Nomi a dominio, un problema ancora aperto |
A distanza di dieci anni, l’individuazione di una disciplina giuridica uniforme in materia di domain name resta ancora una delle principali problematiche del diritto delle tecnologie informatiche. La teoria più diffusa attualmente annovera i domain name tra i segni distintivi atipici. Ciò, oltre che in numerose sentenze, tra cui la rilevantissima sentenza del tribunale di Modena n. 1571/2004, troverebbe conferma nel codice sulla proprietà industriale (c.p.i.) recentemente entrato in vigore. Posta la pacifica applicabilità al domain name, in certe situazioni, della disciplina sulla concorrenza e sulla tutela delle privative industriali, si avanzano al contrario seri dubbi sul fatto che il domain name, in quanto tale, costituisca una species atipica della famiglia dei segni distintivi. Non è un caso, dunque, che alcuni tra i più illuminati autori abbiano formulato teorie molto più aderenti alla natura tecnologica del domain name: ci si riferisce alla teoria di Patrizio Menchetti che, leggendo attentamente le norme del settore delle telecomunicazioni, disciplinato in Italia dalla legge 249/97, dal D.P.R. 318/97 e dalla delibera n.6/00/CIR dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, intravede nel domain name una “risorsa di numerazione atipica” (http://www.lc.camcom.it/marchi.pdf). La massima organizzazione in materia di proprietà intellettuale, la Wipo, da tempo segue attentamente l’evoluzione dei domain name cercando di offrire soluzioni alle interferenze più evidenti tra questi e i diritti di proprietà industriale. Il secondo rapporto della Wipo è dedicato proprio alle ipotesi di interferenza tra i domain name e denominazioni diverse dai segni distintivi di natura industriale. Ritornando all’ottima sentenza del tribunale di Modena, rileviamo come in essa siano affermati importanti principi: Ora, per ammettere tale qualificazione, si dovrebbe affermare che anche il domain name, come tutti i segni distintivi, debba possedere il requisito della capacità distintiva, senza il quale un segno distintivo non può dirsi tale. E’ proprio la conseguenza pratica di tale qualificazione a determinare un’insanabile contraddizione con i principi cardine del diritto industriale: si pensi infatti ad una denominazione di uso comune. Con ciò non si intende mettere in discussione le conclusioni cui perviene il giudice di Modena in materia del cosiddetto “cybersquatting”. Questo, quando riguardi un domain name corrispondente ad una denominazione di uso comune, non è idoneo a ledere alcun diritto anteriore, non potendo quindi essere ritenuto illecito. Emerge così una delle più profonde differenze tra i segni distintivi (tipici e atipici) e i domain names: nonostante i numerosi punti di contatto tra i primi e i secondi sono proprio tali differenze a ricordarci come in realtà si tratta di risorse distanti tra loro anni luce. Le disposizioni del c.p.i. non influiscono su queste considerazioni: esse prevedono, componendole, alcune ipotesi di interferenza tra il domain name e i diritti di proprietà industriale. Tra queste può rientrare anche l’uso e la registrazione di un nome a dominio “aziendale” identico o simile al marchio. Tuttavia le norme del c.p.i. fanno riferimento ad ipotesi compatibili con le norme esistenti che non possono essere lette come una qualificazione giuridica del domain name. Avv. Roberto MANNO PS: dal 7 dicembre 2005 è possibile depositare le richieste di registrazione del nuovo dominio comunitario “.eu”. Per tutti coloro che desiderano approfondire le tematiche esposte in questo articolo, si segnala la discussione “domini e marchi” accessibile presso il Forum di discussione di questo portale. |