TRIBUNALE DI TRANI
SEZIONE DI ANDRIA
IL GIUDICE


Letti gli atti, sciogliendo la riserva assunta all’udienza del 12 luglio 2005;


premesso che


con ricorso ex art.700 c.p.c. depositato in data 22 giugno 2005 la I. M. U. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro-tempore, ha chiesto ordinarsi con provvedimento di urgenza la “provvisoria cancellazione della società ricorrente dalla CAI (Centrale di Allarme Interbancario) ed il conseguente ripristino della facoltà di interattenere rapporti bancari mediante annullamento degli effetti della revoca di sistema”. A sostegno della propria domanda ha dedotto che in data 1 aprile 2005 consegnò alla F. I. S.r.l. l’assegno bancario n. ( omissis) tratto sul conto corrente bancario n. ( omissis) presso la Banca ( omissis) dell’importo di € 12.500,00. In conseguenza della sopravvenienza di diversi accordi in ordine alla regolamentazione dei rapporti economici tra le società la F. provvide a richiamare l’assegno negoziato per il quale comunque non sussisteva la relativa provvista sicché la società istante è stata iscritta nell’archivio informatizzato di cui all’art. 9 L. 386/90, come modificato dal d. lgs 507/99, con la conseguente c.d. “revoca di sistema”. A seguito della relativa comunicazione della Banca trattaria, che ha invitato l’istante a provvedere al pagamento dell’assegno nel termine di sessanta giorni, l’istante ha provveduto ad esibire all’istituto di credito l’originale del titolo attestante il venir meno della relativa obbligazione, atteso peraltro l’avvenuto versamento dell’importo per il quale era stato emesso in favore del prenditore. Ciò nonostante l’istituto di credito trattario ha comunque segnalato il nominativo della ricorrente alla menzionata Centrale, con la conseguenza che essa non potrà più emettere assegni per sei mesi su tutte le Banche e gli Istituti postali d’Italia con grave danno per l’attività d’impresa esercitata.


All’esito della notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza per la comparizione delle parti si è costituita la Banca ( omissis), in persona del legale rappresentante pro-tempore, contestando il ricorso perché infondato e chiedendone il rigetto.


Richiamati i principi informatori dell’istituto della c.d. “revoca di sistema” e gli interessi pubblicistici da esso tutelati, ha evidenziato che il richiamo dell’assegno emesso dalla ricorrente non è idoneo a giustificare l’omissione della segnalazione del suo nominativo alla Centrale di Allarme Interbancaria, atteso che il titolo era stato regolarmente presentato all’incasso presso la Banca ( omissis) e negoziato presso la Stanza di Compensazione di Roma e solo dopo richiamato.


Ciò posto, ha soggiunto che la I. M. U. avrebbe potuto evitare la segnalazione in oggetto solo provvedendo al pagamento, nei modi prescritti normativamente, dell’importo portato dall’assegno nonché della penale e delle ulteriori spese, ciò che nel caso di specie non è avvenuto, ragion per cui correttamente la Banca esponente ha provveduto all’attivazione della procedura di cui alla legge 368/90, come novellata.
Infine, ha evidenziato che, comunque, tardivamente le è pervenuta la dichiarazione di avvenuto pagamento della somma indicata nel titolo da parte del prenditore.


Ha, infine, contestato la sussistenza del periculum in mora, atteso che la ricorrente non ha provato l’intervenuta revoca della convenzione di cheque da parte di altri istituti di credito oltre che l’impossibilità di accedere comunque al credito bancario.


All’udienza del 12 luglio 2005 la causa è stata trattenuta in decisione sulla domanda di tutela sommaria.


Osserva


Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.
Occorre prendere le mosse dall’esame della disciplina normativa governata degli artt. 8, 9 e 9 bis L. 15 dicembre 1990, n. 386, come modificati dal D.lgs. 30 dicembre 1999, n. 507.
L’art. 8 prevede che nei casi di cui al precedente articolo 2 (emissione di assegno senza provvista) le relative sanzioni amministrative (previste dallo stesso art.2 e dal seguente art.5) “non si applicano se il traente, entro sessanta giorni dalla data di scadenza del termine di presentazione del titolo, effettua il pagamento dell’assegno, degli interessi, della penale e delle eventuali spese per il protesto o per la contestazione equivalente” da effettuarsi “nelle mani del portatore del titolo o presso lo stabilimento trattario mediante deposito vincolato al portatore del titolo ovvero presso il pubblico ufficiale che ha levato il protesto o ha effettuato la constatazione equivalente”.
L’art. 9, invece, stabilisce al comma 2, lettera b) una conseguenza diversa da quella della sanzione amministrativa, sempre per il caso di mancato pagamento del titolo per assenza di provvista, ossia “…il trattario iscrive il nominativo del traente nell’archivio previsto dall’art.10 bis”. Tale iscrizione è effettuata “nel caso di difetto di provvista, quando è decorso il termine stabilito dall’art .8 senza che il traente abbia fornito la prova dell’avvenuto pagamento, salvo quanto previsto dall’art.9 bis, comma 3”.
Il successivo art.9 bis, poi, disciplina il c.d. avviso di revoca “nel caso di mancato pagamento, in tutto o in parte, di un assegno per difetto di provvista, il trattario comunica al traente che, scaduto il termine indicato nell’art. 8 senza che abbia fornito la prova dell’avvenuto pagamento, il suo nominativo sarà iscritto nell’archivio di cui all’art.10 bis e che dalla stessa data sarà revocata ogni autorizzazione ad emettere assegni”.
Orbene, dalla semplice lettura delle norme richiamate emerge una sostanziale diversità di disciplina tra la fattispecie tipizzata dall’art. 8 e quella di cui al seguente art. 9, oggetto del presente giudizio.
Se, infatti, il traente di un assegno non pagato per assenza di provvista (come nel caso di specie) intende evitare l’erogazione a suo carico delle sanzioni amministrative di cui agli artt.2 e 5 deve provvedere ad effettuare il pagamento entro sessanta giorni dalla scadenza del termine di presentazione del titolo, documentando poi l’avvenuto pagamento nelle forme di cui al comma 3 dell’art. 8, anche nel corso del procedimento applicativo della sanzione di cui all’art. 8 bis.
Al fine, invece, di evitare la segnalazione alla Centrale di allarme Interbancaria, il traente deve farsi particolarmente diligente e non limitarsi ad effettuare il pagamento entro il menzionato termine di sessanta giorni ma anche provare, in modo qualificato, alla Banca trattaria l’avvenuto pagamento entro lo stesso termine.


A questa conclusioni conducono sostanzialmente due argomenti.


Il primo, di natura letterale, discende dalla richiamata formulazione delle norme in esame: nel caso di cui all’art. 8 il legislatore ha espressamente subordinato all’applicazione della sanzione il semplice mancato pagamento del titolo nei sessanta giorni dalla scadenza del termine di presentazione dello stesso; nell’ipotesi del successivo art. 9 la iscrizione all’archivio di cui all’art.10 bis discende dalla mancata prova del pagamento, prova che deve giungere all’Istituto di Credito sempre entro sessanta giorni dalla scadenza del termine di presentazione dell’assegno.


A sostegno di questo argomento meramente letterale se ne aggiunge uno sistematico.


L’avere condizionato l’applicazione della sanzione amministrativa al solo mancato pagamento del titolo nel più volte citato termine – indipendentemente dal momento in cui viene offerta la prova di tale pagamento – è coerente con la natura stessa della sanzione da irrogare, che si riferisce esclusivamente alla persona del traente e non interferisce in alcun modo nel traffico giuridico ed economico in cui essa opera. Pertanto la prova del pagamento potrà essere resa nel corso del procedimento applicativo della sanzione sicché la stessa non verrà più pronunciata.
L’inserimento, invece, del nominativo del traente nell’archivio c.d. Centrale di allarme Interbancaria, assolve ad una diversa funzione in quanto prende in considerazione i rapporti economici dello stesso e la sua interazione con altri soggetti pubblici e privati ed il sistema bancario che necessita di certezze formali.
È evidente che in questa ipotesi si rende necessario garantire il corretto comportamento dei soggetti che operano in tale ambito, anche attraverso il ricorso a rimedi caratterizzati da particolare rigidità ed automatismo, sicché il legislatore ha ritenuto opportuno non accontentarsi dell’avvenuto pagamento entro i sessanta giorni dalla scadenza del termine di presentazione del titolo dell’importo dello stesso nonché degli interessi, delle penale e delle eventuali spese di protesto, ma ha richiesto che, perché il soggetto possa continuare ad utilizzare tale mezzo di pagamento, provveda anche a documentare in detto termine la circostanza dell’avvenuto pagamento.
Mancando tale certezza, sia pure solo formale, automaticamente conseguirà la segnalazione di cui all’art. 9.
Tale interpretazione si giustifica anche alla luce delle conseguenze, particolarmente gravose per il trattario, dell’omesso tempestivo inserimento nell’archivio, che rendono l’istituto di credito obbligato in solido con il traente a pagare gli assegni emessi nel periodo in cui avrebbe dovuto operare la revoca, proprio a garanzia dei terzi che sono entrati in contatto con un soggetto evidentemente non più da ritenersi affidabile nelle transazioni economiche.
Diversamente opinando, smarrendosi ogni punto di riferimento temporale certo, si dovrebbe ammettere che il traente possa provare alla Banca l’avvenuto pagamento entro il termine pur dopo mesi o, paradossalmente, anni dall’avvenuta scadenza, mettendo in crisi quella esigenza di certezza che ha invece ispirato l’intervento legislativo.


In tale quadro corretta è risultata la condotta della Banca resistente – così come pure ammesso dalla stessa ricorrente all’udienza del 12 luglio 2005 – atteso che essa, successivamente alla presentazione del titolo all’incasso ed alla constatazione dell’assenza di provvista conseguente alla sua negoziazione avvenuta in data 4 aprile 2005, alle ore 14:03 (cfr. annotazioni apposte sul retro dell’assegno allegato in originale al fascicolo della I. M. U.), ha provveduto formalmente a comunicare la circostanza al correntista che ha emesso il titolo, invitandolo a provvedere al pagamento dello “importo capitale, degli interessi, della penale e delle eventuali spese di protesto entro e non oltre il termine di 60 giorni di calendario dalla data di scadenza del termini di presentazione del titolo e cioè entro il 10-06-2005” avvertendolo che “decorso il termine di 60 giorni dalla data di scadenza del termine di presentazione del titolo senza che sia stata fornita prova dell’avvenuto pagamento tardivo dell’assegno…il Suo/Vostro nominativo sarà iscritto nell’archivio informatico degli assegni bancari e postali e delle carte di pagamento istituito dall’art. 10 bis L. 386/90, introdotto dal D. Lgs n. 507/99” (cfr, lettera raccomandata prodotta in originale dalla ricorrente).
A fronte di ciò l’istante – sulla base degli elementi di convincimento acquisiti nella presente fase di giudizio a cognizione necessariamente sommaria – non ha offerto alcun elemento idoneo a ritenere erronea la segnalazione per cui è controversia.
Insuscettibile di essere apprezzata favorevolmente è l’allegata circostanza dell’avvenuto pagamento del titolo direttamente mani parti del prenditore, così come asserito dal ricorrente e riscontrato documentalmente mediante la produzione in giudizio della relativa dichiarazione ricevuta dal notaio R. F. di Andria in data 16 giugno 2005.
Infatti, dalla dichiarazione in oggetto non si evince se il dedotto pagamento è intervenuto entro il termine del 10 giugno 2005 assegnato all’emittente per evitare la c.d. revoca di sistema contemplata dalla normativa in esame.
Non può, inoltre, sottacersi che lo stesso pagamento non può considerarsi sufficiente in quanto effettuato con riferimento al solo importo capitale del titolo e non già anche alla penale, pari al 10% dell’importo dovuto, necessaria al contrario per impedire la segnalazione alla CAI.
Giova, in proposito, richiamare l’orientamento giurisprudenziale formatosi sotto il vigore della precedente formulazione dell’art. 8 L. 386/90 concernente il reato di emissione di assegni a vuoto secondo cui “la condizione di improcedibilità ex art. 8 l. n. 386/1990 non può essere dimostrata mediante un tardivo versamento della provvista (sia pure con interessi e spese), ma senza alcun riferimento al pagamento della penale. Ciò in quanto quest’ultima costituisce un elemento indefettibile della condizione di improcedibilità medesima, non suscettibile – per la sua natura pubblicistica – di costituire oggetto di rinunzia anche parziale o, comunque, di accomodamenti affidati alla mera volontà delle parti” (ex plurimis cfr Cass. pen. sez. V, 21 ottobre 1999, n. 13269 in CED Cassazione, 1999).


L’esposto principio può fondatamente ritenersi valido ed operante con riferimento alla attuale revoca di sistema, che sostituisce la precedente fattispecie criminosa dell’ottica della depenalizzazione attuata dal legislatore, in quanto con essa condivide l’esigenza di tutela degli interessi generali del corretto funzionamento del sistema bancario e del corretto utilizzo dei relativi strumenti.
Infatti, la circostanza che l’oggetto principale di tutela attuale è divenuto l’interesse patrimoniale del singolo portatore del titolo a che esso venga effettivamente pagato non esclude che resti come bene tutelato anche quello generale dell’affidamento che la collettività degli operatori economici pone nell’assegno bancario come mezzo di pagamento, che non risulterebbe affatto soddisfatto dal mero versamento in favore del portatore della sola somma portata dall’assegno.
Inoltre, la stessa dichiarazione è stata formata dopo la scadenza del termine in oggetto, ragion per cui in ogni caso, pure se il pagamento fosse per ipotesi stato integrale e tempestivo, la Banca avrebbe dovuto procedere alla trasmissione del nominativo del proprio correntista alla Centrale di Allarme Interbancaria, così come in concreto ha fatto.
In proposito, prive di pregio si appalesano le deduzioni del ricorrente relative alla incolpevole ignoranza dell’esigenza di comunicare l’avvenuto pagamento entro il termine de quo – circostanza invero allegata dall’istante solo nel corso dell’udienza del 12 luglio e non esposta in ricorso – atteso che dalla semplice lettura della comunicazione effettuata dalla Banca – sopra trascritte – emerge in tutta evidenza che il correntista era stato adeguatamente avvertito dell’importanza dell’adempimento in oggetto e della sua tempestività.
In tale ottica irrilevante è la circostanza del richiamo del titolo da parte del prenditore, che d’altra parte è avvenuto dopo che lo stesso era stato negoziato, ciò di cui è consapevole anche il ricorrente.


Alla stregua dei principi richiamati che informano il sistema delineato dalla L. 386/90 l’unico modo per evitare l’attivazione dei meccanismi di cui agli artt. 8 e 9 è quello del pagamento, che deve avvenire nei modi formali indicati, poiché solo così il sistema nel suo complesso risulta garantito.
D’altra parte osserva il Tribunale che anche il richiamo del titolo, una volta presentato all’incasso, lascia inappagata quell’esigenza pubblicistica di affidamento nel corretto svolgimento dei rapporti economici che si svolgono attraverso il sistema bancario, soddisfatta dal versamento della penale di cui si è fatta menzione.
È, ad esempio, possibile ipotizzare che in realtà a fronte del richiamo dell’assegno senza la corresponsione delle penale e prescindere alla dichiarazione del prenditore del titolo si sia fatto luogo non già al suo pagamento ma all’emissione di un nuovo assegno con scadenza diversa.
Tale pericolo, che certamente non difende il sistema dal cattivo pagatore, può essere solo scongiurata ragionevolmente attraverso il rispetto della procedura stabilita dalla normativa in oggetto, ovvero per mezzo del trasparente pagamento.


La particolarità questioni giuridiche affrontare rendono opportuna la integrale compensazione tra le parti delle spese di lite.


P.Q.M.


• Rigetta il ricorso;
• Dichiara interamente compensate le spese di lite tra le parti.
manda alla cancelleria per le comunicazioni di rito.
Andria, 22 luglio 2005


IL GIUDICE
Dr Paolo RIZZI