Consiglio di Stato
Parere 7 febbraio 2005, n.11995
(Presidente De Lise)


Oggetto: Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per l’innovazione e le tecnologie.


Schema di D.Lgs recante il «Codice dell’amministrazione digitale”, in attuazione della delega contenuta nell’articolo 10 della legge 29 luglio 2003, n.229, “Interventi in materia di qualità della regolazione, riassetto normativo e codificazione – Legge di semplificazione 2001»


Premesso


1.  Lo schema in esame sottopone al parere del CdS il testo di D.Lgs recante il “Codice dell’amministrazione digitale”, in attuazione della delega contenuta nell’articolo 10 della legge 229/03 (Interventi in materia di qualità della regolazione, riassetto normativo e codificazione – Legge di semplificazione 2001).
Il termine di scadenza della delega (fissata dopo diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della legge 229/03) impone che il provvedimento sia emanato entro il 9 marzo 2005. Il comma 3 della norma di delega consente al Governo di adottare uno o più decreti legislativi recanti disposizioni correttive e integrative, entro dodici mesi decorrenti dalla data di scadenza della delega in questione.
Lo schema, proposto dal Ministro per l’innovazione e le tecnologie, è corredato dei concerti dei Ministri della funzione pubblica e dell’economia e delle finanze, nonché del parere della Conferenza unificata, tutti pervenuti successivamente all’invio del testo dello schema.
Hanno espresso, inoltre, avviso favorevole in ordine allo schema i Ministeri della giustizia, dell’interno, delle comunicazioni e delle attività produttive, nonché il Dipartimento per le politiche comunitarie.
Tale schema costituisce uno dei primi provvedimenti della nuova fase di codificazione finalizzata alla semplificazione e al riordino (ora denominato “riassetto”) normativo, sulla quale questo Consiglio ha avuto modo di esprimersi ampiamente in relazione allo schema di D.Lgs concernente il “Codice dei diritti di proprietà industriale”, oggetto del parere 2/2004 dell’Adunanza generale. Con parere 11602/04, reso nell’adunanza del 20 dicembre 2004, questa Sezione ha poi espresso il parere sullo schema di D.Lgs recante il “Riassetto delle disposizioni vigenti in materia di consumatori – Codice del consumo”.
A tali pareri la Sezione ritiene di poter fare integrale rinvio per tutte le considerazioni generali sul processo di codificazione e per i suggerimenti di metodo rivolti al Governo, contenuti in quella sede.


2.  La norma di delega di cui all’articolo 10 della legge 229/03 ha già costituito il fondamento dello schema di D.Lgs recante la ‘Istituzione del sistema pubblico di connettività e della rete internazionale della pubblica amministrazione”, su cui la Sezione – dopo un primo parere istruttorio del 14 giugno 2004 e i relativi adempimenti – ha espresso parere favorevole con osservazioni nell’adunanza del 30 agosto 2004 (parere 7904/04).
Il D.Lgs non è stato ancora pubblicato alla data della presente adunanza.
Con il parere  7904/04 si è rilevato, tra l’altro, che quel provvedimento – il quale si limita ad istituire il “sistema pubblico di connettività” (SPC e la “rete internazionale della pubblica amministrazione” abrogando un solo comma della legislazione preesistente (il comma 1 dell’articolo 15 della legge 59/1997, sulla Rete unitaria delle pubbliche amministrazioni-RUPA) – non reca il “riassetto in materia di società dell’informazione “, che pure la norma di delega di cui all’articolo 10 della legge  229/03 impone come condizione prioritaria, e non incide sulla ormai ampia normativa esistente in materia di “società dell’informazione” (che costituisce la rubrica della delega di cui all’articolo 10) e di informatica nelle pubbliche amministrazioni.
La Sezione ha, però, rilevato come la stessa delega renda possibile un intervento di riassetto con “uno o più decreti legislativi”, ed ha quindi fornito il proprio parere favorevole intendendo -con qualche sforzo interpretativo, di cui la riferente Amministrazione dà atto nella relazione dello schema in oggetto – quello schema di D.Lgs come un intervento parziale, che riordina la materia nella (sola) misura in cui sostituisce l’SPC alla RUPA. La sua natura di “provvedimento di riassetto normativo” (e in ultima analisi il rispetto della norma di delega) era, allora, stata fatta salva a condizione che l’intervento confluisse, poi, nella generale codificazione della materia nel rispetto del comma 1 dell’articolo 10, divenendo “uno” tra i “più” decreti legislativi di riassetto.
Nel merito dello schema, si è segnalata la necessità di integrare quello schema con una o più disposizioni che rendano esplicite ed effettive, sul piano amministrativo, le commendevoli finalità esposte dall’Ufficio legislativo del Ministro per l’innovazione e le tecnologie e contenute, a livello di principio o di dichiarazione di intenti, nello schema, specie in relazione alla necessità di attuare in maniera concreta la lettera b) del comma 1 della nonna di delega (articolo 10 legge 229/03), che – introducendo un criterio incisivo e innovativo – consente di modificare la disciplina vigente “al fine precipuo di garantire la più ampia disponibilità di servizi resi per via telematica” dalle P.A. e “di assicurare ai cittadini e alle imprese l’accesso a tali servizi secondo il criterio della massima semplificazione degli strumenti e delle procedure necessari e nel rispetto dei principi di uguaglianza, non discriminazione e della normativa sulla riservatezza dei dati personali”.
Sempre sulla stessa materia, la Sezione è intervenuta con altri due avvisi che vanno tenuti presenti anche per lo schema in esame: il parere istruttorio 6786/04 reso dall’adunanza del 19 aprile 2004 (che allo stato risulta ancora da ottemperare) sullo schema di regolamento del Ministero dell’interno sull’Indice nazionale delle anagrafi – INA, e il parere n. 7903/04, reso nell’adunanza del 14 giugno 2004, sullo schema di Dpr recante disposizioni per l’utilizzo della posta elettronica certificata, che risulta essere stato approvato in via definitiva dal Consiglio dei Ministri.


3.  A differenza dell’intervento parziale di cui sopra, lo schema in oggetto affronta per la prima volta in modo organico il tema dell’utilizzo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (cd. ICT) nelle pubbliche amministrazioni, nonché della disciplina dei fondamentali principi giuridici applicabili al documento informatico e alla firma digitale.
Si tratta di un’opera di indubbio rilievo sistematico, che può fornire ai cittadini, alle imprese e alle stesse pubbliche amministrazioni uno strumento normativo ampio, tale da orientare in maniera organica i processi di innovazione in atto.
Uno strumento, quello del codice, che – vista la assoluta peculiarità della materia trattata -può contribuire non soltanto alla erogazione di servizi più efficienti e veloci, ma anche a consentire forme innovative di partecipazione alla vita amministrativa e politica. Che può avvicinare i destinatari dell’innovazione (i cittadini, le imprese, la società civile) ai suoi protagonisti (gli amministratori, i funzionari e gli impiegati pubblici), nella nuova “amministrazione digitale”, attraverso un intervento più tradizionale e di chiara leggibilità come è un codice, ossia una raccolta organica di disposizioni legislative.
La Sezione ritiene, quindi, di dover dare atto alla riferente Amministrazione di essersi data carico con impegno di tale opera generale di riordino – indicata, sin dal parere n. 7904/04, come l’unica in grado di attuare compiutamente la delega in questione – e di avere effettuato uno sforzo consistente per accelerare il più possibile, fino quasi a forzare, il cambiamento e l’innovazione (e in quest’ottica devono essere lette sia alcune dichiarazioni puramente programmatiche e di principio che la scelta di opzioni particolarmente radicali, che operano l’abbandono irreversibile delle modalità amministrative più tradizionali. Ma, come si dirà, questa impostazione impone un bilanciamento di tali estremi).


Considerato


4. Alla stregua della rilevanza dell’intervento, la Sezione ritiene che l’opera in questione meriti di essere considerata con particolare attenzione e ulteriormente rafforzata, ricercando e segnalando i profili in cui la disciplina può essere resa più completa, ovvero più coerente con il contesto ordinamentale su cui va ad incidere, o più concreta e operativa nel confronti dei cittadini, o più flessibile nell’intervento normativo di riassetto.


La Sezione è, infatti, dell’avviso che lo schema di codice presenti rilevanti peculiarità e aspetti problematici, rispetto al quali le scelte effettuate esigono chiarimenti, o ulteriori sostegni motivazionali, oppure richiedono una riconsiderazione più meditata, da svolgere in collaborazione con le altre amministrazioni competenti (peraltro, i concerti e gli avvisi già resi non appaiono fornire motivazioni specifiche), anche alla stregua delle osservazioni contenute nel presente avviso.



4.1. Prima di esporre puntualmente le osservazioni della Sezione – sia quelle generali sulla struttura dell’intervento che quelle specifiche sui singoli articoli dello schema – si ritiene opportuno raggruppare, qui di seguito, i profili di fondo alla stregua dei quali si invitano il Dipartimento dell’innovazione e le altre amministrazioni interessate – in primo luogo, il Ministero dell’economia e delle finanze, il Dipartimento della funzione pubblica, il Ministero della giustizia e quello dell’interno – ad adeguare lo schema di codice.
In sintesi, le osservazioni della Sezione mirano a conseguire:
– un testo che sia più completo e “leggibile” sull’argomento centrale della disciplina, quello della “amministrazione digitale”, che ricomprenda, quantomeno, anche le normative in corso di adozione sul sistema pubblico di connettività – SPC, sull’indice delle anagrafi – INA e sulla posta elettronica certificata (anche recando contestualmente una raccolta organica di norme regolamentari sulla stessa materia) (cfr. infra, il punto 6);
– un testo che affianchi alle enunciazioni programmatiche e di principio, contenute in varie parti del testo, norme precettive -applicabili tramite un processo graduale e guidato di implementazione o, in altri casi, direttamente esecutive – volte all’effettivo perseguimento delle finalità della delega “di garantire la più ampia disponibilità di servizi resi per via telematica dalle pubbliche amministrazioni e dagli altri soggetti pubblici e di assicurare ai cittadini e alle imprese l’accesso a tali servizi secondo il criterio della massima semplificazione degli strumenti e delle procedure necessari e nel rispetto dei principi di uguaglianza, non discriminazione e della normativa sulla riservatezza dei dati personali” (cfr. infra, il punto 7);
– un testo che non renda incomplete altre discipline già organiche (come quella sulla documentazione amministrativa) e che non tenda ad assorbire la disciplina del procedimento o della documentazione amministrativa, ma che operi il necessario riordino ripensando “a livello informatico” la disciplina sostanziale, nelle sedi sistematicamente proprie (cfr. infra, il punto 8);
– un testo che non rechi una consistente rilegificazione in una materia la quale invece richiede – ontologicamente – la massima flessibilità e che demandi una buona parte della disciplina ad una (possibilmente coeva) raccolta di norme regolamentari (ovvero, eventualmente, a raccolte distinte per i diversi livelli normativi secondari) (cfr. infra, il punto 9);
– un testo che, nell’accelerare il cambiamento, prevenga con misure concrete l’incremento (allo stato ipotizzabile) del fenomeno del digital divide o i rischi che potrebbero derivare dalla troppo rapida scomparsa del documento cartaceo e da una separazione delle discipline della gestione dei documenti da quella degli archivi (cfr. infra, il punto 10) ;
– un testo che, pur nella opportuna centralizzazione di alcuni profili della disciplina, tenga in maggiore considerazione le esigenze di raccordo con le reti regionali e locali integrando – sul modello del sistema pubblico di connettività – a livello statale, la disciplina generale del procedimento amministrativo come disciplina generale valevole anche per le Regioni ma che consenta altresì ai sistemi informatici pubblici regionali e locali di svilupparsi e migliorare le prestazioni, nella compatibilità con l’intero sistema ma nel rispetto dell’autonomia (cfr. infra, il punto 10);
– un testo che, conseguentemente, sia accompagnato dalla previsione di risorse umane e finanziarie adeguate, nonché dalle ulteriori disposizioni di preparazione, attuazione e messa a regime, anche graduale, che consentano una effettiva realizzazione della riforma e delle finalità della delega.
4.2. Considerata la natura strutturale di talune delle osservazioni del presente parere e ritenuto che svariate tra esse debbano essere risolte con la partecipazione delle amministrazioni richiamate, ma constatate altresì la prossimità della scadenza del termine della delega e l’impossibilità di rispettarlo laddove si dovesse procedere ad approfondimenti istruttori, la Sezione suggerisce sin d’ora di valutare l’eventualità di stabilire un congruo termine per l’entrata in vigore dello schema in oggetto (ad esempio, 180 o 240 giorni).
Ciò consentirebbe, oltre che di preparare adeguatamente le amministrazioni e gli operatori ai cambiamenti introdotti, di predisporre la raccolta di norme regolamentari di cui si dirà infra, al punto 9, nonché di far confluire le modificazioni che eventualmente non vi fosse stata la possibilità di apportare con il necessario approfondimento in uno o più decreti legislativi correttivi, consentiti dall’articolo 10, comma 3, della legge 229/03.
In questo modo, entrambi tali tipi di intervento potrebbero entrare in vigore a breve distanza (o addirittura quasi contemporaneamente) al codice in esame.


5. Ai fini di un proficuo completamento dell’iter dello schema, proprio alla stregua del suo notevole rilievo, nell’ulteriore corso del provvedimento (eventualmente anche contemporaneamente all’esame del Parlamento) occorrerà dunque acquisire, in relazione alle osservazioni contenute nel presente parere, gli avvisi delle altre amministrazioni – concertanti e non – sugli aspetti di propria competenza.



5.1. In primo luogo, relativamente al Ministero dell’economia e delle finanze, essendo pervenuti alla Sezione soltanto gli avvisi del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, dei cui rilievi peraltro lo schema non tiene conto, occorrerà trasmettere il presente parere, oltre che a quel Dipartimento, anche al Dipartimento del tesoro. Il Ministero dell’economia dovrà, infatti, nuovamente pronunciarsi:
– in via generale, sulla concreta ‘fattibilità” dei cambiamenti profilati dal nuovo codice (informatizzazione di tutto il sistema della P.A. italiana e dei suoi rapporti coi privati in due anni) senza alcuna contestuale- previsione di risorse aggiuntive e di copertura finanziaria. In particolare, sembra richiedere un esplicito, ulteriore pronunciamento da parte della Ragioneria generale dello Stato l’affermazione della relazione di accompagnamento (pagina 2) secondo cui “questo profondo ammodernamento delle P.A. … non potrà che attuarsi tramite l’orientamento delle spese ordinarie al perseguimento delle finalità indicate”, specificando eventualmente con maggiore precisione -ancorché in termini generali – nel testo e nella relazione finale quali delle finalità attualmente perseguite dovranno essere pretermesse a causa di tale nuovo “orientamento” delle risorse ordinarie;
– specificamente, su svariate disposizioni del testo (e segnatamente gli articoli 5, 6, 7, 9, 11, 13, 15, 16, 31 comma 4, 35, 38, 56, 61 e 62, di cui si dirà caso per caso infra, al punti successivi), le quali, se davvero non recanti spesa, non possono essere intese come disposizioni precettive e dovranno quindi essere interamente riconsiderate in ottemperanza al presente parere, ovvero integrate da altre più concrete disposizioni;
– sulla praticabilità della richiesta “di impegno da parte del Governo per reperire le risorse finanziarie necessarie ad attuare il processo di digitalizzazione in atto”, che è stata inserita nel parere della Conferenza unificata del 20 gennaio 2005. Si veda altresì, sempre sulla questione delle risorse finanziarie, il più ampio pronunciamento reso dalla Conferenza unificata il 13 gennaio 2005, allegato al predetto parere del 20 gennaio, secondo il quale, tra l’altro, “qualsiasi intervento di riassetto normativo in materia comunque non è sufficiente se contestualmente non vengono definiti impegni economici e investimenti che dovrebbero trovare copertura nelle leggi finanziarie per dare continuità ai piani di azione per l’e-government italiani ed europei”.
Appare, infine, necessario uno specifico pronunciamento degli uffici competenti del Ministero dell’economia riguardo a singole misure previste dal codice in relazione a competenze dirette del Dicastero e, in particolare, un espresso avviso del Dipartimento del tesoro sulla parte riguardante il settore del debito pubblico e le modalità dei pagamenti e dei Dipartimento per le politiche fiscali sui profili relativi alla presentazione della dichiarazione dei redditi per via telematica.
5.2. Inoltre, è necessario che si esprimano sugli specifici punti sollevati con il presente parere il Dipartimento della funzione pubblica, il Ministero dell’interno e il Ministero della giustizia. Ciò al fine di indurre l’Amministrazione proponente a motivare con maggiore ampiezza alcune scelte effettuate con lo schema in questione, nonché ad eventualmente riconsiderarne altri profili.
Per il seguito dell’iter appare innanzitutto necessaria una specifica, ulteriore collaborazione da parte del Dipartimento della funzione pubblica – che pure ha già fornito il suo concerto – in relazione a tutti i profili di incidenza dello schema in oggetto sulla disciplina generale del procedimento amministrativo, nonché alla “perimetrazione” del codice rispetto al testo unico sulla documentazione amministrativa 445/00, di cui si dirà ampiamente infra, ai punti successivi (in particolare ai punti 8 e 9). Molti problemi sollevati dallo schema e molte questioni di connessione tra lo schema di codice in oggetto e il menzionato testo unico non potranno, quindi, essere risolti senza la attiva partecipazione, nella fase successiva dell’iter dello schema, del Dicastero responsabile per la disciplina generale della pubblica amministrazione.
Occorre, inoltre, che per la redazione del testo definitivo si acquisiscano almeno gli avvisi motivati: del Ministero della giustizia su alcune questioni di rilievo, di seguito individuate, e segnatamente su quelle che incidono sulla rilevanza probatoria dei documenti, sull’ordinamento civile con particolare riguardo al rapporti tra privati (articoli 17 e 18), sulla attività notarile; del Ministero dei beni culturali e ambientali per l’archiviazione degli atti; del Ministero dell’interno per quanto attiene alle carte di identità elettronica (il Dpr 445/00 era stato adottato su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con i Ministri dell’interno e della giustizia) e per i rapporti con l’indice nazionale delle anagrafi – INA, che avrebbe dovuto essere costituito con regolamento ministeriale di cui al parere istruttorio di questa Sezione 6786/04 reso dall’adunanza del 19 aprile 2004, che – come si è detto – allo stato risulta ancora da ottemperare.


6. Un primo profilo generale da rimettere alla riconsiderazione del Dipartimento proponente e delle amministrazioni innanzi menzionate è quello della necessità di completare la disciplina organica già contenuta nello schema.
Una delle caratteristiche dell’intervento, infatti, già evidenziata nel precedente parere n. 7904/04 – dovrebbe essere quello della sua esaustività e sistematicità, quantomeno in relazione agli strumenti portanti dell’innovazione digitale nelle pubbliche amministrazioni (cfr., in particolare, la lettera d) della nonna di delega, che impone anche di “realizzare il coordinamento formale del testo delle disposizioni vigenti, apportando, nei limiti di detto coordinamento, le modifiche necessarie per garantire la coerenza logica e sistematica della normativa anche al fine di adeguare o semplificare il linguaggio normativo”.
Lo schema in oggetto, invece, si limita a riordinare soltanto una parte della disciplina attualmente vigente, come si evince chiaramente dalla “tabella di corrispondenza” e dalla norma sulle abrogazioni, che in realtà si incentra esclusivamente su due delle molteplici fonti normative riguardanti l’informatizzazione dell’amministrazione pubblica (ossia sul recente DLgs 10/2002 e, soprattutto, sul testo unico sulla documentazione amministrativa, che peraltro costituiva già un riordino della materia: sulle relative problematiche, cfr. infra, i punti 8 e 9). L’effetto di riassetto normativo richiesto dalla delega ne risulta, ad avviso della Sezione, fortemente limitato, non sfruttandosi appieno le potenzialità innovative della delega.
A titolo esemplificativo, una rilevante lacuna – che pure il precedente parere della Sezione 7904/04 aveva raccomandato di evitare – è la mancata considerazione nel codice della disciplina del sistema pubblico di connettività (SPC) di cui al precedente schema di D.Lgs di attuazione dell’articolo 10 della legge 229/03, menzionato retro, al punto 2. Tale sistema costituisce invece, per ammissione dello stesso Dipartimento per l’innovazione, nella relazione a quello schema di D.Lgs, uno degli assi portanti della riforma, oltre che un esempio di interazione costruttiva tra Stato, Regioni ed autonomie locali e tra i loro sistemi informativi.
In altri termini, se nel precedente parere si affermava che un intervento additivo come la creazione dell’SPC non può prescindere dal “riassetto normativo e codificazione della normativa primaria regolante la materia”, che peraltro ispira l’intera legge 229/03, vale anche – e a maggior ragione – il reciproco, perché un codice non può non contenere, al suo interno, una innovazione cosi recente e cruciale come quella di cui al richiamato schema.
Il codice va, altresì, integrato con la disciplina (quantomeno nelle sue linee generali di rango legislativo) dell’Indice nazionale delle anagrafi (INA), per il quale si rinvia alle osservazioni specifiche contenute nel parere istruttorio di questa Sezione 6786/04 e dell’utilizzo della posta elettronica certificata, di cui al parere della Sezione  7903/04.
Dovrebbe poi, in generale, tenersi conto con maggiore organicità delle varie altre normative sulla materia che non risultano comprese nel codice. Per tutte valga, anche qui a titolo di mero esempio, la menzione delle recenti “misure telematiche” contenute nella stessa legge di delega 229/03 in un apposito capo 111 (articoli da 16 a 19) e in particolare la necessità di considerare, nella disciplina codificata, il “Registro informatico degli adempimenti amministrativi per le imprese” (articolo 16 legge 229/03) e la “Consultazione in via telematica”, che recepiscono a livello legislativo (senza che, peraltro, risulti essere stata fornita un’ulteriore attuazione a tali previsioni) precise raccomandazioni all’Italia fornite dall’OCSE nel suo Rapporto Regulatory Reform in Italy del 2001; manca, altresì, il recepimento dell’articolo 19 della stessa legge 229, sulla accessibilità informatica dei “Dati identificativi delle questioni pendenti dinanzi al giudice amministrativo e contabile” (che invece risulta in buona parte ormai realizzata). Ma gli esempi potrebbero essere molteplici, sino alla recente legge finanziaria per il 2005 (legge 311/04), ai commi 80, 149, 172, 187, 188, 332 e 333, 374, 380, 381, 382, 383, 384, 385, 429, 431 dell’articolo 1, con le questioni che essi pongono in materia di firma elettronica e di autonomia delle singole amministrazioni.
Infine, appare necessario prendere in considerazione anche la legge di riforma della disciplina generale del procedimento di cui alla legge 241/90 (ormai definitivamente approvata, anche se non ancora pubblicata). La riforma introduce nella legge 241 (come articolo 3bis) un principio generale sull’uso della telematica” (termine che andrebbe coordinato con quelli, diversi, utilizzati dal codice), secondo il quale “Per conseguire maggiore efficienza nella loro attività, le amministrazioni pubbliche incentivano l’uso della telematica, nei rapporti interni, tra le diverse amministrazioni e tra queste e i privati” e reca altri riferimenti (ad esempio, alla conferenza di servizi informatizzata di cui agli articoli 14 e seguenti della stessa legge n. 241 come modificati dalla riforma appena approvata).
Ciò rende ancora più evidente una delle questioni di fondo della materia in esame (di cui si dirà infra, al punto 8): quella dei rapporti tra procedimento amministrativo e disciplina della “digitalizzazione”, che il codice risolve – alquanto sommariamente – assorbendo in sé parti della disciplina, senza modificare (o limitandosi ad abrogare) la disciplina “amministrativa” delle stesse procedure.


7. Una seconda questione di tipo strutturale – anch’essa, come la precedente, già rilevata nel precedente parere n. 7904/04 ma non recepita in questa sede – è quella della necessità di accompagnare alle enunciazioni di principio norme direttamente precettive, che non rimettano l’attuazione di tali principi esclusivamente alla volontà (mutevole per definizione) di attuarle da parte delle singole amministrazioni.
Come rilevato dalla migliore dottrina, la presenza di nuovi mezzi di svolgimento dell’attività amministrativa impone, quando le innovazioni lo consentono, il compimento di operazioni di adattamento dei vecchi istituti alle nuove situazioni (si ricordi l’insegnamento di “interrogare i nuovi ordinamenti adoperando gli antichi istituti e modificandoli, quando necessario”).
Oltre che di un generale criterio di qualità della produzione normativa, si tratta in questo caso di uno specifico precetto contenuto nella norma di delega più volte richiamato nel parere n. 7904/04.
Come già avvertito nel precedente avviso, se la norma di delega (alla lett. b) del comma 1 dell’articolo 10) consente di innovare la legislazione vigente allo scopo (pressoché esclusivo) di “garantire la più ampia disponibilità di servizi resi . per via telematica” dalle P.A. e di assicurare ai cittadini e alle imprese l’accesso a tali servizi”, il decreto delegato non può limitarsi a ribadiretali finalità, ma deve darne concreta ed effettiva attuazione, prevedendo effetti giuridicamente rilevanti per le pubbliche amministrazioni e consentendo, in caso di inerzia o di inadempimento della nuova disciplina, il ricorso da parte di cittadini e imprese agli ordinari strumenti di tutela amministrativa e giurisdizionale. La mancata effettività delle disposizioni generali non potrebbe che ricadere sulla credibilità dell’intera riforma.
In quest’ottica, ad esempio, appare corretto ma non sufficiente inserire, all’inizio del codice, una serie di previsioni programmatiche e di principio (su cui cfr. amplius infra, il punto 12.2), senza prevedere effetti concreti, dal punto di vista della disciplina amministrativa, in materia di “diritti
dei cittadini e delle imprese, di documentazione amministrativa, di rilascio degli atti amministrativi, di erogazione dei servizi pubblici on line e di accesso telematico a tali servizi da parte del pubblico.
Né potrebbe sostenersi che le necessarie disposizioni integrative potranno essere introdotte per la prima volta con le “regole tecniche” di cui all’articolo 72 dello schema. Pur se va probabilmente rilevata la natura regolamentare di tali “regole tecniche” (come già riconosciuto dal Dipartimento in sede di adempimento istruttorio sullo schema dell’SPC: cfr. infra, il punto 17, sub articolo 72), le disposizioni integrative in parola si configurano come norme generali, applicabili a tutte le pubbliche amministrazioni, che incidono direttamente sui procedimenti amministrativi e sulle posizioni soggettive dei cittadini e delle imprese. Appare, quindi, necessario che esse siano contenute in una fonte normativa di rango primario, quale è il presente schema di codice. Esso potrà invece, ovviamente, collegarne la concreta vigenza al momento della operatività delle singole “regole tecniche”.
Per esempio, un primo modello per rendere effettive alcune delle suindicate finalità (suggerito già dal citato parere n. 7904/04) potrebbe rinvenirsi nella introduzione di un principio generale e precettivo simile a quello contenuto nell’articolo 43 del Dpr 445/00, secondo il quale le amministrazioni pubbliche e i gestori di servizi pubblici non possono richiedere atti o certificati concernenti stati, qualità personali e fatti che risultano elencati all’articolo 46, che siano attestati in documenti già in loro possesso o che comunque esse siano tenute a certificare”.
Altra possibilità sarebbe quella di prevedere la liberazione dei cittadini e delle imprese dall’onere di fornire ad una amministrazione pubblica, in generale o per determinate procedure, tutti gli atti o i documenti comunque reperibili da altre amministrazioni in via telematica o informatica (per esempio, limitatamente a determinate categorie di soggetti pubblici, a causa del sistema di interconnessione: un caso tipico potrebbe essere quello dei titoli, da esibire in un concorso pubblico, o in una gara di appalto, che fossero già in possesso di altre amministrazioni, che attualmente continuano ad essere richiesti come necessario elemento integrativo della domanda).
La riconsiderazione di questo profilo molto rilevante dell’impianto dovrebbe indurre a modificare anche la asserzione della relazione di accompagnamento (pag. 2) secondo cui “il D.Lgs non comporta alcuna spesa o onere per il bilancio pubblico” e che “siffatta circostanza deriva dalla stessa natura di codice rivestita dal testo, e dunque dalle stesse finalità generali e programmatiche che essa presenta”.
Come si è detto, la natura del codice e la specifica norma di delega impongono, al contrario, una precettività dell’intervento codicistico, che, si ripete, può innovare solo al fine di “garantire -con norme direttamente applicabili e non solo programmatiche – la più ampia disponibilità di servizi resi per via telematica dalle pubbliche amministrazioni e dagli altri soggetti pubblici”, o di “assicurare – anche qui con norme non solo “generali e programmatiche” – ai cittadini e alle imprese l’accesso a tali servizi “.
Di ciò dovrà tenere specificamente conto anche il Ministero dell’economia, nell’adempiere al richiesto intervento sul seguito dell’iter dello schema, quantomeno nel prevedere un obbligo espresso di distogliere le risorse per “spese ordinarie” (da individuare specificamente) e di riorientarle a favore dell’innovazione digitale (cfr. retro, il punto 4).
Inoltre, accanto alle disposizioni integrative di cui si è detto andrebbe altresì prevista una specifica normativa attuativa per l’effettiva (e verosimilmente graduale) messa in pratica delle finalità enunciate dal codice (soprattutto dal suo Capo 1), prevedendo, oltre alla individuazione delle risorse nell’ambito delle “spese ordinarie” (se tale procedimento è ritenuto corretto dal Ministero responsabile), la definizione in concreto di programmi di sperimentazione, di formazione e di graduale “messa a regime” delle innovazioni annunciate.


8. Le problematiche sinora esposte dovrebbero condurre a valutare l’opportunità di un consistente rafforzamento ed ampliamento della portata del codice in oggetto.
D’altro canto, non può tacersi di un terzo profilo problematico (ampiamente messo in evidenza dai primi due pareri di questo CdS sulla nuova fase della codificazione, il parere n. 2/2004 dell’Adunanza generale e il n. 11602/2004 della Sezione): quello della “perimetrazione” del codice e, in generale, del rapporto tra la disciplina sulla digitalizzazione dell’amministrazione e quella sul procedimento amministrativo digitalizzato.
In generale, si deve osservare che nel codice non si prevede quale delle fasi del procedimento amministrativo (in genere e non solo statale), dalla fase di iniziativa o comunicazione di avvio del procedimento, alla fase della istruttoria (produzione o comunicazione di atti o di avvenuta recezione di atti), alla fase determinativa (si pensi a procedure automatizzate, che limitano la discrezionalità quasi ad azzerarla, nelle quali la volontà è quasi del computer o del programma), alla fase di integrazione della efficacia (si pensi alla comunicazione, recettizietà o pubblicità rese con il mezzo informatico), possa avvenire con modalità informatiche e telematiche. Nulla stabilendosi in relazione alle varie fasi del procedimento amministrativo, non si percepisce il vantaggio che dall’informatizzazione del procedimento può derivare al cittadino e utente di pubblici servizi.



8.1. Il problema della perimetrazione del codice si pone, poi, con particolare delicatezza nei confronti di una normativa anch’essa già riordinata di recente, che sta fornendo buoni risultati: quella del testo unico sulla documentazione amministrativa (Dpr 445/00 e connessi testi a – D.Lgs  443/00 – e b – Dpr 444/00).
Appare, anzi, quantomeno singolare che la norma sulle abrogazioni (articolo 75) si incentri come si è detto esclusivamente sul D.Lgs 10/02 e sul Tu 445/00, cosi concentrando (e limitando) la propria opera di “riassetto” su una normativa che in realtà era stata già riordinata di recente, tralasciando invece tutte le altre norme sulla materia, presenti, spesso in modo asistematico, in molteplici fonti dell’ordinamento.
Questo CdS considera, poi, con preoccupazione il rischio che si pervenga nuovamente alla frammentazione di una disciplina che, dopo lunga attesa (di oltre trent’anni) e svariati tentativi, era stata riordinata organicamente. In relazione allo schema di quel testo unico, la Sezione (parere n. 147/00) aveva, tra l’altro, apprezzato la scelta di raccogliere in un’unica fonte normativa sia le disposizioni relative alla tradizionale documentazione amministrativa cartacea (certificati, autocertificazioni, dichiarazioni, etc.) che quelle relative alla documentazione informatica (documento elettronico, firma digitale, etc.), fornendo ai cittadini una sede unitaria della disciplina e favorendo in tal modo anche la progressione da un modello di documentazione ad un altro. In proposito, il citato parere aveva anche affermato che l’informatica costituisce uno strumento al servizio dei cittadini, delle imprese e delle pubbliche amministrazioni e che va direttamente integrata nella disciplina dei relativi procedimenti amministrativi.
Nel codice in oggetto sembra, invece, che si estrapoli la disciplina di quel testo unico che riguarda l’amministrazione digitale. Senza menzionare il fatto che nel testo unico citato si eliminano norme regolamentari per trasformarle in norme tecniche, mentre nello schema in esame si rilegificano norme regolamentari, con conseguenze negative per la flessibilità dell’intera disciplina (sulla possibilità di intervenire anche a livello subprimario, cfr. infra, il punto 9).
La disciplina sembra, dunque, separarsi nuovamente e al tempo stesso irrigidirsi, laddove sarebbe possibile, invece, integrare e rafforzare la precedente raccolta normativa organica, con un’opera di novella cui si potrebbe provvedere nell’ambito dell’esercizio di questa stessa delega:
– attraverso lo stesso codice, eventualmente con un titolo separato ed esclusivamente dedicato alla novella di un’altra disciplina organica;
– ovvero, preferibilmente, con un separato e contestuale D.Lgs di novella che modifichi i profili di quella normativa organica da migliorare e ammodernare;
– peraltro, coevamente al codice in oggetto, si potrebbe provvedere anche per il livello regolamentare, prevedendo eventualmente un distinto ma contemporaneo intervento anche sulle norme di rango secondario contenute in quel testo unico.
8.2. Quello dei rapporti con il testo unico sulla documentazione amministrativa rappresenta un esempio, ancorché il più rilevante, del rapporto tra due ambiti di materie sopra individuate (la digitalizzazione dell’amministrazione e il procedimento amministrativo digitalizzato) i cui confini andrebbero definiti con maggiore visione sistemica dell’ordinamento, operando – di concerto con il Dipartimento della funzione pubblica – una generale riconsiderazione sulla natura strumentale della “digitalizzazione” rispetto al servizio reso dalle amministrazioni pubbliche o ai provvedimenti da queste adottati (e non viceversa) e, più in generale, sulla strumentalità del cambiamento portato dalle tecnologie dell’informazione rispetto al più generale cambiamento necessario (e certamente in parte già in atto) nella fonction publique del nostro Paese.
Da tale riconsiderazione – da effettuarsi, semmai, anche con gli interventi correttivi di cui al comma 3 dell’articolo 10 di delega, calibrando eventualmente su tali interventi l’entrata in vigore dell’intera riforma (cfr. retro, il punto 5.2) – potrebbe conseguire un duplice effetto positivo. La riferente Amministrazione, senza rinunciare alla capacità innovativa del codice, potrebbe in tal modo:
– da un lato, modificare la sede sistematica di taluni suoi interventi e, con il medesimo D.Lgs in oggetto o con un altro decreto, collocare alcune delle disposizioni ora comprese nel codice in altri contesti normativi organici o generali (come ad esempio la legge generale sul procedimento ovvero il testo unico della documentazione amministrativa);
– dall’altro (ri)trasferire altre disposizioni contenute nello schema in una raccolta di norme di natura regolamentare, da redigere contemporaneamente all’intervento di rango primario, conservando una maggiore visione d’insieme delle varie politiche perseguite senza asservirle tutte a quella della pur fondamentale “digitalizzazione” dell’amministrazione.
In ogni caso, non si potrebbe in alcun modo prescindere dalla necessità di inserire, all’interno dell’abrogando (parzialmente) testo unico sulla documentazione amministrativa, disposizioni di raccordo con il codice in esame, che rendano più chiara e leggibile all’utente l’esistenza di una seconda, diversa disciplina in luogo di quella unitaria oggi vigente.


9. Un ulteriore profilo di rafforzamento complessivo dell’intervento è quello relativo ai rapporti tra i diversi livelli di fonti normative e in particolare tra legge e regolamento, di cui si è più volte fatta menzione nel punti precedenti.
Se la nuova fase di “codificazione” di cui alla legge  229/03 si caratterizza, rispetto ai “testi unici misti” di cui all’abrogato articolo 7 della legge 50/1999, dall’abbandono dell’inclusione di disposizioni di rango regolamentare e dalla capacità innovativa attribuita oggi al legislatore (primario) delegato, ciò non significa che il codice debba necessariamente operare, nel nome della unitarietà della disciplina, la “rilegifiazione” di molte norme ora previste al più flessibile livello regolamentare, come invece fa il codice in oggetto (basti osservare la tabella di corrispondenza e il cospicuo numero di norme regolamentari che trovano ora sede tra le disposizioni del codice, aventi natura legislativa).
Peraltro, la rilegificazione appare particolarmente controindicata proprio in una materia come quella in oggetto, in cui anzi alcune disposizioni tecniche, a rapidissima evoluzione, dovrebbero essere rese ancora più flessibili (un meccanismo analogo è previsto, correttamente, dal testo unico sulla documentazione amministrativa). Appare, infatti, limitativo volere codificare la fase attuale (fermatasi, allo stato della tecnica, alla firma digitale, di cui la dottrina afferma la artificiosità), mentre in un futuro, forse anche imminente, potrebbero raggiungersi diverse e più efficaci modalità di esternazione degli atti o di apposizione di sigilli, etc. (si pensi alla impronta del dito, alla identificazione attraverso l’iride, alla certezza del dna per la identità dei soggetti, alla videoconferenza certificata).
Questo CdS ha più volte affermato la possibilità e l’opportunità – specialmente in casi come quello di specie – di emanare contemporaneamente al codice, di rango primario, una raccolta organica di norme secondarie, che trova anche uno specifico fondamento autorizzatorio nella stessa legge 229/03 (cfr. il più volte citato parere n. 2/04 dell’Adunanza generale).
Alla stregua di tale disposizione generale, e in considerazione del fatto che il Governo può in ogni momento avvalersi della propria potestà normativa secondaria, che è una potestà autonoma e non “delegata” (ovviamente, per le sole materie consentite ai sensi dell’articolo 117 Costituzione), può ritenersi che la redazione e l’adozione di un corpus organico di norme di natura regolamentare possa avvenire anche contemporaneamente al processo di adozione del codice e non richieda un ulteriore fondamento legislativo nelle specifiche norme di delega “sostanziale” per le singole materie.
Difatti, la codificazione deve garantire il più possibile non solo l’organicità della materia oggetto del riordino ad un dato livello normativo (quello primario), ma anche la sua completezza. E tale completezza non può prescindere, per le materie in cui la competenza sia rimasta in capo allo Stato, dalla normazione secondaria: non solo quella di natura attuativa e integrativa, ma anche quella di eventuale delegificazione.
Sotto questo profilo, l’introduzione di un corpus normativo compiuto soltanto per la normazione di livello primario e non anche per quella di livello secondario può apparire un limite rilevante per la denunciata rilegificazione dei profili più strettamente connessi, ma anche per la stessa immediata operatività della disciplina, per la sua completezza, per la sua leggibilità, per la sua diretta applicabilità da parte degli operatori e degli interpreti.
Certo, occorrerebbe un accorto sistema di rinvii tra i due testi – che resterebbero comunque separati, a differenza che nei testi unici misti – ma la loro redazione contemporanea potrebbe risultare vantaggiosa anche a questo scopo (anzi, sarebbe auspicabile la pubblicazione sulla medesima Gazzetta Ufficiale di entrambi i testi, a fini di leggibilità e di chiarezza, per offrire agli operatori un unico “testo” con la normativa completa).
Per quanto riguarda, invece, le norme regolamentari già “codificate” nel t.u. n. 445 del 2000, appare sufficiente una mera opera di novella di quella raccolta organica, operando sul suo “testo , contenente le sole norme regolamentari (Dpr n. 444 del 2000).
Un diverso ordine di problemi riguarda il rapporto tra i diversi livelli di fonte secondaria in un eventuale testo unico ad hoc: su tale specifico profilo si rinvia a quanto affermato nel più volte citato parere n. 2/04.


10. Un altro gruppo di rilievi riguarda il ruolo conferito dal codice al documento informatico e la mancata previsione di una dettagliata e credibile normativa transitoria per il progressivo abbandono (e, nell’ottica del codice, per la progressiva scomparsa) del documento cartaceo cosi come oggi conosciuto.
Come affermato retro, al punto 3, la Sezione comprende l’esigenza di “forzare il cambiamento” in cui si muove la riferente Amministrazione, che ha condotto alla scelta di opzioni particolarmente radicali e alla previsione dell’abbandono irreversibile di alcune modalità amministrative più tradizionali.
Tale scelta – pur se astrattamente condivisibile – rischia di produrre rilevanti controindicazioni se non accompagnata da interventi di bilanciamento, allo stato non presenti nel codice. Pertanto, le osservazioni che seguono vanno lette non già nel senso di rallentare il cambiamento o di introdurvi deroghe, ma al contrario nel senso di completarlo con idonee misure di preparazione e di attuazione e di accompagnarlo ad altri interventi di sostegno, a garanzia della sua stessa “fattibilità”.
Ad avviso della Sezione, vanno evidenziati quantomeno quattro profili:
– quello della possibile introduzione di disuguaglianze sociali in relazione al diverso livello di dimestichezza con le tecnologie dell’informazione (o, in alternativa, della possibilità di una sostanziale inattuazione delle previsioni de quibus);
– quello della non sufficiente considerazione della necessità di raccordo con Regioni e autonomie locali;
– quello della possibile perdita del ruolo di certezza e di testimonianza storica del documento amministrativo come sinora conosciuto;
– quello della sicurezza e della “tenuta” del nuovo assetto, anche per i casi estremi di crisi “sistemiche”, in assenza di previsioni che consentano un funzionamento “non elettronico” della vita pubblica.



10.1. Più di un autore, anche in sede internazionale, ha messo in luce i rischi di una completa “digitalizzazione” dell’amministrazione pubblica in assenza di misure volte a bilanciare tale radicale innovazione. Uno dei pericoli principali — che fa parte del fenomeno noto come digital divide – è quello che un rilevante numero di cittadini (anziani, disabili, soggetti con basse scolarità, emarginati, abitanti in aree remote o rurali, in ritardo con “l’alfabetizzazione informatica” o semplicemente diffidenti) possa risultare discriminato o addirittura socialmente emarginato da un passaggio radicale e non bilanciato ad un’amministrazione esclusivamente digitale.
Pertanto, il cospicuo numero di previsioni generali e programmatiche presenti nel codice dovrebbe essere accompagnato da interventi specifici di sostegno per i cittadini che non siano in grado di avvalersi delle nuove tecnologie dell’informazione. Alla effettiva attuazione di tali interventi dovrebbe essere condizionata l’intera riforma, eventualmente anche agendo su una diversa disciplina dell’entrata in vigore delle singole disposizioni (in proposito, appare ad esempio piuttosto rigida la previsione di cui all’articolo 58 dello schema: cfr. infra, il punto 15. 1) In altri termini, l’abbandono delle modalità tradizionali di azione amministrativa va necessariamente accompagnato da misure concrete – che richiedono una consona copertura finanziaria e amministrativa – che prevedano azioni adeguate per l’implementazione dei nuovi processi, sia dal punto di vista tecnico che da quello umano (anche con riferimento ad appositi processi fonnativi e di “alfabetizzazione informatica avanzata” degli attuali dipendenti pubblici), nonché da norme transitorie e di raccordo che assicurino la continuità di azione pubblica e scongiurino possibili momenti di impasse nel passaggio da un sistema all’altro.
10.2. Un ulteriore elemento di perplessità sull’assetto previsto dal codice è che esso appare prescindere, nella sostanza, dal ruolo delle Regioni e delle autonomie locali (soprattutto dei comuni), che costituiscono invece il livello principale sul quale agire per una effettiva erogazione on line dei servizi pubblici – quantomeno di quelli prioritari – a cittadini e imprese.
Proprio a proposito del digital divide si ricorda, ad esempio, che – a differenza di quanto prescritto normativamente dal codice – il documento recante le ‘linee guida del Governo per lo sviluppo della Società dell’Informazione” del giugno 2002 prevede espressamente tale azione in via prioritaria (come primo dei dieci obiettivi di e-government a livello locale) e si sofferma esplicitamente sulla necessità di realizzare “centri di servizio a livello territoriale” che possano servire i cittadini con minore dimestichezza con le tecnologie dell’informazione, allo scopo di conseguire entro la legislatura l’obiettivo di avere tutti i servizi prioritari on line, relativi ad almeno il 5 0% della popolazione”.
La realizzazione di tale obiettivo, non previsto da un atto di natura normativa, appare alla Sezione, a titolo di esempio, necessariamente antecedente alla entrata in vigore di svariate disposizioni dello schema normativo in oggetto.
Alla stregua di quanto esposto, la Sezione, condividendo le osservazioni contenute nel parere della Conferenza unificata del 20 gennaio 2005, ritiene di raccomandare l’istituzione di un’agenzia nazionale ‘federata’ per l’e-government, come sede stabile di raccordo tra lo Stato, le Regioni e le autonomie locali”.
10.3. Lo schema di codice sembra, inoltre, non tenere nella necessaria considerazione il rilievo del “documento amministrativo” come oggi conosciuto; la sua funzione di certezza e di “evidenza probatoria” che esso ancora assolve nella vita dell’amministrazione e dei rapporti giuridici tra cittadini; il suo contenuto stabile e il suo ruolo di testimonianza storica.
Anche in questo caso, si invita a riconsiderare – di concerto con il Dipartimento della funzione pubblica e con il Ministero dell’interno – la cesura che il codice introduce tra la disciplina in oggetto e quella fornita dal t.u. n. 445 del 2000 in relazione alla tenuta e alla conservazione del sistema di gestione dei documenti ed alla gestione dei flussi documentali e degli archivi (articoli 61 ss.).
Nell’invitare anche in questo caso il Dipartimento ad una maggiore visione d’insieme, che affianchi la gestione dei documenti a quella degli archivi, quella dei protocolli a quella dei sistemi di gestione, si ricorda, a mero titolo di esempio, come recenti riflessioni anche in sedi internazionale (ad esempio, quella che ha portato alla produzione dello standard ISO 15489 sul “records management”) dimostrano proprio la necessità di una visione globale di tutto il processo documentario.
Anche in questo caso, la reintroduzione di un raccordo e di un’integrazione tra la policy dell’innovazione digitale e le singole policies amministrative appare alla Sezione una condizione di credibilità della riforma nei confronti dei (non pochi) cittadini più restii ad accettarla, e in ultima analisi un elemento per la riuscita della stessa.
10.4 Sotto un quarto e ultimo profilo, si rileva come il codice, stabilendo il principio di primarietà e originalità (non solo di ausiliarietà o accessorietà) del documento informatico, non preveda misure di accompagnamento a proposito delle esigenze di conservazione, immodificabilità, sicurezza (di archiviazione), problemi tecnici, errori del sistema o dell’operatore umano degli atti informatici delle pubbliche amministrazioni.
Sempre a titolo di esempio, si rileva come la sicurezza sulla firma digitale appaia, allo stato, temporanea, con la conseguente necessità di modificare la chiave privata piuttosto frequentemente (come già accennato retro, al punto 9). Risultano, però, allo studio sistemi più sicuri (quali impronte digitali, impronte retiniche, etc.). Ciò dovrebbe indurre a rendere più flessibili le relative previsioni (anche laddove se ne evitasse la criticata “legificazione”): dovrebbe, pertanto, valutarsi l’opportunità di inserire fin d’ora previsioni che limitino la normativa introdotta fino al momento in cui sarà tecnicamente possibile imprimere agli atti e ai documenti informatici impronte antropometriche (o, in ogni caso, sistemi più sicuri di quelli ora previsti), che consentano senza possibilità di errore di stabilire la provenienza, la firma, etc.


11. Una volta esposte le osservazioni di fondo di cui ai punti precedenti, vanno ora formulati specifici rilievi sull’articolato, anche al fine di facilitare la valutazione di alcuni degli aspetti problematici generali dianzi evidenziati e di accelerare l’iter dello schema di D.Lgs con riferimento ad altre questioni di particolare importanza nel delineato riassetto della disciplina in materia di informatizzazione e digitalizzazione dell’amministrazione.
Per facilitare la lettura del parere si indicheranno i Capi, le Sezioni e i singoli articoli del codice interessati dalle osservazioni.


12. CAPO 1
12.1 Sezione I


Articolo 1
Occorre preliminarmente osservare che l’articolo 1, dedicato alle definizioni, e gli articoli contenuti nel capo 2 (dal 17 al 36) sono riproduttivi, in linea di massima, di disposizioni contenute nella normativa precedente (in particolare nel Dpr. 445 del 2000), mentre gli articoli dal 2 al 16 non trovano corrispondenti nel precedenti legislativi e regolamentari.
Le definizioni di cui all’articolo 1, imposte dal contenuto tecnico della normativa, non esauriscono tutte quelle contenute nel codice (si veda ad esempio l’articolo 22, comma 2, ai sensi del quale “l’autenticazione della firma digitale o di altro tipo di firma elettronica qualificata consiste nell’attestazione-”). La relazione peraltro afferma che, rispetto alla precedente normativa, talune definizioni sono state eliminate, mentre altre sono state aggiunte.
Può in linea generale osservarsi che non tutte le definizioni coincidono con le accezioni comuni del linguaggio informatico: sarebbe pertanto importante precisare che le definizioni sono valide solo ai fini del significato del codice, e non anche in assoluto. Si pensi per esempio alla distinzione tra il concetto di informatico e quello di digitale. informatico è ciò che viene formato non con la scrittura a segni grafici, ma ad impulsi elettronici. Digitale è un metodo di rappresentazione della informazione in forma numerica. La normativa esaminata utilizza invece tali espressioni (informatico e digitale) in un senso diverso: informatica o elettronica è la firma debole, mentre digitale è la firma forte, rafforzata dalla certificazione.
Occorre osservare che la Direttiva comunitaria n. 1999/93/CE, che ha introdotto un quadro comunitario per le firme elettroniche, distingue (articolo 2, dedicato alle definizioni) la “firma elettronica” dalla “firma elettronica avanzata”.
Anche in considerazione della normativa comunitaria, particolari problemi presenta la distinzione (la graduazione, come si precisa nelle legge di delega) tra i vani generi di firma, ovvero tra le lettere r), s), e t) dell’articolo 1. In proposito, si ricorda che nella delega si fa riferimento al “documento informatico, alla firma elettronica e alla firma digitale” (articolo 10, comma 2, lett. a) della legge n. 229 del 2003). La firma digitale, come risulta dalla definizione e come può dedursi dagli effetti, anche probatori, previsti dagli articoli 17 e 18, è peraltro una specie della firma elettronica qualificata (definita “elettronica avanzata” dalla direttiva comunitaria). Sembra quindi inopportuna la distinzione apparente in tre diverse specie di firma e, se deve essere apprezzata la riduzione a tre delle ipotesi di firma (sono quattro nell’attuale Dpr n. 445 del 2000), sarebbe opportuno un ulteriore chiarimento, nel senso che i tipi di firma sono solo due, la firma elettronica pura e semplice e quella qualificata, di cui la firma digitale è un tipo.
Pertanto, appare opportuno riposizionare le lettere nel seguente ordine: t), s) e r), in modo da anteporre la definizione della firma elettronica “debole” (lett. t), fare seguire quella generale della firma elettronica qualificata (lett. s) e porre alla fine quella della firma digitale come “particolare tipo di firma elettronica qualificata” (lett. r).
Significativa e meritevole di apprezzamento, perché coincidente con la evoluzione della tecnica, è la definizione di indirizzo elettronico, perché introduttiva di una nuova nozione di indirizzo, oltre a quella genericamente deducibile dall’articolo 1335 Cc, in tema di recezione delle dichiarazioni, come ogni luogo che, in quanto inserito nella sfera di dominio o controllo del destinatario, appaia idoneo a consentirgli la ricezione dell’atto e la cognizione del relativo contenuto.
Si segnala, infine che l’aggiunta delle parole “in rete” alla definizione della carta nazionale dei servizi, già contenuta nell’articolo 1, comma 1, lett. bb) del Dpr n. 445 del 2000, può costituire una limitazione ingiustificata alle possibilità di uso della carta stessa.


Articolo 2
Il contenuto dell’articolo 2 potrebbe sembrare in parte esorbitare dalla delega, che elenca tra i propri oggetti: “b) i procedimenti amministrativi informatici di competenza delle amministrazioni statali anche ad ordinamento autonomo”, senza alcun riferimento alle competenze procedimentali di Regioni ed enti locali. Va però rilevato che tra gli oggetti della delega rientrano, senza limitazioni: “a) il documento informatico, la firma elettronica e la firma digitale … c) la gestione dei documenti informatici d) la sicurezza in informatica dei dati e dei sistemi”. Le disposizioni relative a tali ambiti, rientrando in larga misura nella materia dell’ordinamento civile e in quella dei livelli essenziali delle prestazioni, si applicano a tutte le pubbliche amministrazioni ed ai privati. e pertanto necessario ridefinire l’ambito di applicazione del codice riportando con chiarezza gli oggetti della delega, eventualmente integrandoli con riferimento ai principi direttivi, che ne individuano le finalità, e chiarire che gli interventi sul procedimenti regionali riguardano solo l’esercizio del potere di coordinamento informatico dei dati delle amministrazioni regionali, secondo quanto previsto dall’articolo 117, secondo comma, lettera r) della Costituzione.
Di grande importanza è il comma 3 dell’articolo in esame, ai sensi del quale, come già prevedeva l’articolo 3 del Dpr n. 445 del 2000, sebbene con diversa espressione, le disposizioni del capo IV (concernenti i documenti informatici, le firme elettroniche, i pagamenti informatici, i libri e le scritture, nonché le disposizioni di cui al capo III, relative a gestione, conservazione, trasmissione dei documenti informatici) si applicano anche ai privati.
Si pone quindi l’esigenza di stabilire quale parte della normativa si applica, e quale non si applica, a soggetti formalmente privati, ma in sostanza pubblici, ai fini di altre discipline. Si ricorda peraltro che l’articolo 3 del Dpr n. 445 del 2000 – norma regolamentare, che non risulta abrogata -individua espressamente i destinatari della normativa del testo unico sulla documentazione amministrativa nei “cittadini dell’Italia e dell’Unione europea, le persone giuridiche, le società di persone, le associazioni, le pubbliche amministrazioni, gli enti, le associazioni e i comitati aventi sede legale in Italia o in uno dei Paesi dell’Unione europea”. La mancata riproduzione di tale disposizione nello schema di codice, o comunque l’assenza di una disposizione di rinvio, possono indurre difficoltà interpretative e di coordinamento.


12. 2 Sezione II


Articoli 3-13
Gli articoli in questione destano qualche perplessità: in parte perché affermano diritti non azionabili (articolo 3); in parte perché si limitano a dichiarazioni di intenti e mancano di precettività (articoli 8, 9 e 10); in parte perché rinviano ad altre disposizioni vigenti che non sono poste in discussione dal codice e che, ove si ritenesse necessario, sarebbe bene riprodurre integralmente nel codice (articolo 6); in parte perché enunciano principi che dovrebbero usualmente ispirare l’azione amministrativa e che non possono, pertanto, comparire in un codice di settore (articolo 10, comma 6); in parte perché pleonastiche o ripetitive (articoli 10, comma l; 12; 13) in quanto ripetono principi già affermati da articoli precedenti, o pacifici, o addirittura precetti costituzionali; in parte perché, come l’articolo 5, prevedono termini che appaiono inadeguati e che, comunque, stante la loro natura ordinatoria, nulla aggiungono alla disposizione cui accedono. Alcune disposizioni sembrano poi comportare l’esigenza di copertura finanziaria per poter trovare effettiva attuazione (articoli 5, 6, 7, 9, 11, 13, 15 e 16: per le considerazioni già svolte sulla questione in generale, cfr. retro, al punto 4).
È pur vero che molte delle finalità ivi enunciate sono commendevoli e condivisibili; tuttavia, adottando uno stile codicistico in senso classico, le disposizioni in esame possono essere ridotte ad indicazioni molto più contenute, che possano avere effetti giuridicamente rilevanti per le pubbliche amministrazioni, eventualmente consentendo, in caso di inerzia o di inadempimento della nuova disciplina, il ricorso da parte di cittadini e imprese agli ordinari strumenti di tutela amministrativa o giurisdizionale (anche su tali considerazioni si rinvia a quanto già rilevato in precedenza).


13. CAPO Il
13. 1 Sezione I


Articoli 17 e 18
Gli articoli 17 e 18, riguardanti il documento informatico e il valore probatorio del documento informatico sottoscritto, contengono disposizioni di grande interesse e importanza.
Essi riprendono concetti già contenuti nel Dpr n. 445 del 2000 (articoli 8 commi 1, 2, 3; 4; 10 e 29 quater). In particolare l’articolo 17 ripete le espressioni e i concetti di validità e rilevanza contenuti in tutte le normative che si sono occupate dell’argomento (cfr. Dpr n. 513 del 1997).
La delega per il coordinamento e il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di società dell’informazione, che si applicano, come già previsto dal Dpr n. 445 del 2000, anche al rapporti tra privati, avrebbe potuto costituire l’occasione per realizzare un pieno coordinamento tra le disposizioni in materia informatica e quelle del codice civile in materia di forma degli atti.
Bisogna però prendere atto che il legislatore, in sede di delega, non è intervenuto sulla possibile rivisitazione delle tradizionali figure formali dell’atto pubblico e della scrittura privata, ma solo sull’utilizzo della firma digitale, equiparandola alla sottoscrizione autografa e quindi utilizzando concetti propri delle altre figure. (In realtà ben avrebbe potuto introdurre la forma della scrittura telematica, munita o meno di una firma sicura -o più o meno sicura, ritenendola idonea al perseguimento degli scopi di legge. Basti pensare che il D.Lgs 50/1993, sui contratti a distanza, prevede “contratti conclusi mediante l’uso di strumenti informatici e telematici”, con la ulteriore possibilità di distinguere, anche per lo strumento utilizzato, le scritture (non sottoscritte) da quelle sottoscritte, asseverate dalla sottoscrizione). Si rende perciò necessario adeguare lo strumento informatico alle norme vigenti, cercando quanto più possibile di evitare equivoci e ambiguità.
A prescindere dall’antico dibattito dottrinale sulla distinzione tra atto e documento, non si può sottacere che una cosa è il documento, che è il contenente (che è un mezzo di prova), altra cosa è il contenuto o l’atto documentato (il negozio o atto giuridico voluto), altra cosa ancora è la forma, che è elemento essenziale dell’atto o negozio, se prescritta a pena di nullità (articolo 1325 c.c.) e che può consistere nell’atto pubblico o nella scrittura privata, autenticata o non (v. articolo 1350 c.c.).
La affermazione, contenuta nello schema di codice, che sia il documento informatico (sottoscritto con firma digitale) a soddisfare il requisito della forma scritta sembra invece confondere il contenente con il contenuto.
D’altronde, la differenza tra il documento (definito come cosa che serve come mezzo di prova) e l’atto documentato (che può essere narrativo o di dichiarazione di volontà) si evince dalla possibilità che il documento può venire meno (per esempio, perché distrutto), ma non viene meno la possibilità di fornire la prova dell’atto per il quale sia prevista la forma scritta a pena di nullità, ai sensi dell’articolo 2725 c.c.
Sarebbe pertanto opportuno chiarire, data la differenza del mezzo, quale tipo di prova dell’atto può essere fornita nel caso di distruzione del documento informatico che lo contiene.
Inoltre, è opportuna una ulteriore riflessione per raccordare le previsioni di cui agli articoli 17 e 18 con l’articolo 1350 c.c., chiarendo quale sia la forma informatica equivalente all’atto pubblico e alla scrittura privata per gli atti ivi elencati.
Minori problemi in materia crea il vigente articolo 10 del Dpr n. 445 del 2000, che per il documento informatico in sé, a prescindere dalla sottoscrizione, rinvia all’articolo 2712 c.c. e prevede (comma 2) che il documento informatico sottoscritto con firma elettronica soddisfa il requisito della forma scritta, dandosi cosi carico di attribuire un valore a qualsiasi documento informatico, a prescindere dalla forza della firma.
Peraltro, l’idoneità della forma a conseguire un effetto si desume, secondo la dottrina, dall’articolo 121 c.p.c., sulla strumentalità (idoneità allo scopo) delle forme. Si dovrebbe pertanto cercare di affrontare anche nel nuovo codice il tema del valore dell’atto adottato con scrittura telematica anche ove non sia munito di sottoscrizione, laddove sia conosciuto l’autore per la provenienza dal suo indirizzo elettronico, ovvero ove sia sottoscritto con firma elettronica c.d. debole.
Per meglio chiarire tali osservazioni, basti rilevare, a titolo di esempio, che l’articolo 1350 c.c. prevede che determinati atti, per la loro importanza, debbano farsi per atto pubblico o per scrittura privata (anche non autenticata). L’articolo 2657 c.c. stabilisce che la trascrizione non si può eseguire se non in forza di sentenza, di atto pubblico o di scrittura privata con sottoscrizione autenticata o accertata giudizialmente. Sulla base di tali distinzioni è possibile un trasferimento di immobili a mezzo di scrittura privata senza sottoscrizione autenticata, anche se per la trascrizione è poi necessario un atto riproduttivo della forma giusta.
Gli articoli 17 e 18 non chiariscono se sia idonea forma scritta, a tal fine, ai sensi dell’articolo 1350 c.c., la scrittura con firma soltanto elettronica. Anzi, l’articolo 18 sembra escludere tale possibilità, in quanto il secondo comma prevede il soddisfacimento della forma scritta solo per il documento (non per l’atto) con firma elettronica qualificata o firma digitale. Ne discende che la scrittura con firma elettronica (non qualificata) non sembrerebbe integrare la scrittura privata non autenticata di cui all’articolo 1350 c.c., anche se gli autori della scrittura non disconoscono la loro firma. Non si comprende come debba essere considerato l’atto con firma elettronica debole non disconosciuta a norma dell’articolo 215 c.p.c. La previsione della libera valutabilità in giudizio, di cui al primo comma dell’articolo 18, sembra contrastare con il principio desumibile dal codice di rito.
L’articolo 18, comma 2 – fermo restando il problema della scrittura privata sottoscritta con firma elettronica semplice – dovrebbe essere riscritto per evitare ambiguità. Il rinvio all’efficacia di cui all’articolo 2702 c.c. può infatti generare l’equivoco che il documento sottoscritto con firma digitale sia equiparato alla scrittura privata riconosciuta o autenticata, ciò che è positivamente escluso, almeno per l’autentica, dal successivo articolo 22 che disciplina l’autentica notarile. La formulazione potrebbe essere: “Al documento informatico sottoscritto con firma digitale si applica l’articolo 2702 c.c.”.
Infatti, alla scrittura autenticata si applicano regole che non valgono invece per la scrittura riconosciuta (come in materia di trascrizione al sensi del richiamato articolo 2657 C.c.). Si deve poi osservare che il meccanismo introdotto della presunzione della riconducibilità dell’utilizzo del dispositivo della firma al titolare, salvo che sia data prova contraria, indebolisce la suddetta equiparazione e genera il dubbio che la fiducia nell’atto informatico, che in questi anni è andata diffondendosi, possa notevolmente ridursi. Sarebbe almeno opportuno individuare il tipo di prova che consente il dísconoscimento secondo un criterio di responsabilità nella conservazione e nell’utilizzo della chiave privata.
Ciò che importa veramente stabilire, in relazione al grado di certezza delle finire e della loro paternità, è su chi incomba l’onere di iniziare il giudizio (oltre che a quali scopi e entro quali limiti), se sull’apparente titolare o su coloro che vogliono fare valere la paternità altrui della firma.
Da un lato, sembra giusto superare i vecchi concetti di falso, strettamente legati al principio di “paternità” della firma e non a quello di “responsabilità” per la firma; dall’altro, occorre fare assoluta chiarezza sulle ipotesi in cui è consentito dimostrare l’assenza di responsabilità (per esempio, errore, violenza, dolo, abuso del mandato, contrarietà a patti interni, abusivo riempimento da parte di colui che aveva la legittimazione). Basti osservare che la dottrina più accreditata, richiamando i principi di auto responsabilità, affidamento, apparenza, rappresentanza, certezza dei rapporti, ha limitato alle sole ipotesi di violenza e di dolo la possibilità di fare valere i vizi della volontà, escludendo per esempio l’errore, cosi come la violazione di patti interni, salva la ipotesi della conoscenza o riconoscibilità da parte del terzo contraente.
Sugli articoli in questione appare, comunque, particolarmente opportuno un pronunciamento del Ministero della giustizia.


Articolo 20
Desta perplessità il rinvio alle regole tecniche per verificare la validità dei duplicati, delle copie e degli estratti del documento informatico in quanto la validità dovrebbe discendere automaticamente dall’identità del testo accompagnata da una semplice attestazione di conformità, indipendentemente dalla forma o dal supporto su cui è trasferito.
Altra perplessità nasce dalla limitazione prevista dal comma 5, che riserva solo ai pubblici ufficiali e ai notai l’attestazione di conformità all’originale di un documento cartaceo trasferito su supporto informatico. Tale disposizione potrebbe avere effetti paralizzanti nell’azione amministrativa e nel processo civile telematico. D’altra parte, non si comprende perché l’attestazione di conformità non possa essere fatta da chi ha formato l’atto o da chi lo riceve.


13.2 Sezione II


Articolo 22
Il comma 2 desta perplessità e dovrebbe essere sostituito con il riferimento alle disposizioni vigenti in materia di autentica notarile, come avviene attualmente nell’articolo 24 del Dpr n. 445 del 2000. La disposizione tra l’altro sembra in contrasto col principio di cui all’articolo 2703 c.c., in quanto il pubblico ufficiale, quando attesta che la sottoscrizione è stata apposta in sua presenza, non accerta alcunché in relazione alla volontà dell’atto contenuto nel documento sottoscritto.
L’accertamento del fatto che l’atto corrisponde alla volontà delle parti e che non è in contrasto con l’ordinamento giuridico è un accertamento che la legge devolve alla competenza del notaio (articolo 47 legge notarile, terzo comma: “Spetta al notaio soltanto d’indagare la volontà delle parti e dirigere personalmente la compilazione integrale dell’atto, ma solo quando si tratta di atto del quale il notaio cura la redazione, formato a sua cura (atto pubblico), non anche quando si tratta di atto formato dalle parti, la cui sola sottoscrizione sia autenticata.
Il notaio, per la efficacia privilegiata della scrittura autenticata, corrispondente a quella dell’atto notarile stricto iure, è tenuto a controllare che la scrittura non sia contraria all’ordine pubblico (articolo 28 legge notarile: per esempio, che non si costituisca una associazione sovversiva), ma va escluso che sussista l’obbligo del notaio di accertare la corrispondenza del contenuto dell’atto alla effettiva volontà delle parti, obbligo che sussiste solo in caso di atto pubblico.


Articolo 24
Non emergono dalla relazione le ragioni per le quali è stata espunta dal comma 4 dell’articolo 27 del Dpr n. 445 del 2000, ivi riprodotto, la previsione che, oltre al divieto di prosecuzione dell’attività, sia intimata “la rimozione degli effetti”.


Articolo 28
Pur avendo mantenuto la stessa rubrica dell’articolo 29 del Dpr n. 445 del 2000, l’articolo in esame non fa più cenno alla distinzione tra controllo dell’attività di certificazione e controllo sui certificatori. Dalla relazione non è dato comprendere la portata della modifica.


Articolo 29
E’ bene chiarire al comma 2 che tra “gli altri” tutelati dal certificatore è compreso anche il titolare del certificato.
Alla lettera i) è opportuno chiarire quali sono i “servizi di elencazione”, altrove non citati né descritti.
Alla lettera m) è opportuno individuare il termine iniziale dal quale decorre l’obbligo di tenuta della registrazione, coordinando la disposizione con l’articolo 30.
Il comma 4 introduce il problema dell’identificazione del soggetto che richiede il certificato qualificato di firma delegando a terzi tale attività, ponendone la responsabilità a carico del certificatore. Tale disposizione, che identifica un problema reale, evidenzia che nel codice manca una disposizione relativa alle modalità con le quali il titolare della firma può rivolgersi al certificatore, agli obblighi che assume nei suoi confronti, alle comunicazioni che è tenuto a fare. Una simile previsione renderebbe più facilmente leggibili tutte le disposizioni relative alla sottoscrizione del documento e alla sua validità.


Articolo 30
Si veda, sub articolo 29, la necessità di coordinamento delle due disposizioni.


Articolo 31
Nella lettera a) del comma 1 è necessario chiarire in qual modo sono individuate le “categorie di terzi, pubblici o privati” nei confronti dei quali l’amministrazione è abilitata ad esercitare l’attività di rilascio dei certificati, quantomeno individuando un criterio di collegamento univoco.
Per quanto attiene al comma 3, occorre sottolineare che l’articolo 31 disciplina la materia già regolata dall’articolo 29-quinquies del Dpr n. 445 del 2000, il quale al quarto comma prevede una disciplina transitoria, in base alla quale sono stati già emessi in Italia certificati elettronici al cui interno è specificato il ruolo del titolare. Sembra opportuno confermare tale disposizione transitoria in attesa dell’emanazione delle nuove regole tecniche.
Sul comma 4, la Sezione condivide i rilievi della Ragioneria Generale dello Stato sulla necessità di una adeguata copertura finanziaria, richiedendo un nuovo pronunciamento del Ministero dell’economia nel seguito dell’iter dello schema.


Articolo 32
L’articolo tratta, come già il 29 sexies del Dpr n. 445 del 2000, dei dispositivi sicuri per la generazione della firma. La sostituzione, al comma 2, del riferimento ai “dati elettronici” col riferimento al “documento” sembra pertanto frutto di una svista in sede di collazione del testo. Nulla ha infatti a che vedere l’articolo 32 con il documento informatico, ma riguarda solo le garanzie di sicurezza per la generazione della firma.
Nel comma 3 è stata aggiunta la frase “e lo stesso renda palese la sua adozione in relazione al singolo documento firmato automaticamente”. Tale espressione sembra complicare oltremodo il procedimento di firma automatica e non chiarisce in che modo il titolare debba agire in concreto. Occorre pertanto eliminarla.
Il comma 6, che come il comma 5 riprende l’articolo 10 del d.lgs. n. 10 del 2002, è stato modificato nel senso che al posto dell’aggettivo “sicura”, riferito alla firma, è stato introdotto l’aggettivo “qualificata”. La sostituzione potrebbe creare problemi interpretativi, riferendosi l’aggettivo “sicura” a tutte le forme di firma definite come tali dalla direttiva. Sembrerebbe pertanto opportuno ripristinare il testo originale.


Articolo 35
La norma richiede una adeguata copertura finanziaria, su cui dovrà pronunciarsi il Ministero dell’economia e delle finanze.


14. CAPO III


Si suggerisce di modificare la rubrica del Capo 111 in “Sistema di gestione informatica dei documenti e dei procedimenti delle pubbliche amministrazioni”, per omogeneità con la definizione di cui all’articolo 1, comma 1, lettera cc) dello schema.
Sempre con riguardo a tale Capo sembra di dover formulare alcuni rilievi di carattere generale circa la sistematica utilizzata nella ripartizione in Sezioni e nella distribuzione del contenuto normativo fra i vari articoli.
Appare, infatti, indispensabile un coordinamento contenutistico e lessicale della disciplina di tale Capo con la definizione di “gestione informatica dei documenti” di cui all’articolo 1, comma 1, lettera u).
Se, infatti, la gestione informatica dei documenti comprende “l’insieme delle attività finalizzate alla registrazione e segnatura di protocollo, nonché alla classificazione, organizzazione, assegnazione e reperimento e conservazione dei documenti amministrativi formati o acquisiti dalle amministrazioni nell’ambito del sistema di classificazione d’archivio adottato, effettuate mediante sistemi informatici”, allora:
– nella rubrica della Sezione 11, dedicata alla “Gestione informatica dei documenti e protocollo informatico”, dovrebbe eliminarsi il riferimento al “protocollo informatico”, visto che si tratta di uno degli elementi della gestione informatica dei documenti ed è ricompreso in tale più ampia nozione;
– la Sezione III, dedicata alla “Conservazione informatica dei documenti”, dovrebbe essere assorbita dalla Sezione 11, visto che anche la conservazione informatica dei documenti rientra nella nozione di gestione informatica dei documenti;
– parimenti, la distinzione, di cui all’articolo 39, comma 1, tra “sistema di gestione informatica dei documenti” e “sistema di conservazione informatica dei documenti” non ha ragion d’essere, perché la gestione informatica comprende l’attività di conservazione informatica;
– è necessario verificare se vada inclusa nella definizione di gestione informatica dei documenti, di cui all’articolo 1, comma 1, lettera u), anche l’attività di “trasmissione interna alle amministrazioni dei documenti informatici” menzionata dall’articolo 39, comma 1, visto che il sistema di gestione informatica, a mente del comma 2, lettera h), dello stesso articolo, deve anche 44consentire lo scambio di informazioni con i sistemi per la gestione dei flussi documentali di altre amministrazioni”, e quindi la trasmissione di documenti fra le stesse. Ove l’Amministrazione riferente ritenesse di aderire a tale indicazione, anche la Sezione IV dovrebbe essere assorbita dalla Sezione Il e la rubrica dell’articolo 39 andrebbe cambiata in ‘”requisiti del sistema per la gestione informatica dei documenti”;
– dovrà, infine, valutarsi se non sia preferibile modificare la rubrica della Sezione 1 in “Gestione informatica dei procedimenti”, vista la rubrica generale del Capo 3 e considerato che la rubrica della Sezione 2 si riferisca già alla “Gestione informatica dei documenti e protocollo informatico”.


14. 1 Sezione I


Articolo 37
Riguardo al primo comma si rileva che, anche dopo l’entrata in vigore del codice, permarranno procedimenti non gestiti con strumenti informatici, come conferma la previsione dell’articolo 38, comma 2. t, quindi, opportuno limitare la portata della disposizione in esame sostituendo l’inciso finale “ai sensi del presente decreto” con una formula più precisa (ad esempio, con le parole “nei casi e nei modi previsti dal presente decreto”).


Articolo 38
Con riferimento al disposto del comma 1, l’Amministrazione riferente dovrà valutare se, in considerazione del contenuto della delega di cui all’articolo 10, comma 1, lettera c) della legge n. 229 del 2003 (“prevedere la possibilità di attribuire al dato e al documento informatico contenuto nei sistemi informatici pubblici i caratteri della primarietà e originalità non possa risultare eccedente rispetto all’ambito della delega l’imposizione alle amministrazioni pubbliche di un obbligo di formare gli originali dei propri documenti con strumenti informatici, in luogo della mera facoltà di ricorrere a tale soluzione.
Fermo quanto rilevato con riguardo al comma 1, relativamente alla previsione di cui al comma 2, l’Amministrazione riferente vorrà valutare se, tenendo conto dell’attuale fase di sviluppo dell’amministrazione digitale, non sia opportuno differire l’entrata in vigore di tale nonna fino ad una data da fissare con il medesimo decreto di cui al comma 3, continuando a consentire, durante un adeguato periodo di transizione, l’utilizzo contemporaneo del documento informatico e di quello cartaceo.
E’ necessario sottolineare che la soluzione di cui al comma 3 sembra una di quelle indicate retro, al punto 5, che comporta oneri per il bilancio delle pubbliche amministrazioni.


Articolo 39
Quanto al comma 1, si rinvia alle osservazione innanzi formulate con riguardo all’intero Capo
Al comma 2, alla lettera e), è utile richiamare anche le disposizioni in materia di accesso ai documenti amministrativi, mentre, alla lettera h), lo scambio di informazioni fra amministrazioni va vincolato al rispetto delle disposizioni in materia di protezione dei dati personali. E’ preferibile sostituire il termine latino “iter” con un’espressione della lingua italiana.
La portata della lettera i), non presente nel Dpr n. 445 del 2000 e di nuova introduzione, andrebbe meglio chiarita. In particolare si dovrebbe precisare se con essa si intende dire che il flusso di lavoro dei documenti informatici non deve intralciare il procedimento amministrativo.


14. 2 Sezione II


Articolo 40
Il comma 2 andrebbe soppresso, in quanto riproduce nella sostanza il contenuto dell’articolo 39, comma 2, e dell’articolo 48.


Articolo 41
Con riguardo al comma 3 va rilevato che alle diverse aree organizzative omogenee non corrispondono necessariamente altrettanti complessi di unità amministrative dotati di autonomia organizzativa, in quanto la competenza in ordine all’organizzazione delle aree potrebbe essere attribuita dalla legge anche ad organi posti al di fuori delle stesse e in posizione di gerarchia o direzione rispetto agli uffici che le compongono. In tale prospettiva è preferibile modificare l’inciso iniziale del terzo comma, con le parole “Ciascuna area organizzativa omogenea è strutturata in modo tale da assicurare -“. Il riferimento alle ‘”professionalità tecnico archivistiche” va precisato avendo riguardo alle specifiche figure previste dalla contrattazione collettiva.
Va comunque considerato che la disposizione, che ha valore prettamente organizzativo interno e che potrebbe essere migliorata dall’esperienza applicativa concreta, troverebbe forse migliore collocazione in un testo regolamentare.


Articolo 42
Appare opportuno che l’Amministrazione riferente chiarisca, nella relazione, le ragioni per le quali non sono stati riprodotti i commi 3, 4 e 5 dell’articolo 53 del Dpr n. 445 del 2000.
Al comma 5 si richiama il “registro di emergenza”, che però non sarebbe più disciplinato dal codice e neppure dal regolamento, vista l’abrogazione dell’articolo 63 del Dpr n. 445 del 2000.


Articolo 43
Nel riferimento normativo va richiamato anche il comma 2 dell’articolo 55 del Dpr n. 445 del 2000.
E’ utile che l’Amministrazione riferente precisi, nella relazione, le ragioni per le quali non sono stati riprodotti i commi 3, 4 e 5 del citato articolo 55.
L’Amministrazione vorrà valutare se escludere dalle abrogazioni gli articoli 56 e 57 del Dpr n. 445 del 2000, che sembrano rivestire una certa importanza anche alla luce del nuovo codice.


Articolo 44
Non è chiaro se l’inciso “su qualsiasi tipo di supporto informatico”, collocato alla fine del comma 1, si riferisca al trasferimento delle informazioni o al procedimenti conclusi.
Non è dato comprendere, dalla relazione, perché è stato eliminato il comma 1 dell’articolo 62 del Dpr n. 445 del 2000, che consentiva l’individuazione del responsabile del procedimento di salvataggio. Sembra opportuno reintrodurlo o, quantomeno, di richiamare il principio, visto che nel vigente ordinamento non esistono procedimenti che non facciano capo ad un responsabile.


Articolo 45
Si suggerisce di riformulare la parte iniziale della disposizione, che appare di non agevole lettura, e di tenere conto che la gestione informatica dei documenti comprende anche le attività di registrazione di protocollo, segnatura di protocollo, predisposizione di manuali di gestione, salvataggio e conservazione degli stessi. Potrebbe, pertanto, optarsi per una formulazione alternativa in tale senso: “Le regole tecniche, i criteri e le specifiche delle informazioni, da osservare nelle operazioni di registrazione di protocollo, di segnatura di protocollo, di predisposizione del manuale di gestione, di salvataggio e conservazione dei documenti, nonché in ogni altro aspetto della gestione informatica dei documenti, sono stabiliti”.


14.3 Sezione III


Articolo 47
Al comma 1 è opportuno chiarire la portata e l’esatto significato dell’inciso finale “ed in funzione dei principi stabiliti dal presente decreto e delle finalità di cui all’articolo 2, comma 1
Valuti comunque l’Amministrazione se non sia il caso di espungerlo dal testo.
La previsione del comma 2, operando solo per il passato, determina un obbligo di sostituzione immediata dei sistemi di conservazione su supporti fotografici o ottici, già autorizzati dall’articolo 6 del Dpr n. 445 del 2000, che potrebbe trovare non preparate le pubbliche amministrazioni ed i privati che ne facciano uso. Sarebbe, quindi, opportuno continuare a consentire l’utilizzo di tali supporti ancora per una fase transitoria di ragionevole durata.


Articolo 48
Sembra necessario precisare che il sistema di conservazione dei documenti informatici, quando i documenti contengano dati personali, deve garantire anche il rispetto delle misure di sicurezza previste dagli articoli da 31 a 36 del D.Lgs 30 giugno 2003, n. 196 e dal disciplinare tecnico pubblicato in Allegato B a tale decreto.
Fra i requisiti del sistema andrebbe, inoltre, inclusa la agevole reperibilità del documento.


14.4 Sezione IV


Articolo 49
Poiché la disposizione di cui al comma 2 intende individuare il momento in cui la trasmissione e la consegna del documento informatico sono giuridicamente perfezionate, è preferibile riformularla in modo tale da renderne esplicita la portata e da precisarne il significato, ad esempio sostituendo le parole “se trasmesso” e “se disponibile” con le parole “nel momento in cui ne è completata la trasmissione al proprio gestore” e, rispettivamente, “nel momento in cui diviene effettivamente disponibile, nell’indirizzo da questi dichiarato, nella casella di posta elettronica del destinatario messa a disposizione dal gestore”. Tale intervento va, comunque, coordinato con quello previsto dall’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica, recante disposizioni per l’utilizzo della posta elettronica certificata, che sostituisce l’abrogando articolo 14, comma 1, del Dpr n. 445 del 2000.


Articolo 50
Al comma 1 occorre chiarire il significato della formula secondo cui le comunicazioni avvengono “di norma” mediante l’utilizzo della posta elettronica, precisando il parametro che consente all’amministrazione di derogare a tale precetto (es. ragioni tecniche, organizzative o di sicurezza). Appare necessario, inoltre, chiarire che si fa riferimento alle comunicazioni “di documenti”, come reso palese dalla rubrica dell’articolo.
Con riguardo alla previsione di cui al comma 3, che impone alle pubbliche amministrazioni l’adozione di determinate soluzioni tecnologiche entro un termine di ventiquattro mesi, è necessario precisare se essa comporti oneri e, in tal caso, la relativa copertura finanziaria.


Articolo 51
Il comma 1 fa riferimento alla nozione di posta elettronica certificata, che dovrebbe essere definita nella disposizione di cui all’articolo 2 del codice.
La nuova formulazione del comma 2, che riproduce e adatta la previsione di cui all’articolo 14, comma 3, del Dpr n. 445 del 2000, potrebbe costituire l’occasione per precisare il significato del rinvio ai “casi consentiti dalla legge”, chiarendosi se si alluda ai casi in cui la legge consente la notificazione per mezzo della posta o ai casi in cui la legge ammette l’equipollenza fra notificazione a mezzo posta e invio di posta elettronica certificata.


15. Capo IV
15.1 Sezione I


Articolo 53
Quanto alla formulazione della disposizione di cui al comma 1, va rilevato che anche i limiti posti dalle norme in materia di trattamento dei dati personali sono posti da leggi e regolamenti vigenti. Sembra, quindi, preferibile aggiungere, dopo la parola “regolamenti”, l’inciso “ed in particolare dalla disciplina in materia di protezione dei dati personali”.
Al comma 2 il richiamo alla “tutela della riservatezza” è più limitato del riferimento alle norme in materia di protezione dei dati personali contenuto nel comma I. E’ preferibile un richiamo anche qui alla “disciplina in materia di protezione dei dati personali”. Si suggerisce, inoltre, di valutare se debba richiamarsi anche il limite di cui all’articolo 2, comma 6.
Al comma 3 la parola “costruisce”, avendo ad oggetto i “servizi informatici”, va sostituita con la parola “predispone”, che è lessicalmente più appropriata.


Articolo 54
Quanto al comma 1, occorre coordinarne la disciplina – che riguarda la sicurezza di tutti i dati, anche anonimi, detenuti da pubbliche amministrazioni – con quella di cui all’articolo 39, comma 2, lettera a), che concerne i dati contenuti in documenti informatici, nonché con quella relativa alle misure di sicurezza previste, per il solo trattamento di dati personali, dagli articoli da 31 a 36 del D.Lgs 30 giugno 2003, n. 196 e dal disciplinare tecnico pubblicato in Allegato B a tale decreto.
Non è chiaro, inoltre, il significato del richiamo che il comma 1 opera alle “norme di sicurezza di cui all’articolo 10, comma 6”, visto che il citato comma 6 non sembra concernere specificamente la materia delle misure di sicurezza.
La previsione di cui al comma 2 sembra sovrapporsi a quella di cui all’articolo 39, comma 2. L’Amministrazione vorrà, quindi, valutare se l’articolo 54, comma 2, può essere soppresso.


Articolo 55
Nella rubrica dell’articolo la formula “accesso telematico ai dati e documenti pubblici” risulta ambigua, non essendo chiaro se si riferisca ai dati e documenti “pubblici” perché suscettibili di libera diffusione oppure ai dati e documenti “pubblici” perché detenuti da pubbliche amministrazioni. Si suggerisce, quindi, di fare riferimento ai dati “delle pubbliche amministrazioni”.
Quanto al comma 1, è preferibile che almeno la disciplina dell’accesso telematico ai “documenti” amministrativi venga definita non mediante autonomi regolamenti, bensì mediante regolamenti che novellino la vigente disciplina regolamentare della materia, adottata in attuazione della legge n. 241 del 1990.
Potrebbe, infine, essere meglio specificato il significato del riferimento ad un accesso telematico alle “procedure”.


Articolo 56
Con riguardo alla disciplina dei siti istituzionali della amministrazioni centrali, delle Regioni e degli enti locali appare opportuno, anche ai sensi dell’articolo 117, comma 2, lettera r), della Costituzione, affidare ad un organismo con mere funzioni consultive e di coordinamento l’esame preventivo dei progetti diretti alla realizzazione e modificazione di tali siti, affinché renda un parere non vincolante circa la conformità degli stessi ai principi e alle caratteristiche di cui al commi 1 e 2.
Nella stessa prospettiva di coordinamento informatico l’Amministrazione riferente vorrà valutare, l’utilità di prevedere l’istituzione e la gestione di un sito unitario che rechi l’elenco generale aggiornato periodicamente dei siti di tutte le amministrazioni pubbliche italiane e i necessari collegamenti (links) al medesimi, come ad esempio già accade in Francia. Con riguardo al comma 1 va chiarito che l’“usabilità”, la “reperibilità” e 1 `accessibilità” del sito devono essere di livello elevato (elevata usabilità, etc.).


Articolo 57
Con riguardo al comma 1, lettera a), non sono indicate le ragioni che hanno indotto ad escludere da tale forma di pubblicità gli uffici di livello dirigenziale generale.
Sempre con riferimento al comma 1, le fattispecie di cui alle lettere b) e c) potrebbero essere unificate. In tale prospettiva si suggerisce di aggiungere alla lettera b), dopo le parole ‘livello dirigenziale non generale”, le parole “il termine per la conclusione di ciascun procedimento ed ogni altro termine procedimentale, il nome del responsabile e l’unità organizzativa responsabile dell’istruttoria e di ogni altro adempimento procedimentale, nonché dell’adozione del provvedimento finale, come individuati ai sensi degli articoli 2, 4 e 5 della legge 7 agosto 1990, n. 241”.
Alla lettera e) del comma 1 è preferibile sostituire la formula “ogni altra pubblicazione prevista dalla legge 7 giugno 2000, n. 150” con l’inciso ‘V messaggi di informazione e di comunicazione previsti dalla legge 7 giugno 2000, n. 150”, che individua in termini più precisi le attività disciplinate da tale legge.
Alla lettera j) del comma 1 è opportuno prevedere la pubblicazione, oltre che dei bandi di gara, anche dei bandi di concorso. Sempre con riguardo a tale disposizione è, inoltre, indispensabile precisare i termini per procedere a tale pubblicazione sul sito ed i relativi effetti giuridici. Ove la pubblicazione sul sito venga intesa come mera forma pubblicitaria integrativa con funzione notiziale, la disposizione in esame dovrebbe chiarire che la pubblicazione del bando sul sito istituzionale non sostituisce le altre forme di pubblicità previste dalla legge, fra cui la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, e non determina la decorrenza di termini sostanziali o processuali.
In termini più generali vanno, inoltre, individuate le conseguenze giuridiche di una eventuale omissione di tempestiva pubblicazione sul sito delle informazioni di cui al comma 1 o di errori in tale pubblicazione, chiarendosi, ad esempio, se l’omissione di tale forma pubblicitaria, che è configurata comunque come obbligatoria per l’amministrazione procedente, o eventuali difformità rispetto al contenuto originale del provvedimento, in violazione della previsione di cui al comma 4, o altre inesattezze, rilevino ai fini della eventuale rimessione in termini per errore scusabile o ad altro fine.
Con riguardo alla previsione di cui al comma 2, che impone alle pubbliche amministrazioni di adeguare i loro siti istituzionali entro il termine di ventiquattro mesi, è necessario precisare in che misura essa comporti oneri e, contemporaneamente, la relativa copertura finanziaria; la fissazione di un termine, infatti, rende certa la spesa, diversamente da quanto ritenuto nella relazione tecnico­finanziaria.
Il riferimento al dati “pubblici” contenuto nel comma 3 – come già evidenziato con riguardo all’articolo 55 – non appare idoneo ad individuare le specifiche tipologie di dati cui si fa riferimento.


Articolo 58
Il Consiglio è consapevole della importanza di eliminare tutte le difficoltà connesse con l’acquisizione delle informazioni relative ai procedimenti amministrativi, che spesso impongono sui cittadini oneri defatiganti.
In un sistema in cui fosse stata già completata l’informatizzazione e nel quale esistesse la garanzia dell’accesso diretto al sistema per tutti gli utenti, le disposizioni di cui all’articolo 58 sarebbero pienamente condivisibili.
Peraltro, una disposizione come quella contenuta al comma 2, non accompagnata da altre misure idonee a garantire in concreto la effettiva realizzazione di quanto previsto al comma 1, può produrre rilevanti conseguenze pregiudizievoli, anche in procedimenti di notevole rilevanza sociale nei quali la produzione documentale assume particolare rilievo e non può comunque essere omessa (es. in materia di tutela ambientale) per il solo fatto che sia in qualche misura meno agevole procurarsi il relativo modulo o formulario.
Tenuto conto del grave danno che tale disciplina potrebbe arrecare al buon andamento dell’azione amministrativa e della sproporzione fra l’entità dell’inadempimento formale dell’amministrazione – che potrebbe anche risultare non ad essa imputabile — e le conseguenze che ne derivano, si ritiene necessario ancorare l’entrata in vigore del comma 2 ad un provvedimento di ricognizione della effettiva avvenuta attuazione delle disposizioni di cui al comma I.


15.2 Sezione II


Articolo 59
Con riguardo al comma 1 si premette che, venendo in considerazione una disposizione definitoria, essa dovrebbe trovare collocazione nell’ambito delle definizioni di cui all’articolo I. In tale sede dovrebbe parimenti precisarsi la nozione di “sistema informativo automatizzato”.
Si suggerisce, comunque, di intervenire sulla formulazione della disposizione, non essendo chiaro a quale amministrazione si faccia riferimento con l’aggettivo “propri “ riferito ai sistemi informativi automatizzati. In particolare, non è chiaro se la fruibilità consista nella mera possibilità di trasferire il dato all’interno di una stessa amministrazione (fra più sistemi informativi automatizzati gestiti dalla medesima e, quindi, “propri” alla stessa) o, invece, nella possibilità che un dato, trattato nell’ambito del sistema informativo automatizzato di una pubblica amministrazione, possa essere trasferito al sistema informativo automatizzato di altre pubbliche amministrazioni.
Quanto alla previsione di cui al comma 2, ne sono oscuri il fondamento e la portata, che è opportuno chiarire. In proposito si evidenzia che tale disposizione, escludendo che il trasferimento di un dato fra amministrazioni pubbliche modifichi la titolarità dello stesso o determini una ulteriore posizione di titolarità, delinea una soluzione diversa da quella seguita in sede di disciplina del trattamento dei dati personali (l’amministrazione che riceve dati personali da un’altra amministrazione di regola diviene a sua volta titolare del nuovo trattamento).


Articolo 60
La previsione di cui all’articolo 60, comma 1, sembra sovrapporsi, quanto a contenuto, a quella di cui all’articolo 53, comma 2. E’, pertanto, necessario procedere al coordinamento delle due disposizioni, eventualmente sopprimendo una delle due.


Articolo 61
E’ opportuno chiarire che i decreti di cui al commi 4 e 5, in ragione del loro contenuto, sono adottati al sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, avendo natura regolamentare.
Inoltre, malgrado il comma 6 escluda l’esistenza di oneri per la partecipazione al Comitato, l’Amministrazione dovrebbe chiarire perché ritiene che non derivino oneri di nessun tipo dall’attuazione del comma 5.


Articolo 62
In generale, occorre precisare se la realizzazione e la gestione delle basi di dati di interesse nazionale comportino oneri e, in tal caso, indicare la relativa copertura finanziaria. In proposito questo Consesso, pur prendendo atto di quanto dichiarato nella relazione tecnico-finanziaria, ritiene che la determinazione della copertura delle spese non possa essere rimessa agli atti di normazione secondaria che individueranno le singole basi di dati di interesse nazionale.
Al comma 2 va precisato il significato dell’espressione “allineamento delle informazioni”.
Con riguardo al decreto di cui al comma 3, in ragione della natura regolamentare, va aggiunto che l’adozione ha luogo ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400.


15. 3 Sezione III


Articolo 64
Con riguardo alla previsione di cui al comma 1, appare necessario un richiamo anche al rispetto del principio di non discriminazione e di eguaglianza, in conformità a quanto stabilito dalla delega di cui all’articolo 10, comma 1, lettera b) della legge 29 luglio 2003, n. 229, essendovi il rischio che l’accesso al servizi prestati per via telematica sia precluso alle fasce della popolazione prive di mezzi informatici o non in grado di utilizzarli.
Il disposto del comma 3, per come è attualmente formulata la disposizione, sembra eccedente rispetto al contenuto dell’articolo 64 come indicato nella rubrica (“Organizzazione e finalità dei servizi in rete1 visto che letteralmente si riferisce a tutti i procedimenti e non solo a quelli diretti all’ammissione o comunque correlati all’erogazione di un servizio pubblico.
La previsione di cui al comma 4 va soppressa, in quando riproduce quanto già previsto dall’articolo 57, comma 1, lettera g).


Articolo 65
Occorre coordinare i commi 1 e 3, visto che il comma 1 prevede due sole modalità di identificazione informatica ai fini dell’accesso ai servizi erogati in rete dalle pubbliche amministrazioni, ossia la carta d’identità elettronica e la carta nazionale dei servizi, mentre il comma 3 fa riferimento anche alla firma digitale.


Articolo 66
Visto che il comina 2 dell’articolo 38 del Dpr n. 445 del 2000 viene contestualmente soppresso, vorrà valutarsi l’opportunità di inserire nel citato decreto n. 445 del 2000 un richiamo alle modalità di identificazione del soggetto che presenta l’istanza o la dichiarazione previste ora dall’articolo 66 del Codice.


15. 4 Sezione IV


Articolo 67
Con riguardo alla previsione del comma 2 _giova premettere che, al sensi della vigente disciplina di cui all’articolo 36, comma 1, del Dpr n. 445 del 2000, le caratteristiche e le modalità per il rilascio della carta nazionale dei servizi devono essere definite con un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, che non può, come tale, modificare o abrogare la disciplina di rango primario della materia o derogare alla stessa. In relazione a tale premessa, suscita perplessità la scelta di rimettere, con il Codice, ad un regolamento di c.d. delegificazione adottato al sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988 la disciplina, fra l’altro, delle caratteristiche e dell’uso della carta nazionale dei servizi; si tratta, infatti, di una materia che può incidere sulla tutela di diritti fondamentali della persona (diritto alla protezione dei dati personali, diritto alla salute e altri) e che, salva la possibilità di adottare regolamenti di esecuzione o di attuazione ai sensi del comma 1 del menzionato articolo 17, andrebbe regolata con norme di rango primario. In ogni caso, qualora si ritenga di mantenere il richiamo all’articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988, sarebbe necessario definire contestualmente nel Codice “le norme generali regolatrici della materia” come prescritto dal citato comma 2.
Il decreto previsto dal comma 6 ha natura regolamentare e va, quindi, prescritto che esso deve essere adottato secondo il procedimento previsto dall’articolo 17, comma 3, della citata legge n. 400 del 1988.


16. CAPO V
16. 1 Sezione I


Articolo 68
La previsione di cui al comma 2 va integrata, in conformità a quanto previsto dall’articolo 57, comma 6, del Dpr 21 dicembre 1999, n. 554, con la precisazione che le amministrazioni appaltanti possono porre a base di gara le proposte ideative acquisite a seguito di un concorso di idee, ma solo per le gare che abbiano ad oggetto “un concorso di progettazione ovvero di un appalto di servizi di cui ai Capi 4 e 5 del titolo 4 del citato Dpr n. 5 54 del 1999 e, comunque, solo in relazione ad appalti che ricadano nell’ambito di applicazione del suddetto decreto.


Articolo 69
Al comma 1, lettera b), occorre chiarire che si fa riferimento a programmi sviluppati per conto e a spese ‘Della medesima o di altre” amministrazioni.
Il significato delle nozioni di “interoperabilità” e di “cooperazione applicativa”, contenute nel comma 2, deve essere meglio precisato, se del caso utilizzando una circonlocuzione, considerato anche che manca una corrispondente definizione all’articolo I.


Articolo 70
Va definito in modo puntuale l’ambito di applicazione della previsione di cui al comma 3, dovendosi precisare se l’inserimento delle clausole ivi indicate debba avere luogo in tutte le tipologie di contratti contemplate dall’articolo 69, comma 1, che abbiano ad oggetto l’acquisizione di programmi informatici da parte dell’amministrazione, oppure – come sembra verosimile – alla sola ipotesi considerata dall’articolo 70, comma 1 (che corrisponde alla fattispecie di cui all’articolo 69, comma 1, lettera a), riferita, inoltre, ai soli programmi applicativi).
Sempre con riguardo al comma 3, anche in considerazione del rilievo innanzi formulato, l’Amministrazione riferente dovrà valutare se mantenere il riferimento alla “proprietà dei programmi ai fini del riuso” o fare ricorso ad una espressione più lata, adattabile ad una più ampia tipologia di modelli negoziali (es. “il diritto di disporre dei programmi ai fini del riuso da parte della medesima o di altre pubbliche amministrazioni”).


17. CAPO VI


Articolo 72
Con riguardo al disposto del comma 1, deve essere chiarito che i decreti previsti da tale disposizione debbono essere adottati ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della citata legge n. 400 del 1988, in considerazione della loro natura regolamentare (cfr. anche il parere della Sezione per gli atti normativi n. 7904/04 del 30 agosto 2004 reso in relazione alla “Istituzione del sistema pubblico di connettività e della rete internazionale del-la pubblica amministrazione”). Si prende atto che l’Amministrazione ha inserito nel testo l’intesa con la Conferenza unificata.
Si suggerisce, inoltre, di prevedere una verifica della coerenza tecnica di tali norme anche rispetto alle regole di cui al disciplinare tecnico pubblicato in Allegato B al D.Lgs 30 giugno 2003, n. 196.


18. CAPO VII


Articolo 74
Con riguardo al secondo periodo del comma 1, va osservato che l’obbligo di attuare i successivi interventi normativi incidenti sulla materia mediante la modifica o l’integrazione delle disposizioni del codice non si pone come vincolo per il legislatore, bensì quale precetto diretto alla Presidenza del Consiglio dei Ministri quale amministrazione competente in ordine all’adozione degli opportuni atti di indirizzo e di coordinamento. Appare, quindi, preferibile, il ricorso, con i necessari adattamenti, ad una formula analoga a quella già utilizzata all’articolo articolo 7, comma 6, della legge 8 marzo 1999, n. 50, abrogato dall’articolo 23 della legge 29 luglio 2003, n. 229 (“La Presidenza del Consiglio dei Ministri adotta gli opportuni atti di indirizzo e di coordinamento per assicurare che i successivi interventi normativi incidenti sulle materie oggetto di riordino siano attuati esclusivamente mediante la modifica o l’integrazione delle disposizioni contenute… “).
19. Per quanto concerne, infine, gli aspetti relativi alla migliore e più corretta formulazione dello schema in esame, si espongono qui di seguito ulteriori osservazioni e suggerimenti.
Il primo rilievo di ordine formale riguarda la necessità di inserire – in coerenza con quanto suggerito per gli altri codici di attuazione della legge n. 229 del 2003 – un indice delle disposizioni del codice, con la loro rubrica.
Si rileva, sempre in via preliminare, che i riferimenti normativi nelle rubriche degli articoli, effettuate nei confronti di norme da abrogare, risultano utili solo per i lavori preparatori e debbono, quindi, essere espunti nella stesura definitiva.
Si richiamano, poi, le indicazioni della “Guida per la redazione dei testi normativi”, di cui alla circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri 2 maggio 2001, n. 1/1.1.26/10888/9.92, specie per quanto riguarda l’uso della lettera iniziale maiuscola che deve essere limitato al soli casi di uso corrente e. comunque, deve essere effettuato con criteri di uniformità. In proposito si segnala in particolare che nel testo del codice la parola “Regione” viene scritta in maniera non uniforme (v. ad es. articoli 2, comma 1, e 56, comma 2), mentre la parola “Conferenza” va scritta con l’iniziale
maiuscola solo quando fa parte della denominazione di un organo, mentre deve avere l’iniziale minuscola se si designa una generica conferenza di servizi (v. articoli 9, comma 3; 37, comma 3).
L’espressione “Comunità europea” (cfr. articolo 18) va sostituita da “Unione europea” (tenendo conto che la parola “europea” va scritta con l’iniziale minuscola: v. articolo 13, comma 3).
E’ opportuno modificare l’espressione “presente decreto” spesso ricorrente nel testo, con la formula “presente codice” (usata agli articoli 47, comma 3, e 51, comma 3), per accentuare il carattere proprio della normativa di cui si tratta (v. articoli 2, commi 2, 5 e 6; 3; 10, comma 6; 3 1, comma 4; 3 6; 38, comma l; 47, comma l; 63).
Dopo l’articolo 75, e fuori dalla numerazione dell’articolato, va aggiunta la clausola di inserzione del decreto nella raccolta degli atti non-nativi, del seguente tenore: “Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E’fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare”.
Per quanto riguarda le singole parti dello schema si suggeriscono le seguenti modifiche e correzioni:
– articolo 1, comma 1, lettera s): alla penultima riga sostituire la parola “cioè” con “quale”;
– articolo 2, comma 4:, penultima riga: dopo “informatici” mettere la virgola;
– articolo 6, comma 1: dopo “utilizzano” mettere la virgola;
– articolo 8: prima della parola ‘facilitare” inserire “per”;
– articolo 10, comma 4: sostituire “La Repubblica” con “Lo Stato”;
– articolo 12, comma 1: sostituire l’espressione “a tal fine anche dettando” con “dettando anche”;
– articolo 15, comma 1, lettere e) ed i): correggere l’errore materiale della ripetizione degli articoli ‘la” e ‘le”;
– articolo 15, comma 1, lettera h) terza riga: dopo “amministrazioni” mettere la virgola;
– articolo 19, comma 2, ultima riga: dopo “interessate” mettere la virgola;
– articolo 19, comma 3: alla seconda riga, dopo “sostituiscono” mettere la virgola; alla penultima riga, dopo “appartenenza” mettere la virgola;
– articolo 24, comma 1, il riferimento all’articolo 25 è errato (controllare se si tratta invece dell’articolo 23), cosi come avviene per una serie di indicazioni successive, che vanno tutte accuratamente verificate (v. articolo 25, comma 3, lettera b), che dovrebbe riferirsi all’articolo 27, comma 3; articolo 26, comma 2, che dovrebbe riferirsi all’articolo 23, comma l; articolo 27, comma 1, lettera d), che dovrebbe riferirsi all’articolo 29; articolo 3 1, comma 1, lettera a), che dovrebbe riferirsi all’articolo 26; articolo 34, comma 4, che dovrebbe riferirsi all’articolo 26, comma 6; articolo 42, comma 4, che dovrebbe riferirsi all’articolo 45; articolo 57, comma 1, lettera g), che dovrebbe riferirsi all’articolo 64, comma 4; articolo 63, comma 1, che dovrebbe riferirsi al comma 3 dell’articolo richiamato);
articolo 37, comma 3: il riferimento agli articoli “14 e seguenti” della legge n. 241 del 1990 va precisato nel riferimento agli articoli “da 14 a 14-quinquies” della stessa legge, nel testo recentemente innovato con legge approvata in via definitiva dalla Camera dei Deputati il 26 gennaio 2005 e in attesa di promulgazione;
– articolo 38, comma 2: correggere l’errore materiale “uve” = “ove”;
– articolo 41, comma 3, ultime due righe: dopo “omogenea” mettere la virgola e toglierla dopo la parola “progressiva”;
– articolo 44, comma 2: dopo “conservare” mettere la virgola;
– articolo 54, comma 1: alla fine mettere il segno del punto;
– articolo 54, comma 2: le parole “custodite” e “controllate” debbono essere volte al maschile concordando con “documenti”;
– articolo 57, comma 1, lettera c): “8 agosto”= ‘7 agosto”; lettera a): indicare gli estremi dei Dpr;
– articolo 62, comma 4: tra le parole “articolo” e “decreto” inserire “8 del”;
– articolo 63, l’aggettivo “previsto” va eliminato,
– articolo 66, al comma 1 dopo le parole “articolo 38” occorre aggiungere, dopo la virgola, le parole “commi 1 e 3”; articolo 67, comma 1, terza riga, e comma 4, seconda riga: dopo “anno” aggiungere “di età”; articolo 67, comma 2: l’espressione  ”dell’articolo Il 7, sesto comma, della Costituzione” appare superflua e può essere espunta;
– articolo 67, comma 4, dopo l’entrata in vigore del citato D.Lgs n. 196 del 2003, è opportuno sostituire la parola “riservatezza” con le parole “protezione dei dati personali”;
– articolo 67, comma 5, penultima riga: dopo “articolo 72” mettere la virgola; inoltre le parole “ai sensi dell’articolo” vanno sostituite con le parole “di cui all’articolo”;
– articolo 67, comma 6, terza riga: correggere “articolo 9” in “articolo 8”;
– articolo 72, comma 1, quarta riga: correggere “articolo 9” in “articolo 8”.


PQM


Esprime parere favorevole con le suesposte osservazioni.