Procreazione medicalmente assistita


Dal 10 marzo 2004 è vietata la donazione eterologa: è entrata in vigore infatti la legge 19 febbraio 2004 n.40 (pubblicata sulla “Gazzetta Ufficiale” del 24 febbraio 2004 n.45) la quale ha disciplinato le norme in materia di procreazione medicalmente assistita.


E’ stato consentito il ricorso alla procreazione medicalmente assistita (P.M.A.), al fine di consentire la soluzione dei problemi riproduttivi derivanti dalla sterilità [1] o dalla infertilità umana [2], qualora non vi siano altri metodi terapeutici efficaci per rimuoverne le cause (articolo 1 della legge n.40/2004), nel rispetto delle condizioni previste dalla legge stessa, che tutela i diritti dei soggetti interessati, compreso il concepito.


Il primo articolo della legge ne chiarisce lo scopo: favorire la soluzione dei problemi riproduttivi derivanti dalla sterilità o dalla infertilità umana, assicurando i diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito. E’ garantito il diritto a nascere del concepito. I bambini che verranno alla luce con queste tecniche saranno figli legittimi della coppia o acquisiranno lo status di figli riconosciuti della madre o della coppia stessa.


L’articolo 1, comma 2°, e l’articolo 4, comma 1°, della legge 19 febbraio 2004, n.40, ribadiscono il limite della finalità terapeutica e introducono e qualificano la posizione del medico in relazione alle finalità stesse e ai divieti. L’intervento del medico è volto, in primo luogo, a stabilire l’inesistenza di altri metodi terapeutici efficaci per rimuovere le cause di sterilità o infertilità e l’impossibilità di rimuovere altrimenti le cause impeditive della procreazione. Accertata l’esistenza della causa impeditiva va certificata o documentata l’esistenza di una condizione di sterilità o di infertilità inspiegate.
L’esistenza di tali condizioni è requisito essenziale per poter accedere alla procreazione medicalmente assistita ed il medico è l’unico soggetto qualificato ad accertarle.
Ai sensi dell’articolo 4, comma 2°, per evitare il ricorso ad interventi con un grado di invasività tecnico e psicologico più gravoso per i destinatari, le tecniche di procreazione medicalmente assistita sono applicate in base al principio della gradualità.
Altro principio informatore dell’impiego di tali tecniche, previsto dall’articolo 4, comma 2°, è quello del consenso informato [3].
In ogni caso, è vietato il ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo [4], ossia effettuata con gameti [5] (spermatozoi od ovuli) di una persona esterna alla coppia [6].
Tuttavia, ai sensi dell’articolo 9 della legge n.40/2004, “in caso di applicazione di tecniche di tipo eterologo in violazione del divieto di cui all’articolo 4, comma 3, il donatore di gameti non acquisisce alcuna relazione giuridica parentale con il nato e non può far valere nei suoi confronti alcun diritto né essere titolare di obblighi”.


La nuova normativa prevede, quali requisiti soggettivi [7], che possano accedere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita, fermo restando quanto stabilito dall’articolo 4, comma 1°, coppie maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi, ossia coppie “stabili”, in età potenzialmente fertile, entrambi viventi.


Prima di sottoporsi alla procreazione medicalmente assistita, e in ogni fase di applicazione delle tecniche stesse, la coppia deve essere informata in dettaglio [8] [9] dal medico, “in modo tale da garantire il formarsi di una volontà consapevole e consapevolmente espressa” [10], e, pertanto, deve firmare il consenso congiuntamente al medico responsabile della struttura. Inoltre devono passare non meno di sette giorni tra la manifestazione di volontà e la fecondazione dell’ovocita.
La volontà può essere revocata da ciascuno dei componenti la coppia  [11] o dal medico responsabile fino al momento della fecondazione dell’ovulo, ma, quando la fecondazione è avvenuta, non sono consentiti ripensamenti. Il medico deve anche prospettare la possibilità di ricorrere a procedure di adozione o di affidamento, ai sensi della legge 184/1983 e successive modifiche [12], come alternativa alla procreazione medicalmente assistita.
I nati con la procreazione medicalmente assistita hanno lo stato di figli legittimi (se nati da una coppia coniugata) o riconosciuti (se nati da una coppia convivente) [13] [14]. La madre non può chiedere di restare anonima [15] [16], come invece può accadere se la fecondazione è naturale [17]. Ai soggetti richiedenti, al momento di accedere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita, “devono essere esplicitate con chiarezza e mediante sottoscrizione le conseguenze giuridiche sullo stato giuridico dei nati a seguito dell’applicazione delle predette tecniche e sul divieto del disconoscimento della paternità e dell’anonimato della madre  [18].
L’articolo 9 recita “qualora si ricorra a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo in violazione del divieto di cui all’articolo 4, comma 3, il coniuge o il convivente il cui consenso è ricavabile da atti concludenti non può esercitare l’azione di disconoscimento della paternità nei casi previsti dall’articolo 235, primo comma, numeri 1) e 2) del codice civile [19], né l’impugnazione di cui all’articolo 263 dello stesso codice [20]”.


Ai sensi del comma quarto dell’articolo 6 della legge in esame, il medico responsabile della struttura può decidere di non procedere alla procreazione medicalmente assistita, esclusivamente per motivi di ordine medico – sanitario. In tal caso deve fornire alla coppia motivazione scritta di tale decisione, la quale deve considerarsi sindacabile dinanzi alla magistratura competente, quale possibile fonte di danni patrimoniali e non patrimoniali.


Il Capo IV della legge n.40/2004 si occupa della “Regolamentazione delle strutture autorizzate all’applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita”. Gli interventi di procreazione medicalmente assistita sono realizzati nelle strutture pubbliche e private autorizzate dalle Regioni e iscritte nell’apposito registro nazionale [21] istituito presso l’Istituto Superiore di Sanità [22] con apposito decreto del Ministero della Salute.
L’iscrizione al predetto registro è obbligatoria.


Il Capo V della legge n.40/2004 è intitolato “Divieti e sanzioni”.
I divieti vanno dall’utilizzo a fini procreativi di gameti di soggetti estranei alla coppia richiedente l’impiego delle tecniche di procreazione medicalmente assistita [23] alla realizzazione, organizzazione o pubblicizzazione del commercio di gameti o di embrioni o della surrogazione di maternità [24]. Nello spettro delle pene, previste sanzioni amministrative pecuniarie, multe e reclusione per periodi che vanno da un minimo di due mesi fino a un massimo di venti anni [25]. In alcuni casi è prevista anche la sospensione dall’esercizio della professione medica e la revoca dell’autorizzazione per i centri che trasgrediscono.


E’ vietata qualsiasi sperimentazione su ciascun embrione umano [26]. Su di loro è consentita solamente la ricerca a condizione che “si perseguano finalità esclusivamente terapeutiche e diagnostiche”, con lo scopo della tutela della salute dell’embrione stesso e solo se non vi siano metodologie alternative. Viene anche ribadito il divieto di selezionare [27] e manipolare embrioni e gameti, effettuare la clonazione umana o produrre ibridi o “chimere”, ossia incrociare gameti umani e animali.


E’ vietata la crioconservazione e la soppressione di embrioni [28], tranne il caso in cui lo stato di salute della donna al momento dell’impianto impedisca il trasferimento. In questo caso la nuova normativa permette di conservarli fino alla data del trasferimento, da realizzare non appena possibile. Le tecniche di produzione degli embrioni non devono creare un numero di embrioni superiore a quello strettamente necessario ad un unico e contemporaneo impianto, comunque non superiore a tre. E’ vietata la riduzione embrionaria di gravidanze plurime [29].
I soggetti che fanno ricorso alla procreazione assistita sono informati sul numero e, qualora lo richiedano, sullo stato di salute degli embrioni prodotti e da trasferire nell’utero.
E’ consentita la crioconservazione dei gameti maschile e femminile, previo consenso informato e scritto [30].


Infine, ai sensi dell’art.16 della legge sulla P.M.A., tutto il personale sanitario (quindi non solo i medici, ma anche infermieri e chi per lavoro può essere coinvolto nell’esecuzione delle tecniche di P.M.A.) può rifiutarsi di partecipare alle procedure per l’applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita, facendo una dichiarazione di obiezione di coscienza [31]. La dichiarazione va comunicata al direttore dell’azienda sanitaria di riferimento e produce effetto dopo un mese dalla sua presentazione agli organismi previsti dal primo comma dell’art.16 della normativa in esame e l’obiezione può essere sempre revocata. L’obiezione di coscienza esonera il personale sanitario ed esercente le attività sanitarie ausiliarie dal compimento delle procedure e delle attività specificatamente e necessariamente dirette a determinare l’interevento di procreazione medicalmente assistita, ma non dall’assistenza antecedente e conseguente l’intervento.


Avv. Michela Croce


Note