievi di incostituzionalità della legge
Giangregorio De Pascalis


Come già più volte accennato, la lettura di questa legge induce a registrare una sorta di INSENSIBILITA’ COSTITUZIONALE del legislatore. Una insensibilità a quei principi fondamentali che col tempo hanno informato il nostro sistema penale, il suo MODO di essere e che hanno costituito espressione di CIVILTA’ GIURIDICA.
Insensibilità verso il principio di eguaglianza previsto dall’art. 3 della Cost. ( il riferimento come oggi detto è alla nuova disciplina in materia di prescrizione ); verso il principio di cui all’art. 27 c. 3 della Cost. ( funzione rieducativa della pena ); verso l’art. 25 della Cost. ( il riferimento è alla norma transitoria di cui all’art. 10 che inibisce la applicazione ai processi in corso della norma penale – perché tale è quella che prevede la prescrizione – più favorevole sopravvenuta ) .
E’ una legge, dal punto di vista del diritto costituzionale, a dir poco INFELICE, vuoi per la parte attinente alla nuova disciplina della recidiva ( con riferimento e alla determinazione della pena da comminare e , in fase esecutiva, ai meccanismi di sospensione della pena o di concessione delle misure alternative ) che per quella attinente ala prescrizione.


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Art. 27 c. 3 della Costituzione.


E’ stato oggi ricordato il principio costituzionale , a noi tutti noto, che assegna alla pena ( art. 27 c. 3 ) una funzione rieducativa. Funzione rieducativa che presuppone per il GIUDICE la possibilità, col riconoscimento di uno spazio discrezionale, di personalizzare la pena da comminare di volta in volta ( in tale prospettiva di non poco spessore in passato è stata la introduzione del sistema delle misure sostitutive previste dalla L. 689/81 a cui il Giudice di merito può far ricorso proprio in un’ottica rieducativa della sanzione ).
Orbene, con le modifiche introdotte con la recidiva, con i nuovi meccanismi di concessione delle attenuanti e di applicazione della disciplina della continuazione o del concorso formale tra reati, invece, si tende a trasformare il Giudice in un mero contabile che dovrà limitarsi ad operare un computo aritmetico prescindendo dalla personalità del reo e dalla vicenda specifica, dal fatto da giudicare.


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SUI NUOVI MECCANISMI di determinazione della PRESCRIZIONE – alcuni profili di incostituzionalità.


Ai recidivi, la nuova legge, non solo riserva, come accennato, una pena più elevata e una riduzione dei benefici carcerari, ma anche un allungamento dei termini di prescrizione dei reati. Tale allungamento non viene ancorato alla gravità oggettiva del reato, come è accaduto fin ad ora con l’art.157 c.p., ma alla personalità criminale del reo desunta dalla recidiva o dal suo stato di abitualità o professionalità nel reato.
Si tratta, infatti, di una previsione normativa che, nel disciplinare una causa di estinzione del reato quale è il tempo della prescrizione, prescinde dal reato stesso e dalla sua oggettiva gravità soffermandosi esclusivamente sul reo, cioè sulle caratteristiche della sua personalità criminale.
Tale impostazione normativa non appare in linea con i principi costituzionali di personalità dell’addebito penale, ancorati, fin dalla sentenza della Corte Costituzionale 364/1988, ad una visione “oggettiva” della colpevolezza come disvalore penale della condotta e non certo come manifestazione della personalità deviante o criminale del suo autore.
Prima dell’entrata in vigore della L. 251/05 la prescrizione aveva una durata che dipendeva solo ed esclusivamente dal massimo edittale del reato contestato.
La nuova disciplina prevede che il tempo di prescrizione dipenda anche dallo stato o meno di recidivo dell’imputato che nel caso sia incensurato potrà giovarsi di un minor tempo di prescrizione.
Questo viola l’art. 3 della costituzione in quanto crea un diverso trattamento dei  cittadini dinanzi alla legge penale.
La prescrizione non è un istituto premiale non è un  beneficio per l’imputato, è un istituto che trova la sua ratio nella necessità di dare certezza al diritto e di evitare che il soggetto da giudicare debba sopportare una sofferenza illimitata nell’attesa che sopravvenga un giudizio. Essa si sostanzia nella  rinuncia dello Stato alla pretesa puniva nei confronti dei cittadini da giudicare elasso un certo periodo di tempo .
Viola il  principio di eguaglianza formale e sostanziale dei cittadini innanzi alla legge la previsione contenuta nella nuova disciplina che prevede una maggior sofferenza e minor pretesa nei confronti dello Stato ad essere giudicati entro un determinato di tempo per un soggetto pregiudicato rispetto ad un soggetto incensurato.
Sul piano pratico, questa disparità di trattamento, paradossalmente, porterà gli ORGANI GIUDICANTI a celebrare per primi i processi con soggetti incensurati per evitare il decorso del più breve termine di prescrizione e poi quelli a carico dei pregiudicati, col risultato ( si ripete paradossale ) di soddisfare prima le pretese punitive verso soggetti, nell’ottica della più volte menzionata legge, di minore pericolosità sociale e poi quelle verso soggetti, sempre in tale ottica, di maggior pericolosità sociale.


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INCOSTITUZIONALITA’ della NORMA TRANSITORIA – ART. 10 COST. –


La applicazione della legge ex Cirielli ha portato, nell’immediato,  già ad una serie di pronunce, una delle quali della S.C. di CASSAZIONE, in ordine alla incostituzionalità della norma transitoria di cui all’art. 10 che inibisce l’applicazione delle prescrizioni cd. “più brevi” , con tale legge introdotte, ai processi già in corso per i quale vi è stata dichiarazione di apertura del dibattimento.
 LA Corte di Cassazione ( ud. 12/12/2005 – deposito del 12/12/2005 )
“ ha rilevato la manifesta infondatezza della questione di costituzionalità sollevata sull’articolo 10 della legge, in relazione agli articoli 3, 25 e 101 della Costituzione, nella parte in cui esclude l’applicazione della prescrizione breve nei processi già pendenti in Cassazione.”
Secondo la Suprema Corte, la violazione del principio di uguaglianza
“(…) non sussiste in quanto il legislatore ha il potere, senza per questo violare il canone della uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge penale, di graduare razionalmente nel tempo e differenziare, in relazione ai diversi stati e gradi dei procedimenti e dei processi pendenti, l’applicazione di nuovi, più favorevoli termini di prescrizione dei reati. Una simile opzione non incontra alcun ostacolo nell’art. 2 comma 3 cod. pen., che sancisce il principio della retroattività della legge penale successiva, più favorevole all’imputato, posto che, come ritenuto anche dal Giudice delle leggi (C. cost., n. 277 del 1990), tale principio entra in discussione solo nel caso in cui sia intervenuto un mutamento favorevole nella valutazione legislativa del “fatto tipico” oggetto del giudizio.
Non è stato ritenuto violato nemmeno l’art. 25 comma 2 Cost. (“Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso”), dal momento che la norma denunciata non investe le norme incriminatrici, destinate ad essere applicate nel giudizi dinanzi alla Corte di cassazione.
Infine non è leso il principio della soggezione del giudice soltanto alla legge, posto che l’art. 10 contiene un’articolata disciplina transitoria che, da un lato, prevede il divieto per il giudice di applicare nei procedimenti e processi pendenti i nuovi termini di prescrizione quando risultino più lunghi dei previgenti e, dall’altro, demarca le fasi e i gradi in relazione ai quali sono destinati a non operare i termini di prescrizione che risultino più brevi”.
 
Se è pur vero che l’ art 25 cpv. Cost. non imponga la retroattività di norme penali più favorevoli ma ne vieti esclusivamente la retroattività in malam partem è anche vero che l’art. 2 c. 3 cp che prevede la retroattività della norma più favorevole, si riferisce alla norma penale (  e NORMA PENALE DEVE INTENDERSI QUELLA CHE PREVEDE LA PRESCRIZIONE ) che secondo autorevole dottrina ha NATURA materialmente costituzionale in quanto concernente i diritti fondamentali del cittadino ( Pagliaro ) ed in quanto tale consentirebbe una declaratoria di incostituzionalità della citata norma transitoria menzionata.
Il mancato riconoscimento all’art. 2 cp di norma materialmente costituzionale e quindi il suo riconoscimento di norma ordinaria consentirebbe, invece,  al legislatore di prevedere una deroga al principio in essa statuito di retroattività della norma più favorevole. Tuttavia, nel far questo, il legislatore deve tener conto del principio di  uguaglianza sancito dall’art. 3 Cost.. Non può introdursi un regime transitorio, quello dell’art. 10 della Legge ex cirielli,  che prescinde dalla valutazione del fatto e fa dipendere la retroattività della norma più favorevole sopravvenuta a fattori estranei alla previsione penale ( fattispecie – conseguenza penale ) legati alla fase o stato del procedimento penale. Invero, il prevedere, così come fa l’art. 10 della citata legge, l’effetto retroattivo della disciplina più favorevole sopravvenuta alla apertura del dibattimento ovvero ad un particolare momento del procedimento penale integra una disparità di trattamento di coloro che hanno commesso il medesimo reato prima dell’entrata in vigore della nuova normativa e, per cause ad essi indipendenti ovvero dipendenti dalla gestione, ad altri demandata, del procedimento, si trovino ad essere giudicati dalla disciplina previgente, meno favorevole, solo perché processati più rapidamente di altri .
Il Tribunale di Gubbio ( ORD. del 12 dicembre 2005 ) recentemente,  nell’accogliere una eccezione di incostituzionalità dell’art. 10 della legge di cui oggi ci troviamo a discutere ha scritto  a tal proposito  che “  La disparità appare particolarmente evidente nel caso di reati a concorso necessario, ove alcuni dei concorrenti si trovino in fase dibattimentale ed altri, magari a seguito di nullità accertate nell’udienza preliminare, non siano ancora stati rinviati a giudizio. In tale quadro la scelta del legislatore (art. 10 e. 3 L. n. 251/05) di rendere applicabile retroattivamente la nuova disciplina in tema di prescrizione di cui all’ art. 6 L. n. 251/05 solo nel caso in cui non sia ancora stato aperto il dibattimento sembra in contrasto con l’art. 3 Cost, proprio perché va ad introdurre un regime differenziato a fronte di situazioni identiche, rispetto alle quali l’individuata linea di demarcazione, costituita dalla dichiarazione di apertura del dibattimento, pare priva di concreta giustificazione. Né sembra possibile sostenere che le norme in tema di prescrizione abbiano natura processuale e siano dunque soggette al diverso principio “tempus regit actum”, così come sembra doversi escludere che abbia natura processuale la norma transitoria di cui all’art. 10 L. 251/05, la quale, al contrario, richiama al c. 2 prima parte l’art. 2 c.p. e prevede di seguito un regime differenziato solo per la norma che introduce la nuova disciplina in tema di prescrizione, di fatto erodendo parzialmente la sfera di applicazione di quest’ultima.”.


Inoltre, sotto tale profilo, la legge si dovrebbe misurare con l’art.27 Cost., il quale, nello stabilire che l’imputato deve essere ritenuto non colpevole fino a condanna definitiva, non consente alcuna distinzione tra i gradi di giudizio.


avv. Giangregorio De Pascalis