Repubblica Italiana
In nome del Popolo Italiano


Il Giudice della Udienza Preliminare presso il Tribunale Penale di Trani
Dr. Maria Teresa Giancaspro
alla udienza del 24/01/2005 ha pronunziato e pubblicato mediante lettura del dispositivo la seguente


SENTENZA
nel proc. penale n. N.2681/2004 Reg. Gen.


nei confronti di:
L. A. nato a …….. il …………… e residente in ……… – libero – contumace- – difeso dall’ Avv. F. C. – di fiducia – presente –


IMPUTATO


Delitto p. e p. dall’art.556, co.1 prima ipotesi c.p. perché, essendo legato da matrimonio con G.A.J. celebrato in Argentina a Pineyro (Buenos Aires) il ……….1951 ed avente effetti civili (sino alla sentenza di divorzio con scioglimento del vincolo emessa dal Tribunale naz. N.9 Capital Federal, dott. Aon Lucas C., del 19.7.2002), contraeva nuovamente matrimonio con L.A.  in Italia a Bisceglie il ……… 1993, pur avente effetti civili.
– Commesso in Bisceglie, il 14 gennaio 1993 –


Preliminarmente, si procede con il rito abbreviato chiesto dalle parti ed ammesso all’udienza del 16.1 1.04. All’odierna udienza preliminare il Pubblico Ministero conclude chiedendo affermarsi la responsabilità del L., con la condanna dello stesso, concesse le attenuanti generiche, alla pena di  mesi sei di reclusione, già ridotta per il rito. Il difensore conclude chiedendo l’assoluzione perché il fatto non costituisce reato, in via subordinata, concesse le attenuanti generiche, minimo pena e benefici.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE


Alla udienza preliminare del 16.11.2004 fissata su richiesta di rinvio a giudizio del Pubblico Ministero perveniva processo a carico di L. nato…….., imputato per il reato indicato in epigrafe.
Alla udienza, costituite le parti, assente l’imputato di cui veniva dichiarata la contumacia, il difensore munito di procura speciale proponeva definirsi giudizio con rito abbreviato, ammesso, rinviato per la discussione ad udienza del 23 gennaio 2005.
A detta udienza le parti hanno discusso il merito del processo ed esposto le rispettive conclusioni, riportate in epigrafe; il difensore ha prodotto in copia uno stralcio di norme in lingua spagnola, presumibile codice civile argentino; a seguito di camera di consiglio questo giudice ha pronunciato sentenza con lettura del solo dispositivo


Nel giudizio abbreviato possono utilizzarsi tutti gli atti di indagine svolti, salvo che non siano affetti da inutilizzabilità patologica (cfr. CASS. PEN., SEZ. III, 20 aprile 1994 Mazzaraco Cass. Pen., 1995, 2947; CASS.UU 21-30 giugno 2000,Tammaro), ivi compresi gli atti di prova atipica che non si sottraggono, al pari di quelli di prova tipica, al vaglio e prudente apprezzamento del giudice.


Il processo è tutto documentale e dagli atti del fascicolo può trarsi convinzione della commissione del reato, e della piena consapevolezza dello stesso da parte del L.


Il fascicolo processuale si apre con l’invio da parte del Consolato generale d’Italia di Bahia Bianca (Argentina ) di notizia su una presunta bigamia del L., in quanto era stata presentata istanza di riconoscimento della cittadinanza italiana in favore delle figlie di L. nate il 20.3.1932 a  Barii, e dalla documentazione emergeva che nel corso della permanenza in Italia nel comune di residenza precedente, Bisceglie, nell’anno 1993, il L. aveva contratto matrimonio con la cittadina argentina L.A. . Ma in realtà, si legge nella nota, a quell’epoca il L. era ancora legato da matrimonio con effetti civili alla prima moglie, G. A..J., matrimonio che non risultava al Consolato mai trascritto in Italia, e comunque valido, pur avendo il L. chiesto dal 1975 separazione giudiziale dalla consorte, e ottenuto il divorzio, ma solo in data 19.7.2002.


Fatti acquisire gli atti presso il Comune di Bisceglie e presso il Consolato generale, si accertava con più precisione che l’atto di matrimonio de 14.1.1993 di L. con L. A. era iscritto al Comune di Bisceglie al ., 3, pervenuto in data 26.10.2003 senza alcuna annotazion. Solo in data 5.1.2004 era trascritto al Comune di Bisceglie il matrimonio tra il L. e G.A.J. celebrato in data  28.3.1951, che veniva in realtà trascritto con la relativa sentenza di divorzio.


Definiti così i fatti, va considerato, in ordine alla ratio del reato di cui all’art. 556 c.p., che l’interesse protetto dalla norma è quello della tutela dell’istituto matrimoniale quale fondamento della famiglia, che quindi non “merita ” più di essere tutelato penalmente solo allorquando il vincolo non esista più, non tanto perché per lo Stato italiano non risulti “conoscenza” del primo matrimonio perché non trascritto.
E’ interesse dello stato italiano evitare che all’epoca della celebrazione di un secondo matrimonio, il cittadino italiano o straniero non sia già sposato altrove, e non riveste importanza alcuna la circostanza che il primo matrimonio sia stato trascritto o meno .
Già in passato costante appariva l’orientamento giurisprudenziale secondo cui il matrimonio contratto dal cittadino italiano all’estero era di pieno effetto senza necessità di trascrizione, perché quest’ultima ha natura probatoria, dichiarativa, non costitutiva, e secondo cui si riteneva che in mancanza di trascrizione di sentenza di divorzio in Italia il cittadino divorziato all’estero non potesse contrarre altro matrimonio in Italia.
Anche a voler ammettere la tendenza giurisprudenziale, invero solo di taluni giudici di merito penali, già in vigore all’epoca precedente alla introduzione del divorzio in Italia, secondo cui già con il preesistente art. 17 preleggi e Convenzione de L’ Aja 12.ó.1902, lo stato e la capacità delle persone erano regolate dalla legge dello stato cui appartengono i soggetti e il coniuge che avesse ottenuto il divorzio nel proprio paese era da considerarsi libero di stato, nel caso in esame per vero manca proprio la libertà di stato nel ‘proprio” paese, sia che si ritenga lo stesso quello di residenza stabile, e va ricordato peraltro che il L. nel periodo relativo al matrimonio risiedeva in Italia già da alcuni anni (v incartamento su trasferimento di residenza da Giovinazzo a Bisceglie ), sia quello di cittadinanza, e deve ritenersi che il L. sia cittadino italiano e presumibilmente anche cittadino argentino .
Anche esaminando il caso sotto l’egida della nuova legge, il risultato non cambia.
Va tenuto conto, da un canto, che per la l. 218/95 art. 26, il matrimonio è regolato dalla legge nazionale comune dei nubendi o, in mancanza, dalla legge italiana, mentre le condizioni per contrarre matrimonio (articolo 27) sono sottoposte alla legge nazionale di ciascun nubendo al momento del matrimonio, come, peraltro, già previsto dalla vecchia Convenzione dell’Ala 12 giugno 1902, resa esecutiva con la legge 7 settembre 1905 n. 523, e in proposito va ricordato che il L. era ed è cittadino italiano tuttora tanto che “trasmette” la sua cittadinanza ai figli.
Dall’altro canto, va altresì ricordato che nell’ordinamento italiano tutta la materia è sottoposta al limite dell’ordine pubblico, espressamente richiamato, oltre che nella nuova legge, nell’articolo 116, secondo comma, del codice civile, e non può negarsi che un limite di ordine pubblico nell’ordinamento italiano sia quello secondo cui il matrimonio valido agli effetti civili sia uno solo e non plurimi, contemporaneamente.
La novità più importante della legge suddetta è, comunque, rappresentata dal riferimento alla legge dello Stato dove la vita matrimoniale è prevalentemente localizzata e tocca, oltre ai rapporti personali e patrimoniali tra coniugi, anche la separazione personale e il divorzio, l’adozione e i rapporti tra adottato e famiglia adottiva.
Il luogo ove la vita matrimoniale e’ prevalentemente localizzata può identificarsi con la residenza effettiva comune dei coniugi e il centro della vita familiare.
La separazione personale e lo scioglimento del matrimonio sono regolati dalla legge nazionale comune dei coniugi al momento della domanda o, in mancanza, dalla legge dello Stato nel quale la vita matrimoniale risulta prevalentemente localizzata (articolo 31) e solo se tali istituti non sono previsti dalla legge straniera applicabile, diviene applicabile la legge italiana.
In ogni caso, ciascuno dei coniugi può chiedere il divorzio per le cause ammesse dal proprio ordinamento, anche se non previste dall’altro, con il solo limite dell’ordine pubblico.
In ordine all’aspetto processuale, pure profondamente modificato dalla L. 218/95, con l’abolizione di tutto il capo ex artt. 796 e segg. c.p.c, va sottolineato che se la disciplina posta dall’articolo 64 della legge 218/1995 parte da un nuovo favor per la circolazione internazionale della sentenze, concretizzantesi nell’affermazione che “la sentenza straniera è riconosciuta in Italia senza che sia necessario il ricorso ad alcun procedimento ” – e solo in caso di “manata ottemperanza” o di “contestazione del riconoscimento” ovvero “quando sia necessario procedere ad esecuzione forzata” diviene necessario ottenere dalla Corte d’appello l’accertamento dell’esistenza dei requisiti per il riconoscimento.
E peraltro trattandosi nel caso di specie di rapporti di famiglia, nelle ipotesi previste dall’art. 65, che ammette l’efficacia automatica dei provvedimenti stranieri relativi alla capacità delle persone e all’esistenza di rapporti di famiglia o di diritti della personalità quando tali provvedimenti sono stati pronunziati da autorità dello Stato alle cui leggi rinvia la norma di diritto internazionale privato a condizioni della mancanza di contrasto con le norme italiane di ordine pubblico e il rispetto dei diritti essenziali della difesa.
Deve rilevarsi che, sia che si propenda per la decisione circa la validità del vincolo in Italia in dipendenza solo dalla trascrizione e non dell’effettivo scioglimento, sia che si propenda per la tendenza contraria vale a dire quella che privilegia la effettività del vincolo, appare indubbio che all’atto del secondo matrimonio celebrato in Italia il L. era ancora legato da matrimonio valido agli effetti civili sia per la legislazione argentina che per quella italiana .
Circa la data della sentenza argentina di “divorzio”, l’atto trascritto inviato era poco chiaro perché parlava di “sentenza di divorzio art 67 bis ” in data 3.11.1975 ” e “sentenza di divorzio con scioglimento del vincolo artt 217, 218 e altri ” in data 19.7.2002″.
In realtà anche alla luce di quanto specificato dal Consolato, solo la seconda può essere ritenuta una vera sentenza di divorzio con scioglimento del vincolo matrimoniale, non fosse altro perché il relativo istituto nella legislazione argentina risulta introdotto solo nel 1983 e quindi la precedente sentenza di divorzio era in realtà di separazione giudiziale, e comunque (v. art 216 del cc. , almeno nella versione ufficiosa prodotta) prevede che si possa “convertire la sentenza di separazione personale”.
Gli effetti di scioglimento del vincolo quindi devono farsi risalire solo al “divorzio” vero e proprio e l’assunto difensivo che appare mutuato in realtà da un atto che proviene da un avvocato argentino, che il “divorzio” del 1975 avrebbe permesso non il matrimonio in Argentina ma quello in altri paesi appare essere ipotesi che, anche presa per vera, appare davvero amena.
Non si comprende invero per quale strana legislazione dovrebbe essere consentito che uno “scioglimento ” di matrimonio, che tale non è per il paese in cui il matrimonio dovrebbe essere celebrato, dovrebbe essere invece considerato tale per “tutti ali altri Paesi”.
Inoltre deve considerarsi che una sentenza di separazione personale che faccia maturare automaticamente per mero decorso del tempo gli effetti di scioglimento del matrimonio ove mai esistesse nell’ordinamento argentino sarebbe comunque contraria all’ordine pubblico italiano ed in ogni caso, giammai la legislazione argentina del 2002 potrebbe avere un effetto “sanante” di un secondo matrimonio in costanza del primo.
La sostanziale differenza che investe lo stato civile – vale a dire una delle poche cose che dovrebbero essere note a chiunque, persino se analfabeta, esclude di poter tener in considerazione alcuna ogni ipotesi di errata convinzione dell’agente, e quindi consente di affermare la pienezza dell’elemento psicologico .
Ne consegue la affermazione di responsabilità, che pure deve temere conto della situazione di separazione personale dal primo coniuge, e quindi la comminazione della pena deve considerarsi il concorso di attenuanti generiche e il contenimento della pena.
Partendo quindi da una pena di mesi dodici di reclusione diminuita per il concorso di attenuanti generiche a mesi nove di reclusione, la diminuente del rito porta la pena da comminare a mesi nove di reclusione
Il L. è inoltre persona alquanto anziana, e esente da precedenti di ogni tipo sicché può ritenersi che in futuro sarà esente da reati, pertanto può  beneficiare sia della sospensione della esecuzione di pena che della non menzione alle condizioni previste dagli arti 163 e 175 s.s.  c.p.


p.q.m.


Letti gli artt 438 e segg c.p.p., 533 e 535 c,.p.p. dichiara L., in atti generalizzato, responsabile del reato ascrittogli  e Il concorso di attenuanti generiche, applicata la diminuente per il rito, lo condanna alla pena di mesi sei di reclusione oltre al pagamento delle
spese processuali.
Letti gli artt 163 e segg. c.p. e 175 c.p. concede al predetto i benefici della sospensione della esecuzione della pena e della non menzione sul
certificato del casellario giudiziale alle condizioni di legge


Dispone trasmettersi gli atti alla Procura della Repubblica in sede per le incombenze di carattere civile .
Motivazione nei novanta giorni.
Trani, 24 gennaio 2005


Dr. Maria Teresa Giancaspro


Nota.


 – Ricostruzione dei fatti.
1. 28/03/5: il L. contrae matrimonio in Argentina, con una cittadina argentina: l’atto non viene trascritto in Italia;
2. 03/11/73: il L. ottiene dal Tribunale argentino una “sentenza di divorzio” che tuttavia aveva giuridicamente il valore di una sentenza di separazione, non sciogliendo il vincolo matrimoniale: a quell’epoca in Argentina non esisteva il divorzio propriamente inteso;
3. anno 1987: con la legge 23.515 viene introdotto anche in Argentina il divorzio;
4. 14/01/93: il L. contrae nuovo matrimonio in Italia con altra cittadina Argentina;
5. anno 2002: il L. inoltra al Consolato italiano in Argentina istanza per la concessione della cittadinanza  italiana ai figli di primo letto; il Consolato rileva la bigamia;
6. 19/07/02: il L. ottiene dal Tribunale argentino sentenza di divorzio del primo matrimonio, ponendo così termine allo stato di bigamia.


– Elemento materiale del reato.
Il delitto di bigamia consiste nel contrarre, in costanza di matrimonio avente effetti civili, un altro matrimonio avente anch’esso tali effetti.  Il reato può essere escluso solo dalla giuridica inesistenza del vincolo precedente o di quello successivo e non anche dalla semplice annullabilità.
“I matrimoni contratti all’estero, anche se non trascritti, spiegano in Italia efficacia giuridica, in quanto la trascrizione in Italia dei matrimoni civili contratti all’estero da cittadini italiani non ha natura costitutiva, ma dichiarativa e certificativa” (Cassazione penale, sez. VI, 4 luglio 1985, Scibetta, in  Giust. pen. 1986, II,510).
“Ai fini della configurabilità del reato di bigamia gli effetti civili di precedenti matrimoni contratti all’estero sono da considerarsi in vigore anche se i suddetti matrimoni non siano stati trascritti nei registri dello stato civile in Italia” (Cassazione penale, sez. VI, 2 febbraio 1982, Albonico, in  Cass. pen. 1983, 1085 e Giust. pen., 1982, II,643).


– Elemento soggettivo del reato.
Il delitto di bigamia è imputabile solo a titolo di dolo.
“Nel delitto di bigamia non è superflua la ricerca del dolo, perché questo non è inerente al fatto del secondo matrimonio” (Cass. pen. 18 dicembre 1925 in Giust. pen, 1926,14).
“Per il perfezionamento del delitto di bigamia non è sufficiente che sussista la fattispecie obiettiva descritta dall’art. 556 c.p., ma è necessario che ricorra anche il dolo e cioè la volontà di contrarre nuovo matrimonio avente effetti civili con la consapevolezza dell’esistenza di un precedente matrimonio” (Tribunale Roma, 12 maggio 1981, Buitoni , Temi romana 1982, 756).
“L’erronea opinione dell’imputato di bigamia di essere libero di contrarre nuovo matrimonio, avendo ottenuto il divorzio all’estero, non costituisce errore su legge diversa da quella penale, ai sensi dell’art. 47 comma 3 c.p., bensì errore sulla legge penale che non può essere invocato dall’imputato come causa di esclusione della punibilità (Cassazione penale, sez. VI, 2 febbraio 1982, Albonico, Cass. pen. 1983, 1085; Giust. pen. 1982, II,643).
“L’errore sulle norme extrapenali che disciplinano gli effetti civili del matrimonio, quando sia inevitabile, esclude il dolo del delitto di bigamia, pur essendo quelle norme integratrici della legge penale (Corte appello Cagliari, 12 dicembre 1988, Sacrini e altro, Riv. giur. Sarda 1991, 169).


Avv. Francesco Catapano