TRIBUNALE DI TRANI
SEZIONE DISTACCATA DI BARLETTA


 REPUBBLICA ITALIANA – IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


il Giudice  Dott.  Dr. margherita Grippo  alla udienza del 26/05/2005 ha pronunziato e pubblicato mediante lettura del dispositivo la seguente


SENTENZA


nei confronti di: C. M.- DIFENSORE DI FIDUCIA:  V.M.


IMPUTATO


del reato di cui all’art. 14 comma 2 della L. 8/7/98 n. 230, perchè senza aver  chiesto l’ammissione al servizio civile, rifiutava di prestare servizio militare adducendo motivi di coscienza che ostavano alla prestazione del servizio militare.


Le parti hanno concluso come segue: PM: condanna alla pena di mesi 4 di arresto; la difesa assoluzione perchè il fatto non è più previsto dalla legge come reato.


MOTIVAZIONE


All’udienza del 26/5/05 si è definito il procedimento penale a carico di C.M. citato a giudizio per rispondere dinanzi il Giudice del Tribunale di Trani – sezione distaccata di Barletta, del reato di cui all’art. 14 comma 2 della L. 8/7/98 n. 230,secondo quanto più compiutamente specificato in epigrafe.


Il dibattimento si è svolto nella dichiarata contumacia dell’imputato.


All’esito il Giudice ha quindi invitato le parti a concludere e le parti hanno formulato ed illustrato le loro conclusioni, quali risultano dal verbale di dibattimento.


L’imputato va assolto in quanto, anche a prescindere dall’esame delle risultanze istruttorie, il fatto, oggetto di contestazione, non risulta più previsto dalla legge come reato.


Al fine di evidenziare le ragioni che conducono a tale conclusione, occorre innanzi tutto premettere che all’imputato risulta contestato, quale condotta penalmente rilevante ex art. 14 comma 2 della L. 8/7/98 n. 230, il fatto di essersi rifiutato, senza aver chiesto l’ammissione al servizio civile, di prestare il servizio militare, adducendo motivi di coscienza che ostavano alla prestazione del servizio militare.


Orbene, con riferimento alla disposizione contenuta nell’art. 1 L. 226/04, porta ad escludere che tale fatto sia ancora previsto dalla legge come reato in considerazione di un fondamentale rilievo: tale articolo prevede una sospensione del servizio di leva a decorrere dal 1 gennaio 2005 e tale previsione, nella misura in cui paralizza, per così dire, la obbligtorietà del servizio di leva, fa venir meno il disvalore penale del rifiuto a prestare tale servizio.


 PQM


il Tribunale, visto l’art. 530 c.p.p., assolve C.M. dal reato ascrittogli perchè il fatto contestato non è previsto dalla legge come reato.
Indica il termine di gg. 60 per il deposito della sentenza.
Barletta 26/5/05


Il Giudice
dott. Margherita Grippo


Commento:


La sentenza emessa dal Giudice della Sezione Distaccata di Barletta conforme ai principi dalla S.C.la cui massima è riportata in calce  riveste certamente un notevole significato giuridico anche in considerazione degli effetti che la stessa è destinata a produrre nel settore normativo innaugurato con la L. 331/00, che ha istituito il servizio di leva professionale e la graduale sostituzione dei militari in servizio obbligatorio con volontari di truppa e personale del servizio civile del ministero della difesa (art. 3 comma 1).


Parallelamente si è adeguato anche il settore normativo riguardante il servizio civile alternativo a quello di leva con la L. 64/2001, il cui art. 2 prevede che “a decorrere dalla data della sospensione del servizio obbligatorio militare di leva, il servizio civile è prestato su base esclusivamente volontaria”.


Il reato di rifiuto del servizio di leva per motivi di coscienza assorbe e abbraccia anche il reato di diserzione, posto che il rifiuto può intervenire sia prima che dopo l’assunzione del servizio militare; ciò rende evidente che può condividersi l’affermazione della sua generalizzata abolizione, sia pure dopo il 31/10/05, essendo pacifico che sul versante del codice penale militare è rimasta impregiudicata la perdurante vigenza del reato di diserzione, il cui ambito giuridico va oltre la sussistenza della leva obbligatoria e comprende ogni e qualsiasi condotta di arbitraria interruzione del servizio militare, per tutte le ipotesi, ovvero dalla ferma obbligatoria a quella volontaria.


Già da tempo la giurisprudenza penale militare aveva anticipato le argomentazioni della sentenza in esame, decretando che la abolizione del servizio obbligatorio di leva a partire dal 1° gennaio 2005, faceva venir meno la tutela dell’interesse penale sancito nell’art. 151 del codoce penale militare (valga per tutte la sentenza del Tribunale militare di Bari del 7/2/05).


Nonostante tali pronunce, la circostanza rappresentata dalla proposizione di appello avverso tali sentenze, dimostra che l’obbligo è però ancora vigente e che verrà meno solo il 31/10/2005, così creando una disparità di trattamento con quelle sentenze non impugnate; ed ancora oltre a tali dubbi deve aggiungersi la “singolarità” di norme incriminatrici che disciplinano tale obbligo e che sono sottoposte  a termine di decadenza e con effetti in grado di “travolgere” anche le sentenze di condanna nel frattempo intervenute.


Ebbene ci si auspica un intervento normativo in grado di dipanare la matassa e riportare equità.


Allo stato risultano presentati degli appositi disegni di legge, nei quali si delinea l’alternativa tra l’espressa abrogazione del reato e la declatoria di amnistia per tale reato (disegni di legge nn. 2663 e 2645 della XIV legislatura).


in attesa della “data fatidica” il panorama dei Tribunali e delle Corti d’Appello è molto vario: la maggior parte dei giudici di merito si sta limitando a circoscrivere il problema concedendo il beneficio della sospensione condizionale della pena, altri come il Tribunale di Barletta, si sono orientati in maniera più “progressista” ritenendo il reato non più previsto dalla legge come reato.


Avv. Roberta Schiralli


Massma della Suprema Corte


Corte di Cassazione – sez. I penale – sentenza 10 febberaio – 31 marzo 2005 n. 12316
(Presidente: Gemelli; Relatore: Pepino; PM: conforme – Cedrangolo; ricorrente: PG in proc. Caruso)


La Massima: Militari-servizio militare -rifiuto del servizio di leva per motivi di coscienza – sospensione del servizio di leva prevista dagli articoli 1 e 3 L. 331/2000, 7 del Dlgs 215/01 e art. 1 L. 226/04 – Equiparazione tra sospensione e abolizione del servizio di leva – abolizione del servizio di leva a decorrere dal 31 ottobre 2005 – Abrogazione  di norme integratrici della fattispecie incrinatrice del rifiuto del servizio militare per motivi di coscienza – applicazione della fattispecie dell’abolitio criminis di cui all’art. 2 comma 2 c.p. – non punibilità delle precedenti condotte di rifiuto del servizio militare e cessazione degli effetti penali delle condanne eventualmente intervenute. (legge 230/98 art. 14 commi 1 e2; legge 331/00 art. 1 comma 6, e 3; Dlgs 215/01 art. 7; legge 226/04 art. 1; art. 2 comma 2 C.P.).dalle disposizioni contenute nel  Dlgs 215/01 art. 7 comma 1 e nella legge 226/04 art. 1, di attuazione degli artt. 1, comma 6, e 7 della legge 331/00, risulta che il servizio militare di leva è stato abolito, così dovendosi ritenere l’improprio termine “sospeso” utilizzato dalla norma, a decorrere dal 31/10/2005 (data di cessazione del servizio militare dell’ultimo contingente chiamato alle armi il 31/12/2004).


L’art. 1 comma 6 della L. 331/2000, deve essere considerato norma integratrice del precetto penale e con riferimento alle situazioni da esso disciplinate trova applicazione l’art. 2 comma 2 del codice penale. L’abolizione del servizio di leva si pone come elemento esterno che ridisegna e abroga la fattispecie legale del rifiuto del servizio militare di leva, eliminando il disvalore sociale della condotta incriminata. Da ciò consegue la non punibilità della condotta di chi, in precedenza e allorchè detto servizio militare era obbligatorio, ha rifiutato di prestarlo, ovvero la cessazione dell’esecuzione e degli effetti penali della condanna eventualmente intervenuta (in Guida al Diritto n. 26/05 pg. 47 e ss.).