SEMINARIO SULLA RIFORMA DEL PROCESSO CIVILE
INTRODOTTA CON LEGGE 14 MAGGIO 2005, N. 80
RUVO DI PUGLIA, 12 LUGLIO 2005


IL PROCESSO ORDINARIO: FORMA E CONTENUTO DEI PROVVEDIMENTI GIUDIZIALI.
PAOLA CESARONI


1. Cenni di introduzione sulla riforma.
Il d.l. n. 35 del 14 marzo 2005, convertito in legge 14.5.2005 n. 80, ha attuato una modifica profonda del processo civile, incidendo sul processo di cognizione, sul processo esecutivo, su quello cautelare, sul rito in materia di separazione e divorzio nonchè sulle procedure fallimentari. Sono stati così riuniti in un unico corpo normativo (ed introdotti in blocco e con urgenza nel sistema) i diversi disegni di legge posti all’esame delle Camere, elaborati negli ultimi anni dalle commissioni a ciò predisposte.
Soffermandoci sulle modifiche apportate al processo ordinario di cognizione, che costituiscono l’oggetto del nostro odierno incontro, può semplicisticamente affermarsi che l’attuale riforma abbia cancellato gli interventi del 1995 , ripristinando in parte la struttura del processo modellata con la L. 353 del 1990.
Sul piano teorico, la riforma recepisce le critiche mosse dalla dottrina ed evidenziate dalla prassi applicativa alle modifiche del 1995, eliminando alcune fasi processuali, previste come obbligatorie, che servivano solo al 5% dei processi, rallentandone la totalità.
Di fatto, tali modifiche, in assenza di interventi diretti ad operare una riduzione del contenzioso ovvero un aumento del personale giudiziario e amministrativo, non porteranno ad uno snellimento sostanziale dei tempi della giustizia civile.


2. Le modifiche al processo di cognizione. L’art. 180 c.p.c.
Con riferimento alla fase introduttiva del processo, è stato in primis reintrodotto l’obbligo per il convenuto, a pena di decadenza, nei termini di cui agli artt. 166-167 c.p.c., di sollevare le eccezioni processuali o di merito non rilevabili d’ufficio, oltre a proporre domande riconvenzionali o a chiamare un terzo in causa.
Tale modifica riproduce ciò che avveniva nella prassi, laddove tali eccezioni erano contenute –nella maggior parte dei casi- già nella comparsa di costituzione.
E’ stata soppressa l’udienza di prima comparizione. Tale udienza si risolveva, in effetti, nel rinvio alla successiva udienza di trattazione, salvo quei pochi casi nei quali emergeva un difetto di contraddittorio o un vizio di nullità della citazione.
Anche tale modifica accoglie le critiche mosse all’inserimento, nel 1995, di un’udienza apposita per sanare eventuali errori compiuti dall’attore nell’introduzione del giudizio, che rivestono carattere residuale. La giurisprudenza , in questi anni, si era orientata nel senso della obbligatorietà dell’udienza di trattazione, che poteva però seguire di poco più di 20 giorni quella di comparizione. Di fatto, stante il numero di cause pendenti presso ciascun ufficio giudiziario, ciò non avveniva, posticipando di 4-6 mesi la trattazione del processo.


3. Il nuovo testo dell’art. 183 e dell’art. 184 c.p.c.
La riforma ha, quindi, compresso nell’ambito di un’udienza unica le attività in passato diluite nel corso di tre udienze.
Riassumendo schematicamente, l’art. 183 c.p.c. prevede adesso, nei primi due commi, la verifica del contraddittorio, ossia ciò che avveniva nell’ex udienza 180. Al comma successivo, viene stabilito che la comparizione personale e l’interrogatorio libero delle parti siano subordinati alla richiesta congiunta, mentre non è più menzionato il tentativo di conciliazione.
Il quarto ed il quinto comma riproducono il potere direzionale ed ufficioso del giudice, nel richiedere chiarimenti e nell’indicare le questioni rilevabili d’ufficio di cui è opportuna la trattazione, e le facoltà dell’attore connesse e conseguenti alla posizione adottata dal convenuto.
Infine, si prevede la facoltà per le parti di chiedere un termine –non superiore a 30 giorni- per la precisazione e modifica delle domande ed eccezioni già proposte e per l’indicazione dei mezzi di prova nonché altro termine per le repliche, la proposizione delle eccezioni che sono conseguenza delle domande ed eccezioni modificate e l’indicazione di prova contraria.
L’ultimo comma sancisce la possibilità, in armonia con le modifiche introdotte in materia di comunicazioni e notifiche, di comunicare l’ordinanza emessa fuori udienza mediante telefax o posta elettronica.
 La norma successiva è stata conseguentemente modificata, disciplinando l’udienza di assunzione dei mezzi di prova e la concessione di un termine per articolare le prove che si rendano necessarie a fronte degli eventuali mezzi di prova disposti d’ufficio dal giudice.
Tali modifiche sono perlopiù apprezzabili, consentendo alle parti ed al giudice di restringere, ove possibile, i tempi del processo, evitando passaggi inutili e concentrando in due udienze, nella maggior parte dei casi, la fase introduttiva e istruttoria della causa. Suscita qualche perplessità, a parere di chi scrive, la previsione di un unico termine sia per precisare e modificare le domande che per l’indicazione dei mezzi di prova: se, infatti, il sistema pregresso si traduceva in una nuova udienza di rinvio -poiché le parti chiedevano il termine di cui al quinto comma dell’art. 183 c.p.c. senza avvalersene in concreto-, tuttavia, ove le parti dovessero avvalersi di tale facoltà, deve darsi alla controparte la possibilità di articolare i propri mezzi di prova necessari in relazione alle modifiche effettuate. Più corretto sarebbe, quindi, stato, come rilevato anche dall’ANM in sede di osservazioni al disegno di legge di conversione, prevedere la possibilità di ottenere un termine ulteriore per l’indicazione dei mezzi di prova, solo ove le parti abbiano precisato o modificato le domande ed eccezioni, che è quanto già avveniva nella prassi di alcuni Tribunali, a seguito della pronuncia n. 16571 del 25.11.2002 .


4. Le strade possibili: forma e contenuto delle ordinanze.
Analizziamo separatamente ed in ordine cronologico i possibili sbocchi dell’udienza di trattazione, onde evitare la c.d. udienza minestrone .


• Verifica del contraddittorio.


a) eventuale dichiarazione di contumacia e passaggio alla fase successiva;


b) rilievo di un vizio di nullità della citazione, della notifica o altro vizio attinente alla corretta instaurazione del contraddittorio e fissazione di una nuova prima udienza.


E’ stata soppressa la previsione del termine per lo scambio di comparse ai sensi dell’art. 170 c.p.c. Tale termine, a parere di chi scrive, potrebbe essere assegnato ugualmente laddove –ad esempio- sia necessario stimolare il contraddittorio su un’eccezione preliminare sollevata dal convenuto, rientrando nei poteri generali di direzione di cui all’art. 175 c.p.c.


• Su richiesta congiunta delle parti (ma dovrebbe essere possibile anche d’ufficio, stante la portata generale dell’art. 185 c.p.c.), fissazione di una udienza per la comparizione e l’interrogatorio libero delle parti, onde tentare la conciliazione. Anche tale modifica riproduce ciò che avveniva nella prassi, laddove il tentativo era esperito in caso di segnalazione da parte dei difensori di una concreta possibilità transattiva.


• Definizione del thema decidendum. Individuazione dei fatti rilevanti ai fini della decisione onde definire i fatti da provare (thema probandum).


a) Analisi dei fatti costitutivi dedotti dall’attore e dei fatti estintivi, impeditivi o modificativi dedotti dal convenuto, nonché delle eventuali domande riconvenzionali.


b) Precisazione e modifica delle domande, eccezioni e conclusioni già formulate (diversa qualificazione dei fatti già allegati).


c) Eventuale difesa dell’attore conseguente alle difese del convenuto: proposizione di domande ed eccezioni, nonché richiesta di chiamare in causa un terzo. In tale ultimo caso, si fissa una nuova udienza di trattazione per consentire la citazione del terzo.


d) Analisi delle questioni rilevabili d’ufficio. Trattasi di attività necessaria, alla luce del recente orientamento della Suprema Corte, che ha sostenuto la nullità della sentenza che aveva deciso una questione rilevabile d’ufficio senza previamente sottoporla al contraddittorio delle parti nell’udienza di trattazione .


• Definizione del thema probandum.


a) Ove le parti non si avvalgano della possibilità di precisare e modificare le domande ed eccezioni e abbiano già articolato i mezzi istruttori ovvero trattasi di causa di natura documentale, si provvede con ordinanza all’eventuale ammissione, fissando altra udienza per l’assunzione dei mezzi di prova, ovvero alla valutazione della sufficienza del materiale acquisito, con rinvio della causa ad udienza di precisazione delle conclusioni.


b) Se richiesto, anche da una sola delle parti, viene fissato un doppio termine da utilizzare sia per la precisazione e la modifica delle domande e delle eccezioni che per l’indicazione dei mezzi di prova (con il secondo termine per le repliche e la prova contraria), con fissazione di altra udienza per la valutazione con ordinanza del materiale acquisito ed adozione di uno dei provvedimenti summenzionati. La previsione della riserva giudiziale recepisce quanto verificatosi nella prassi, ma non esclude, in applicazione della regola generale di cui all’art. 186 c.p.c., che l’ordinanza di ammissione sia pronunciata in udienza, soprattutto ove le parti abbiano richiesto il termine per l’articolazione dei mezzi di prova e la causa sia chiamata all’udienza di ammissione. 


5. Cenni alle altre modifiche introdotte aventi incidenza sul processo ordinario.


• L’opzione per il rito societario.
L’art. 70 ter d.att. c.p.c. introduce la possibilità per l’attore di proporre al convenuto l’adozione del rito societario, il quale, se accetta, dovrà notificare la comparsa di risposta nei termini fissati dall’art. 4 del d.lgs. 5/2003. Non è chiaro come dovrà gestirsi in concreto tale possibilità, ossia se dovrà essere comunque designato il giudice istruttore al momento dell’iscrizione a ruolo e come comunicare all’ufficio che la causa procederà nelle forme del rito societario e che quindi l’udienza indicata in citazione non si terrà.
La questione, tuttavia, non sembra avere ampia portata applicativa, presupponendo il consenso di tutte le parti in causa.


• Le modifiche al processo cautelare.
Oltre all’ampliamento del termine per l’inizio del giudizio di merito (innalzato a 60 giorni), la riforma ha eliminato, relativamente ad alcune tipologie di provvedimenti, il carattere strumentale  della tutela, rendendo discrezionale l’instaurazione del giudizio ordinario e sancendo la sopravvivenza del provvedimento interinale in caso di estinzione del giudizio di merito. E’ stata espressamente esclusa l’efficacia in altri giudizi del provvedimento cautelare.
Il venir meno del carattere della strumentalità non ha  determinato la perdita della natura cautelare della tutela, caratterizzata in ogni caso dal requisito del periculum in mora oltre che dal fumus boni iuris.
Tale previsione è stata limitata alle denunce di nuova opera e danno temuto, ai provvedimenti emessi ai sensi dell’art. 700 c.p.c. ed agli altri provvedimenti anticipatori disciplinati dal codice civile o dalle leggi speciali.
Devono, quindi, escludersi i sequestri, mentre di difficile definizione appaiono i c.d. provvedimenti anticipatori, per i quali la scelta in ordine alla necessità o meno dell’instaurazione del giudizio verrà probabilmente rimessa alla valutazione giudiziale.
Il carattere potenzialmente definitivo dell’ordinanza fa sorgere la necessità –pur nel silenzio normativo- di provvedere in ordine alle spese processuali, anche al fine di evitare l’instaurazione di un autonomo giudizio a tale scopo.
Deve essere, infine, segnalata la previsione espressa della modificabilità o revocabilità del provvedimento cautelare solo in presenza di mutamenti nelle circostanze, ivi compresa la sopravvenuta conoscenza di fatti anteriori (e salva la necessità di fornire la prova di tale sopravvenuta conoscenza).
L’istanza deve essere proposta al giudice del reclamo, se è stato proposto reclamo, ovvero al giudice del merito o, in mancanza del giudizio di merito, al giudice della cautela.
Il termine per proporre reclamo è stato portato a 15 giorni.


• Le modifiche ai procedimenti possessori.
Oltre a riconoscere normativamente la reclamabilità del provvedimento interdittale, ormai pacificamente ammessa, si è rimessa alle parti la facoltà di presentare istanza di fissazione di udienza per la prosecuzione del giudizio, entro 60 giorni dalla comunicazione del provvedimento di primo o secondo grado.
Tale modifica accoglie le critiche mosse dagli operatori del settore alla prosecuzione obbligatoria nel merito del giudizio di natura possessoria, trattandosi di giudizi caratterizzati da una frequente cessazione della materia del contendere a seguito dell’emissione del provvedimento sommario. In tal caso, stante la natura potenzialmente definitiva dell’ordinanza, essa dovrà regolamentare le spese processuali, al contrario di quanto accadeva fino ad oggi.


• L’accertamento tecnico preventivo e la consulenza tecnica.
Si è, infine, ampliato l’oggetto dell’accertamento tecnico preventivo, con la possibilità di procedere alla valutazione delle cause e dei danni riportati dalla res oggetto di verifica, oltre che all’ispezione personale.
Può assumere un importante effetto deflattivo del contenzioso la consulenza tecnica preventiva, cui ricorrere per tutte le cause la cui soluzione richiede necessariamente un ausilio di carattere tecnico. Trattasi, infatti, di controversie nelle quali l’esperimento preventivo della consulenza può portare ad una veloce soluzione transattiva (si pensi, ad esempio, alle molteplici ipotesi di responsabilità da fatto illecito –sinistri stradali, danni da cose in custodia-, ove si discuta solo sull’entità dei danni riportati).
E’ la legge stessa, infatti, a disciplinare espressamente la possibilità di una conciliazione della causa in tale fase.
La norma delimita l’ambito applicativo dell’istituto, restringendolo alle cause aventi ad oggetto responsabilità contrattuale o aquiliana, così irragionevolmente limitando l’uso di tale strumento (ad esempio, resterebbero escluse le cause di divisione ereditaria, nelle quali il ricorso all’Autorità giudiziaria è spesso motivato dall’esigenza di procedere ad una divisione a mezzo di un consulente d’ufficio).


Dott.ssa Paola Cesaroni