Corte di Giustizia Europea


Sentenza della Corte (Grande Sezione)


8 novembre 2005 ( Lingua processuale: l’olandese)


«Cooperazione giudiziaria in materia civile – Notificazione e comunicazione degli atti giudiziari ed extragiudiziali – Mancanza di traduzione dell’atto – Conseguenze»


Nella causa C-443/03,


avente ad oggetto una domanda di pronuncia pregiudiziale ai sensi degli artt. 68 CE e 234 CE, proposta dallo Hoge Raad der Nederlanden (Paesi Bassi), con decisione 17 ottobre 2003, pervenuta alla Corte il 20 ottobre 2003, nella causa


Götz Leffler


contro


Berlin Chemie AG,


LA CORTE (Grande Sezione),


composta dai sigg. V. Skouris, presidente, P. Jann, C.W.A. Timmermans, A. Rosas (relatore) e J. Malenovský, presidenti di sezione, dai sigg. S. von Bahr, J.N. Cunha Rodrigues, dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta, dai sigg. K. Lenaerts, E. Juhász, G. Arestis, A. Borg Barthet e M. Ilešič, giudici,


avvocato generale: sig.ra C. Stix-Hackl


cancelliere: sig.ra M. Ferreira, amministratore principale,


vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 12 aprile 2005,


considerate le osservazioni presentate:



  • –       per il sig. Leffler, dai sigg. D. Rijpma e R. Bakels, advocaten;

  • –       per la Berlin Chemie AG, dai sigg. A. Hagedorn, B. Gabriel e J.I. van Vlijmen, advocaten;

  • –       per il governo olandese, dalle sig.re H.G. Sevenster e C.M. Wissels, in qualità di agenti;

  • –       per il governo tedesco, dal sig. W.-D. Plessing, in qualità di agente;

  • –       per il governo francese, dal sig. G. de Bergues e dalla sig.ra A. Bodard-Hermant, in qualità di agenti;

  • –       per il governo portoghese, dal sig. L. Fernandes e dalla sig.ra M. Fernandes, in qualità di agenti;

  • –       per il governo finlandese, dalla sig.ra T. Pynnä, in qualità di agente;

  • –       per la Commissione delle Comunità europee, dalla sig.ra A.‑M. Rouchaud-Joët e dal sig. R. Troosters, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 28 giugno 2005,


ha pronunciato la seguente


Sentenza


1       La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione sull’art. 8 del regolamento (CE) del Consiglio 29 maggio 2000, n. 1348, relativo alla notificazione e alla comunicazione negli Stati membri degli atti giudiziari ed extragiudiziali in materia civile o commerciale (GU L 160, pag. 37; in prosieguo: il «regolamento»).


2       La questione è sorta nell’ambito di una causa intentata dal sig. Leffler, residente nei Paesi Bassi, contro la società di diritto tedesco Berlin Chemie AG (in prosieguo: la «Berlin Chemie»), per ottenere la revoca di alcuni sequestri effettuati da tale società sui beni del sig. Leffler.


 Contesto normativo


3       Il regolamento, volto a migliorare l’efficacia e la rapidità dei procedimenti giudiziari, stabilisce il principio di una trasmissione diretta degli atti giudiziari ed extragiudiziali.


4       Prima dell’entrata in vigore del regolamento, la maggior parte degli Stati membri era vincolata alla convenzione dell’Aia del 15 novembre 1965, relativa alla notificazione e alla comunicazione all’estero degli atti giudiziari ed extragiudiziari in materia civile o commerciale, con la quale era stato istituito un meccanismo di cooperazione amministrativa che consentiva la notificazione o la comunicazione degli atti per mezzo di un’autorità centrale. Peraltro, l’articolo IV del protocollo allegato alla convenzione 27 settembre 1968 concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (GU 1972, L 299, pag. 32), come modificata dalla convenzione 9 ottobre 1978 relativa all’adesione del Regno di Danimarca, dell’Irlanda e del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord (GU L 304, pag. 1, e – testo modificato – pag. 77), dalla convenzione 25 ottobre 1982 relativa all’adesione della Repubblica ellenica (GU L 388, pag. 1), dalla convenzione 26 maggio 1989 relativa all’adesione del Regno di Spagna e della Repubblica portoghese (GU L 285, pag. 1) e dalla convenzione 29 novembre 1996 relativa all’adesione della Repubblica d’Austria, della Repubblica di Finlandia e del Regno di Svezia (GU 1997, C 15, pag. 1; in prosieguo: la «Convenzione di Bruxelles»), prevedeva la possibilità di una notificazione con procedure più dirette. L’art. IV, secondo comma, del citato protocollo dispone quanto segue:


«Sempre che lo Stato di destinazione non vi si opponga con dichiarazione trasmessa al segretario generale del Consiglio delle Comunità europee, i suddetti atti possono essere trasmessi direttamente dai pubblici ufficiali dello Stato in cui gli atti sono formati a quelli dello Stato sul cui territorio si trova il destinatario dell’atto in questione. In tal caso, il pubblico ufficiale dello Stato d’origine trasmette copia dell’atto al pubblico ufficiale dello Stato richiesto, competente per la relativa trasmissione al destinatario. Tale trasmissione ha luogo secondo le modalità contemplate dalla legge dello Stato richiesto. Essa risulta da un certificato inviato direttamente al pubblico ufficiale dello Stato d’origine».


5       Il Consiglio dei Ministri della giustizia, riunitosi il 29 e 30 ottobre 1993, ha incaricato un gruppo di lavoro, denominato «gruppo sulla semplificazione della trasmissione degli atti», di elaborare uno strumento diretto a semplificare ed accelerare le procedure di trasmissione degli atti tra gli Stati membri. Tale lavoro è sfociato nell’adozione, sul fondamento dell’art. K.3 del Trattato UE (gli artt. K ‑ K9 del Trattato UE sono stati sostituiti dagli artt. 29 UE ‑ 42 UE), della convezione relativa alla notificazione negli Stati membri dell’Unione europea di atti giudiziari ed extragiudiziali in materia civile e commerciale (in prosieguo: la «convenzione»). Tale convezione è stata adottata con atto del Consiglio dell’Unione europea 26 maggio 1997 (GU C 261, pag. 1; testo della convenzione, pag. 2; protocollo concernente l’interpretazione della convenzione da parte della Corte di giustizia, pag. 17).


6       La convenzione non è entrata in vigore. Atteso che il suo testo ha ispirato quello del regolamento, si è fatto rinvio alla relazione esplicativa di tale convenzione per chiarire l’interpretazione del detto regolamento.


7       Dopo l’entrata in vigore del Trattato di Amsterdam, il 26 maggio 1999 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva del Consiglio relativa alla notificazione e comunicazione negli Stati membri degli atti giudiziari ed extragiudiziali in materia civile e commerciale (GU C 247 E, pag. 11).


8       Quando tale documento è stato sottoposto al Parlamento europeo, quest’ultimo ha auspicato che esso fosse adottato sotto forma di regolamento. Nella sua relazione (A5-0060/1999 finale dell’11 novembre 1999), il Parlamento ha rilevato in proposito quanto segue:



«Il regolamento, contrariamente alla direttiva, presenta il vantaggio di assicurare un’attuazione rapida, chiara e omogenea delle disposizioni comunitarie, che corrisponde all’obiettivo perseguito. Questo tipo di strumento è stato peraltro adottato per la “comunitarizzazione” delle altre convenzioni attualmente esaminate».


9       Ai sensi del secondo ‘considerando’ del regolamento:



«Il buon funzionamento del mercato interno presuppone che fra gli Stati membri sia migliorata ed accelerata la trasmissione, a fini di notificazione, degli atti giudiziari ed extragiudiziali in materia civile o commerciale».


10     I ‘considerando’ da settimo a decimo del detto regolamento così recitano:



«(7)      La rapidità della trasmissione giustifica l’uso di qualsiasi mezzo appropriato, purché risultino osservate talune condizioni di leggibilità e fedeltà del documento ricevuto. La sicurezza della trasmissione postula che l’atto da trasmettere sia accompagnato da un formulario, da compilarsi nella lingua del luogo in cui avviene la notificazione o la comunicazione o in un’altra lingua ammessa dallo Stato richiesto.


(8)      Per garantire l’efficacia del regolamento, la facoltà di denegare la notificazione o la comunicazione degli atti deve essere limitata a situazioni eccezionali.


(9)      La rapidità della trasmissione giustifica che la notificazione o la comunicazione avvenga nei giorni consecutivi alla ricezione dell’atto. Tuttavia, nei casi in cui non fosse possibile effettuare la notificazione o la comunicazione entro il termine di un mese, occorre che l’organo ricevente informi l’organo mittente. La scadenza di tale termine non implica che la domanda sia rispedita all’organo mittente, purché risulti possibile effettuare la notificazione o la comunicazione entro un termine ragionevole.


(10)      A tutela degli interessi del destinatario è opportuno che la notificazione o la comunicazione sia redatta nella lingua o in una delle lingue ufficiale/i del luogo in cui deve effettuarsi oppure in un’altra lingua dello Stato membro mittente compresa dal destinatario».


11     L’art. 4, n. 1, del regolamento così dispone:



«Gli atti giudiziari sono trasmessi direttamente e nel più breve tempo possibile tra gli organi designati a norma dell’articolo 2».


12     Ai sensi dell’art. 5 del regolamento:



«Traduzione dell’atto


1.      Il richiedente è informato dall’organo mittente a cui consegna l’atto per la trasmissione che il destinatario può rifiutare di ricevere l’atto se esso non è compilato in una delle lingue di cui all’articolo 8.


2.      Il richiedente sostiene le eventuali spese di traduzione prima della trasmissione dell’atto, fatta salva un’eventuale decisione successiva del giudice o dell’autorità competente sull’addebito di tale spesa».


13     L’art. 7 del regolamento ha il seguente tenore:



«Notificazione o comunicazione dell’atto


1.      L’organo ricevente procede o fa procedere alla notificazione o alla comunicazione dell’atto secondo la legislazione delle Stato membro richiesto oppure nella forma particolare chiesta dall’organo mittente, a meno che essa sia incompatibile con la legislazione di detto Stato membro.


2.      Le formalità necessarie per la notificazione o la comunicazione sono espletate nel più breve tempo possibile. In ogni caso, se non è stato possibile eseguire la notificazione o la comunicazione entro un mese dalla ricezione, l’organo ricevente lo comunica all’organo mittente mediante il certificato il cui modello figura in allegato e compilato secondo il disposto dell’articolo 10, paragrafo 2. Il termine è calcolato secondo la legislazione dello Stato membro richiesto».


14     L’art. 8 del detto regolamento così dispone:



«Rifiuto di ricezione dell’atto


1.      L’organo ricevente informa il destinatario che può rifiutare di ricevere l’atto oggetto della notificazione o della comunicazione se è redatto in una lingua diversa da una delle seguenti lingue:



a)      la lingua ufficiale dello Stato membro richiesto oppure, qualora lo Stato membro richiesto abbia più lingue ufficiali, la lingua o una delle lingue ufficiali del luogo in cui deve essere eseguita la notificazione o la comunicazione,


o


b)      una lingua dello Stato membro mittente compresa dal destinatario.


2.      Se l’organo ricevente è informato del fatto che il destinatario rifiuta di ricevere l’atto a norma del paragrafo 1, ne informa immediatamente l’organo mittente utilizzando il certificato di cui all’articolo 10 e gli restituisce la domanda e i documenti di cui si chiede la traduzione».


15     Ai sensi dell’art. 9 dello stesso regolamento:



«Data della notificazione o della comunicazione


1.      Fatto salvo il disposto dell’articolo 8, la data della notificazione o della comunicazione, effettuata a norma dell’articolo 7, è quella in cui l’atto è stato notificato o comunicato secondo la legge dello Stato membro richiesto.


2.      Tuttavia, se, nell’ambito di un procedimento da avviare o pendente nello Stato membro mittente, un atto deve essere notificato o comunicato entro un determinato termine, la data da prendere in considerazione nei confronti del richiedente è quella prevista dalla legge di detto Stato membro.


3.      Gli Stati membri sono autorizzati a derogare, per giusti motivi, alle disposizioni dei paragrafi 1 e 2 per un periodo transitorio di cinque anni.


Il periodo transitorio può essere rinnovato ogni cinque anni dagli Stati membri per motivi connessi con i loro ordinamenti giuridici. Gli Stati membri informano la Commissione sul tenore delle deroghe e le circostanze ad esse relative.


16     L’art. 19 del regolamento così dispone:



«Mancata comparsa del convenuto


1.      Quando un atto di citazione o un atto equivalente sia stato trasmesso ad un altro Stato membro per la notificazione o la comunicazione, secondo le disposizioni del presente regolamento, ed il convenuto non compare, il giudice è tenuto a soprassedere alla decisione fintanto che non si abbia la prova:



a)      o che l’atto è stato notificato o comunicato secondo le forme prescritte dalla legislazione dello Stato membro richiesto per la notificazione o la comunicazione degli atti redatti in tale paese e destinati alle persone che si trovano sul suo territorio;


b)      o che l’atto è stato effettivamente consegnato al convenuto o nella sua residenza abituale secondo un’altra procedura prevista dal presente regolamento;


e che, in ciascuna di tali eventualità, sia la notificazione o comunicazione sia la consegna ha avuto luogo in tempo utile perché il convenuto abbia avuto la possibilità di difendersi.


(…)».


17     Il regolamento prevede l’utilizzo di diversi formulari-tipo, ad esso allegati. Uno di questi formulari, redatto conformemente all’art. 10 del regolamento, si intitola «Certificato di notificazione o comunicazione o di mancata notificazione o comunicazione di un atto». Il punto 14 di tale formulario prevede una menzione per il caso in cui il destinatario abbia rifiutato di accettare l’atto a causa della lingua utilizzata. Il punto 15 dello stesso formulario indica diversi motivi di mancata notificazione o comunicazione dell’atto.


18     L’art. 26, nn. 1-3, del regolamento (CE) del Consiglio 22 dicembre 2000, n. 44/2001, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (GU 2001, L 12, pag. 1), così dispone:



«1.      Se il convenuto domiciliato nel territorio di uno Stato membro è citato davanti ad un giudice di un altro Stato membro e non compare, il giudice, se non è competente in base al presente regolamento, dichiara d’ufficio la propria incompetenza.


2.      Il giudice è tenuto a sospendere il processo fin quando non si sarà accertato che al convenuto è stata data la possibilità di ricevere la domanda giudiziale o un atto equivalente in tempo utile per poter presentare le proprie difese, ovvero che è stato fatto tutto il possibile in tal senso.


3.      Le disposizioni del paragrafo 2 sono sostituite da quelle dell’articolo 19 del regolamento (CE) n. 1348/2000 […], qualora sia stato necessario trasmettere da uno Stato membro a un altro la domanda giudiziale o un atto equivalente in esecuzione del presente regolamento».


19     Peraltro, l’art. 34, punto 2, del regolamento n. 44/2001 dispone che la decisione pronunciata in uno Stato membro non è riconosciuta in un altro Stato membro se «la domanda giudiziale o un atto equivalente non è stato notificato o comunicato al convenuto contumace in tempo utile e in modo tale da poter presentare le proprie difese eccetto qualora, pur avendone avuto la possibilità, egli non abbia impugnato la decisione».


 Controversia principale e questioni pregiudiziali


20     Come risulta dalla decisione di rinvio, con atto notificato il 21 giugno 2001 il sig. Leffler ha citato in sede di procedimento sommario la Berlin Chemie dinanzi al Presidente del Rechtbank te Arnhem per ottenere la revoca di alcuni sequestri effettuati da tale società, nonché un’ingiunzione che vietasse a quest’ultima di procedere a nuovi sequestri. La Berlin Chemie ha contestato la domanda e, con ordinanza 13 luglio 2001, il Presidente del Rechtbank ha respinto le domande del sig. Leffler.


21     Con atto dell’ufficiale giudiziario 27 luglio 2001, consegnato presso lo studio del legale della Berlin Chemie, il sig. Leffler ha interposto appello dinanzi al Gerechtshof te Arnhem. La Berlin Chemie veniva citata a comparire in udienza dinanzi a tale giudice il 7 agosto 2001.


22     Tuttavia, poiché la detta causa non era stata iscritta sul ruolo del Gerechtshof, il 9 agosto 2001 il sig. Leffler ha provveduto a far notificare tramite ufficiale giudiziario un atto rettificativo. In forza di quest’ultimo, la Berlin Chemie è stata citata a comparire all’udienza del 23 agosto 2001, nella quale tuttavia non è comparsa.


23     Il Gerechtshof ha deciso di sospendere il giudizio in merito alla domanda del sig. Leffler diretta ad ottenere una pronuncia in contumacia contro la Berlin Chemie, e ciò per consentire al ricorrente di citare la detta società a comparire, conformemente all’art. 4, punto 7, del codice di procedura civile olandese (Wetboek van Burgerlijke Rechtsvordering) e al regolamento.


24     Con atto dell’ufficiale giudiziario 7 settembre 2001, notificato alla procura generale presso il Gerechtshof, la Berlin Chemie è stata citata a comparire all’udienza del 9 ottobre 2001. A tale udienza, tuttavia, la società non è comparsa.


25     Il Gerechtshof ha nuovamente deciso di sospendere il giudizio sulla domanda di pronuncia in contumacia proposta dal sig. Leffler, questa volta in attesa della produzione di elementi che dimostrassero la conformità dell’avvenuta comunicazione o notificazione all’art. 19 del regolamento. Alcuni documenti sono stati prodotti all’udienza del 4 dicembre 2001.


26     Con sentenza 18 dicembre 2001, il Gerechtshof ha rifiutato di pronunciarsi in contumacia contro la Berlin Chemie, come il sig. Leffler chiedeva, e ha dichiarato la chiusura del procedimento.


27     I punti pertinenti della citata sentenza, come riprodotti dal giudice del rinvio, sono i seguenti:



«3.1      Dai dati forniti risulta che la notifica o comunicazione dell’atto di citazione alla Berlin Chemie è avvenuta secondo la normativa tedesca, ma la Berlin Chemie non ha voluto accettare i documenti, in quanto essi non erano tradotti in tedesco.


3.2      L’atto di citazione consegnato in Germania non è tradotto in una lingua ufficiale dello Stato di consegna o in una lingua che sia compresa dal destinatario dell’atto. In tal modo non si è ottemperato al requisito di cui all’art. 8 del regolamento CE sulle notifiche. Ciò ha come conseguenza che la dichiarazione di contumacia richiesta deve essere negata».


28     Il sig. Leffler ha impugnato la sentenza 18 dicembre 2001 con ricorso in cassazione. Egli sostiene che, al punto 3.2 della motivazione di tale sentenza, il Gerechtshof è incorso in un errore di diritto. A suo parere, il detto giudice avrebbe dovuto dichiarare la contumacia; in subordine, ritiene che il giudice avrebbe dovuto fissare una nuova udienza e disporre che la Berlin Chemie fosse citata a comparire a tale data, previa rettifica degli eventuali errori del precedente atto dell’ufficiale giudiziario.


29     Il giudice del rinvio constata che l’art. 8 del regolamento non chiarisce le conseguenze di un rifiuto di ricevere una notifica. In particolare, rileva quanto segue:



«Si potrebbe considerare che, dal momento che il destinatario ha rifiutato a giusto titolo di accettare l’atto, si deve ritenere che la notifica non sia affatto avvenuta. È anche ipotizzabile tuttavia che debba ritenersi consentito, dopo il rifiuto da parte del destinatario di accettare l’atto, sanare i vizi facendo comunque pervenire al destinatario una traduzione. In quest’ultima ipotesi sorge quindi la questione entro quali termini e con quali modalità la traduzione debba essere portata a conoscenza del destinatario. Per l’invio della traduzione si deve seguire l’iter indicato dal regolamento per le notifiche e le comunicazioni degli atti o le modalità di invio sono libere? È inoltre rilevante, qualora sussista la possibilità di sanare l’atto, accertare se a ciò si applichi il diritto processuale nazionale».


30     Lo Hoge Raad der Nederlanden ha pertanto deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:



«1)      Se l’art. 8, n. 1, del regolamento (CE) n. 1348/2000 debba essere interpretato nel senso che – in caso di rifiuto da parte del destinatario di accettare l’atto, per il fatto che non è stato osservato il regime linguistico di cui alla menzionata disposizione – il mittente ha la possibilità di porre rimedio a tale omissione.


2)      Per il caso in cui la soluzione della questione 1 sia di senso negativo, se al rifiuto di accettare l’atto debba essere necessariamente collegata la conseguenza che la notifica è del tutto priva di effetti.


3)      Per il caso in cui la soluzione della questione 1 sia di senso affermativo:



a)      Entro quale termine e con quali modalità si debba portare a conoscenza del destinatario la traduzione. Se per l’invio della traduzione vigano i requisiti prescritti dal regolamento per le notifiche e le comunicazioni di atti o se l’invio sia in forma libera.


b)      Se alla possibilità di sanare l’atto si applichi il diritto processuale civile nazionale».


 Sulle questioni pregiudiziali


 Sulla prima questione


31     Con la sua prima questione, il giudice del rinvio domanda se l’art. 8, n. 1, del regolamento debba essere interpretato nel senso che, qualora il destinatario di un atto lo abbia rifiutato adducendo che tale atto non è redatto in una lingua ufficiale dello Stato membro richiesto o in una lingua dello Stato membro mittente che il detto destinatario comprende, il mittente ha la possibilità di sanare la mancanza di traduzione.


 Osservazioni presentate alla Corte


32     I governi tedesco e finlandese ritengono che le conseguenze del rifiuto dell’atto debbano determinarsi in base al diritto nazionale. A sostegno di tale tesi, si richiamano al commento agli artt. 5 e 8 che compare nella relazione esplicativa della Convenzione, al fatto che la Corte, nella sentenza 3 luglio 1990, causa C-305/88, Lancray (Racc. pag. I-2725, punto 29), abbia fatto rinvio al diritto nazionale per valutare l’eventuale sanabilità dei vizi di una notificazione e, infine, ai lavori preparatori del regolamento, come descritti da un commentatore, da cui risulterebbe che le delegazioni degli Stati membri non desideravano che il regolamento interferisse con il diritto processuale nazionale. L’autorizzazione o meno a rimediare all’assenza di traduzione dipenderebbe dalla soluzione fornita dalla normativa nazionale applicabile.


33     Il sig. Leffler, i governi olandese, francese e portoghese, nonché la Commissione nelle sue osservazioni orali, sostengono che le conseguenze del rifiuto dell’atto devono ricavarsi da un’interpretazione autonoma del regolamento e che, secondo tale interpretazione, la mancanza di traduzione deve poter essere sanata. Sottolineano come l’obiettivo del regolamento consista nell’accelerare e semplificare le procedure di notificazione degli atti, e osservano che il fatto di non consentire di sanare la mancanza di traduzione vanifica l’art. 5, n. 1, del regolamento, giacché, in tal caso, gli operatori non si assumono alcun rischio e fanno sistematicamente tradurre i documenti. Rilevano peraltro che l’espressione «di cui si chiede la traduzione», che compare all’art. 8, n. 2, del regolamento, ha una ragione d’essere solo se è possibile sanare la mancanza di traduzione, e nello stesso senso depone il fatto che alcuni passaggi della relazione esplicativa della Convenzione lascino intendere l’esistenza di una siffatta possibilità.


34     La Commissione deduce peraltro svariati elementi in considerazione dei quali la mancanza di traduzione non dovrebbe reputarsi causa di nullità assoluta della notificazione. In particolare, i formulari tipo distinguerebbero le menzioni relative alla mancanza di notificazione regolare (punto 15 del formulario redatto conformemente all’art. 10 del regolamento) da quella relativa al rifiuto dell’atto per motivi linguistici (punto 14 dello stesso formulario). Inoltre, l’art. 8, n. 2, del regolamento riguarderebbe il rinvio dei documenti di cui si chiede la traduzione, e non di tutti gli atti, come avverrebbe se la notificazione non avesse avuto alcuno effetto. La Commissione sottolinea che nessuna norma dispone la nullità automatica della notificazione nel caso in cui non vi sia traduzione e che ammettere tale nullità è in contrasto con il principio secondo il quale la nullità deve essere espressamente prevista da un testo normativo («niente nullità senza norma»). Sostiene poi che una nullità assoluta eccede quanto è necessario per preservare gli interessi del destinatario, laddove peraltro la nullità non si giustifica se non vi sia un pregiudizio («niente nullità senza pregiudizio»).


35     La Berlin Chemie sostiene che la semplificazione delle notificazioni non deve avvenire a scapito della certezza del diritto né dei diritti del destinatario. Occorre che quest’ultimo sia in grado di comprendere rapidamente in quale tipo di procedimento è implicato e di predisporre efficacemente le proprie difese. La Berlin Chemie osserva che, in caso di dubbio sull’eventuale urgenza del procedimento di cui trattasi, il destinatario dell’atto farà, per prudenza, tradurre egli stesso tale atto, quando invece non dovrebbe essere lui a sopportare il rischio e il costo della mancanza di traduzione. Per contro, il mittente sarebbe al corrente dei rischi connessi ad una mancanza di traduzione e potrebbe adottare le cautele necessarie per evitarli. Infine, permettere di sanare la mancanza di traduzione rallenterebbe le procedure, segnatamente nell’ipotesi in cui il giudice debba anzitutto verificare se il rifiuto di accettare l’atto non tradotto sia giustificato. Ciò potrebbe dar luogo ad abusi.


36     Per quanto riguarda la tutela del destinatario, convenuto in una causa, il sig. Leffler e il governo olandese affermano che essa è sufficientemente garantita dall’art. 19 del regolamento. Come anche il governo francese, essi ritengono che il giudice abbia il potere di congegnare i termini processuali al fine di tener conto degli interessi delle parti e, in particolare, di consentire al convenuto di predisporre le sue difese. Quanto al ritardo che il procedimento subirebbe a causa della necessità di sanare la mancanza di traduzione, il governo olandese sostiene che ciò arrecherebbe pregiudizio essenzialmente al ricorrente, e non al destinatario convenuto.


 Risposta della Corte


37     Si deve necessariamente rilevare che l’art. 8 del regolamento non prevede le conseguenze giuridiche derivanti dal rifiuto di un atto da parte del suo destinatario per la ragione che tale atto non è redatto in una lingua ufficiale dello Stato membro richiesto o in una lingua dello Stato membro mittente che il destinatario comprenda.


38     Tuttavia, le altre disposizioni del regolamento, la finalità dello stesso – ricordata ai ‘considerando’ secondo e da sesto a nono – di garantire la rapidità e l’efficacia della trasmissione degli atti, nonché l’efficacia pratica che va riconosciuta alla possibilità, prevista dagli artt. 5 e 8 del detto regolamento, di non far tradurre l’atto nella lingua ufficiale dello Stato richiesto giustificano che la nullità dell’atto sia esclusa allorché quest’ultimo è stato rifiutato dal destinatario in quanto non redatto nella detta lingua o in una lingua dello Stato membro mittente compresa dal destinatario, e che sia invece ammessa la possibilità di sanare la mancanza di traduzione.


39     Occorre anzitutto rilevare che nessuna disposizione del regolamento prevede che il rifiuto dell’atto per inosservanza del detto art. 8 determini la nullità di tale atto. Al contrario, se è vero che il regolamento non precisa le esatte conseguenze del rifiuto dell’atto, diverse sue disposizioni, quanto meno, suggeriscono che la mancanza di traduzione sia sanabile.


40     In tal senso, la menzione «documenti di cui si chiede la traduzione», che compare all’art. 8, n. 2, del regolamento, significa che è possibile, per il destinatario, domandare una traduzione e, pertanto, per il mittente, rimediare alla mancanza di traduzione inviando la traduzione richiesta. Tale menzione è diversa, infatti, dai termini «documenti trasmessi» che ricorrono nell’art. 6, nn. 2 e 3, del regolamento ad indicare l’insieme dei documenti comunicati dall’organo mittente all’organo ricevente e non soltanto alcuni di questi documenti.


41     Analogamente, il formulario tipo che certifica la notificazione o comunicazione, ovvero la mancata notificazione o comunicazione di un atto, redatto ai sensi dell’art. 10 del regolamento, non include il rifiuto dell’atto a causa della lingua utilizzata tra le eventuali cause di mancata notificazione o comunicazione, prevedendo invece tale menzione in una voce distinta. Ciò consente di desumere che il rifiuto dell’atto non deve essere considerato una fattispecie di mancata notificazione o comunicazione.


42     Peraltro, ammettere che non si possa mai rimediare a tale rifiuto lederebbe i diritti del mittente in maniera tale che questi non si accollerebbe mai il rischio di notificare un atto non tradotto, il che comprometterebbe l’utilità del regolamento e, in particolare, delle sue disposizioni relative alla traduzione degli atti, che concorrono alla finalità di garantire la rapidità della trasmissione di questi ultimi.


43     Non può sostenersi, per contestare tale interpretazione, che le conseguenze del rifiuto dell’atto dovrebbero essere stabilite dal diritto nazionale. In proposito, non ci si può validamente richiamare ai commenti contenuti nella relazione esplicativa della convenzione, alla decisione della Corte nella citata sentenza Lancray, né ai lavoratori preparatori del regolamento.


44     Infatti, lasciare al diritto nazionale la scelta se ammettere o meno il principio stesso della sanabilità della mancanza di traduzione ostacolerebbe l’applicazione uniforme del regolamento, non essendo escluso che gli Stati membri prevedano in proposito soluzioni divergenti.


45     Orbene, l’obiettivo del Trattato di Amsterdam di creare uno spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia, attribuendo così alla Comunità una dimensione nuova, e il trasferimento, dal Trattato UE verso il Trattato CE, del regime che consente l’adozione di misure rientranti nel settore della cooperazione giudiziaria nelle materie civili aventi incidenza transfrontaliera, attestano la volontà degli Stati membri di ancorare misure siffatte nell’ordinamento giuridico comunitario, e di sancire in tal modo il principio della loro interpretazione autonoma.


46     Analogamente, la scelta della forma del regolamento, anziché della direttiva come inizialmente proposto dalla Commissione, dimostra l’importanza che il legislatore comunitario riconnette alla diretta applicabilità delle disposizioni di tale regolamento e alla loro applicazione uniforme.


47     Ne consegue che, benché utili, i commenti contenuti nella relazione esplicativa della Convenzione, che è stata adottata prima dell’entrata in vigore del Trattato di Amsterdam, non sono opponibili a un’interpretazione autonoma del regolamento, la quale impone una conseguenza uniforme al rifiuto dell’atto in quanto non redatto in una lingua ufficiale dello Stato membro richiesto o in una lingua dello Stato membro mittente compresa dal destinatario. Nello stesso senso, occorre rilevare che la giurisprudenza della Corte, quale emerge dalla citata sentenza Lancray, si colloca nel contesto dell’interpretazione di uno strumento giuridico di natura diversa e che, a differenza del regolamento, non era diretto a istituire un sistema di notificazione e di comunicazione intracomunitario.


48     Per quanto riguarda, infine, le conclusioni che il governo tedesco trae dai lavori preparatori descritti da un commentatore, è sufficiente rilevare che l’asserita volontà delle delegazioni degli Stati membri non si è concretizzata nel testo stesso del regolamento. Ne consegue che questi pretesi lavori preparatori non sono opponibili a un’interpretazione autonoma del regolamento, diretta ad assicurare un effetto utile alle disposizioni che esso contiene, nella prospettiva di una sua applicazione uniforme nella Comunità e nel rispetto della sua finalità.


49     Interpretare il regolamento nel senso che esso postula la sanabilità della mancanza di traduzione come conseguenza uniforme del rifiuto dell’atto in quanto non redatto in una lingua ufficiale dello Stato membro richiesto o in una lingua dello Stato membro mittente compresa dal destinatario dell’atto non pregiudica l’importanza del diritto nazionale e il ruolo del giudice nazionale. Infatti, come discende da una costante giurisprudenza, in mancanza di disciplina comunitaria spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro stabilire le modalità procedurali dei ricorsi giurisdizionali intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza delle norme di diritto comunitario aventi effetti diretto (v., in particolare, sentenza 16 dicembre 1976, causa 33/76, Rewe, Racc. pag. 1989, punto 5).


50     La Corte ha tuttavia precisato che tali modalità non devono essere meno favorevoli di quelle riguardanti diritti che trovino origine nell’ordinamento giuridico interno (principio di equivalenza) e che non devono rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico comunitario (principio di effettività) (v. sentenze Rewe, citata, punto 5; 10 luglio 1997, causa C-261/95, Palmisani, Racc. pag. I-4025, punto 27, e 15 settembre 1998, causa C-231/96, Edis, Racc. pag. I-4951, punto 34). In proposito, e come l’avvocato generale ha rilevato ai paragrafi 38-64 delle sue conclusioni, il principio di effettività deve indurre il giudice nazionale ad applicare le modalità procedurali previste dal suo ordinamento giuridico interno soltanto qualora esse non pregiudichino la ratio del regolamento.


51     Ne consegue che, qualora il regolamento non preveda le conseguenze di determinati fatti, è compito del giudice nazionale applicare, in via di principio, il suo diritto nazionale vegliando nel contempo affinché sia garantita la piena efficacia del diritto comunitario, il che può indurlo a disapplicare, ove occorra, una norma nazionale che vi si opponga o ad interpretare una norma nazionale adottata unicamente in vista di una situazione puramente interna al fine di applicarla alla situazione transfrontaliera di cui trattasi (v. in particolare, in tal senso, sentenze 9 marzo 1978, causa 106/67, Simmenthal, Racc. pag. 629, punto 16; 19 giugno 1990, causa C-213/89, Factortame e a., Racc. pag. I-2433, punto 19; 20 settembre 2001, causa C-453/99, Courage e Crehan, Racc. pag. I‑6297, punto 25, e 17 settembre 2002, causa C-253/00, Muñoz e Superior Fruiticola, Racc. pag. I-7289, punto 28).


52     Spetta parimenti al giudice nazionale vigilare affinché siano tutelati i diritti delle parti, tra i quali in particolare la possibilità per il destinatario di un atto di disporre di tempo sufficiente ad apprestare le proprie difese o il diritto, per il mittente, di non subire – ad esempio nell’ambito di un procedimento d’urgenza in cui il convenuto resti contumace – le conseguenze negative di un rifiuto puramente dilatorio e manifestamente abusivo di ricevere un atto non tradotto, laddove possa essere provato che il destinatario di tale atto comprende la lingua dello Stato membro mittente nella quale tale atto è stato scritto.


53     La prima questione va pertanto risolta dichiarando che l’art. 8, n. 1, del regolamento dev’essere interpretato nel senso che, qualora il destinatario di un atto lo abbia rifiutato in quanto non redatto in una lingua ufficiale dello Stato membro richiesto o in una lingua dello Stato membro mittente che il destinatario comprende, il mittente ha la possibilità di rimediarvi inviando la traduzione richiesta.


 Sulla seconda questione


54     La seconda questione, sollevata per il caso in cui l’art. 8 del regolamento sia interpretato nel senso che la mancanza di traduzione non è sanabile, mira ad accertare se il rifiuto dell’atto abbia la conseguenza di privare la notificazione di ogni effetto.


55     Alla luce della soluzione fornita alla prima questione, non occorre risolvere la seconda.


 Sulla terza questione


56     Con la terza questione, sollevata per il caso di soluzione affermativa alla prima, il giudice del rinvio domanda in sostanza entro quale termine e in qual modo la traduzione debba essere portata a conoscenza del destinatario dell’atto e se alla possibilità di sanare la mancanza di traduzione sia applicabile il diritto processuale nazionale.


 Osservazioni presentate alla Corte


57     Per quanto riguarda il termine entro il quale la mancanza di traduzione può essere sanata, i governi olandese e portoghese fanno riferimento all’art. 7, n. 2, del regolamento. Ritengono che l’invio della traduzione debba aver luogo nel più breve tempo possibile e che possa considerarsi ragionevole il termine di un mese.


58     Quanto all’effetto dell’invio della traduzione sui termini, il governo olandese sostiene che, quand’anche il rifiuto dell’atto da parte del destinatario sia legittimo, l’effetto di salvaguardia del termine previsto dall’art. 9, nn. 2 e 3, del regolamento dev’essere in ogni caso mantenuto. La Commissione osserva che le date di notificazione vanno determinate conformemente al citato art. 9. Per il destinatario, sarà presa in considerazione solo la notificazione o comunicazione degli atti tradotti, il che spiegherebbe la locuzione «fatto salvo il disposto dell’art. 8» di cui all’art. 9, n. 1, dello stesso regolamento. Per il richiedente, la data rimarrebbe determinata conformemente all’art. 9, n. 2.


59     Il governo francese ricorda che i termini processuali devono poter essere congegnati dal giudice al fine di consentire al destinatario dell’atto di predisporre le sue difese.


60     Per quanto riguarda le modalità dell’invio della traduzione, il sig. Leffler, nonché i governi francese e portoghese, ritengono che la comunicazione della traduzione debba effettuarsi conformemente alle prescrizioni del regolamento. Il governo olandese sostiene per contro che la trasmissione può effettuarsi in maniera informale ma che, per prevenire malintesi, è preferibile evitare un invio diretto dall’organismo mittente al destinatario e passare invece attraverso l’organo ricevente.


61     La Berlin Chemie afferma che, se la Corte dovesse ammettere la possibilità dell’invio di una traduzione, per garantire la certezza del diritto occorrerebbe armonizzare le conseguenze di tale possibilità, in conformità agli obiettivi del regolamento.


 Risposta della Corte


62     Sebbene l’art. 8 del regolamento non contenga disposizioni precise in merito alle regole da seguire allorché si deve sanare un atto rifiutato in quanto non redatto in una lingua ufficiale dello Stato membro richiesto o in una lingua dello Stato membro mittente compresa dal destinatario dell’atto, occorre tuttavia rilevare che i principi generali del diritto comunitario e le altre disposizioni del regolamento consentono di fornire al giudice nazionale una serie di indicazioni idonee a preservare l’effetto utile del regolamento.


63     Per ragioni di certezza del diritto, il regolamento dev’essere interpretato nel senso che la mancanza di traduzione va sanata secondo le modalità previste dal regolamento stesso.


64     Quando l’organo mittente è informato del fatto che il destinatario ha rifiutato la ricezione dell’atto per mancanza di traduzione, dopo aver, se del caso, sentito il richiedente, ad esso spetta, come può dedursi dall’art. 4, n. 1, del regolamento, rimediarvi mediante l’invio di una traduzione nel più breve tempo possibile. In proposito, come suggeriscono i governi olandese e portoghese, un termine di un mese a decorrere dalla data in cui l’organo mittente è stato informato del rifiuto può considerarsi appropriato, ma tale termine potrà essere valutato dal giudice nazionale a seconda delle circostanze. Si deve infatti tener conto, tra l’altro, del fatto che alcuni testi possono essere di lunghezza inconsueta e che devono essere tradotti in una lingua per la quale esistono pochi traduttori disponibili.


65     Per quanto riguarda gli effetti dell’invio di una traduzione sulla data della notificazione o della comunicazione, esso va determinato per analogia con il sistema della doppia data istituito dall’art. 9, nn. 1 e 2, del regolamento. Al fine di preservare l’effetto utile del regolamento, occorre infatti vegliare affinché i diritti delle diverse parti in causa siano tutelati nel migliore dei modi e in maniera equilibrata.


66     La data di una notificazione o comunicazione può essere importante per il richiedente, ad esempio, allorché l’atto notificato è un ricorso da presentarsi entro un termine perentorio o è diretto ad interrompere una prescrizione. Peraltro, come dichiarato al punto 38 della presente sentenza, l’inosservanza dell’art. 8, n. 1, del regolamento non comporta la nullità della notificazione o comunicazione. Alla luce di questi elementi, si deve osservare che il richiedente deve poter fruire, quanto alla data, dell’effetto della notificazione o comunicazione iniziale, sempreché abbia avuto la diligenza di sanare il vizio mediante l’invio di una traduzione nel più breve tempo possibile.


67     Tuttavia, la data di una notificazione o comunicazione può essere importante anche per il destinatario, in particolare qualora costituisca il dies a quo del termine per proporre un ricorso o predisporre una difesa. Una tutela effettiva del destinatario dell’atto induce a prendere in considerazione, nei suoi confronti, unicamente la data in cui ha potuto non soltanto prendere conoscenza dell’atto notificato o comunicato ma anche comprenderlo, vale a dire la data in cui ne ha ricevuto la traduzione.


68     Spetta al giudice nazionale prendere in considerazione e tutelare gli interessi delle parti in causa. In tal senso, in analogia con l’art. 19, n. 1, lett. a) e b) del regolamento, se un atto è stato rifiutato in quanto non redatto in una lingua ufficiale dello Stato membro richiesto o in una lingua dello Stato membro mittente compresa dal destinatario di tale atto, e il convenuto non compare, il giudice è tenuto a soprassedere alla decisione fintantoché non sia provato che l’atto è stato sanato mediante l’invio di una traduzione e che l’invio ha avuto luogo in tempo utile perché il convenuto potesse difendersi. Un obbligo siffatto risulta altresì dal principio enunciato all’art. 26, n. 2, del regolamento n. 44/2001, e la verifica della sua osservanza è preliminare al riconoscimento di una decisione, conformemente all’art. 34, punto 2, dello stesso regolamento.


69     Per risolvere i problemi connessi al modo in cui la mancanza di traduzione dev’essere sanata, non previsti dal regolamento come interpretato dalla Corte, il giudice nazionale è tenuto, come indicato ai punti 50 e 51 della presente sentenza, ad applicare il suo diritto processuale nazionale, vegliando al contempo affinché sia garantita la piena efficacia del regolamento, nel rispetto della sua finalità.


70     Giova peraltro ricordare che, qualora al giudice nazionale si ponga una questione relativa all’interpretazione del regolamento, egli può, alle condizioni previste dall’art. 68, n. 1, CE, interrogare la Corte in proposito.


71     Alla luce di quanto precede, la terza questione dev’essere così risolta:



–       l’art. 8 del regolamento dev’essere interpretato nel senso che, qualora il destinatario di un atto lo abbia rifiutato in quanto non redatto in una lingua ufficiale dello Stato membro richiesto o in una lingua dello Stato membro mittente che il destinatario comprende, questa situazione può essere sanata inviando la traduzione dell’atto, secondo le modalità previste dal regolamento e nel più breve tempo possibile;


–       per risolvere i problemi connessi al modo in cui la mancanza di traduzione dev’essere sanata, non previsti dal regolamento quale interpretato dalla Corte, il giudice nazionale è tenuto ad applicare il suo diritto processuale nazionale, vegliando al contempo affinché sia garantita la piena efficacia dello stesso regolamento, nel rispetto della sua finalità.


 Sulle spese


72     Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice del rinvio, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.


Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:


1)      L’art. 8, n. 1, del regolamento (CE) del Consiglio 29 maggio 2000, n. 1348, relativo alla notificazione e alla comunicazione negli Stati membri degli atti giudiziari ed extragiudiziali in materia civile o commerciale, dev’essere interpretato nel senso che, qualora il destinatario di un atto lo abbia rifiutato in quanto non redatto in una lingua ufficiale dello Stato membro richiesto o in una lingua dello Stato membro mittente che il destinatario comprende, il mittente ha la possibilità di rimediarvi inviando la traduzione richiesta.


2)      L’art. 8 del regolamento n. 1348/2000 dev’essere interpretato nel senso che, qualora il destinatario di un atto lo abbia rifiutato in quanto non redatto in una lingua ufficiale dello Stato membro richiesto o in una lingua dello Stato membro mittente che il destinatario comprende, questa situazione può essere sanata inviando la traduzione dell’atto, secondo le modalità previste dal regolamento n. 1348/2000 e nel più breve tempo possibile.


Per risolvere i problemi connessi al modo in cui la mancanza di traduzione dev’essere sanata, non previsti dal regolamento come interpretato dalla Corte, il giudice nazionale è tenuto ad applicare il suo diritto processuale nazionale, vegliando al contempo affinché sia garantita la piena efficacia di tale regolamento, nel rispetto della sua finalità.


Firme



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